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ESSERE PUBBLICO se avete altre difficoltà a scaricare documenti
inviatemi le vostre
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GRAZIE !
|
LA FRAGILITA' UMANA DIMOSTRA LA
FORZA E L'ESISTENZA DI DIO: le stesse variazioni climatiche
imprevedibili dimostrano l'esistenza di DIO.
Che lo Spirito Santo porti buon senso e
serenita' a tutti gli uomini di buona volonta' !
CRISTO
RESUSCITA PER TUTTI GLI UOMINI DI VOLONTA' NON PER QUELLI DELLO SPRECO
PER NUOVI STADI O SPONSORIZZAZIONI DI 35 MILIONI DI EURO PAGATI DALLE
PAUSE NEGATE AGLI OPERAI ! La storia del ricco epulone non ha insegnato
nulla perché chi e morto non può tornare per avvisare i parenti !
Mb 05.04.12; 29.03.13; |
|
Archivio personale online di Marco BAVA
OPINIONI ai sensi art.21 Costituzione
per un nuovo modello di sviluppo
UDIENZE PUBBLICHE
IN CORSO
1) PROCESSO
IPI-COPPOLA: IL 23.06.11 TRIBUNALE TORINO
1^SEZ.PENALE HA SANCITO LA SUA INCOMPETENZA TERRITORIALE SPOSTANDO LA
COMPETENZA SU MILANO IN CUI SI CELEBRERA' IL PROCESSO QUANDO SARA'
RESO NOTO.
IPI 25.02.13
Ipi: verso la dichiarazione di prescrizione
aggiotaggio Coppola
Borsa Italiana
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 25 feb - Si avvia a una dichiarazione di
prescrizione il processo al tribunale di Milano a carico di Danilo
Coppola e ...
2)il
28.03.14
CONTINUA a ROMA il
processo Coppola-SEGRE+ALTRI MI SONO COSTITUITO parte civile come azionista
di minoranza BIM.
3) IL 15.01 15
CONTINUA A ROMA IL PROCESSO CONTRO GERONZI E CRAGNOTTI PER ESTORSIONE NEI
CONFRONTI DI PARMALAT .
4) Processo Fondiaria SAI - S.LIGRESTI- TORINO - 09.01.15
5) Processo MPS SIENA MI IN ATTESA DI ASSEGNAZIONE
6) Processo Premafin MI 10.02.15
|
LA mia
CONTROINFORMAZIONE ECONOMICA e' CONTRO I GIOCHI DI POTERE,
perche' DIO ESISTE, ANCHE SOLO per assurdo.
IL MONDO HA BISOGNO
DI DIO MA NON LO SA, E' TALMENTE CATTIVO CHE IL BENE NON PUO' CHE ESISTERE
FUORI DA QUESTO MONDO E DA QUESTA VITA !
PER QUESTO IL MIO
MESTIERE E' CAMBIARE IL MONDO !
LA VIOLENZA DELLA
DISOCCUPAZIONE CREA LA VIOLENZA DELLA RECESSIONE, con LICIO GELLI che
potrebbe stare dietro a Berlusconi.
IL GOVERNO DEGLI
ANZIANI, com'e' LICIO GELLI, IMPEDISCE IL CAMBIAMENTO perche' vetusto
obsoleto e compromesso !
E' UN GIOCO AL
MASSACRO dell'arroganza !
SE NON CI FOSSERO I
SOLDATI NON CI SAREBBE LA GUERRA !
TU SEI UN SOLDATO ?
COMUNICAMI cio'
pensi !
email
|
Riflessioni ....
Sopravvaluta sempre il tuo avversario , per poterlo vincere.Mb
15.05.13
Torino 08.04.13
Il
mio paese l'Italia non crede nella mia teoria economica del valore che
definisce
1)
ogni prodotto come composto da energia e lavoro:
Il
costo dell'energia può tendere a 0 attraverso il fotovoltaico sui tetti. Per
dare avvio la volano economico del fotovoltaico basta detassare per almeno
20 anni l'investimento, la produzione ed il consumo di energia fotovoltaica
sui tetti.
2)
liberalizzazione dei taxi collettivi al costo di 1 euro per corsa in modo
tale da dare un lavoro a tutti quelli che hanno un 'auto da mantenere e non
lo possono piu fare per mancanza di un lavoro; ed inoltre dare un servizio a
tutti i cittadini.
3)
tre sono gli obiettivi principali della politica : istruzione, sanita',
cultura.
4)
per la sanità occorre un centro acquisti nazionale ed abolizione
giorni pre-ricovero.
vedi PRESA DIRETTA 24.03.13
chi e' interessato mi scriva .
Suo. MARCO BAVA
I rapporti umani, sono tutti unici e
temporanei:
- LA VITA E' : PREGHIERA, LAVORO E
RISPARMIO.(02.02.10)
- Se non hai via di uscita, fermati..e
dormici su.
- E' PIU' DIFFICILE SAPER
PERDERE CHE VINCERE ....
- Ciascun uomo vale in funzione delle
proprie idee... e degli stimoli che trova dentro di se...
- Vorrei ricordare gli uomini piu' per
quello che hanno fatto che per quello che avrebbero potuto fare !
- LA VERA UMILTA' NON SI DICHIARA
MA SI DIMOSTRA, AD ESEMPIO CONTINUANDO A STUDIARE....ANCHE SE PURTROPPO
L'UNIVERSITÀ' E' FINE A SE STESSA.
- PIU' I MEZZI SONO POVERI X
RAGGIUNGERE L'OBIETTIVO, PIU' E' CAPACE CHI LO RAGGIUNGE.
- L'UNICO LIMITE AL PEGGIO E' LA MORTE.
- MEGLIO NON ILLUDERE CHE DELUDERE.
- L'ITALIA , PER COLPA DI BERLUSCONI
STA DIVENTANDO IL PAESE DEI BALOCCHI.
- IL PIL CRESCE SE SI RIFA' 3 VOLTE LO
STESSO TAPPETINO D'ASFALTO, MA DI FATTO SIAMO TUTTI PIU' POVERI ALMENO 2
VOLTE.
- LA COSTITUZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO
E QUELLA ITALIANA GARANTISCONO GIA' LA LIBERTA', QUANDO TI DICONO
L'OVVIETÀ' CHE SEI LIBERO DI SCEGLIERE E' PERCHE' TI VOGLIONO
IMPORRE LE LORO IDEE. (RIFLESSIONE DEL 10.05.09 ALLA LETTERA DEL CARDINALE
POLETTO FATTA LEGGERE NELLE CHIESE)
- la vita eterna non puo' che esistere
in quanto quella terrena non e' che un continuo superamento di prove
finalizzate alla morte per la vita eterna.
- SOLO ALLA FINE SI SA DOVE PORTA
VERAMENTE UNA STRADA.
- QUANDO NON SI HANNO ARGOMENTI
CONCRETI SI PASSA AI LUOGHI COMUNI.
- L'UOMO LA NOTTE CERCA DIO PER AVERE
LA SERENITA' NOTTURNA (22.11.09)
- IL PRESENTE E' FIGLIO DEL PASSATO E
GENERA IL FUTURO.(24.12.09)
- L'ESERCIZIO DEL POTERE E' PER
DEFINIZIONE ANDARE CONTRO NATURA (07.01.10)
-
L’AUTO ELETTRICA FA SOLO PERDERE TEMPO E
DENARO PER ARRIVARE ALL’AUTO AD IDROGENO (12.02.10)
-
BERLUSCONI FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI (17.03.10)
-
GESU' COME FU' TRADITO DA GIUDA , OGGI LO E' DAI TUTTI I PEDOFILI
(12.04.10)
- IL DISASTRO DELLA
PIATTAFORMA PETROLIFERA USA COSA AVREBBE PROVOCATO SE FOSSE STATA UNA
CENTRALE ATOMICA ? (10.05.10)
- Quante testate
nucleari da smantellare dovranno essere saranno utilizzate per l'uranio
delle future centrali nucleari italiane ?
-
I
POTERI FORTI DELLE LAUREE HONORIS CAUSA SONO FORTI PER CHI LI
RICONOSCE COME TALI. SE NON LI SI RICONOSCE COME FORTI SAREBBERO
INESISTENTI.(15.05.10)
-
L'ostensione della Sacra Sindone non puo' essere ne' temporanea in quanto
la presenza di Gesu' non lo e' , ne' riservata per i ricchi in quanto "e'
piu' facile che in cammello passi per la cruna di un ago ..."
-
sapere x capire (15.10.11)
-
la patrimoniale e' una 3^ tassazione (redditi, iva, patrimoniale)
(16.10.11)
L'obiettivo di questo
sito e una critica
costruttiva PER migliorare IL Mondo .
-
PACE NEL MONDO
- BENESSERE
SOCIALE
- COMUNIONE DI
TUTTI I POPOLI.
- LA DEMOCRAZIA
AZIENDALE
|
L'ASSURDITÀ' DI QUESTO MONDO , E' LA PROVA
CHE LA NOSTRA VITA E' TEMPORANEA , OLTRE ALLA TESTIMONIANZA DI GESU'.
15.06.09 |
DIO CON I PESI CI DA ANCHE LA FORZA PER
SOPPORTALI, ANCHE SE QUALCUNO VORREBBE FARMI FARE LA FINE DI GIOVANNI IL
BATTISTA (24.06.09) |
- GESU' HA UNA
DELLE PAGINE PIU' POPOLARI SU FACEBOOK...
http://bit.ly/qA9NM7
The InQuisitr -
La pagina Facebook "Jesus Daily" è popolarissima e più seguita perfino di
quella di Justin Bieber. Con 4 o 5 posts al giorno, le "parole di Gesù"
servono a incoraggiare la gente, racconta il Dr. Aaron Tabor, responsabile
della pagina. Altre due pagine Facebook cristiane fanno parte della top 20
delle pagine più visitate del social network.
06.09.11
|
Annuncio Importante
che ha causato la nostra temporanea interruzione !
Cari
Utenti
Questo e' il messaggio che non avrei mai voluto scrivere... ma purtroppo
devo mettervi al corrente dei fatti: HelloSpace chiudera'.
E purtroppo non e' un pesce d'aprile fuori periodo, ma la dura verita'.
E' stato bello vederlo crescere e con esso veder crescere i vostri siti,
vedere le vostre idee prendere vita, vedere i nostri impegni concretizzati
in questo fantastico progetto. Ma come ben sapete, qualsiasi cosa ha un
inizio ed una fine. E quella di HelloSpace sta arrivando, nonostante nessuno
lo avesse immaginato (me compreso), o almeno non ora.
Non scendo nei dettagli delle motivazioni che mi hanno condotto a questa
decisione, ma vi assicuro che prima di prenderla ho valutato tutte le
possibili alternative...
Il nostro progetto, come ben sapete, e' nato gratuito per voi utenti finali,
tuttavia ci comportava delle spese che sono via via cresciute.
Tutto questo grazie al circuito di banner adsense, che ci permetteva di
pagarci le risorse necessarie per far si che HelloSpace 'vivesse'.
Cio' che e' successo e' adsense ha bannato, senza voler sentir ragione
alcuna, nonostante svariate richieste di rivalutazione e di spiegazioni,
l'intero dominio. Distruggendo cosi' il futuro di quel progetto per il quale
abbiamo passato ore e ore, notti e notti, a programmare, configurare,
testare, reingegnerizzare...
Non mi resta molto da aggiungere, se non invitarvi a fare una copia di tutti
i vostri contenuti (file e db) ENTRO
IL 6 DICEMBRE.
Desidero ringraziare infine tutte le persone che, in un modo o nell'altro,
hanno contribuito a farci crescere.
Grazie,
Giuseppe - Tommaso
HelloSpace.net
io non so quanto tutto cio sia vero di fatto mi sta creando
un disagio che ho risolto con l'apertura in contemporanea di un nuovo sito
parallelo a questo :
www.marcobava.it
|
IL BAVAGLIO della Fiat nei miei
confronti:
IN DATA ODIERNA HO RICEVUTO:
Nell'interesse di Fiat spa e delle Societa' del gruppo, vengo
informato che l'avv.Anfora sta monitorando con attenzione questo sito.
Secondo lo stesso sono contenuti in esso cotenuti offensivi e
diffamatori verso Fiat ed i suoi amministratori. Fatte salve iniziative
autonome anche davanti
all'Autorita' giudiziaria, vengo diffidato dal proseguire in tale
attivita' illegale"
Ho aderito alla richiesta dell'avv.Anfora, veicolata
dal mio hosting, ricordando ad entrambi le mie tutele costituzionali
ex art.21 della Costituzione, per tutelare le quali mi riservo
iniziative esclusive
dinnanzi alla Autorita' giudiziaria COMPETENTE.
Marco BAVA 10.06.09
|
|
TEMI SUL TAVOLO
IN QUESTO MOMENTO: |
SE VUOI COMPERARE IL LIBRO SUL SUICIDIO
SOSPETTO
DI EDOARDO AGNELLI A 10 euro manda email all'editore
(info@edizionikoine.it)
indicando che hai letto questo prezzo
su questo sito , indicando il tuo nome cognome
indirizzo codice
fiscale ti verrà inviato per contrassegno che pagherai
alla consegna. |
TUTTO DEVE PARTIRE DALL'OMICIDIO PREMEDITATO DI
EDOARDO AGNELLI come dimostra
l'articolo sotto riportato:
È PIENA GUERRA TRA ACCUSE, SOSPETTI, RICORSI IN
TRIBUNALE E CONTI CHE NON TORNANO NELLE FONDAZIONI CHE CUSTODISCONO IL
TESORO DI FAMIGLIA
Ettore Boffano
e Paolo
Griseri per "Affari&Finanza"
di "Repubblica"
È una storia di
soldi, tantissimi soldi. Almeno 2 miliardi di euro secondo la versione più
moderata tra quelle che propone Margherita Agnelli; un miliardo e 100
milioni a sentire invece il suo ex legale svizzero, Jean Patry, che
contribuì a redigere a Ginevra il "patto successorio" del 2004 con
la madre
Marella Caracciolo.
Per l'Agenzia delle entrate di Torino, poi, i primi accertamenti indicano
una cifra minore, non coperta però dallo "scudo fiscale": 583 milioni. Somma
che Margherita non ha mai negato di aver ricevuto, ma lasciando un usufrutto
di 700mila euro al mese alla madre e contestando davanti al tribunale di
Torino il fatto che quel denaro, depositato all'estero su una decina di
trust offshore, sia davvero tutto ciò che le spettava del tesoro personale
del "Signor Fiat".
È
anche la storia di una pace che non c'è mai stata, di una serenità familiare
minata. E minata probabilmente ben prima di quel 24 gennaio 2003, quando
all'alba Torino apprese che il "suo" Avvocato se n'era andato per sempre.
Dissensi cominciati tra la fine degli anni ‘80 e l'inizio degli anni '90:
Margherita e il fratello Edoardo (poi suicidatosi il 15 novembre 2000)
capiscono che non saranno loro a succedere al padre alla guida della
famiglia e della Fiat.
Altri nomi e altre
investiture sono già pronte: quella di Giovannino Agnelli, figlio di
Umberto, come amministratore, e addirittura del giovanissimo John "Jaki"
Elkann, il primogenito di Margherita, come futuro titolare della società
"Dicembre" e della quota del nonno nell'accomandita di famiglia,
la "Giovanni
Agnelli & C. Sapaz".
L'amarezza di quei
giorni e gli scontri in famiglia restano coperti dalla riservatezza, più
regale che borghese, abituale alla prima dinastia industriale italiana. Ma
nel segreto i tentativi di risolvere una lite strisciante, che guarda già
alla futura eredità, vanno avanti anche se con scarsi risultati.
E
sempre inseguendo la speranza della "pace familiare". Alla pace, infatti, si
ispira il nome suggestivo di una fondazione, "Colomba Bianca", che Agnelli
ordina ai suoi collaboratori di costituire nel
1999 a
Vaduz, quando
la figlia
Margherita protesta per i "tagli" che Gianluigi Gabetti, il
finanziere di famiglia, ha imposto alla "lista delle spese" annuale per il
mantenimento suo e degli otto figli (i tre avuti dal primo matrimonio con
Alain Elkann e i cinque nati dall'unione con il conte Serge de Pahlen).
"Colomba Bianca" è dotata di 100 milioni di dollari. «È la nostra cagnotte
(la mancia che al casinò si dà al croupier, ndr)», spiega Margherita al
fratello Edoardo, ma poi scopre che ancora una volta la gestione dei soldi è
saldamente in mano a Gabetti. Approfittando delle vacanze estive, allora,
Margherita trasferisce tutto il denaro sui suoi conti, scatenando l'ira dei
consulenti del padre.
E sempre la pace
che non c'è, insidiata dalla tempesta, è richiamata anche nel nome del trust
offshore "Alkyone", una fondazione di Vaduz che costituisce il capolavoro di
ingegneria finanziaria di Gabetti e dell'«avvocato dell'Avvocato», Franzo
Grande Stevens. Essa è stata fondata il 23 marzo del 2000, proprio con lo
scopo di governare l'eredità di Gianni Agnelli. Il nome è una citazione
dalla mitologia greca: ricorda la storia di Alcione figlia di Eolo, re dei
venti. Trasformata in uccello, ottenne da Zeus che il mare si placasse per
farle deporre le uova sulla spiaggia. I sofisticati statuti e regolamenti di
"Alkyone" dicono che essa avrebbe dovuto conservare, fuori dalle tempeste
familiari, il patrimonio estero di Gianni Agnelli. I "protector" e cioè i
gestori erano Gabetti, Grande Stevens e il commercialista elvetico Siegfried
Maron.
PATTO
2004 CON CUI MARELLA E MARGHERITA AGNELLI RINUNCIARONO A OGNI PRETESA
Ecco, è proprio
qui, in quel "paradiso fiscale" di Vaduz inutilmente intitolato al pacifico
mito di Alcione, che bisogna cercare i dettagli della "guerra degli Agnelli"
in scena, da qualche mese, anche negli uffici dell'Agenzia delle Entrate
subalpina e, per una storia collaterale, nella procura della Repubblica di
Milano.
Così come i tre protector di "Alkyone sono le persone che Margherita indica
come "gestori" del patrimonio personale del padre e che ha citato a giudizio
(assieme alla madre) per ottenere il rendiconto della «vera eredità». Una
saga complicata e dolorosa e che Margherita ha affidato, oltre al tribunale,
anche a un libro di 345 pagine, scritto in francese da un analista belga ed
ex 007 fiscale della Ue, Marc Hurner, stampato solo in 12 copie con un
titolo molto esplicito: "Les Usurpateurs. L'histoire scandaleuse de la
succession de Giovanni Agnelli" e, in copertina, il disegno del palazzo di
famiglia che oggi a Torino, in corso Matteotti, ospita Exor.
Anni di reciproca
rabbia e di scambi di lettere tra principi del foro che hanno consolidato un
gelo definitivo tra Margherita, la madre e i figli John e Lapo e che,
soprattutto, si sono intrecciati con l'assetto e il controllo del gruppo
ExorFiat. Nella prossima primavera il
giudice torinese
Brunella Rosso dovrebbe pronunciare il primo verdetto, ma è possibile che il
cammino mediatico della "guerra degli Agnelli" prosegua a lungo.
Cerchiamo di capire il perché. Oggi la società "Dicembre", che fa da guida
all'accomandita e al gruppo, è saldamente in mano a John Elkann così come
era in passato per il nonno. Questo assetto è il risultato della strategia
indicata dall'Avvocato.
Il 10 aprile 1996,
infatti, Gianni Agnelli è alla vigilia di un delicato intervento al cuore:
cede tre quote uguali del 24,87 per cento, alla moglie, alla figlia e al
nipote, conservando per sé
il 25 ,38. Alla
sua morte, Marella, Margherita e John salgono ciascuno al 33,33 per cento.
Prima dell'apertura del testamento, però, Marella dona
il 25 ,4 per
cento al nipote, trasformandolo nel socio di maggioranza assoluta con il
58,7.
Quando il notaio
torinese Ettore
Morone legge il testamento, il 24 febbraio 2003, la notizia della donazione
scatena la lite familiare. Nelle disposizioni, Agnelli spartisce solo i beni
immobili in Italia: Margherita sostiene di aver chiesto conto di tutto il
resto, ma di non aver ricevuto risposta. Lo scontro, soprattutto con Gabetti
e Grande Stevens, si fa durissimo: il civilista della famiglia si dimette
dall'incarico di esecutore testamentario e la figlia dell'Avvocato li accusa
di «essersi sostituiti al padre» chiedendo per sé «e per tutti i miei figli,
il ripristino dei miei diritti».
Nel frattempo, entra in possesso di un documento in lingua inglese, il
"Summary of assets", che elenca i beni esteri poi confluiti in "Alkyone":
583 milioni di euro. Dopo una tormentata trattativa, il 18 febbraio 2004
Marella e la figlia, entrambe cittadine italiane residenti in Svizzera e
definite nell'atto "benestanti", stipulano un patto successorio "tombale"
che prevede la rinuncia di Margherita a qualsiasi ulteriore diritto
sull'eredità del padre, su quella della madre e sulle donazioni compiute da
entrambi i genitori a favore di John. Inoltre, cede alla madre sia la quota
di "Dicembre" sia la partecipazione nell'accomandita. La pace sembra davvero
essere ritornata e a settembre Margherita partecipa al matrimonio del figlio
con Lavinia Borromeo.
Ma il mito di Alcione resiste poco. In cambio delle rinunce, infatti,
Margherita ha ottenuto i 583 milioni del "Summary of assets", i beni
immobili e la collezione d'arte. Una parte del denaro, 105 milioni, però le
è versato in forma "anonima" da
Morgan Stanley
nell'aprile 2007 e la richiesta di informazioni su chi ha dato ordine di
pagare non ha esito. Per l'erede dell'Avvocato quella sarebbe la prova che
all'estero esiste altro denaro e che i gestori sono Gabetti, Grande Stevens
e Maron. Una tesi sempre contestata dai tre: Margherita e i suoi legali,
infatti, non sono stati in grado di indicare un mandato scritto.
Il 27 giugno
2007, l
'avvocato Girolamo Abbatescianni e il suo collega svizzero Charles Poncet
avviano la causa per ottenere il rendiconto: secondo Margherita ci sarebbero
altri beni da dividere. Solo in via subordinata, invece, si chiede di
dichiarare nullo il patto successorio svizzero che viola il codice civile
italiano. Nel corso delle udienze e delle schermaglie procedurali, la difesa
di Margherita giunge anche a quantificare il presunto ammanco nel cespite
ereditario. Circa un miliardo e 400 milioni di euro, frutto di quella che
Marc Hurner ribbattezza "l'Opa pur rire" (
la finta Opa ).
Si tratta della
clamorosa operazione finanziaria lanciata nel 1998 dall'Ifi sulla società
"gemella" del Lussemburgo, "Exor Group", attraverso prima la raccolta di un
maxidividendo e poi l'acquisto con un prestito della Chase Manhattan Bank.
Secondo Hurner, i veri beneficiari dell'Opa sarebbero i "soci anonimi" di
"Exor Group" rappresentati da fiduciarie dietro le quali potrebbe esserci, a
detta dell'analista, un unico proprietario: Gianni Agnelli. L'utile di
quell'operazione sarebbe ciò che ancora manca all'eredità.
Anche questa
ricostruzione è sempre stata contestata in toto dai legali dei presunti"
gestori" e, all'inizio dell'estate scorsa, il giudice Rosso ha respinto la
richiesta degli avvocati di Margherita di ascoltare testi e di compiere
accertamenti bancari. Nell'udienza di giovedì scorso, i nuovi legali di
Margherita (Andrea e Michele Galasso e Paolo Carbone) hanno rovesciato la
precedente impostazione chiedendo, oltre al rendi• conto, anche la nullità
del patto successorio.
Ora il giudice dovrà decidere se questa istanza è ancora proponibile e,
soprattutto, se le convenzioni giuridiche tra Italia e Svizzera le
impediscano di pronunciarsi sul documento elvetico visto che, 'nel giugno
scorso, Marella ha chiesto al tribunale di Ginevra di confermarne
la validità. Se
però fosse accolta la tesi di Margherita, allora tornerebbe in discussione
tutto il sistema di donazioni che consente al figlio John la guida
istituzionale della galassia Fiat.
Le ultime possibili
sorprese sull'intera saga potrebbero poi venire dalla procura di Milano, che
sta indagando su una querelle tra due ex legali di Margherita, Poncet ed
Emanuele Gamna, e sulla maxiparcella da 25 milioni di euro percepita da
quest'ultimo assieme al collega Patry.
L'escalation
giudiziaria su chi potesse manovrare quelle ingenti somme alI'estero dopo la
morte di Agnelli va di pari passo con le indagini fiscali ordinate
quest'estate dal ministro Giulio Tremonti (c'è il rischio di una sanzione
pari a tre volte i 583 milioni del "Summary of Assets"). E sarà su questi
due fronti, più che ormai nella causa civile di Torino, che si giocherà il
finale di partita per il tesoro dell'avvocato.
WSJ:
LA LUCE
INDESIDERATA SUGLI AGNELLI...
Da "Il Riformista" - Ieri il "Wall Street Journal" ha pubblicato un articolo
in cui si riportano gli ultimi avvenimenti legati alla successione
dell'impero economico della famiglia Agnelli. Il titolo dice: la causa, luce
indesiderata sulla famiglia della Fiat. Dopo la morte dell'Avvocato, scrive
il "Wsj", alla figlia Margherita è stato tenuto nascosto un patrimonio «in
denaro e in beni per più di un miliardo di euro (un miliardo e mezzo di
dollari) sparsi in diversi conti bancari e compagnie di investimento fuori
dall'Italia».
L'articolo fa
presente che Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron
dicono «di essersi solo occupati degli affari di Agnelli e di non sapere
nulla di presunte somme mancanti» e spiega che la vicenda «sta appassionando
la nazione che una volta considerava Gianni Agnelli in suo re non
ufficiale».
Secondo il
giornale,
qualcuno sosterrebbe che la disputa ha scalzato il nome di Agnelli dal
piedistallo: «È la prova che la dinastia è finita, dice il sindacalista
Giorgio Airaudo». Dopo aver ricordato che oggi la famiglia ha una nuova
leadership in «mister Elkann», che non ha voluto commentare la causa di sua
madre con il quotidiano, il Wsj cita anche il sindaco di Torino, Sergio
Chiamparino, quando dice che «la gente al bar non parla del processo, ma di
Marchionne a Detroit, e di come questo porterà lavoro».
[19-11-2009]
|
grazie a Dio , non certo a Jaky, continua la ricerca della
verità sull'omicidio di Edoardo Agnelli , iniziata con i libri di Puppo e
Bernardini, il servizio de LA 7, e gli articoli di Visto, ora il Corriere e
Rai 2 , infine OGGI e Spio , continuano un percorso che con l'aiuto di Dio
portera' prima di quanti molti pensino alla verita'. Mb -01.10.10 |
edoardo
agnelli |
IL 15.11.2000 E' MORTO EDOARDO
AGNELLI senza alcuna ragione VERA
E' NOTORIO CHE LA
MORTE DI EDOARDO AGNELLI E' UN MISTERO.
EDOARDO AGNELLI PER ME NON SI E SUICIDATO e non
sono state fatte indagini sufficienti sulla sua morte, ad iniziare
dalla mancanza dell'autopsia.
PERCHE' LE LETTERE DI EDOARDO: poiche' non e'
stata fatta chiarezza sulla sua morte cerco di farne sulla SUA VITA.
PERCHE' era contro i giochi di
potere che prima ti blandiscono, poi ti escludono , infine ti eliminano !
CLICCA QUI PER
SCARICARE
LE LETTERE DI EDOARDO...CADUTO
NEL POSTO SBAGLIATO !
PER AVERE ALTRE INFORMAZIONI CLICCA QUI
O QUI
Se diranno che anche io mi sono suicidato non
ci credete, cosi pure agli incidenti
mortali ...potrebbero non essere causali e
dovuti alla GRANDE vendetta.
LA DICEMBRE
società semplice e' il timone di comando del gruppo Elkan.
Come scrive
Moncalvo nel suo libro AGNELLI SEGRETI da pag.313 in poi, attraverso la
Dicembre Grande Stevens controlla di fatto Jaky e la figlia di Grande
Stevens Cristina ne prenderà il controllo quando Jaky morirà mentre ai
suoi figli verrebbe liquidata solo la quota patrimoniale nominale.
La proposta di
società ad Edoardo nel 1984-86 non si sa come sia cambiata
statutariamente in quanto il documento del mio link
http://www.marcobava.it/DICEMBRE/DICEMBRE%201984.pdf
e' l' unico che
sia stato dato ad Edoardo sino al 2000 quando fu ucciso proprio perche'
non voleva ne' accettare l' esclusione dalla Dicembre ne' di
condividerla con Grande Stevens padre e figlia , Gabetti, e Ferrero
perché estranei, ne' di darne il controllo a Jaky perché inadatto , come
aveva dichiarato al Manifesto con Griseri nel 1998.
Tutto ciò l' ho
detto già anni fa alla giornalista Borromeo cognata di JAKY al fine che
ne parlasse con la sorella, o non ha capito, o ha creduto alle bugie che
le hanno detto per tranqullizzarla.
Io credo che sia
nell 'interesse di tutti che vengano chiariti al più` presto sia il
contenuto dello statuto della dicembre e le conseguenze che ne derivano.
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VIDEO EDOARDO AGNELLI 1 PARTE
-
www.youtube.com/watch?v=bs3bTPhHRUw
21/feb/2010 - Caricato da IslamShiaItalia
Video della
televisione iraniana sulla
tragica fine di Edoardo
Agnelli - I° parte.
http://www.islamshia.org ...
-
www.youtube.com/watch?v=SE83XD2ykFo
20/nov/2011 - Caricato da Maggini-Malenkov
Iran/
Italia; si celebra l'anniversario del martirio di Edoardo
Agnelli Teheran -
Oggi 16 ... You
need Adobe Flash Player to watch this video.
http://www.youtube.com/watch?v=aASbXZKsSzE
|
LIBRI
SULL’OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI
www.detsortelam.dk
www.facebook.com/people/Magnus-Erik-Scherman/716268208
ANTONIO
PARISI -I MISTERI DEGLI AGNELLI - EDIT-ALIBERTI-
|
Continua la
saga della famiglia ne "I misteri di Casa Agnelli".
Il giornalista
Antonio Parisi, esce con l'ultimo pamphlet sulla famiglia più importante
d'Italia, proponendo una serie di curiosità ed informazioni inedite
Per dieci anni
è stato lasciato credere che su Edoardo Agnelli, precipitato da
un cavalcavia di ottanta metri, a Fossano, sull'Autostrada Torino -
Savona, fosse stata svolta una regolare autopsia.
Anonime
“fonti investigative” tentarono in più occasioni di screditare il
giornalista Antonio Parisi che raccontava un’altra versione. Eppure
non era vero, perché nessuna autopsia fu mai fatta.
Ora Parisi,
nostro collaboratore, tenta di ricostruire ciò che accadde quel
giorno in un’inchiesta tagliente e inquietante, pubblicando nel libro
“I Misteri di Casa Agnelli”, per la prima volta documenti ufficiali,
verbali e rapporti, ma anche raccogliendo testimonianze preziose e che
Panorama di questa settimana presenta.
Perché la
verità è che sulla morte, ma anche sulla vita, dell’uomo destinato a
ereditare il più grande capitale industriale italiano, si
intrecciano ancora tanti misteri. Non gli unici però che riguardano
la famiglia Agnelli.
Passando
dalla fondazione della Fiat, all’acquisizione del quotidiano “La
Stampa”, dalla scomparsa precoce dei rampolli al suicidio in una
clinica psichiatrica di Giorgio Agnelli (fratello minore
dell’Avvocato), dallo scandalo di Lapo Elkann, fino alla lite
giudiziaria tra gli eredi, Antonio Parisi sviscera i retroscena
di una dinastia che, nel bene o nel male, ha dominato la scena del
Novecento italiano assai più di politici e governanti.
Il volume edito
per "I Tipi", di Aliberti Editore, presenta sia nel testo che
nelle vastissime note, una miniera di gustose e di introvabili notizie
sulla dinastia industriale più importante d’Italia.
|
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Mondo AGNELLI :
Cari amici,
Grazie mille per vostro aiuto con la
stesura di mio libro. Sono contenta che questa storia di Fiat e Chrysler ha
visto luce. Il libro e’ uscito la settimana scorsa, in inglese. Intanto e’
disponibile a Milano nella librerie Hoepli e EGEA; sto lavorando con la
distribuzione per farlo andare in piu’ librerie possibile. E sto ancora
cercando la casa editrice in Italia. Intanto vi invio dei link, spero per la
gioia in particolare dei torinesi (dov’e’ stato girato il video in You Tube.
)
http://www.youtube.com/watch?v=QLnbFthE5l0
Thanks again,
Jennifer
Un libro che riporta palesi falsita'
sulla morte di Edoardo Agnelli come quella su una foto inesistente con
Edoardo su un ponte fatta da non si sa chi recapitata da ignoto ad ignoti.
Se fosse esistita sarebbe stata nel fascicolo dell'inchiesta. Intanto anche
grazie a queste salsita' il prezzo del libro passa da 15 a 19 euro!
www.marcobava.it |
Trovo strano che esista questa foto, fuori dal fascicolo d’indagine e di cui
Jennifer non ha mai parlato con me da cui ha ricevuto tutto il fascicolo e
molti altri documenti ! Mb
1- A 10 ANNI DALLA
MORTE DELL’AVVOCATO, UN LIBRO FA A PEZZI QUALCHE SANTINO FIAT - 2- MARPIONNE
CHE PIANGE PER LO SPOT CHRYSLER? MA MI FACCIA IL PIACERE! LUI DICE SEMPRE
CHE STA PER PIANGERE, MA NESSUNO L’HA MAI VISTO IN LACRIME. DI SOLITO FAR
PIANGERE GLI ALTRI (CHIEDERE A LAURA SOAVE, MAMMA DELLA 500 LICENZIATA IN
TRONCO O AL SINDACALISTA RON GETTELFINGER INSULTATO DALL’IMPULLOVERATO CON
UNA FRASE DA SCHIAFFI: “I SINDACATI DEVONO ABITUARSI A UNA CULTURA DELLA
POVERTÀ”) - 3- E POI GLI ULTIMI GIORNI DI EDOARDO, A CUI NON VIENE DATO IL
NUMERO DEL CELLULARE DEL PADRE. INGRASSATO, PAZZO, GLI UNICI AMICI SONO UN
ASSISTENTE SOCIALE E UN VENDITORE DI TAPPETI IRANIANO. PREOCCUPATO DI NON
ARRIVARE ALLA FINE DEL MESE, LEGGE NOSTRADAMUS E AVVERTE TUTTI TRE GIORNI
PRIMA, CONSEGNANDO A SUO PADRE E A UNA PERSONA DI SERVIZIO PARTICOLARMENTE
CARA UNA SUA FOTO. E’ SU UN PONTE DELLA TORINO-SAVONA DA CUI SI BUTTERÀ, UN
LEGGERO SORRISO. “VOGLIO ESSERE RICORDATO COSÌ”, DICE ALLA PERSONA DI
SERVIZIO. MA NESSUNO SE LO FILA -
Michele Masneri per
Rivista Studio (www.rivistastudio.com)
"A Detroit sono rimasti tutti molto stupiti leggendo il mio libro, non
sapevano che in Italia si producono auto dalla fine dell'Ottocento". Lo
racconta a ‘'Studio'' Jennifer Clark, corrispondente per il settore auto di
Thomson-Reuters dall'Italia, fresca autrice di Mondo Agnelli: Fiat,
Chrysler, and the Power of a Dynasty (Wiley & Sons editori, $29.95), primo
dei volumoni in arrivo in libreria per il decennale della morte di Gianni
Agnelli (2013). Il libro è bello, e forse perché non è prevista (per ora)
una pubblicazione italiana, non ha i pudori a cui decenni di "bibliografiat"
(copyright Marco Ferrante, maestro di agnellitudini e marchionnismi) ci
hanno abituati.
E partiamo da Marchionne,
figura che rimane misteriosa, monodimensionale nei suoi cliché più
utilizzati - le sigarette, il superlavoro, l'equivoco identitario
(l'abbraccio del centrosinistra con la definizione fassiniana di
"liberaldemocratico", il ripensamento imbarazzato). L'aneddotica sindacale è
una chiave interessante invece per capirne di più.
Sul Foglio dell'11
febbraio scorso, un magistrale pezzone sabbatico di Stefano Cingolani
(conflitto di interessi: chi scrive collabora col Foglio, mentre Marco
Ferrante è un valente Studio-so) raccontava che Ron Gettelfinger,
indimenticato capo della Uaw, United Auto Workers, il sindacato dell'auto
Usa, alla fine della trattativa lacrime e sangue che ha portato all'accordo
Fiat-Chrysler, in cui i sindacati hanno aderito a condizioni molto
peggiorative in termini di salari e di ore lavorate in cambio di una
partecipazione nell'azionariato della fabbrica, "rifiuta di stringere la
mano al rappresentante della Fiat".
Clark non solo conferma
l'episodio ma gli dà una tridimensionalità. "Tutto vero. Me l'ha confermato
Marchionne stesso. Nelle fasi più dure della trattativa, Gettelfinger e
Marchionne hanno un diverbio. Marchionne, che notoriamente è un negoziatore
ma non un diplomatico, dice una frase precisa: "i sindacati devono abituarsi
a una cultura della povertà". Dice proprio così, "a culture of poverty".
Gettelfinger diventa bianco, più che rabbia è orgoglio ferito e offesa. "Gli
risponde: lei non può chiedere questo a un sindacato. A chi rappresenta
operai che si stanno giocando i loro fondi pensione. Marchionne mi ha detto
di essersi non proprio pentito, ma insomma...".
Sempre coi sindacati,
Clark racconta che col successore di Gettelfinger, General Hollifield,
volano parolacce irripetibili. Hollifield, primo afroamericano a ricoprire
un posto di prestigio nell'aristocrazia sindacale americana (è
vicepresidente della Uaw e delegato a trattare per la Chrysler) è grosso e
aggressivo quanto Gettelfinger è azzimato e composto. La trattativa tra i
due sembra un match tra scaricatori di porto. Con questi presupposti, pare
un po' difficile credere alle voci (riferite dal New York Times e rimbalzate
in Italia) secondo cui l'ad Fiat avrebbe pianto alla visione dello spot
patriottico Chrysler a di Clint Eastwood.
Anche qui Clark spiega una
sfumatura non banale. "No, non sarebbe strano. Marchionne è un uomo molto
emotivo. Non sarebbe la prima volta. Per esempio, quando il presidente Obama
annunciò il salvataggio Chrysler in televisione, Marchionne era in un
consiglio di amministrazione di Ubs a New York. Vede la scena, si commuove e
chiede di uscire dalla sala, per non farsi vedere piangere.
Attenzione, però, perché
Marchionne non usa mai l'espressione "crying". Dice solo: "I almost broke
down". Almost. E al passato. E a rileggere il New York Times, che racconta
di come l'ad Fiat si sia commosso vedendo lo spot insieme ai suoi
concessionari, anche lì si racconta come lui chiede di uscire dalla stanza,
ha gli occhi lucidi. Ma nessuno lo vede poi realmente piangere. "Per lui
piangere è un valore" dice Clark. Piangere va bene, perché significa tenerci
molto a una cosa". Sembra sempre che stia per piangere, ma a ben vedere
nessuno l'ha mai visto in azione. "Sì, è emotivo, ma non è sentimentale".
Famiglia Agnelli
Piangere va bene ma è
meglio se lo fanno gli altri. Come Laura Soave, capo di Fiat Usa, "mamma"
dello sbarco della 500 in America. Per la manager italiana, Marchionne
organizza una strana carrambata. Salone di Los Angeles 2010: Soave decide di
utilizzare per il lancio una gigantografia di una sua vecchia foto da
bambina, in cui lei siede proprio nella storica 500 arancio di famiglia.
Ma Marchionne, a sua
insaputa, e come un autore Rai, fa arrivare da Napoli i suoi genitori, che
appaiono all'improvviso nel bel mezzo dello show. Lei piange, il suo
amministratore delegato è molto soddisfatto. (Poi dopo qualche mese la Soave
verrà licenziata in tronco, episodio frequente nell'epica marchionniana).
À rebours. In fondo il
libro si chiama Mondo Agnelli. Incombe il decennale, tocca fare la fatidica
domanda: differenze-similitudini tra Marchionne e l'Avvocato. "Marchionne è
considerato molto esotico, qui. Lo era già prima, con quei maglioncini e
quell'accento, ma adesso lo è ancora di più con il nuovo look barbuto. Poi
fa battute, scherza con gli operai e coi giornalisti, conosce il suo potere
sui media e lo esercita consapevolmente. In questo è simile all'Avvocato. Ma
anche a Walter Chrysler, il fondatore del gruppo. Poi Si staglia sul
grigiore. Bisogna pensare che come alla Fiat i dirigenti erano tutti
torinesi, qui in Chrysler sono tutti del midwest".
"Però in America pochi si
ricordano di Gianni Agnelli. Ormai le nuove generazioni non sanno nulla.
Devo spiegare che l'Avvocato era amico dei Ford e dei Kennedy per suscitare
qualche vago ricordo. A una presentazione a New York, quando ho detto che la
Fiat è più antica della Ford, la gente era veramente stupita". Nessuno si
immaginerebbe che il Senatore Giovanni Agnelli nel 1906 aprì la sua prima
concessionaria americana a Manhattan, Broadway.
Ma tra i ricordi
agnelliani, la parte più interessante del libro di Jennifer Clark è forse
quella che riguarda gli ultimi giorni di Edoardo, il figlio sfortunato di
Gianni, morto suicida nel 2000. La giornalista Reuters è andata a spulciarsi
le carte della polizia torinese, perché un'inchiesta, per quanto veloce e
riservata, vi fu. I dettagli sono tristi e grotteschi: Edoardo che non ha un
numero privato del padre, e per parlarci deve passare a forza per il
centralino di casa Agnelli; le sue ultime chiamate con il suo uomo di
scorta, Gilberto Ghedini, a cui chiede piccole incombenze, come spostare
l'appuntamento col dentista.
Una telefonata ad Alberto
Bini, una sorta di amico-tutore che da dieci anni lo segue giornalmente dopo
l'arresto per droga in Kenya nel 1990. Le conversazioni quotidiane di
teologia islamica con Hussein, mercante iraniano di tappeti di stanza a
Torino. È molto preoccupato per le sue finanze, cosa di cui mette al
corrente il cugino Lupo Rattazzi, incredulo.
Manda qualche mail (le
password dei suoi account, come ricostruisce l'indagine della polizia, sono
"Amon Ra", "Sun Ra" e "Jedi"). L'ultimo file visualizzato sul suo computer è
una pagina web su Nostradamus. Poi, la lenta preparazione: per tre giorni di
fila, Edoardo si alza presto, si veste accuratamente, guida la sua Croma
blindata fino al ponte sulla Torino-Savona da cui si butterà il 15 novembre.
Tre giorni prima, consegna a suo padre e a una persona di servizio
particolarmente cara una sua foto. E' su un ponte, con un vestito formale,
un leggero sorriso. "Voglio essere ricordato così", dice alla persona di
servizio.
|
SE VUOI COMPERARE IL
LIBRO SUL SUICIDIO SOSPETTO DI EDOARDO AGNELLI A 10 euro manda email
all'editore (info@edizionikoine.it)
indicando che hai letto questo prezzo su questo sito , indicando il tuo nome
cognome indirizzo codice fiscale , il libro ti verrà inviato per
contrassegno che pagherai alla consegna. |
TORINO 24.09.10
GENTILE SIGNOR DIRETTORE GENERALE
RAI
CONSIDERAZIONI SULLA TRASMISSIONE
DI MINOLI LA STORIA SIAMO NOI SU “EDOARDO AGNELLI” DEL 23.09.10.
1)
Minoli dichiara più volte che intende fare
chiarezza per chiudere il caso, ma senza un vero e proprio confronto-analisi
verifica sulla compatibilità degli elementi con il suicidio in quanto :
a)
dall’esame esterno effettuato dal dott. Ellena
e dopo consultazione del Manuale di Medicina Legale – Macchiarelli-Feola
(che attualmente è il migliore in commercio), oltre che di altri libri di
medicina legale un po’ più datati possono formulare le seguenti
considerazioni:
“E’ esperienza comune come
possano osservarsi lesioni più gravi in caso di precipitazione di un corpo
di peso relativamente esiguo (ad esempio di un bambino) da un’altezza non
eccessivamente elevata (1° o 2° piano di un palazzo) quando l’impatto si
verifichi contro la superficie dura di un cortile o di un selciato, rispetto
a quelle rilevabili in caso di precipitazione del corpo di un soggetto
adulto (dunque di peso maggiore) da un’altezza superiore ai 10 metri su
neve, terreni erbosi e sabbiosi o in acque sufficientemente profonde”
“L’arresto del corpo nella
sede di impatto non è accompagnato da un arresto simultaneo di tutti gli
organi interni, i quali proseguono per inerzia il loro movimento subendo
lacerazioni o distacchi a livello dell’apparato di sostegno”
“Nel caso di
precipitazioni su tutta la lunghezza del corpo (tipica delle grandi
altezze), è comune la presenza di fratture costali multiple e dello sterno,
fratture degli arti (monolaterali in caso di impatto al suolo su un fianco),
del cranio e del bacino. Si associano invariabilmente gravi lesioni interne
da decelerazione,oppure provocate da monconi ossei costali procidenti nella
cavità toracica”
“Le lesioni esterne
cutanee sono di norma di scarsa entità. Quando rilevabili sono
caratterizzate da contusioni, ferite lacere e lacero-contuse che si
producono soprattutto quando il corpo, nella caduta, incontra ostacoli
intermedi (ringhiere, fili tesi, cornicioni, rami d’albero.
Talora la presenza di
indumenti pesanti può far mancare o può attenuare le lesioni cutanee da
impatto diretto contro la superficie d’arresto”
Nell’esame esterno, il
dott. Ellena riscontrava le seguenti lesioni:
-
Capo: ferite diffuse al capo e al volto con lacerazioni cutanee profonde. In
sede frontale sn frattura cranica con piccola breccia e fuoriuscita di
modesta quantità di encefalo. Frattura ossa nasali.
Tali lesioni sono indice
di una caduta con la faccia a terra, quindi con il corpo riverso bocconi.
-
Torace: escoriazioni multiple. Escoriazione ad impronta (collana) alla base
del collo. Fratture costali multiple maggiori a sn.
Cosa c’entra
l’escoriazione a collana alla base del collo? L’escoriazione è un fenomeno
vitale (tentativo di strangolamento?)
-
Addome: escoriazioni multiple
L’escoriazione è
normalmente conseguente ad uno strisciamento di un corpo contundente contro
la cute. Come possono essersi formate delle escoriazioni sull’addome in un
soggetto precipitato e, per di più, vestito?
-
Arto superiore dx: minima escoriazione al polso ed al palmo della mano.
Può essere compatibile con
una caduta di questo tipo
-
Arto superiore sn: ferita perforante dorso avambraccio. FLC multiple alla
mano sn faccia mediale esterna.
Come se le è procurate?
Era vestito con le maniche lunghe?
Deve esserci una
perforazione del vestito oppure la perforazione dall’interno a seguito di
frattura scomposta avambraccio
-
Arto inferiore dx: escoriazioni diffuse faccia mediale interna
Valgono le stesse
considerazioni fatte per l’addome. Oltretutto qui si parla di interno coscia
presumibilmente
-
Arto inferiore sn: frattura femore multiple. Escoriazioni diffuse faccia
mediale esterna.
Da quello che si desume
sembrerebbe che il corpo sia caduto sul lato sinistro. Ma allora è caduto di
faccia o di lato? Perché se è caduto di lato la lesione profonda in sede
frontale sn è incompatibile con una caduta di lato. E poi com’era la
frattura frontale sn? A stampo? E se era a stampo qual è l’oggetto che ha
determinato tale forma di frattura?
-
Varie: Frattura osso mascellare. Otorragia dx. Preternaturalità del capo da
frattura vertebre cervicali.
Osso mascellare quale?
Destro o sinistro? L’otorragia è un segno tipico di traumi cranici gravi. Le
fratture vertebrali cervicali sono segno di una precipitazione cefalica e
sono associate a gravi traumi cranici (es. fratture a scoppio del cranio).
Direi che di materiale ce
n’è abbastanza da chiedere a Garofalo e Testi di ricostruire l’esatta
dinamica della precipitazione.
b)
Il dipendente dell’autostrada non poteva
vedere un bel niente da sopra per il cono d’ombra del ponte , mentre il
pastore poteva vedere tutto perché sotto. Solo che gli orari non collimano .
Quindi un ex-carabinere indica come sua prassi professionale “non affidabili
dei tesi” . Ignora che questo e’ il ruolo del giudice non dell’inquirente ?
E’ per lui qual’e’ la prova scientifica ? la “abbastanza ortogonalità” fra
auto e corpo ? non sa che esistono i gps per cui tale ortogonalità può
essere ricreata ? Inoltre come fa a trarre indicazioni da una scena del
delitto solo fotografata ? Come fa a vedere la tridimensionalità
dell’impronta ? Ed analizzare il sangue? Perché non parla della terra
stretta nelle mani di E.A? Come fa a raccoglierla se muore sul colpo? Da
dove proveniva?
c)
Il medico Testa come fa da una foto ad
individuare i traumi interni ? Se cosi fosse potremmo risparmiare soldi e
radiazioni ! come fa a paragonare la caduta in un aereo a quella da un ponte
? 6 mesi dopo chi e’ stato ritrovato li sotto , ha visto l’autopsia ?
d)
Il cranio di E.A potrebbe essere stato colpito
anche da uno dei tanti sassi presenti sul terreno, visto che la foto
trasmessa ne faceva vedere proprio uno li.
e)
come mai il magistrato prima di chiudere il
caso autorizza il funerale ?
f)
io non ho mai sostenuto che E.A sia stato
buttato giù ma che lui li non sia mai salito ma sia stato trasportato forse
strangolato , viste le echimosi sul collo .
g)
certo lo collana non provoca echimosi perché un
frega cadendo da 73 metri.
2)
autosuggestione non può averla il pastore ma
solo quelli vogliono dare spiegazioni diverse al fine di ignorare i fatti ,
come Gelasio, Lapo, i medici interpellati e l’ex-carabiniere in quanto :
a)
non esistono prove che abbia chiamato gli
amici il giorno prima , per dirgli cosa , a che ora , con che tono ?
b)
inoltre non risulta da alcun atto d’indagine
che in mattinata abbia sentito il padre G.A anche perché proprio il padre
perche Edoardo non lo chiamasse aveva tolto la possibile selezione diretta
dagli interni di Edoardo.
c)
A me stesso Carlo Caracciolo editore gruppo
REPUBBLICA-ESPRESSO, aveva detto che E.A gli aveva telefonato, ma non gli ho
mai creduto in quanto se avesse voluto ricostruire la verità ne aveva tutti
i mezzi ma non lo ha mai voluto fare nonostante io lo abbia chiesto a lui ed
al suo socio De Benedetti per 10 anni !
d)
Gelasio fa un discorso senza logica si commenta
da se !
e)
Ravera ha sbagliato altezza e peso ed ha visto
la buca nel terreno ?
f)
Un impatto a 150 km ora di un auto fatta per
assorbire gli urti la distrugge, il corpo umano no, allora facciamo le auto
senza carrozzeria sono più sicure !
g)
Certo che e possibile scavalcare il parapetto
dell’’autostrada ma dipende dalla forma fisica ed E.A non era in forma
fisica per farlo, se no il dr.Sodero cosa lo curava a fare se non ne avesse
avuto bisogno !
h)
Se E.A per scavalcare il parapetto si fosse
aiutato con l’auto , come dice Sodero, come mai mancavano impronte ? Forse
Testa ha una soluzione anche a questo: la lievitazione magnetica di E.A !
i)
Del tutto illogico il ragionamento di Tiziana :
in preda a stato di esaltazione si butta giu’ ? con giri per 3 giorni ? e
con 2 passaggi ? anche su questa stendiamo un velo pietoso come sul monologo
di Lapo trasmesso senza alcuna pietà umana ! Pur di raggiungere i suoi fini
Minoli da sempre non guarda in faccia a nessuno!
j)
Sodero e Gelasio poi danno 2 chiavi di lettura
opposte : Sodero dice che E.A aveva paura del dolore fisico , e pur
essendo un paracadutista di getta, sapendo che poteva farsi molto male !
Infatti riesce ancora a stringere in un pugno una terra che non si e’ mai
saputo da dove arriva ? Mi ricorda la tesi della pallottola di Kennedy !
k)
Minoli poi afferma che non e’ vero che E.A non
voleva entrare nella Dicembre e che ne chiede di farne parte ?
i.
Se lui non firma un documento non chiede un bel
nulla
ii.
Il documento lo hanno preparato legali e notaio
iii.
Gelasio e Lupo affermano che non voleva entrare
nella Dicembre
iv.
Altro indice di superficiale faziosità di
Minoli che non legge che la Dicembre non e’ una accomandita e non vi sono
tutti gli Agnelli !
v.
Come non corregge neppure l’errore riconosciuto
che Romiti dal 96 al 98 era Presidente Fiat no ad.
vi.
Mi domando chi preparasse a Minoli le
interviste ai potenti dell’economia ! Forse ora non lo assiste piu’ troppo
bravo per lui ?
Concludo quindi
logicamente che mi sembra dimostrato che Minoli non abbia chiarito tutto
anzi la vera incompatibilità e’ fra il suicidio e gli elementi
raffazzonati in modo del tutto approssimativo e confutabile gia’ sopra e
come e quando vuole. Molte cordialita’.
MARCO BAVA
EDOARDO AGNELLI? SOLO
"UN CARATTERE COMPLESSO"...
Ritagliare e incorniciare la bella paginata della Stampa di Torino
dedicata a Edoardo Agnelli (p.21), del quale tocca parlare solo perché
giovedì va in onda un documentario di Minoli su RaiDue. Splendida la
sintesi dei sommarietti. "Il giallo: per anni sono circolate ipotesi di
complotti e teorie su un omicidio". "La conclusione: ma le risposte si
trovano nelle pieghe personali di un carattere complesso". Ah, ecco.
20-09-2010]
|
1-
ALL’INDOMANI DELLA PUNTATA DE "LA STORIA SIAMO NOI" DI MINOLI SCOPPIA IL
FINIMONDO - "ADESSO SI METTONO A CONFUTARE ANCHE LE POCHE COSE SICURE. E
TRA QUESTE CE N’É UNA CHE NESSUNO PUÒ E POTRÀ MAI CONTESTARE: L’AUTOPSIA
SUL CORPO DI - EDOARDO AGNELLI NON VENNE ESEGUITA. NEL VERBALE SI PARLA
DI “ESAME ESTERNO” - 2- TUTTI ERANO CONVINTI DEL SUICIDIO E NON SI
PRESERO IN CONSIDERAZIONE ALTRE IPOTESI. "IL CORPO ERA APPARENTEMENTE
INTATTO, A PARTE UNA FERITA ALLA NUCA" ED È STRANO PER UN CORPO DI CIRCA
120 KG DOPO UN VOLO DI 80 METRI. IL MEDICO AGGIUNGE DI AVER NOTATO UNA
SOLA “STRANEZZA”: "FU DATA L’AUTORIZZAZIONE ALLA SEPOLTURA
IMMEDIATAMENTE" - 3- NON ESISTE LA PROVA CHE SIA STATO GIANNI AGNELLI A
“PREGARE” CHE L’AUTOPSIA NON VENISSE FATTA PROPRIO PER EVITARE DI AVERE
LA CONFERMA UFFICIALE E PUBBLICA CHE SUO FIGLIO ERA UN
TOSSICO-DIPENDENTE E CHE FORSE QUELLA MATTINA ERA IN PREDA ALLA DROGA
Gigi Moncalvo per "Libero"
«Adesso si mettono a confutare anche le poche cose sicure. E tra queste
ce n'é una che nessuno può e potrà mai contestare: l'autopsia sul corpo
di Edoardo Agnelli non venne eseguita. Misteriosamente, incredibilmente,
assurdamente. Ci fu solo un sommario esame medico esterno, durato poco
più di un'ora. Ed eseguito da un medico che venne chiamato dal
Procuratore della Repubblica nonostante in servizio quella tragica
mattina ci fosse un altro medico legale».
E,
altrettanto inspiegabilmente, da parte di qualcuno c'era molta fretta
per avere il nulla osta per la sepoltura in modo da poter portare via al
più presto il cadavere. Fonti vicine alla famiglia - "quella vera di
Edoardo e di Gianni Agnelli, e non quelle che si sono "infilate" in
questa storia senza averne alcun titolo e che sono state intervistate
dalla Rai" che sembra aver volutamente trascurato e ignorato chi sa echi
potrebbe parlare - rispondono con indignazione a una nota dell'Ansa
diffusa nel pomeriggio di ieri.
Nel
dispaccio, che cita anonime «fonti investigative» - che qualcuno fa
risalire a chi quel giorno coordinava e guidava le prime indagini
«soprattutto dall'esterno e che in seguito ha fatto una sfolgorante
carriera...» - si affermano tre cose: l'autopsia venne effettuata, lo fu
«per espressa volontà dell'Avvocato Agnelli», durò «oltre tre ore», fu
un'autopsia accurata «proprio in considerazione del fatto che nulla
doveva essere trascurato», all'esame autoptico era presente il
Procuratore della Repubblica di Mondovì. È difficile trovare una serie
di false affermazioni come in quelle poche righe. Tutto è facilmente
confutabile. Vediamo, attraverso gli atti come andarono veramente le
cose.
NIENTE AUTOPSIA
- Il 23 novembre 2000, otto giorni dopo la morte di Edoardo, il dottor
Mario Ellena, genovese che oggi ha 53 anni, medico presso la ASL 17 di
Savigliano (Cuneo), viene convocato dal Procuratore Bausone per essere
interrogato. Si limita a presentare una breve memoria "a integrazione
del verbale dell'esame esterno del cadavere di Edoardo Agnelli". Nel
verbale dunque si parla di "esame esterno" e non di autopsia. Il medico
nella sua breve memoria, scrive di aver effettuato un primo sopralluogo
a Fossano sotto il viadotto della morte «alle ore 14,30 circa».
«Terminati gli accertamenti sul posto, disponevo il trasferimento della
salma presso l'obitorio comunale di Fossano al fine di effettuare
l'esame esterno del cadavere, conclusosi alle 16,30». La memoria è
composta di appena 17 righe: solo tre dedicate alle cause della morte,
altre quattro il medico le dedica a spiegare che cosa avrebbe "visto"
dentro il corpo di Edoardo se avesse eseguito l'autopsia: «L'eventuale
esame autoptico avrebbe sicuramente evidenziato lesioni viscerali solo
ipotizzabili dall'esame esterno, ma non avrebbe apportato nessun
ulteriore elemento circa l'individuazione della causa di morte che, come
già verbalizzato, è da ricondurre ad un grave trauma cranio-facciale e
toracico in grande precipitato».
Quindi in due precise circostanze, di suo pugno, sotto giuramento e in
una memoria scritta il Dr. Ellena afferma di aver eseguito un semplice
"esame esterno". Non gli importavano altre analisi, altre prove, il
prelievo di campioni, l'accertamento di eventuali sostanze nel sangue.
UN'ORA INVECE DI TRE
- Il
sorprendente dispaccio dell'Ansa parla, addirittura nel titolo, di
un'autopsia durata "oltre tre ore". Non è vero. Lo stesso Dr. Ellena in
un altro documento, stilato il 15 novembre (giorno della morte di
Edoardo) - documento che fa parte del fascicolo della ASL 17 - firma
l'"esito della visita necroscopica eseguita sul cadavere appartenuto in
vita a Agnelli Edoardo". Il medico scrive che «l'esame esterno del corpo
di Edoardo è cominciato alle 15,15 nella camera mortuaria del cimitero.
La morte si ritiene risalga alle ore 11,00 e fu conseguenza di trauma
cranio-facciale e toracico da grande precipitazione».
Dunque alle 14,30 il dr. Ellena ha compiuto il primo sopralluogo sotto
il viadotto, poi è andato alla camera mortuaria, alle 15,15 ha
cominciato l'esame esterno del cadavere, alle 16,30 - come ha scritto
otto giorni dopo nella memoria consegnata in Procura - afferma di aver
terminato. Ha impiegato solo un'ora e un quarto. E non "oltre tre ore".
È davvero portentoso come il dr. Ellena sia riuscito nel breve lasso di
tempo fra le 14,30 e le 15,15 a esaminare il corpo sotto il viadotto,
stilare un primo referto, parlare con gli inquirenti, dare or- dine di
trasferire il cadavere alla "morgue", salire in auto, arrivare nella
camera mortuaria cominciare l'esame necroscopico.
Tutto
è possibile ma tra il luogo della morte e il cimitero di Fossano ci
vogliono almeno venti minuti di auto e i necrofori delle pompe funebri
locali hanno certo corso non poco per raccogliere il cadavere con tutte
le cautele del caso, caricarlo sul furgone, trasportarlo senza troppe
scosse (vista la strada di campagna), scaricarlo al cimitero, portarlo
nella camera mortuaria, stenderlo sul marmo e spogliarlo. Il tutto in
tre quarti d'ora dal viadotto alla morgue. Il dr. Ellena non chiarisce
un altro mistero.
Nel
primo esame del cadavere, stilato dal medico del 118, l'altezza di
Edoardo è indicata in 1,75 metri (anziché 1,90) e il peso in 80 kg
(anziché 120). Ellena conferma anche in un'altra sede che non fu
eseguita l'autopsia. Nell'intervista a Giuseppe Puppo, autore del libro
"Ottanta metri di mistero" (Koinè Edizioni, febbraio 2009), il medico
racconta che venne chiamato molto tardi («dopo l'ora di pranzo», mentre
Edoardo era stato trovato prima delle undici), e arrivò sul posto verso
le 15, anche se nel referto aveva scritto alle 14,30. «Gli inquirenti
della Polizia mi dissero che per loro non c'erano problemi, era tutto
chiaro».
LE STRANEZZE -
Insomma tutti erano convinti del suicidio e non si presero in
considerazione altre ipotesi. «Il corpo era apparentemente intatto, a
parte una ferita alla nuca». Ed è strano per un corpo di circa 120 kg
dopo un volo di 80 metri. Il medico aggiunge di aver notato una sola
"stranezza": «Fu data l'autorizzazione alla sepoltura immediatamente».
Ma l'autopsia venne eseguita o no? «Questo lo deve chiedere al
Magistrato. Il mio compito era quello di eseguire un esame esterno sul
cadavere e di fornire, se possibile, una diagnosi di morte». Già, ma lei
avrebbe potuto consigliare l'autopsia: perché non lo fece?
«Perché gli inquirenti mi sembrarono concordi e sicuri sul suicidio e
perché io non trovai proprio niente di strano, o di contrario». Il
giornalista sottolinea che Edoardo era alto 1,90 ma sul referto c'era
scritto 1,75 e quindi il cadavere non è stato neanche misurato: «Beh, mi
sembra ininfluente. È più che probabile che si sia trattato di una stima
ad occhio... È possibile che mi sia sbagliato... Ma non c'entra niente
con tutto il resto, che è invece importante». Dal libro di Puppo emerge
un altro particolare. Il medico legale in servizio quella mattina era
Carlo Boscardini, 48 anni, specialista in medicina legale, psichiatra
forense, dottore in giurisprudenza.
«Io
non ho eseguito nessun esame e non ho visto il cadavere di Edoardo
Agnelli - dice il medico -. Ero in servizio, il medico di turno viene
chiamato dal magi- strato, il quale, ne può chiamare anche un altro di
sua fiducia. Ero a Fossano, impegnato in colloqui sociosanitari per
delle adozioni. Seppi l'accaduto da alcune telefonate, all'ora di pranzo
e in cuor mio mi preparai ad essere convocato. Invece nessuno mi
chiamò».
E il
dottor Ellena? «Era il mio superiore gerarchico all'ASL di Savigliano.
Fu lui a firmare il certificato di morte, l'esame medico legale. Avendo
evidentemente saputo prima di me dell'accaduto, si precipitò sul posto e
furono affidate a lui le incombenze professionali. Io ho intravisto quel
certificato di morte. Qualche giorno dopo il dottor Ellena venne da me e
mi sventolò i fogli che aveva preparato, chiedendomi se potevo darci
un'occhiata. Mi rifiutai di farlo, dal momento che non ritenevo
opportuno correggere o modificare la relazione di un'ispezione
cadaverica mai eseguita".
Ma
perché non fu eseguita l'autopsia? "Per ché si trattava di Edoardo
Agnelli. Lo chieda al magistrato...». È l'unico che può deciderla. «In
casi simili viene quasi sempre decisa, magari anche per una semplice
precauzione, come a coprirsi le spalle, da parte del magistrato. Ricordo
un caso in cui trovammo un suicida con la pistola in mano, dopo che si
era sparato un colpo in bocca e il magistrato decise lo stesso che
doveva essere eseguita l'autopsia.... Il medico legale non può decidere
l'autopsia, al massimo può suggerirla, altrimenti si deve attenere a
quanto il magistrato dispone».
Edoardo stringe- va tra le mani della terra: è possibile dopo un simile
volo che ci siano ancora funzioni vitali tali da muovere le dita? «Lo
escludo nella maniera più assoluta. Quel luogo, fangoso, può al massimo
attutire i segni evidenti dell'impatto, ma dopo un impatto da una simile
altezza la morte è immediata». Il corpo di Edoardo aveva anche i
mocassini ancora ai piedi? È possibile? «È piuttosto raro. Un paio di
volte ho esaminato cadaveri di persone precipitate in montagna, ebbene
le abbiamo ritrovate senza scarponi nei piedi».
Il
procuratore Bausone, che ha 77 anni ed è in pensione dal giugno 2008, ha
sempre respinto ogni richiesta dei giornalisti di esaminare il fascicolo
sulla morte di Edoardo. In una lettera scrive che «gli atti non possono
essere pubblicati» poiché ancor oggi coperti dal segreto istruttorio.
Noi abbiamo esaminato il fascicolo e il mistero sulla morte e sulle
indagini si infittisce ancora di più...
L'AVVOCATO
- Chi, dunque, ha informato l'ANSA che l'autopsia venne eseguita «per
espressa volontà dell'Avvocato Agnelli», ha inventato tutto. Se
l'autopsia non c'è stata - e lo abbiamo provato - evidentemente non
c'era nemmeno una "espressa volontà", o un "ordine" del papà del
defunto, affinché ciò avvenisse. Se l'Avvocato avesse chiesto un simile
"favore" non è difficile prevedere che sarebbe stato ascoltato. Ma il
problema, in questi casi, non è la volontà o meno del padre del defunto:
è la volontà o meno di fare chiarezza. E c'è da ritenere che non si
volessero aprire i poveri resti di Edoardo ed esaminarne le viscere, non
per un rispetto per quel povero corpo non così martoriato come un simile
volo farebbe pensare, ma per evitare di scoprire quali sostanze ci
fossero nel suo corpo o nel suo sangue.
Non
esiste la prova che sia stato Gianni Agnelli a "pregare" che l'autopsia
non venisse fatta proprio per evitare di avere la conferma ufficiale e
pubblica che suo figlio era un tossico-dipendente e che forse quella
mattina era in preda alla droga. Ma le esigenze di un padre e quelle
della giustizia spesso divergono e queste ultime devono, o dovrebbero,
sempre prevalere. Altrimenti dieci anni dopo, «anche se John Elkann ci
ha aperto tutte le porte» - come ha detto Giovanni Minoli nel presentare
la puntata de "la Storia siamo noi" realizzata non da lui ma da due
bravi giornalisti - si rischia di far cadere sul Nonno qualche atroce
sospetto postumo, invece di onorarne la memoria.
27-09-2010]
|
il 15.11.15 si terrà la
messa di commemorazione della morte di EDOARDO AGNELLI nella Parrocchia
di S.MARIA GORETTI IN TORINO V.PIETRO COSSA ang.V.PACCHIOTTI. |
|
DINASTIA DELLE QUATTRORUOTE
A “Dicembre” i
segreti degli Agnelli
Scritto da Gigi Moncalvo
Pubblicato Giovedì 11 Ottobre 2012, ore 7,50
È in cima alla catena
di comando che controlla Fiat, ma per 17 anni è stata “fuorilegge”. E non è
l’unica stranezza. Viaggio in tre puntate di Gigi Moncalvo nel sancta
sanctorum della Famiglia
E pensare che parlano,
ogni due per tre, di trasparenza, limpidezza, casa di vetro, etica, valori
morali. In quale categoria può essere catalogato ciò che stiamo per
raccontare, e che solo su queste pagine web potete leggere? E’ una storia
che riguarda la “cassaforte di famiglia”, cioè la “Dicembre
società semplice”, che detiene – tanto per fare un esempio -
il 33%, dell’“Accomandita Giovanni
Agnelli & C. Sapaz”, cioè controlla quella gallina dalle
uova d’oro che quest’anno ha consentito agli “eredi” - senza distinzioni tra
bravi e sfaccendati – di spartirsi 24,1 milioni di euro (rispetto ai 18
milioni del 2011) su un utile di 52,4. “Dicembre” di fatto è la scatola di
controllo dell'impero di famiglia, ed è dunque – proprio attraverso
l’Accomandita - l'azionista di riferimento di Exor, la superholding del
gruppo Fiat-Chrysler.
Non ci crederete ma la
“Dicembre”, nonostante questo
pedigree, fino al luglio scorso non risultava nemmeno nel
Registro delle Imprese della
Camera di Commercio di Torino, nonostante la legge ne
imponesse l’iscrizione. La “Dicembre” è una delle società più importanti del
paese, dato che, controllando dall’alto la piramide dell’intero Gruppo Fiat,
ha ricevuto dallo Stato centinaia di miliardi di euro di fondi pubblici.
Ebbene per i registri ufficiali dell’ente presieduto da
Alessandro Barberis, un
uomo-Fiat, non... esisteva. Quindi lo Stato erogava miliardi a una società
la cui “madre” non risultava nemmeno dai registri e che ha violato per anni
la legge.
“Dicembre” è stata
costituita il 15 dicembre 1984 con sede in via del Carmine 2 a Torino
(presso la Fiduciaria FIDAM di
Franzo Grande Stevens), un capitale di 99,9 milioni di lire
e cinque soci: Giovanni
Agnelli (col 99,9%
di quote), sua moglie Marella
Agnelli (10 azioni per un totale di 10 mila lire) e infine
Umberto Agnelli,
Gianluigi Gabetti
e Cesare Romiti,
con una azione ciascuno da mille lire. Come si vede fin dall’inizio Gianni
Agnelli considerava la “Dicembre” appannaggio del proprio ramo famigliare.
Poco più di quattro anni dopo, il 13 giugno 1989, c’è un primo colpo di
scena: escono Umberto e Romiti e vengono sostituiti da Franzo Grande Stevens
e da sua figlia Cristina.
Gianni Agnelli “dimentica” di avere due figli,
Edoardo e
Margherita, e privilegia
invece Stevens e la sua figliola, a scapito perfino di suo fratello Umberto
Agnelli. Se si prova – come ho fatto io - a chiedere al notaio
Ettore
Morone notizie e copie di
questo “strano” atto, risponde che “non li ha conservati e li ha consegnati
al cliente”. Non vi fornisce nemmeno il numero di repertorio. Forse a rogare
sarà stata sua sorella Giuseppina?
La “Dicembre” torna a
lasciare tracce qualche anno più tardi, il 10 aprile 1996: c’è un aumento di
capitale (da 99,9 milioni a 20 miliardi di lire), entrano tre nuovi soci (Margherita
Agnelli, John
Elkann, e il commercialista
Cesare Ferrero), le quote
azionarie maggiori risultano suddivise tra Gianni Agnelli, Marella,
Margherita e John (di professione “studente” è scritto nell’atto) col 25%
ciascuno, con l’Avvocato che ha l’usufrutto sulle azioni di moglie, figlia e
nipote. Tutti gli altri restano con la loro singola azione che conferisce un
potere enorme. Siamo nel 1996, come s’è visto, e nel frattempo è entrata in
vigore una legge (il D.P.R. 581 del 1995) che impone l’iscrizione di tutte
le società nel registro delle imprese. A Torino se ne fregano. Anche se la
“Dicembre” ha un codice fiscale (96624490015) è come se non esistesse…
Gabetti, Grande Stevens e Ferrero, così attenti alla legge e alle forme,
dimenticano di compiere questo semplicissimo atto. Né si può pretendere che
fossero l’Avvocato o sua moglie o sua figlia o il suo nipote ventenne, a
occuparsi di simili incombenze.
La
Camera di Commercio si
“accorge” di questa illegalità solo quattordici anni dopo, il 23 novembre
2009. La Responsabile dell’Anagrafe delle Imprese,
Maria Loreta Raso, allora scrive agli amministratori
della “Dicembre” e li invita a mettersi in regola. Non ottiene nessun
riscontro. Ma la signora, anziché rivolgersi al Tribunale e chiedere
l’iscrizione d’ufficio, non fa nulla. Fino a che nei mesi scorsi un
giornalista, cioè il sottoscritto, alle prese con una ricerca di dati per un
suo imminente libro (Agnelli
segreti, Vallecchi Editore) cerca di fare luce su questa
misteriosa “Dicembre” e si accorge dell’irregolarità. Si rivolge alla Camera
di Commercio, la dirigente in questione fa finta di non sapere ciò che sa
dal 2009 e comincia a chiedere documenti e dati che già ben conosce. Il
giornalista fornisce copia dell’atto di aumento di capitale del 1996 e
indica il numero di codice fiscale, ma la Camera di Commercio pone ostacoli
a ripetizione: vogliono l’atto costitutivo, quello inviato è una fotocopia,
ci vuole quello autenticato dal notaio Morone. Passano i mesi, vengono
fornite tutte le informazioni, il giornalista comincia a diventare
fastidioso. La signora Raso non può più fare a meno di rivolgersi, con tre
anni di ritardo, al Tribunale. Il giornalista va, fa protocollare le
domande, sollecita e scrive. E finalmente il 25 giugno di quest’anno la
dottoressa Anna Castellino,
giudice delle Imprese del Tribunale di Torino, ordina l’iscrizione d’ufficio
della “Dicembre”, in quanto socia della “Giovanni Agnelli & C. Sapaz”.
L’ordinanza del giudice viene depositata due giorni dopo. La Camera di
Commercio ottemperato all’ordinanza del Giudice in data 19 luglio 2012.
Possibile che ci voglia un giornalista per far mettere in regola la più
importante società italiana “fuorilegge” da ben 17 anni e che oggi ha come
soci di maggioranza John Elkann e sua nonna Marella, con il solito
quartetto Gabetti-Ferrero-Grande Stevens padre e figlia? Ma perché tanta
segretezza su questa società-cassaforte? E’ il tema della nostra prossima
puntata.
RETROSCENA DI CASA REALE
Quei lupi a
guardia degli Agnelli
Scritto da Gigi Moncalvo
Pubblicato Venerdì 12 Ottobre 2012, ore 8,32
Chi ha in mano le
chiavi della cassaforte di “Dicembre”, società semplice con la quale si
comanda la Fiat-Chrysler? Nell’ombra si stagliano le figure di Gabetti e
Grande Stevens. Seconda puntata
GRANDI VECCHI Grande Stevens e Gabetti
Dunque, la “Dicembre”
dal 19 luglio è finalmente iscritta al registro delle Imprese della
Camera
di
Commercio
di
Torino – dopo che in via
Carlo Alberto hanno dormito per 14-16 anni. Ma una domanda è d’obbligo:
perché tanta segretezza? Chi sono coloro che vogliono restare nell’ombra al
punto che nel novembre 2009 non avevano nemmeno risposto a una richiesta di
regolarizzazione., ai sensi di legge, se n’erano sonoramente “sbattuti” ed
erano talmente sicuri di sé e potenti al punto che la Camera di Commercio,
al cui vertice siede un loro uomo, non fece nulla dopo che la propria
richiesta era stata snobbata e ignorata? Prima di arrivarci, precisiamo che
la sanzione che poteva essere loro comminata per l’irregolarità, era del
tutto simbolica e irrisoria: appena 516 euro.
La domanda diventa
dunque questa: che cosa c’era e c’è di così segreto da nascondere – è
l’unica spiegazione possibile – al punto da indurre i soci della “Dicembre”,
che riteniamo essere sicuramente in possesso di 516 euro per pagare la
sanzione, a evitare di rendere pubblici gli atti della società, come
prescrive la legge?
Qui viene il bello.
Questi signori, infatti, così come se ne sono “sbattuti” allora, ugualmente
se ne “sbattono” oggi. E, fino ad ora, stanno godendo - ma speriamo di
sbagliarci - ancora una volta della tacita “complicità” della Camera di
Commercio. Infatti, l’iscrizione che noi siamo riusciti ad ottenere si basa
solo su un documento: l’atto costitutivo del 15 dicembre 1984. Da esso
risultano cinque soci: Giovanni
Agnelli (che
nell’atto viene definito “industriale”), sua moglie
Marella
Caracciolo (professione
indicata: “designer”), Umberto
Agnelli,
Gianluigi
Gabetti,
Cesare
Romiti. La società in quel
1984 aveva sede a Torino in via del Carmine 2, presso la FIDAM, una
fiduciaria che fa capo all’avv.
Franzo Grande
Stevens, il cui
studio ha lo stesso indirizzo. Il capitale sociale ammontava a 99 milioni e
980 mila lire ed era così suddiviso: Giovanni Agnelli aveva la maggioranza
assoluta con un pacco di azioni pari a 99,967 milioni di lire, la consorte
possedeva 10 azioni per un totale di diecimila lire, gli altri tre soci
avevano una sola azione da mille lire ciascuna. Una curiosità: donna Marella
a proposito di quella misera somma di diecimila lire dichiarò in quell’atto
che “è di provenienza estera ed è pervenuta nel rispetto delle norme
valutarie” arrivando in Italia il giorno prima tramite Banca Commerciale
Italiana.
Questo, dunque, è
l’unico documento che al momento da pochi mesi compare nel Registro delle
Imprese. Possibile che la Camera di Commercio – presieduta dall’ex dirigente
Fiat, Alessandro
Barberis - non si
sia ancora accorta che quell’atto, essendo vecchio di ben ventotto anni, è
stato superato da alcuni eventi non secondari e che lo rendono, così come
l’iscrizione, inattuale e anacronistico? Ad esempio, nel frattempo c’è stata
l’introduzione dell’euro e la morte di due dei cinque soci (Gianni e Umberto
Agnelli, deceduti rispettivamente nel gennaio 2003 e nel maggio 2004)?
Possibile che Barberis e i suoi funzionari non si siano accorti di questo,
così come del fatto che Romiti ha lasciato il Gruppo da quasi vent’anni, e
non chiedano agli amministratori della “Dicembre” un aggiornamento,
ordinando l’invio dei relativi atti? Tanto più - e qui vogliamo dare un
aiuto disinteressato alla ricerca della verità onde evitare inutili fatiche
altrui - che qualche “mutamento”, e non di poco conto, in questi anni è
avvenuto nella “Dicembre” e l’ha trasformata da cassaforte del ramo-Gianni
Agnelli a qualcosa di ben diverso e non più controllabile dalla Famiglia
“vera” dell’Avvocato. Vediamo alcuni passaggi, dato che ciò aiuterà a capire
quali sono, forse, i motivi all’origine di tanta ancor oggi inspiegabile
segretezza.
Appena quattro anni
dopo la costituzione, e cioè il 13 giugno 1989 (repertorio notaio Morone n.
53820), escono dalla società due grossi calibri come Umberto Agnelli e
Cesare Romiti. Al loro posto entrano l’avv. Grande Stevens e, colpo di
scena, sua figlia Cristina,
29 anni. Non è un po’ strano che vengano “fatti fuori” nientemeno che
Romiti, che in quel periodo contava parecchio, e nientemeno che il fratello
dell’Avvocato, e vengano sostituiti non tanto da un nome “di peso” come
quello di Grande Stevens, ma addirittura anche dalla giovane rampolla di
quest’ultimo, addirittura a scapito dei due figli di Gianni, e cioè
Edoardo e
Margherita?
Alla luce anche di
questo, non ritiene la Camera di Commercio che sia bene cominciare a farsi
consegnare dalla società da pochi mesi registrata d’imperio da un giudice,
anche tutti gli atti relativi al periodo tra il 1984 e il 1989 che portarono
a quel misterioso “tourbillon” che vede Gianni togliere di mezzo il fratello
e il potente amministratore delegato Fiat, e tagliar fuori anche i propri
figli per far entrare invece un avvocato e sua figlia, mettendoli a fianco
del già sempiterno Gabetti?
Andiamo avanti. Della
“Dicembre” non ci sono tracce - a parte un misterioso episodio avvenuto tra
la Svizzera e il Liechtenstein -, fino al 10 aprile 1996. Quel giorno,
sempre nello studio notarile
Morone, avvengono quattro fatti importantissimi: l’ingresso
di tre nuovi soci, l’aumento di capitale, il trasferimento della sede (dal
numero 2 al numero 10 sempre di via del Carmine, questa volta presso “Simon
Fiduciaria”,
sempre di Grande Stevens), ma soprattutto la modifica dei patti sociali.
Accanto a Gianni Agnelli e a sua moglie, a Gabetti, a Grande Stevens e
figlia, entrano nella “Dicembre”:
Margherita Agnelli
(figlia di Gianni), John
Philip
Elkann (nipote di Gianni e
figlio di Margherita, professione indicata: “studente”), e il commercialista
torinese Cesare
Ferrero. Il
capitale viene aumentato di venti miliardi di lire, che vanno ad aggiungersi
a quegli iniziali 99,980 milioni di lire. Gianni Agnelli mantiene il
controllo col 25% di azioni proprie, e con l’usufrutto a vita di un altro
74,96% riguardante le azioni intestate a moglie, figlia e nipote. Ancora una
volta è platealmente escluso Edoardo, il figlio di Gianni. Gli viene
preferito il cuginetto che ha da poco compiuto vent’anni. Gli altri quattro
azionisti hanno un’azione da mille lire ciascuno. Ma assumono (e si
auto-assegnano col misterioso e autolesionistico assenso dell’Avvocato) una
serie di poteri enormi, sia a loro favore sia contro i soci-famigliari di
Gianni.
Prima di tutto viene
previsto che se un socio dovesse morire (l’Avvocato allora aveva 75 anni ed
era da tempo molto malato), la sua quota non passa agli eredi ma viene
consolidata automaticamente in capo alla società con conseguente riduzione
del capitale. Agli eredi del defunto spetterà solo una somma di denaro pari
al capitale conferito. Vale a dire: appena 5 miliardi di lire per il 25% di
quota dell’Avvocato, una somma spropositatamente inferiore al valore reale.
Senza pensare alla violazione del diritto successorio italiano. L’altra
clausola “folle” sottoscritta dall’Avvocato riguarda il trasferimento di
quote a terzi. Infatti, se uno degli azionisti principali, alla sua morte o
prima, dovesse decidere di cedere la propria quota, o una parte di essa, a
terzi esterni alla “Dicembre”, ci sono due sbarramenti. E’ necessario il
consenso della maggioranza del capitale. E, oltre a questo, deve esserci il
voto a favore di quattro amministratori: due dei quali fra Marella,
Margherita e John, e due fra il “quartetto” Gabetti-Ferrero-Grande Stevens
padre e figlia. Insomma Gianni Agnelli ha consegnato ai quattro il controllo
assoluto della situazione a scapito di se stesso e dei propri famigliari. Il
quartetto degli “estranei” (Margherita li chiama “usurpatori”) ha aperto la
strada, oltreché alla loro presa di potere, a scenari di vario tipo. Primo.
Se l’Avvocato muore, suo figlio Edoardo non eredita quote della “Dicembre”
ma viene tacitato con pochi miliardi. Dovrebbe fare un’azione legale contro
la violazione della legge successoria italiana e rivendicare la legittima,
anche per la quota di sua spettanza della “Dicembre”.
Secondo scenario. Se
Edoardo morisse prima di suo padre - come poi avverrà, facendo pensare ad
autentiche “capacità divinatorie” da parte di qualcuno -, il problema non si
verrebbe a porre. E se invece – terzo scenario -, come poi è avvenuto (prova
evidente che nella “Dicembre” c’è qualche chiaroveggente in grado di
prevedere o condizionare il futuro), l’Avvocato morisse e il suo 25%
passasse a moglie e figlia, basterà impedire un’alleanza tra le due, farle
litigare, dividerle, oppure convincere la “vecchia” ad allearsi col giovane
nipotino, ed ecco che figlia e vedova dell’Avvocato perderanno il controllo
della “Dicembre”.
Chi sono i vincitori?
Chi ha scelto il giovane rampollo, che deve tutto a due tragedie famigliari
(la morte del cugino Giovannino
per tumore e la strana morte dello zio Edoardo trovato cadavere sotto un
cavalcavia) per poterlo meglio “burattinare” e comandare? Chi ha impedito in
tal modo che Marella, Margherita e John invece si potessero alleare per
comandare insieme o scegliere qualcuno della famiglia, o non qualche
estraneo, per la sala di comando? Chi ha scelto di “lavorarsi” John e
Marella, certo più malleabili e meno determinati di Margherita?
Un mese dopo la morte
dell’Avvocato viene approvato un atto (24 febbraio 2003) che sancisce il
nuovo assetto azionario della “Dicembre”. Al capitale di 10.380.778 euro,
per effetto della clausola di consolidamento viene sottratta la quota
corrispondente alle azioni di Gianni (cioè 2.633.914 euro). In tal modo il
capitale diventa di 7.746.868 euro e risulta suddiviso in tre quote uguali
per Marella, Margherita e John, pari a 2,582 milioni di euro ciascuno
(quattro azioni da un euro continuano a restare nelle salde mani del
“Quartetto di Torino”). Il “golpe” viene completato lo stesso giorno con la
sorprendente donazione fatta dalla nonna al nipote del pacco di azioni che
gli permettono al giovanotto di avere la maggioranza assoluta, una donazione
fatta da Marella in sfregio ai diritti (attuali ed ereditari) della figlia e
degli altri sette nipoti: John arriva in tal modo a controllare una quota
della “Dicembre” pari a 4.547.896 euro, sua nonna mantiene una quota pari a
2.582.285 euro, la “ribelle” Margherita - l’unica che aveva osato muovere
rilievi e chiedere chiarezza e trasparenza - viene messa nell’angolo con una
quota pari a 616.679 euro. Tutto questo fino al 2003. Poi, con l’accordo di
Ginevra del febbraio 2004 tra madre e figlia, Margherita uscirà
definitivamente dalla “Dicembre”, quasi un anno dopo aver partecipato a un
gravoso aumento di capitale.
Ma oggi la situazione,
specie per quanto riguarda i patti sociali, qual è? John comanda davvero o
no? Nel caso in cui, lo ripetiamo come nel precedente articolo, dovesse
decidere di ritirarsi in un monastero o gli dovesse accadere qualcosa (come
allo zio Edoardo?) chi potrebbe diventare il padrone della cassaforte al
vertice dell’Impero Fiat? I bookmakers
danno favorito Gabetti, ma non fanno i conti con Grande Stevens, il vero
azionista “di maggioranza”, anche se con due sole azioni, grazie proprio a
quella mossa del 1989 con cui fece entrare anche sua figlia….
Qualcuno potrebbe
obiettare che oggi tra i soci della “Dicembre” ce ne potrebbero essere
alcuni nuovi, potrebbero essere i fratelli di John, cioè
Lapo o
Ginevra. Ma, grazie alla
clausola di sbarramento approvata nel 1996, il “Quartetto” ha votato a
favore dell’ingresso (eventuale) di uno o due nuovi soci o li ha bocciati?
Ecco perché forse esiste tanta segretezza. Non sarebbe bene che dai registri
della Camera di Commercio risultasse qualcosa di attuale e di aggiornato?
Che cosa aspetta la Camera di Commercio a chiedere e pretendere ai sensi di
legge che gli amministratori, così limpidi e trasparenti, della “Dicembre”,
forniscano al più presto tutti i documenti? Dobbiamo di nuovo attivare le
nostre misere forze e chiedere l’intervento del Tribunale di Torino e
confidare nell’intervento della dottoressa Anna Castellino o di qualche suo
collega? Oppure bisogna aspettare altri 15 anni?
GLI
AGNELLI SEGRETI
Dicembre dei “morti viventi”
Scritto da Gigi Moncalvo
Pubblicato Sabato 13 Ottobre 2012, ore 8,21
Agli
atti la società-cassaforte della famiglia, grazie alla quale controllano la
Fiat-Chrysler, risulta ancora composta da Gianni e Umberto Agnelli. Compare
persino Romiti. E tutti tacciono
La
Stampa no, o almeno, non ancora. Invece anche (o perfino?) il Corriere
della Sera si è
accorto della “stranezza” - diciamo così – riguardante il fatto che la Dicembre, la società-cassaforte che un tempo era
della famigliaAgnelli,
anzi più esattamente del ramo del solo Gianni, e che si trova alla sommità
dell’ImperoFiat (ora Exor), ha impiegato ben diciassette anni, dal 1995,
per mettersi in regola con la legge in vigore da allora. La Dicembre - la
cui data di nascita risale al 1984 -, finalmente è “entrata nella legalità”,
e – come prevede una legge del 1995 – finalmente risulta iscritta nel
Registro delle Imprese. Pur trattandosi di una società non da poco, dato che
la si può considerare la più importante, finanziariamente e industrialmente
del nostro Paese, la Camera
di Commercio di Torino ha
impiegato parecchi anni prima di accorgersi dell’anomalia, di quel vuoto che
figurava nei propri registri (nonostante quella società avesse il proprio
codice fiscale). Possibile che il presidente della CCIAA Alessandro Barberis, che ha sempre lavorato in Fiat, ignorasse
l’esistenza della “Dicembre”? Come mai l’arzillo settantacinquenne entrato
in azienda a 27 anni, rimasto in corso Marconi per trentadue anni, e poi
diventato per un breve periodo, che non passerà certo alla storia, direttore
generale di Fiat Holding nel 2002, e infine amministratore delegato e
vicepresidente nel 2003, non ha mai fatto nulla per sanare questa
irregolarità? Possibile che ci sia voluto un giornalista rompiscatole e che
fa il proprio dovere, per convincere, con un bel pacchetto di
corrispondenza, l’austero organismo camerale sabaudo a rivolgersi al
Tribunale affinché ordinasse l’iscrizione d’ufficio. Finalmente, il 19
luglio scorso, ciò è avvenuto e l’ordine del Giudice Anna Castellino (che
porta la data del 25 giugno) è stato eseguito.
Grandi
applausi si sono levati dalle colonne del Corriere ad
opera di Mario Gerevini che,
in un articolo del 23 agosto, non ha avuto parole di sdegno per gli autori
di questa illegalità ma ha parlato, generosamente e con immane senso di
comprensione, di una semplice e banale “inerzia dettata dalla riservatezza”.
Poi ha ricostruito tutta la vicenda, a modo suo e con parecchie omissioni
importanti, e ha avuto di nuovo tanta comprensione, anche per la Camera di
Commercio: si era accorta dell’anomalia, anzi del comportamento fuorilegge,
fin dal 23 novembre 2009, aveva “già inviato una raccomandata alla Dicembre
invitandola a iscriversi al registro imprese, come prevede la legge. Senza
risultato. Da lì è partita la segnalazione al giudice”. Il che dimostra come
in due righe si possano infilare parecchie menzogne e non si accendano
legittimi interrogativi. Dunque, quella raccomandata di tre anni fa non
sortì alcuna risposta. E la Camera di Commercio di fronte a questo offensivo
silenzio, anziché rivolgersi subito al Tribunale, non ha fatto nulla, se non
una grave omissione di atti d’ufficio. Non è dunque vero che “da lì è
partita la segnalazione al giudice” dato che al Tribunale di Torino non
impiegano ben tre anni per emettere un’ordinanza in un campo del genere. E’
stato invece necessaria, questa la verità, una ennesima raccomandata di un
giornalista che intimava ai sensi di legge alla signora Maria Loreta Raso,
responsabile dell’Area Anagrafe Economica, di segnalare tutto quanto al
giudice. Visto che non lo aveva fatto a suo tempo come imponeva il suo
dovere d’ufficio e, soprattutto, la legge.
Gerevini
aggiunge che “fino a qualche tempo fa chi chiedeva il fascicolo della
Dicembre allo sportello della Camera di commercio si sentiva rispondere:
«Non esiste». All'obiezione che è il più importante socio dell'accomandita
Agnelli, che è stata la cassaforte dell'Avvocato (ora del nipote), che è più
volte citata sulla stampa italiana e internazionale, la risposta non
cambiava. Tant'è che dal 1996 a oggi non risulta sia mai stata comminata
alcuna ammenda per la mancata iscrizione”. Giusto, è proprio così. Ma
Gerevini, rispetto al sottoscritto, per quale ragione non ha mai pubblicato
un rigo su questa scandalosa vicenda, non ha informato i lettori, non ha
denunciato pubblicamente questa anomalia e illegalità che ammette di aver
toccato con mano? Non pensa, il Gerevini, che sarebbe bastato un piccolo
articolo sul suo autorevole giornale per smuovere le acque? No, ha
continuato a tacere, e a sentirsi ripetere “non esiste” ogni volta in cui
bussava allo sportello della Camera di Commercio chiedendo il fascicolo
della “Dicembre”. Come mai certi giornalisti delle pagine economiche, e non
solo, spesso – come dicono i colleghi americani - “scrivono quello che non
sanno e non scrivono quello che sanno? Forse ha ragione Dagospia che,
riprendendo la notizia, la definisce “grave atto di insubordinazione e
vilipendio del Corriere al suo azionista Kaky Elkann (così impara a smaniare
con Nagel di far fuori De Bortoli)”? Questo retroscena conferma che il
direttore del Corriere,
per ora, non ha osato andare oltre tenendo in serbo qualche cartuccia, in
caso di bisogno?
Gerevini
dice che “la latitanza” della Dicembre ora è finita. Non è vero. La Camera
di Commercio, infatti, nonostante sapesse tutto fin dal 2009, ha “preteso”
che il giornalista che rompeva le scatole con le sue raccomandate inviasse
ai loro uffici l’atto costitutivo della “Dicembre”. Fatto. Ma, a questo
punto, non si è accontentata del primo esaustivo documento inviato
sollecitamente, bensì ha preteso, forse per guadagnare qualche mese e nella
speranza che il notaio Ettore Morone non
la rilasciasse, una copia autenticata. Si è mai vista una Camera di
Commercio, che nel 2009 ha già fatto – immaginiamo – un’istruttoria su una
società non in regola, ed è rimasta immobile dopo che si sono fatti beffe
della sua richiesta di regolarizzare la società, chiedere a un giornalista,
e non agli amministratori di quella società, i documenti necessari, visto
che i diretti interessati non si sono nemmeno curati a suo tempo di
rispondere? Invece è andata proprio così.
A Torino
tutto è possibile. Anche che la “Dicembre” figuri (finalmente) nel Registro
delle Imprese ma solo sulla base dei dati contenuti nell’atto costitutivo
del 1984 e cioè con due morti come soci, Giovanni e UmbertoAgnelli,
e con un terzo socio, Cesare Romiti, che da anni ha lasciato la Fiat e che venne
fatto fuori dalla “Dicembre” nel 1989, cioè ventitré anni fa. Non solo ma il
capitale della società risulta ancora di 99 milioni e 980 mila lire,
allineando come azionisti Giovanni Agnelli (99 milioni e 967 mila lire), Marella Caracciolo (10.000
lire, e dieci azioni), e infine Umberto Agnelli, Cesare Romiti e Gianluigi Gabetti (ciascuno
con una azione da mille lire). Non pensano alla Camera di Commercio che sia
opportuno, adesso che l’iscrizione è avvenuta, aggiornare questi dati fermi
al 15 dicembre 1984, scrivendo alla “Dicembre” e intimandole di consegnare
tutti i documenti e gli atti che la riguardano dal 1984 a oggi? Che cosa
aspettano a richiederli? Forse temono che il loro sollecito rimanga di nuovo
senza riscontro? Dall’altra parte, che cosa aspettano quei Gran Signori di Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens, che danno lezioni di etica e
moralità ogni cinque minuti, a mettersi in regola? E il grande
commercialista torinese Cesare Ferrero, anch’egli socio della “Dicembre”, non sente
il dovere professionale di sanare questa anomalia, anche se i suoi
“superiori” magari non sono del tutto d’accordo? Ora nessuno di loro può
continuare a nascondersi. E quindi diventa molto facile dire: ora che vi
hanno scovato, ora che sta venendo a galla la verità, non vi pare corretto e
opportuno mettervi pienamente in regola? Ora che perfino il vostro giornale
ad agosto vi ha mandato questo “messaggio cifrato” non ritenete di fare le
cose, una volta tanto, in modo trasparente, chiaro, limpido, evitando la
consueta “segretezza” che voi amate chiamare riserbo, anche se la legge in
casi come questi non lo prevede? Oppure volete che sia di nuovo un giudice a
ordinarvi di farlo? E Jaky Elkann non ha capito quanto sia importante, per
sé e per il proprio personale presente e futuro, che le cose siano chiare e
trasparenti, nel suo stesso interesse?
Il Corriere non
va diretto al bersaglio come noi e non fa i nomi e cognomi: inarcando il
sopracciglio, forse per mettere in luce l’indignazione del suo direttore Ferruccio De Bortoli,
l’articolo di Gerevini fa capire che è ora di correre ai ripari:
“L'interesse pubblico di conoscere gli atti di una società semplice che ha
sotto un grande gruppo industriale è decisamente superiore rispetto a una
società semplice di coltivatori diretti (la forma giuridica più diffusa) che
sotto ha un campo di granoturco”. Dopo di che, trattandosi del primo
giornale italiano, ci si sarebbe aspettati qualche intervento di uno dei
coraggiosi trecento e passa collaboratori “grandi firme”, qualche indignata
sollecitazione tramite lettera aperta al proprio consigliere di
amministrazione Jaky Elkann (lo stesso che oggi controlla la Dicembre), un
editoriale o anche un piccolo corsivo nelle pagine economiche o nell’inserto
del lunedì, dando vita a un nutrito dibattito seguito dalle cronache
sull’evolversi, o meno, della situazione e da una sorta di implacabile
countdown per vedere quanto avrebbe impiegato la società a mettersi
completamente in regola, con i dati aggiornati, e la Camera di Commercio a
fare finalmente il suo mestiere.
Niente di
tutto questo. E adesso? Non solo noi nutriamo qualche dubbio sul fatto che
la società si metta al passo con i documenti. E, qualcuno ben più esperto di
noi e che lavora al Corriere,
dubita perfino che la “Dicembre” accetti supinamente un’altra ordinanza del
giudice. Ma a questo punto, svelati i giochi, la partita è iniziata e se la
società di Jaky Elkann si rifiuta di adempiere alle regole di trasparenza è
di per sé una notizia. Che però dubitiamo il Corriereavrà
il coraggio di dare. Anche perché la posta in palio è altissima: che cosa
potrebbe succedere se, ad esempio, Jaki – che è il primo azionista con quasi
l’80%, mentre sua nonna Marella (85 anni) detiene il 20% - decidesse di
farsi monaco o gli dovesse malauguratamente accadere qualcosa? Chi
diventerebbe il primo azionista del gruppo? Non certo una anziana signora,
con problemi di salute, che vive tra Marrakech e Sankt Moritz? A quel punto,
ad avere – come già di fatto hanno – prima di tutti la realegovernance attuale
della cassaforte sarebbero Gabetti e Grande Stevens, con Cristina,
la figlia di quest’ultimo, e Cesare Ferrero a votare insieme a loro per
raggiungere i quattro voti necessari come da statuto (anche se rappresentano
solo 4 azioni da un euro ciascuna) per sancire il passaggio delle altre
quote e la presa ufficiale del potere. Ecco, al di là di quella che sembra
un’inezia – l’iscrizione al registro delle imprese e l’aggiornamento degli
atti della società – che cosa significa tutta questa storia. Ci permettiamo
di chiedere: ingegner John Elkann, a queste cose lei ha mai pensato? E
perché le tollera?
ALMENO SUA COGNATA BEATRICE BORROMEO GIORNALISTA DEL FATTO NON L’HA MAI
INFORMATA DI UNA MIA TELEFONATA DI BEN 2 ANNI FA ?
Mb
|
Agnelli
segreti
Ju29ro.com
Con Vallecchi ha pubblicato nel 2009 “I lupi & gli Agnelli”. Il 24 gennaio
del 2003, a 82 anni di età, moriva
Gianni Agnelli.
Nei prossimi mesi,
c'è
da
...
Agnelli:
«Bisogna cambiare il calcio italiano»
Al
Centro Congressi del Lingotto partita l'assemblea dei soci della Juve
seguila con noi. Il presidente bianconero: «Bisogna cambiare il calcio
italiano e posizionarlo a livello europeo, dopo i fasti degli ultimi 30 anni
stiamo avendo un declino, siamo in presenza di un tracollo strutturale. E'
necessaria una riforma strutturale del calcio professionistico che non può
più vivere essendo considerato al pari di quello di base. Vorremmo che la
locomotiva fosse in grado di procedere al pari degli altri. Oggi siamo 4°,
dopo Spagna, Inghilterra, Germania, presto Francia e Portogallo li
seguiranno»
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Agnelli sul calcio
italiano
·
VIDEO «Nasce il polo
Juve»
·
VIDEO «Dobbiamo dare il
meglio»
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VIDEO «350 mln per la
Continassa»
·
VIDEO Agnelli: Sogno
Champions
TORINO - Stanno
via via arrivando i piccoli azionisti della Juventus al Centro Congressi del
Lingotto dove, alle 10.30, avrà inizio l'assemblea dei soci del club
bianconero. In attesa che Andrea Agnelli apra i lavori con la sua lettera
agli azionisti, la relazione finanziaria annuale unisce ai numeri la
passione. Nelle pagine iniziali sono contenute le immagini salienti
dell'ultimo anno, iniziato con il ritiro di Bardonecchia, proseguito con
l'inaugurazione dello Juventus Stadium, la conquista del titolo di campione
d'inverno e del Viareggio da parte della Primavera, e culminato con la
vittoria dello scudetto e della Supercoppa. Due dei cinque nuovi volti del
Consiglio di Amministrazione della Juventus non sono presenti nella sala 500
del Lingotto. L'avvocato Giulia Bongiorno è impegnata in una causa mentre il
presidente del J Musuem, Paolo Garimberti, è fuori Italia per il Cda di
EuroNews, ma comunque in collegamento in videoconferenza. Maurizio
Arrivabene, Assia Grazioli-Venier ed Enrico Vellano sono invece in platea,
come gli ad Beppe Marotta e Aldo Mazzia e il consigliere Pavel Nedved.«Da
troppi anni aspettavamo una vittoria sul campo -
scrive Agnelli - ma
il 30° scudetto e la Supercoppa sono ormai alle nostre spalle ed è più
opportuno guardare al futuro, con la consapevolezza di aver intrapreso la
strada giusta per la nostra società». La
sfida all'Europa è lanciata.
AGNELLI SU
CONTE - «Conte?
Noi siamo felici di Conte perché è il miglior tecnico che ci sia in
circolazione e ce lo teniamo stretto».
AGNELLI SU DEL
PIERO - "Alessandro
Del Piero è nel mio cuore, nei nostri cuori come uno dei più grandi
giocatori di sempre della Juve": lo ha detto Andrea Agnelli
rispondendo a una domanda sull'ex capitano bianconero. "L'anno
scorso - ha aggiunto
Agnelli - ciò
che è successo qui in assemblea è stato un tributo, perché avevamo firmato
l'ultimo contratto ed era stato lui stesso a dire che sarebbe stato
l'ultimo. Ora lui ha scelto una nuova esperienza, ricca di fascino: porterà
sempre con sè la Juventus"."Per
il futuro - ha detto
Agnelli su un eventuale impiego di Del Piero nella società bianconera - non
chiudo le porte a nessuno. Oggi la squadra è completa, lavora
quotidianamente per ottenere gli obiettivi di vincere sul campo e di
ottenere un equilibrio economico finanziario. Sono soddisfatto di tutte le
persone, quindi - ha
concluso - come
si dice, squadra che vince non si cambia".
«BISOGNA
CAMBIARE, E SUBITO, IL CALCIO ITALIANO» -
Ecco il discorso con cui Andrea Agnelli ha aperto i lavori dell'assemblea
degli azionisti: «Signori
azionisti, la Juventus è campione d’Italia, per troppo tempo i presidenti
hanno dovuto affrontare questa assemblea senza avere nel cuore il calore che
una vittoria porta con sé. Nella stagione che ci porterà a celebrare il 90°
anno del coinvolgimento della mia famiglia nella Juventus,credo sia
opportuno riflettere insieme sul fatto che la Juventus ha sempre promosso i
cambiamenti. E' una missione alla quale questa gestione non intende
sottrarsi. Quando ho ricevuto l'incarico di presidente avevo in testa
chiarissimi alcuni passaggi. Il primo è cambiare la società e la squadra, un
percorso in continua evoluzione, ma in 30 mesi abbiamo bruciato le tappe.
Churchill diceva: i problemi della vittoria sono più piacevoli della
sconfitta ma non meno ardui, lo scudetto non ci deve far dimenticare il
nostro mandato, vincere mantenendo l'equilibrio finanziario. Il bilancio
presenta numeri su cui riflettere, la perdita è dimezzata, e contiamo di
proseguire nel percorso di risanamento».Poi il finale, con il
presidente bianconero ad affrontare un tema assai caro come quello delle
riforme.«Dopo
17 anni di attesa lo Juventus stadium è una realtà davanti agli occhi di
tutti e sta dando i suoi frutti sia nei risultati sportivi sia in quelli
economici. Dal Museum al College, sono tanti i fronti di attività come la
riqualificazione dell’area della Continassa che ospiterà sede e centro di
allenamento. Il cammino procede nella giusta direzione, 'la vita è come
andare in bicicletta, occorre stare in equilibrio', diceva Einstein. E qui
arriviamo al secondo punto: bisogna cambiare il calcio italiano e
posizionarlo a livello europeo, dopo i fasti degli ultimi 30 anni stiamo
avendo un declino, siamo in presenza di un tracollo strutturale. E'
necessaria una riforma strutturale del calcio professionistico che non può
più vivere essendo considerato al pari di quello di base. Vorremmo che la
locomotiva fosse in grado di procedere al pari degli altri. Oggi siamo 4°,
dopo Spagna, Inghilterra, Germania, presto Francia e Portogallo li
seguiranno. Riforma dei campionati, riforma Legge Melandri, riforma del
numero di squadre professionistiche e del settore giovanile. Riforma dello
status del professionista sportivo, tutela dei marchi, legge sugli impianti
sportivi, riforma complessiva della giustizia sportiva, queste le tematiche
su cui vorremmo confrontarci. Bob Dylan diceva: 'I tempi stanno cambiando' e
non hanno smesso, la Juventus non intende affossare come una pietra».
PAROLA AGLI
AZIONISTI - Prima di
passare al voto di approvazione del bilancio 2011-12, la parola è passata
agli azionisti. Molti gli interventi: alcuni si sono complimentati con il
presidente e i dirigenti per le vittorie, ma in tanti hanno sollevato dubbi
sulla campagna acquisti. In particolare sono state fatte domande sul caso
Berbatov, su Iaquinta e Giovinco. «Speriamo
che immobile non faccia la fine di Giovinco, ceduto a 6 e pagato 11 milioni,
spero che si compri Llorente» ha
detto l'azionista Stancapiano. Gli ha fatto eco un altro socio bianconero: «Abbiamo
comprato due punte spendendo parecchi milioni: Bendtner non l’abbiamo ancora
visto, Giovinco ce l’avevamo in casa. Anziché prendere Giovinco, potevamno
tenerci Boakye o Gabbiadini, che sono per metà nostri, almeno fino a gennaio
per capire se sono da Juve». E
c'è chi ha ricordato anche Alessandro Del Piero: «Auguri
di buon lavoro al bravo e simpatico Del Piero che per tanti anni ha onorato
la nostra squadra: Alex fatti onore anche in Australia».
L'AZIONISTA BAVA - Dirompente l'intervento dell'azionista Bava
che ha chiesto di conoscere gli stipendi netti dei giocatori, l'andamento
dell'inchiesta sulla stabilità dello stadio, se ci sono giocatori coinvolti
nel calcioscommesse, se la società ha prestato soldi ai giocatori, e in
particolare a Buffon, per pagare debiti di gioco. Infine si è dichiarato
contrario allo stipendio di 200 mila euro che la società elargisce a Pavel
Nedved. Dopo che gli è stata tolta la parola perché ha sforato i minuti a
disposizone, Marco Bava ha movimentato l'assemblea urlando e fermando i
lavori. Nel suo discorso di apertura, Andrea Agnelli non ha parlato di
Alessandro Del Piero. Ma nel libro che presenta il rendiconto di gestione,
la Juventus ha dedicato una doppia pagina all'ex capitano bianconero, nella
quale si ricordano tutti i suoi successi. Alla fine campeggia anche un
"Grazie Alex" a caratteri cubitali. E alcuni azionisti si soffermati su Alex
chiedendo perché non gli è stato trovato un posto in società.
APPROVA IL
BILANCIO E LA BATTUTA DI AGNELLI - È stato approvato il Bilancio
dell'esercizio 2011/12. Agnelli prende la parola alla fine della discussione
del primo punto all'ordine del giorno: "In
Italia, noi juventini siamo la maggioranza, ma ci sono anche tanti,
tantissimi anti-juventini, perché la Juventus è tanto amata, ma anche tanto
odiata. E' c'è molto odio nei nostri confronti ultimamente".
Applausi dell'assemblea.
LE RISPOSTE DI
MAZZIA - L'ad della Juventus Aldo Mazzia ha risposto alle domande
di carattere economico rivolte dagli azionisti bianconeri. In particolare,
ha spiegato l'operazione Continassa.«Abbiamo
acquisito il diritto di superficie per 99 anni, rinnovabile, su un'area di
180 mila metri adiacente allo Juventus Stadiun, per il costo di 10 milioni e
mezzo. Questa cifra comprende anche il diritto di costruire lottizzando
l’area a nostra disposizione. L'investimento complessivo ammonterà a 35-40
milioni: oltre ai 10,5 e a un milione per le opere di urbanizzazione, il
residuo servirà per costruire la sede e il centro sportivo. La copertura
finanziaria sarà in parte coperta dal Credito Sportivo che, il giorno dopo
la presentazione del progetto, ci ha contattato manifestando interesse a
finanziare l'opera. L'obiettivo è quello di arrivare al minimo esborso
possibile, dotando il club di due asst importanti». Per quanto
riguarda il titolo in Borsa, Mazzia ha sottolineato che «il
prezzo lo fa il mercato: rispetto al valore di 0,14 euro al momento
dell'aumento del capitale, oggi vale circa il 43% in più. Questo
apprezzamento deriva dai miglioramenti sportivi ma soprattutto economici».
PAROLA A
COZZOLINO - Azionista Cozzolino: "I
consiglieri per me devono essere tutti di provata fede juventina. La
Juventus è una trincea mediatica. E il Cda della Juve è più visibile di
quello di Fiat. Mi rivolgo a Bongiorno, non sarà più l'avvocato che ha
difeso Andreotti, ma quella che siede nel Cda juventino. Non mi convince la
sua vicinanza a quegli ambienti romani e antijuventini, che hanno appoggiato
il mancato revisionismo su Calciopoli. La dottoressa Grazioli-Venier la
conosco poco, certo, il doppio cognome alla Juventus non porta bene... Paolo
Garimberti si è sempre professato juventino ed è presidente del nostro
museo, nel suo curriculum abbondano incarichi importanti nei media. Eppure
non ricordo neppure un articolo a difesa della Juventus nel periodo
calciopoli quando era a Repubblica e quando era presidente della Rai perché
non ha arginato la deriva antijuventina della tv di Stato? Mazzia, si sa,
era granata, ma in fondo lo era anche Giraudo. Le ricordo comunque che
Giraudo esultava allo stadio quando segnava la Juventus, si dia da fare
anche lei".
GIULIA
BONGIORNO NEL CDA JUVE - Si passa al secondo punto all'ordine del
giorno: nomina degli organi sociali. Si vota per rinnovare il Cda e si parla
dei compensi ai consiglieri (25mila euro all'anno ad ognuno dei
consiglieri). Il Consiglio proposto è: Camillo Venesi, Andrea Agnelli,
Maurizio Arrivabene, Giulia Bongiorno, Paolo Garimberti, Assia
Grazioli-Venier, Giuseppe Marotta, Aldo Mazzia, Pavel Nedved, Enrico
Vellano. Agnelli ringrazia i consiglieri uscenti, fra cui c'è l'avvocato
Briamonte.
DIECI
CONSIGLIERI - L'assemblea
degli azionisti Juventus ha votato la nomina dei 10 componenti del Cda
bianconero. Il Consiglio avrà un mandato di tre anni e ogni consigliere
percepirà 25 mila euro l'anno. Del Cda fanno parte Andrea Agnelli, Beppe
Marotta, Aldo Mazzia, Pavel Nedved e Camillo Venesio, tutti confermati, e le
new entry Giulia Bongiorno, Paolo Garimberti, Enrico Vellano, Assia
Grazioli-Venier e Maurizio Arrivabene.
Marina Salvetti
Guido Vaciago
|
- TROPPA GENTE VUOLE FARSI PUBBLICITÀ SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI
Lettera
2
caro D'Agostino, trovo il tuo sito veramente informato ,serio,ed
equilibrato,fosse tutta così la comunicazione in Italia !!!!! Dopo questa
piccola premessa volevo dirti alcune cose su Edoardo agnelli.Tutto quello
detto scritto da vari personaggi ,giornalisti,scrittori presunti amici lo
trovo molto superficiale ma solo per il fatto di farsi un Po di pubblicità o
altro, ma li conosceva davvero questa gente ? Dubito molto non avendoli mai
visti accanto ad edo .In questi anni ho sentito tutto ed il contrario di
tutto e volevo intervenire prima ,ma solo sul tuo sito, perché ti riconosco
una sicura onesta intellettuale.
Negli
ultimi 20 anni di vita di Edoardo sono stato il suo vero amico
accompagnandolo in tutte le parti del mondo,e assistendolo nel suo lavoro,c
erano con noi a volte anche altri amici sempre sinceri e che stavano al loro
posto non pronti,come ora a farsi pubblicità ogni volta che esce il nome
dello sfortunato amico.Finisco dicendoti che,la mattina del 15 novembre 2000
giorno del fatale incidente ,edoardo fece ,prima ,solo 4 telefonate ed una
era al sottoscritto come tutte le mattine
.Ti ringrazio per la tua cortese attenzione e buon lavoro con sincera stima
Fabio massimo cestelli
CARO MASSIMO CESTELLI , DETTO DA EDOARDO CESTELLINO, io parlo con le
sentenze tu forse lo fai usando il linguaggio delle note dell'avv Anfora ?
Mb
|
3 h ·
Ringraziando Marco
Bava per l'avviso che
mi ha fatto utile per l'ascolto in diretta, segnalo - a tutti voi, ma, mi
sia concesso, a Marco
Solfanelli in
particolare, in quanto editore del mio nuovo libro dedicato agli ultimi
sviluppi, "Un giallo troppo complicato", in fase di stampa - che questa
mattina il programma "Mix 24" su Radio24 del Sole 24 ore - emittente
nazionale - condotto da Giovanni Minoli si è lungamente occupato del caso
della tragica morte di Edoardo Agnelli, mistero italiano ancora irrisolto,
dai tanti risvolti importanti quanto inquietanti, con ciò - ed è
particolarmente degno di nota - rilanciandolo all'attenzione generale.
In sostanza, egli ha riadattato per il mezzo radiofonico la puntata del suo
programma televisivo "La storia siamo noi" andato in onda tre anni fa, pure
però con un'aggiunta significativa, un'intervista a Jas Gawronski, amico
dell' "avvocato" Gianni Agnelli, in cui ha fatto affermazioni molto forti
sul controverso rapporto padre-figlio, che è una delle chiavi di lettura di
dirompente efficacia per la comprensione dell'intero caso.
Sia la puntata televisiva di tre anni fa, sia il programma odierno di Minoli
sono facilmente rintracciabili e consultabili sul web.
Per il resto, a fra pochi giorni per le mie ultime, sconvolgenti
acquisizioni che, oltre al riesame per intero della complessa questione,
sono dettagliate in "Un giallo troppo complicato"... Grazie a tutti.
Gianni Agnelli
e Marella Caracciolo raccontati da Oscar De La Renta: vidi l'Avvocato
piangere per ...
Blitz
quotidiano
ROMA – Con l'aneddotica su Gianni Agnelli
si potrebbero riempire intere emeroteche. ... Lo so, c'è chi sostiene
il contrario, ma è una stupidaggine.
Edoardo,
l’Agnelli da dimenticare
Scritto da Gigi
Moncalvo
Pubblicato Lunedì 17 Novembre 2014, ore 17,12
Non un necrologio, una messa, un ricordo per i 14 anni dalla
scomparsa del figlio dell'Avvocato. Se ne dimentica persino Lapo Elkann,
troppo indaffarato a battibeccare a suon di agenzie con Della Valle. E la
sua morte resta un mistero - di Gigi MONCALVO
Il 15 novembre di quattordici anni fa, Edoardo
Agnelli – l’unico figlio
maschio di Gianni eMarella –
moriva tragicamente. Il suo corpo venne rinvenuto ai piedi di un viadotto
dell’autostrada Torino-Savona,
nei pressi di Fossano. Settantasei metri più in alto era parcheggiata la
Croma di Edoardo, l’unico bene materiale che egli possedeva e che aveva
faticato non poco a farsi intestare convincendo il padre a cedergliela.
L’unica cosa certa di quella vicenda è che Edoardo è morto. Non sarebbe
corretto dire né che si sia suicidato, né che sia stato suicidato, né che
sia volato, né che si sia lanciato, né che sia stato ucciso e il suo corpo
sia stato buttato giù dal viadotto. Nel mio libro Agnelli
Segreti sono pubblicati otto
capitoli con gli atti della mancata “inchiesta” e delle misteriose e assurde
dimenticanze del Procuratore della Repubblica diMondovì,
degli inquirenti, della Digos di Torino.
Tanto per fare alcuni esempi non è stata fatta l’autopsia, né prelevato un
campione di sangue o di tessuto organico, né un capello, il medico legale ha
sbagliato l’altezza e il peso (20 cm e 40 kg. In meno), non sono state
sequestrate le registrazioni delle telecamere di sorveglianza della sua
villa a Torino, gli uomini della scorta non hanno saputo spiegare perché per
quattro giorni non lo hanno protetto, seguito, controllato come avevano
avuto l’ordine di fare dalla madre di Edoardo. Nessuno si è nemmeno
insospettito di un particolare inquietante rivelato dalla Scientifica:
all’interno dell’auto di Edoardo (equipaggiata con un motore Peugeot!) non
sono state trovate impronte digitali né all’interno né all’esterno. Ecco
perché oggi si può parlare con certezza solo di “morte” e non di suicidio o
omicidio o altro.
Dopo 14 anni l’inchiesta è ancora secretata – anche se io
l’ho pubblicata lo stesso, anzi l’ho voluto fare proprio per questo -, e
nessun necrologio ha ricordato la morte del figlio di Gianni
Agnelli. Nella cosiddetta “Royal Family” i personaggi scomodi o
“contro” vengono emarginati, dimenticati, cancellati. Basta guardare che
cosa è successo alla figlia Margherita, “colpevole” di aver portato in
tribunale i consiglieri e gli amministratori del patrimonio del padre: Gianluigi
Gabetti, Franzo
Grande Stevens e Siegfried
Maron (il capo del
“family office” di Zurigo che amministrava il patrimonio personale di Gianni
Agnelli nascosto all’estero). Margherita,
quando ci sono dei lutti in famiglia, viene persino umiliata mettendo il suo
necrologio in fondo a una lunga lista, anziché al secondo posto in alto,
subito dopo sua madre, come imporrebbe la buona creanza. Per l’anniversario
della morte di Edoardo nessun necrologio su laStampa né
sul Corriere –
i due giornali di proprietà di Jaky -, né poche righe di ricordo, nemmeno la
notizia di una Messa celebrativa. Edoardo, dunque, cancellato, come
sua madre, comeGiorgio Agnelli, uno dei fratelli di Gianni,
rimosso dalla memoria per il fatto di essere morto tragicamente in un
ospedale svizzero. E cancellato perfino come Virginia
Bourbon del Monte, la mamma di Gianni e dei suoi fratelli: Umberto,
Clara, Cristiana, Maria Sole, Susanna, Giorgio. Gianni non andò
nemmeno ai funerali di sua madre nel novembre 1945. Tornando a oggi Edoardo
è stato ricordato da un paio di mazzi di fiori fatti arrivare all’esterno
della tomba di famiglia di Villar Perosa (qualcuno ha forse negato
l’autorizzazione che venissero collocati all’interno?) da Allaman, in
Svizzera, da sua sorella Margherita e dai cinque nipoti nati dal secondo
matrimonio della signora con il conte Serge
de Pahlen (si chiamano Pietro,
Sofia, Maria, Anna, Tatiana). Margherita ha fatto celebrare una
Messa privata a Villar Perosa, così come a Torino ha fatto l’amico di
sempre, Marco Bava.
Tutto qui. I due nipoti di Edoardo, Jaky e Lapo, hanno
dimenticato l’anniversario. Lapo ha trascorso la giornata a inondare agenzie
e social network di stupidaggini puerili su Diego
Della Valle. Invece di contestare in modo convincente e solido i
rilievi del creatore di Hogan, Fay e Tod’s (“L'Italia cambierà quando capirà
quanto male ha fatto questa famiglia al Paese"), il fratello minore di
Jaky, a corto di argomentazioni, ha detto tra l’altro: "Una macchina può far
sognare più di un paio di scarpe”. Evidentemente Sergio
Marchionnenon gli ha ancora comunicato che la sua più strepitosa
invenzione è stata quella della “fabbrica di auto che non fa le auto”. E al
tempo stesso, evidentemente il fratello di Lapo non gli ha ancora spiegato
che la FIAT (anzi
la FCA) ha
smesso da tempo di produrre auto in Italia, eccezion fatta per pochi modelli
di “Ducato” in Val di Sangro o qualche “Punto” a Pomigliano d’Arco con
un terzo di occupati in meno, o poche “Maserati Ghibli” e “Maserati 4 porte”
a Grugliasco (negli ex-stabilimenti Bertone ottenuti in regalo, anziché
creare linee di montaggio per questi modelli negli stabilimenti Fiat chiusi
da tempo: a Mirafiorilavorano
un paio di giorni al mese 500 operai in cassa integrazione a rotazione su
2.770). Oggi FCA produce la Panda e piccoli SUV in Serbia, altri modelli in
Messico, Brasile, Polonia (Tichy), Spagna (Valladolid e Madrid), Francia.
Eppure Lapo una volta davanti alle telecamere disse di suo
zio Edoardo: «Era una persona bella dentro e bella fuori. Molto più
intelligente di quanto molti l'hanno descritto, un insofferente che
soffriva, che alternava momenti di riflessività e momenti istintivi: due
cose che non collimano l'una con l'altra, ma in realtà era così». A Villar
Perosa "ci sono state tante gioie ma anche tanti dolori". Dice Lapo: «Con
tutto l'affetto e il rispetto che ho per lui e con le cose egregie che ha
fatto nella vita, mio nonno era un padre non facile... Quel che si aspetta
da un padre, dei gesti di tenerezza, non parlo di potere... i gesti normali
di una famiglia normale, probabilmente mancavano». E poi riconosce quanto
abbia pesato su Edoardo l'indicazione di far entrare Jaky nell'impero Fiat:
«Credo che la parte difficile sia stata prima, la nomina di Giovanni
Alberto. Poi, Jaky è stata come una seconda costola tolta. Ma Edoardo si
rendeva conto che non era una posizione per lui».
Questo è vero solo in parte. Certo, Edoardo annoverava tra
gli episodi che probabilmente vennero utilizzati per stopparlo e rintuzzare
eventuali sue ambizioni, pretese dinastiche o velleità successori, anche la
virtuale “investitura” – attraverso un settimanale francese – con cui venne
mediaticamente, ma solo mediaticamente e senza alcun fondamento reale,
concreto, sincero, candidato suo cugino Giovanni Alberto alla successione in
Fiat. In realtà non c’era nessuna intenzione seria dell’Avvocato di
addivenire a questa scelta, nessuno ci aveva nemmeno mai pensato davvero, se
non Cesare Romiti per spostare l’attenzione dai guai giudiziari e dalle buie
prospettive che lo riguardavano ai tempi dell’inchiesta “Mani Pulite”. Il
nome del povero Giovannino venne
strumentalizzato e dato in pasto ai giornali, una beffa atroce, mentre le
vere intenzioni erano ben altre e quel nome così pulito e presentabile
veniva strumentalizzato con la tacita approvazione di suo zio Gianni (lo
rivela documentalmente in un suo libro l’ex direttore generale Fiat, Giorgio
Garuzzo).
Edoardo non conosceva in profondità questi retroscena, aveva
anch’egli creduto davvero che la scelta del delfino fosse stata fatta alle
sue spalle, si era un poco indispettito, non per la cooptazione del cugino,
o perché ambisse essere al posto suo, ma perché riteneva che non ci fosse
alcun bisogno di anticipare i tempi in quel modo, tanto più che a
quell’epoca Giovannino era un ragazzo non ancora trentenne. C’era un altro
punto che lo infastidiva: il fatto che Giovannino non lo avesse informato
direttamente, i rapporti tra loro erano tali per cui Edoardo si aspettava
che fosse proprio lui a dirglielo, prima che la notizia uscisse sui
giornali. L’equivoco venne risolto in fretta. Giovannino non appena venne a
conoscere l’irritazione di Edoardo per questo aspetto formale della vicenda,
volle subito vederlo, si incontrarono, chiarirono tutto, il figlio di
Umberto gli spiegò come stavano davvero le cose, e come stessero usando il
suo nome senza che potesse farci nulla. Edoardo si indispettì ancora di più
contro l’establishment della Fiat e si meravigliò che il padre di Giovannino
non avesse reagito con maggiore durezza. Ma Umberto, francamente, che cosa
avrebbe potuto fare? Stavano, per finta, designando suo figlio per il posto
di comando e lui poteva permettersi di piantare grane?
Poi Giovannino morì e al suo posto, pochi giorni dopo il
funerale nel dicembre 1997, nel consiglio di amministrazione della Fiat
venne nominato John Elkann, che di anni ne aveva appena ventidue e nemmeno
era laureato. Edoardo, nella sua ultima illuminante intervista a Paolo
Griseri de il Manifesto (15
gennaio 1998), dà una risposta netta sul suo, e di suo padre, “nipotino”
Jaky: “Considero quella scelta uno sbaglio e una caduta di stile, decisa da
una parte della mia famiglia, nonostante e contro le perplessità di mio
padre, che infatti all’inizio non voleva dare il suo assenso. Non si nomina
un ragazzo pochi giorni dopo la morte di Giovanni Alberto, per riempire un
posto. Se quel posto fosse rimasto vacante per qualche mese, almeno il tempo
del lutto, non sarebbe successo niente. Invece si è preferito farsi prendere
dalla smania con un gesto che io considero offensivo anche per la memoria di
mio cugino”. Edoardo, e questo è un passaggio fondamentale, afferma che suo
padre nutriva perplessità per quella scelta su Jaky. Sostiene che l’Avvocato
“in un primo tempo non voleva dare il suo assenso”. Forse era davvero questa
la realtà. Forse Gabetti e Grande Stevens già stavano tramando per mettere
sul trono, dopo la morte dell’Avvocato, una persona debole, giovane,
inesperta, fragile e quindi facilmente manovrabile e condizionabile. Le
trame si erano concretizzate tra la fine dell’inverno e la primavera del
1996 e la vittoria di Gabetti e Grande Stevens era stata sancita nello
studio del notaio Morone di
Torino il 10 aprile. Fu quello il momento in cui Edoardo venne, formalmente,
messo alla porta, escludendo il suo nome dall’elenco dei soci della “Dicembre”.
Anche se, in base al diritto successorio italiano, al momento della morte di
suo padre Edoardo sarebbe entrato di diritto, come erede legittimo, nella
“Dicembre”. La società-cassaforte che ancor oggi controlla FCA, EXOR, Accomandita
Giovanni Agnelli e tutto
l’impero. Una società in cui Gabetti e Grande Stevens (insieme a sua figlia
Cristina) e al commercialista Cesare Ferrero posseggono una azione da un
euro ciascuno che conferisce poteri enormi e decisivi.
Al di là di questo, c’era un’immagine che dava un enorme
fastidio a Edoardo: che suo padre si circondasse in molte occasioni
pubbliche, e private, di Luca
di Montezemolo. In quanti hanno detto, almeno una volta: “Ma
Montezemolo, per caso, è figlio di Gianni Agnelli?”. Comunque sia, un
figlio, un vero figlio, che cosa può provare nel vedere suo padre che passa
più tempo con un estraneo (perché è certo: Luca non è figlio dell’Avvocato,
anche se ha giocato a farlo credere) piuttosto che con lui? Ad esempio in
occasioni pubbliche come lo stadio, i box della formula 1 durante i Gran
Premi, per le regate di Coppa America, in barca, sugli sci, in altre mille
occasioni. Un giorno di novembre del 2000 un signore di Roma era
nell’ufficio di Gianni Agnelli a Torino per parlare d’affari. All’improvviso
si aprì la porta, entrò Edoardo come una furia ed esclamò: “Sei stato capace
di farmi anche questo! Hai fatto una cosa per Luca che per me non hai mai
fatto in tutta la mia vita. E non saresti nemmeno mai stato capace di fare”.
Sbattè la porta e se ne andò. Una settimana dopo è morto.
Comunque sia, ecco perché Jaky non ha voluto ricordare
nemmeno quest’anno suo zio Edoardo. Ma Lapo, che ha vissuto una vicenda per
qualche aspetto analoga a quella dello zio e che per fortuna si è conclusa
senza tragiche conseguenze (l’overdose a casa di Donato
Brocco in arte
“Patrizia”, la scorta che anche in questo caso “dimentica” di seguirlo,
proteggerlo, soccorrerlo, e infine dopo l’uscita dal coma Lapo “costretto” a
vendere le sue azioni per 168 milioni di euro), non avrebbe dovuto, non deve
e non può dimenticarsi di zio Edoardo. E’ proprio vero: questi giovanotti,
autonominatisi “rappresentanti” della Famiglia Agnelli” mentre invece sono
solo degli Usurpateurs,
non sanno nemmeno in certi casi che cosa voglia dire rispetto, rimembranza,
memoria, dolore, culto dei propri parenti scomparsi.
www.gigimoncalvo.com
|
<http://rassegna.governo.it/>
.
DOCUMENTI - ECCO IL LINK AL PDF DELLA RICHIESTA DI
AUTORIZZAZIONE AD ESEGUIRE PERQUISIZIONI NEL DOMICILIO DEL DEPUTATO
BERLUSCONI, INVIATA DAL PROCURATORE BRUTI LIBERATI AL PRESIDENTE DELLA
CAMERA
PDF -
http://bit.ly/eTwkdL 17-01-2011]
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CHE: Le informazioni contenute in questo
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ciao blogger de
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come ti avevamo annunciato in Aprile, il servizio blog La
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Ti consigliamo di avvisare i tuoi lettori che il cambiamento avverrà il 6
gennaio 2010.
Per qualsiasi ulteriore informazione, non esitare a metterti
in contatto con il nostro staff di supporto TypePad, all’indirizzo
contactit@sixapart.com
Cordiali saluti
La Stampa e lo staff TypePad
|
La
ringraziamo sinceramente per
il Suo
interesse nei confronti di una produzione duramente colpita dal recente
terremoto, dalle stalle, ai caseifici fino ai magazzini di stagionatura. Il sistema del Parmigiano
Reggiano e del Grana Padano sono stati fortemente danneggiati con circa un
milione di forme crollate a terra a seguito delle ripetute scosse che
impediscono a breve la ripresa dei lavori in condizioni di sicurezza. Questo
determina di conseguenza difficoltà nella distribuzione del prodotto
“salvato”, che va estratto dalle “scalere” accartocciate, verificato
qualitativamente e poi
trasferito in opportuni
locali prima di poter essere posto in vendita. Abbiamo perciò ritenuto
opportuno mettere a disposizione
nel sito
http://emergenze.coldiretti.it tutte le
informazioni aggiornate relative alla commercializzazione nelle diverse
regioni italiane anche attraverso la rete di vendita degli agricoltori di
Campagna Amica.
Cordiali
saluti.
Ufficio
relazioni esterne Coldiretti
|
| |
PROTEZIONE PARENTI - MA QUANTI BEI FIGLI DI VIP ASSUME LA
PROTEZIONE CIVILE BY BERTO-LISO: CENTO CONTRATTI A TERMINE
PRESTO TRASFORMATI IN DEFINITIVI – E NELLA LISTA CI SONO MOGLI
DI POLITICI (GIRO), FIGLI DI GIUDICI (DE SIERVO) E COLONNELLI
(BALBUSCI), NIPOTI DI CARDINALI (SILVESTRINI) E CHI PIÙ NE HA
PIÙ NE METTA - CGIL: SELEZIONE TRUFFA - COINVOLTI ANCHE GIUDICI
E FUNZIONARI DELLA CORTE DEI CONTI DEL LAZIO…
Giuseppe Caporale per
"la Repubblica"
C´è
fermento ed imbarazzo, in questi giorni, negli uffici della
Corte dei conti del Lazio. La procura regionale della
magistratura contabile sta indagando sulle ordinanze dei Grandi
eventi della Protezione civile, firmate dal premier Berlusconi.
Un´indagine molto delicata, che oltre all´imputazione di danno
erariale, ha - sullo sfondo - un´accusa ancora più pesante:
«usurpazione di funzioni pubbliche».
Il
fascicolo ogni giorno aumenta di volume con un serrato passaggio
di documenti - all´interno dello stesso ente - tra la "sezione
di controllo di legittimità su atti del governo" e la procura
regionale del Lazio. Ma proprio in questo passaggio di
informazioni da un piano all´altro, l´imbarazzo è palpabile.
Già, perché cinque figli di altrettanti giudici e funzionari
della Corte sono stati assunti con contratti a termine dalla
Protezione civile.
Non solo,
proprio nell´ufficio di "sezione di controllo" lavorano un
magistrato e due funzionari che hanno figli recentemente presi
alle dipendenze dal dipartimento. Si tratta del giudice Rocco
Colicchio, di Carmen Iannacone, funzionaria addetta al controllo
degli atti della Presidenza del Consiglio, e della segretaria
generale Gabriella Palmieri. E c´è anche il figlio di un altro
giudice contabile, Marco Conti.
I figli in
questione, il 21 luglio, prenderanno parte alla selezione
riservata al personale interno. Otterranno, di fatto, entro i
primi di agosto, il passaggio in pianta organica. «Una selezione
truffa...» accusa la Cgil-Funzione Pubblica, in quanto, «possono
partecipare solo coloro che hanno in essere un contratto con il
dipartimento».
Per la
copertura economica verranno utilizzati i fondi (4 milioni di
euro) del terremoto dell´Aquila. Il tutto, sfruttando gli
effetti di un singolo articolo di legge (il numero 14) del
decreto sulla "Protezione civile spa".
E così,
nell´elenco dei fortunati che verranno stabilizzati - secondo
quanto riferisce la Cgil-Funzione pubblica - spuntano mogli,
figli e parenti di sottosegretari, generali, dirigenti e
funzionari dello Stato. Come la moglie del sottosegretario
Francesco Giro, Barbara Altomonte, docente di scuola superiore
ed ora nuova dirigente dell´ente; il figlio del giudice Ugo De
Siervo, vice presidente della Corte Costituzionale; la figlia
dell´ex vicesegretario generale di palazzo Chigi Carlo Sica; la
nipote del cardinale Achille Silvestrini; la figlia del
colonnello Roberto Babusci, che era il capo del centro operativo
aereo della Protezione civile. 07-07-2010]
|
Sepe,
Balducci e Bertolaso, una cricca nata all´ombra di un parcheggio
costruito per il giubileo - l´ex soprintendente ai Beni
archeologici Adriano La Regina accusa: “La maxi struttura sotto
il Gianicolo, costata 85 miliardi di lire all’italia e da 10
anni sotto utilizzata, l´hanno fatto passare per territorio
vaticano ma è dello stato italiano” – non solo: per la
realizzazione furono demoliti resti antichi degli Horti di
Agrippina, e alcuni tratti di mura del Bastione di Santo Spirito
realizzati da Antonio da Sangallo il giovane
Corrado
Zunino per
La Repubblica
Le radici
del "sistema Bertolaso" affondano nella terra del Giubileo,
l´Anno Santo aperto nel 1994 e celebrato a Roma nel 2000, il
padre dei Grandi eventi della modernità italiana. E il
parcheggio della collina di Santo Spirito al Gianicolo, con le
sue devastazioni archeologiche, le elusioni dei pareri degli
uffici scomodi, la mancanza di un controllo su appalto e
cantiere e (pure) un probabile falso storico, diventa l´opera
che segna la nascita della turbo Protezione civile applicata
all´ordinario. Il battesimo, appunto, del "metodo Bertolaso".
Nel suo
ufficio deserto - la nazionale italiana sta giocando contro la
Slovacchia - l´ex soprintendente ai Beni archeologici Adriano La
Regina, nel Duemila granitico oppositore «della coppia
Rutelli-Bertolaso» (il sindaco di Roma e il vicecommissario
straordinario di Governo per il Giubileo), estrae da un
dossierone nove pagine intestate ai Beni culturali.
È la sua
relazione, inedita, con la quale il 22 novembre 1999 dichiarava
un falso tutta la costruzione amministrativa che aveva definito
l´area del futuro parcheggio del Gianicolo «nello Stato
Vaticano», «sito in territorio vaticano», «in territorio
vaticano». La copia che allunga, in particolare, è quella
inviata all´attenzione del dottor Guido Bertolaso: «Ma lui è
andato avanti senza colpo ferire, un caterpillar».
Citando
libri di toponomastica antica, Patti lateranensi del 1929 e
concordati dell´85, La Regina a pochi giorni dall´apertura della
Porta Santa smontò l´architrave che aveva portato lo Stato
italiano a finanziare per metà un parcheggio da 85 miliardi di
lire che avrebbe dovuto ospitare, su sei piani, 90 pullman e 750
auto.
Per
realizzare quell´autorimessa per pellegrini nel cuore della Roma
oltretevere - nei dieci anni a seguire resterà quotidianamente
deserta - gli operai di Impregilo e Dioguardi costruzioni
sventrarono una collina rimuovendo 200 mila metri cubi di terra.
Il progetto nel 1992 era stato bocciato dal severo
soprintendente e, allora, nell´aprile ´97 il Comune di Roma
scelse la strada dello «spostamento toponomastico» per saltare
il visto archeologico, realizzare l´opera e inaugurare la futura
strategia della "Protezione civile stazione appaltante":
l´elusione dei controlli. Il Vaticano, d´altronde, in una
lettera dedicata al parcheggio del Gianicolo aveva chiesto
esplicitamente «l´esonero da controlli e approvazioni da parte
della autorità italiane».
Si legge
ora nella relazione La Regina: «Il provveditorato alle Opere
pubbliche ha sempre dichiarato negli atti ufficiali che il
parcheggio si trovava su territorio vaticano mentre si trova su
territorio dello Stato italiano». Ancora, «il danneggiamento di
beni di interesse storico o artistico appartenenti all´Italia,
ancorché di proprietà della Santa Sede, non è considerato
ammissibile da alcuna norma o trattato».
Lo
spianamento giubileare regalò, infatti, «l´asportazione
incontrollata dei livelli archeologici e dei resti antichi
nell´area del giardino del collegio di Propaganda Fide» - gli
Horti di Agrippina, si teorizza - «e la distruzione di alcuni
tratti di mura del Bastione di Santo Spirito realizzati da
Antonio da Sangallo il giovane».
Su quel
danno «rilevante e irreversibile per la conoscenza della
topografia antica di una parte di Roma», nello scavalco del
millennio si cementificò l´intesa di un blocco di funzionari
pubblici che, cresciuti all´ombra dei 2.578 miliardi di lire
stanziati per il Giubileo e sotto la spinta delle necessità del
Vaticano, nei dieci anni a seguire avrebbero gestito 13 miliardi
pubblici in libertà. Attraverso la Protezione civile.
Il
sottosegretario Guido Bertolaso, abbiamo visto, nel Duemila era
il braccio operativo di Rutelli. Angelo Balducci nel 1998 fu
nominato provveditore alle Opere pubbliche del Lazio dopo la
sconfitta rutelliana sul sottopasso di Castel Sant´Angelo
(fermato proprio dal sovrintendente La Regina). Balducci, allora
tra i più feroci sostenitori della demolizione della "domus"
neroniana in nome del parcheggio, oggi è in carcere per
associazione a delinquere nell´inchiesta grandi appalti.
Nel
novembre del 1997, riannodando i fili, era diventato segretario
generale del Giubileo Crescenzio Sepe: oggi è indagato per
corruzione. All´ingegner Claudio Rinaldi, altro funzionario
delle Opere pubbliche ora sotto inchiesta per corruzione, in
quegli anni fu affidato il cantiere Tor Vergata, la grande
adunata giovanile attorno a Papa Wojtyla.
Ettore
Figliolia era il consulente legislativo del commissariato
guidato da Rutelli: diventerà capo dell´ufficio legislativo
della Protezione civile. E di Francesco Silvano, l´amico che
avrebbe girato a Bartolaso il pied-à-terre in affitto di via
Giulia, all´epoca si ricordano lettere minacciose scritte al
Comune per conto del Vaticano: bisognava accelerare la "pratica
parcheggio".26-06-2010]
|
PROCURE,
SULLA CRICCA GUERRA SENZA FINE – FIRENZE NON SI DÀ PER VINTA:
“SE USCISSERO NUOVE PROVE IL TRASFERIMENTO DEGLI ATTI A ROMA
DOVREBBE ESSERE RIVISTO” - COPPI, LEGALE DI BALDUCCI: “NON MI
STUPIREI SE IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DECIDESSE DI ASTENERSI
DAL TRASFERIMENTO DEGLI ATTI IN ATTESA DELLA CORTE D’APPELLO” –
I DIFENSORI PREOCCUPATI DALL’INCONTRO DI VENERDÌ TRA I PM DI
FIRENZE E di PERUGIA
Claudia
Fusani per "l'Unità"
E chi l'ha
detto che il processo alla cricca e al suo gelatinoso sistema di
corruzione debba lasciare Firenze per approdare a Roma da dove è
stato mandato via per proteggerlo dalle lunghe mani della stessa
cricca che aveva saputo reclutare, tra gli altri, anche giudici
e pm? I colpi di scena non sembrano finiti. E la storia
dell'inchiesta G8-Grandi Eventi sta assumendo i contorni di un
caso inedito sotto il profilo giudiziario e di una battaglia di
resistenza.
I
"sospetti" si alimentano da qualche ora negli studi dei legali
che difendono Balducci (studio Coppi) e De Santis (studio
Gaito-Pannain). E sono cominciati quando venerdì mattina il
procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi, magistrato mai
sopra le righe che in questa lunga e complessa vicenda ha sempre
tenuto il suo ufficio fuori da ogni ombra di polemica, ha
buttato lì due affermazioni.
La prima:
"Gli atti del processo sono nella disponibilità del Tribunale e
non più della Procura". Spetta cioè al Tribunale impacchettare
carte e fascicoli e trasferire gli scatoloni al procuratore di
Roma Giovanni Ferrara. La seconda: "Se interverranno nuove prove
che contraddicono questa decisione della Cassazione, se ci sarà
cioè una novità, la sentenza della Suprema Corte non sarà più
sorretta".
La sesta
sezione depositerà tra una decina di giorni le motivazioni per
cui ha ritenuto che il giudice naturale del filone
dell'inchiesta sopravvissuta a Firenze (la costruzione della
Scuola marescialli di Castello) sia a Roma e non a Firenze. Per
la procura il patto corruttivo tra i costruttori Fusi e
Piscicelli e i funzionari Balducci e De Santis per far rientrare
la Btp di Fusi nel mega appalto della Scuola dei carabinieri si
è consumato nel febbraio 2008 in un hotel a Firenze.
Per la
Suprema Corte, che ha confermato la fondatezza degli arresti e
dell'impianto accusatorio, la dazione ai pubblici ufficiali, tra
cui la nomina di De Santis a Provveditore delle Opere pubbliche
in Toscana, è avvenuta a Roma. Quelli di Firenze furono solo
accordi.
Ora, è
chiaro che, poiché la Cassazione ha giudicato sulla base della
documentazione prodotta fino al 25 marzo scorso, se in questo
frattempo è intervenuto uno o più fatti nuovi, la decisione
della Suprema Corte deve essere rivista alla luce di quei nuovi
fatti. Uno scenario ben chiaro ai legali.
"Non mi
stupirei - spiega il professor Coppi, legale di Balducci - se
martedì mattina il presidente del Tribunale (Elisabetta Improta,
ndr) a cui è stato assegnato il giudizio immediato si alzasse e
dicesse di astenersi dal trasferimento degli atti in attesa che
la Corte d'Appello giudichi sulla sua incompatibilità".
Risultato:
tutto bloccato, gli atti non vengono trasferiti, due, tre
settimane, anche di più. Ma il problema più grave, dal punto di
vista delle difese, sono proprio le nuove possibili prove. In
questa ottica gli avvocati hanno osservato con preoccupazione
l'incontro venerdì mattina tra la procura di Firenze e quella di
Perugia che ha ereditato la parte più grossa dell'inchiesta.
Poche ore, al massimo martedì mattina quando comunque ci sarà
l'udienza prevista, e le carte saranno sul tavolo.
E non è
neppure un caso che il Csm abbia nominato proprio due giorni fa,
dopo due anni di vacatio, il procuratore di Perugia, Giacomo
Fumu, giudice di Cassazione. Il plenum era spaccato: 12 voti per
Fumu, 12 per Consolato Labate, ex aggiunto a piazzale Clodio,
area Unicost, come il procuratore Ferrara. Come Achille Toro. E'
stato decisivo il voto del vicepresidente Nicola Mancino.
[14-06-2010]
|
- BANKITALIA:
tra il 2007 e il 2008 sui conti correnti riconducibili alla
segretaria di Diego Anemone, e aperti in banche italiane, sono
state segnalate almeno dieci operazioni sospette. Ognuna, per un
importo che variava tra 100.000 e 300.000 euro. Insomma, oltre
un milione di mazzette - a partire dal 2002, appalti conquistati
per un totale di cento milioni di euro...
Guido Ruotolo per "La
Stampa"
Il dubbio è
che quei «movimenti» in realtà nascondano le tangenti della
cricca. Il rapporto degli ispettori della Banca d'Italia non
lascia dubbi: tra il 2007 e il 2008 sui conti correnti
riconducibili alla segretaria di Diego Anemone, e aperti in
banche italiane, sono state segnalate almeno dieci operazioni
sospette. Ognuna, per un importo che variava tra 100.000 e
300.000 euro. Insomma, oltre un milione di mazzette.
E' una
ipotesi, naturalmente, che gli inquirenti perugini vogliono
verificare. Dieci operazioni sospette alla vigilia degli appalti
vinti dalle imprese Anemone. L'attenzione degli investigatori,
in particolare, si sta concentrando sugli appalti
dell'inchiesta, quelli vinti nel 2007, 2008.
I «Grandi
Eventi», dunque: il G8 di La Maddalena. E Anemone di appalti ne
ha vinti quattro, a partire dal marzo del 2008. Poi le opere per
il 150° anniversario dell'Unità d'Italia: e Anemone si è
aggiudicato l'appalto per l'aeroporto di Perugia. Infine due gli
appalti dei Mondiali di nuoto di Roma finiti all'imprenditore
della «cricca».
Certo,
sono una minima parte di tutti gli appalti conquistati a partire
dal 2002, per un totale di cento milioni di euro. Ma adesso,
l'attenzione dei pm Sottani e Tavernese è concentrata sui sette
appalti degli «Grandi Eventi». E dal punto di vista della
movimentazione di capitali della cricca, gli investigatori
confidano molto nell'esito delle rogatorie internazionali con
San Marino e il Lussemburgo, dove sarebbero stati individuati i
conti correnti di Diego Anemone, Angelo Balducci, del
commercialista Stefano Gazzani, dell'ex commissario per i
mondiali di nuoto Claudio Rinaldi e di sua madre.
La
segretaria di Anemone, Alida Lucci, che non risulta iscritta sul
registro degli indagati, avrebbe svolto un ruolo nelle
operazioni di «occultamento» di capitali della cricca,
nell'alimentare la cassa in nero di Anemone: «Lucci Alida - si
legge nell'informativa della Finanza - risulta aver intestati 30
conti correnti bancari, di cui 23 attualmente accesi» (presso la
sede della Banca delle Marche in via Romagna a Roma, ndr). «Tale
dato - commentano gli 007 della Finanza - non appare coerente
con i redditi della stessa dichiarati al fisco e con la sua
posizione di dipendente dell'impresa Anemone costruzioni srl».
Per la
fine della settimana si aspetta la decisione del gip Ricciarelli
sulla richiesta della Procura di Perugia di commissariare le
aziende di Diego Anemone. I suoi legali, forse convinti che il
gip non accoglierà la richiesta dei pm, hanno respinto una
richiesta dell'accusa di collaborazione dell'indagato in cambio
del patteggiamento e del ritiro della richiesta di
commissariamento delle imprese del gruppo.
In attesa
del gip, questo pomeriggio si dovrebbe svolgere l'interrogatorio
di Guido Bertolaso, a Perugia. Il condizionale è d'obbligo dal
momento che il Capo della Protezione civile potrebbe disdire
l'appuntamento all'ultimo minuto per intervenute esigeneze di
lavoro, insomma situazioni di emergenza.
E sempre
in settimana, mercoledì, dovrebbe essere sentito a Roma l'ex
ministro Francesco Rutelli, chiamato in causa (insieme a Romano
Prodi e Walter Veltroni) dalle dichiarazioni dell'architetto
Angelo Zampolini, a proposito di raccomandazioni di architetti
per i lavori dei «Grandi eventi».
Nei giorni
scorsi sono stati sentiti, tra gli altri, gli architetti Stefano
Boeri e Roberto Malfatto, finiti appunto nella lista Anemone (i
420 nomi) o tra i raccomandati.
Perugia,
dunque, va avanti nelle sue indagini. Tra l'altro, le verifiche
riguardano anche gli appalti dell'ex ministro delle
Infrastrutture, Pietro Lunardi, che conosceva Diego Anemone, che
ha comprato a prezzi stracciati, grazie alla «cricca»,
appartamenti nella capitale. Firenze, dove si consumano
polemiche per via delle manette di Fabio De Santis, è tramortita
perché «scippata» del suo processo sulla Scuola dei marescialli
dei carabinieri.
A deciderlo è
stata la Cassazione e la Procura di Roma non ha aspettato un
secondo per aprire il suo fascicolo. Senza aspettare gli atti da
Firenze, Piazzale Clodio ha mandato un messaggio molto preciso.
Forse contrariata. Roma, per lo «scippo» subito a suo tempo, con
il trasferimento degli atti a Perugia perché era finito indagato
anche il procuratore aggiunto Achille Toro per rivelazione di
notizie coperte da segreto istruttorio. 15-06-2010]
|
FUSI VUOTA IL
SACCO e da INDAGATO DIVENTA ACCUSATORE: TUTTA LA VERITÀ
SULL’AUDITORIUM DI FIRENZE - “C’ERA UN SISTEMA BALDUCCI PER DARE
GLI APPALTI AI ROMANI” -
"Adesso vi fissate tutti su Anemone. Ma lui, di questo sistema,
è solo il caffè alla fine di un pasto a dieci portate" - "una
truffa colossale: La gara era di 70 milioni di euro, ora i costi
sono saliti a 260 milioni. Chissà perchéMarco Imarisio
per "il
Corriere Della Sera"
«Premesso che
non voglio fare una autodifesa mediatica...» Premesso questo,
faccia pure. Riccardo Fusi, camicia a righe, giacca blu, grinta
e vernacolo spianati, vuole saltare il fosso. Da indagato ad
accusatore.
Il
fondatore della Baldassini Tognozzi Pontello brandisce un
esposto denuncia che nei giorni prossimi depositerà ai
magistrati fiorentini, gli stessi che lo reputano un corruttore,
determinato a tutto per riavere indietro l'appalto della Scuola
Marescialli, anche a cavalcare l'amicizia dubbia di Francesco
Piscicelli, l'umorista del terremoto aquilano, e quella certa di
Denis Verdini, entrambi sotto accusa con lui.
Nel
dossier, un solo argomento, l'appalto per l'Auditorium di
Firenze, e una ipotesi di reato, frode e truffa ai danni dello
Stato. Nomi, cognomi e cifre. Vedremo.
«Io quel lavoro lo volevo in tutti i modi. Ho pagato Isozaki, il
miglior architetto su piazza, ho fatto fare un computo dei costi
al sangue, riducendo all'osso i miei guadagni. Doveva essere il
fiore all'occhiello, l'inizio del mio rilancio».
E
invece cosa è successo?
«I bandi sono come un tema d'esame. La maestra ti dà le linee
guida, e a quelle ti devi attenere. L'altezza delle torri non
deve essere inferiore a una certa misura, la capienza della sala
idem. Sono scelte obbligate. Ma si trattava di una truffa
colossale, dove ha vinto un progetto che se n'è fregato delle
linee guida, come dimostrato dalla sentenza del Tar del Lazio
che ha annullato la gara».
Basta per sostenere che si trattasse di una truffa?
«La Commissione era composta dai soliti noti, i quali hanno
deciso che il valore tecnico del progetto fosse determinante e
hanno dato il massimo dei punti al vincitore. Si vada a leggere
nelle carte dell'inchiesta le telefonate tra i primi due
classificati nella gara. Dalle intercettazioni appare chiaro che
il vincitore stava lavorando al progetto già prima che uscisse
il bando di gara. Prima dell'apertura delle buste si sapeva chi
aveva vinto».
La
Sac di Claudio Cerasi e la Igit di Bruno Ciolfi.
«I "romani" e la banda Anemone. La perfetta applicazione del
sistema Balducci, che appunto aveva promesso l'appalto ai romani
e a un imprenditore vicino ad Anemone. La gara era di 70 milioni
di euro, ora i costi sono saliti a 260 milioni. Chissà perché».
Sta parlando di quel Balducci al quale lei voleva avvicinarsi in
ogni modo?
«Io sono vittima di un andazzo generale. In Italia il sistema
appalti funziona così, lo sanno tutti. È ben conosciuto e
accettato da tutti i partecipanti. Si vive in regime perpetuo di
concussione ambientale. Adesso vi fissate tutti su Diego
Anemone. Ma lui, di questo sistema, è solo il caffè alla fine di
un pasto a dieci portate».
Lei non sembra un povero emarginato.
«E invece lo ero. Se la mia azienda non ha mai avuto
un'assegnazione negli ultimi due anni emezzo, una ragione ci
sarà. A me, Balducci non mi ha mai ricevuto. È chiaro che era
contro di me. Io nella "cricca" non c'ero proprio».
Però ha fatto di tutto per entrarci. «Questo lo dicono i
magistrati». Cosa ci faceva lei, un gigante con la sua Btp, in
combutta con un pesce piccolo come Piscicelli?
«Chiunque può sbagliare un rapporto. Mi venne presentato da
Vincenzo Di Nardo, il mio ex amministratore delegato. "È uno che
a Roma ha ottime relazioni". In effetti conosce bene il sistema,
sa come muoversi, entra ed esce dal ministero delle
Infrastrutture. La sua azienda, Opere Pubbliche, non aveva
neppure i requisiti per partecipare alle gare. Francesco a me
interessava, diciamo così, per l'aspetto politico-commerciale».
Diciamo così.
«Certo, mi interessavano le sue conoscenze, e allora? Solo che
con lui si seminava per non raccogliere mai. Zero di zero».
E
allora, per riavere indietro il cantiere dei Marescialli, ha
«cavalcato» Verdini.
«A me Denis mi fa inc... Come fa a dire che ha aiutato un amico
in difficoltà? Lui è in buona fede, ma deve dire che aiutava lo
Stato, perché era in atto una truffa ai danni dello Stato. E
comunque, non ha mai ottenuto nulla».
Il
pranzo all'Harry's bar con lui e Matteoli?
«Ma io mica sono andato a farmi sponsorizzare. Io l'appalto e il
contenzioso ce l'avevo con il ministero delle Infrastrutture.
Con Denis sono andato dal mio committente. Che ha detto ad un
suo funzionario seduto a tavola "facciamo attenzione a questa
pratica". Finito. Tutto qui».
Le
sembra poco?
«Guardi che io ad Altero non rimprovero nulla. Lui si è trovato
il danno già fatto. A me l'appalto dei Marescialli è stato tolto
quando era ministro Di Pietro, che ora se ne vanta. Bel vanto.
Abbiamo fatto l'arbitrato, ho vinto il lodo, e lo Stato mi deve
34 milioni di euro, che tra parentesi sono tre anni che mi deve
pagare. In più, il cantiere è proseguito con un'altra azienda,
un appalto in danno con 70 milioni di euro in più a carico del
contribuente. Il danno erariale è quantificabile in 167 milioni
di euro. Un trionfo, no?».
Verdini la porta anche all'Aquila, da Gianni Letta.
«Certo, siamo andati insieme a portargli degli imprenditori
locali. Mica siamo andati a chiedergli i lavori, solo a
presentarci. Lui ha guardato il depliant, ha lodato il nome del
consorzio, Federico II, ci ha sorriso e ha salutato».
Cosa non funziona nel sistema appalti?
«La legge del 2006, che ha dato grandi poteri discrezionali alle
commissioni, è stata il grimaldello per scardinare il forziere.
Con le gare a maggior ribasso almeno c'era un unico parametro.
Qui cambiano di volta in volta, è soggettivo. Per questo tutti
cercano di avere i "loro" membri all'interno delle commissioni.
È una corsa ad accaparrarsi i favori di funzionari che possono
decidere della tua vita. Balducci aveva capito la potenzialità
di questo meccanismo. Ed era l'uomo più corteggiato e riverito
d'Italia».
Così fan
tutti, insomma.
«Se una persona davvero interessata andasse a vedere come sono
state vinte le gare più importanti negli ultimi 2-3 anni, come e
a chi sono stati assegnati i lavori, stia certo che verrebbe
fuori una storia d'Italia alternativa. Altro che il
Fusi».14-06-2010]
|
- NO AI
DOMICILIARI PER BALDUCCI "TROPPO COINVOLTA ANCHE LA MOGLIE"...
F.S. per "la Repubblica" - Al termine di una udienza che è stata
quasi una lezione universitaria sulla competenza territoriale,
il tribunale di Firenze ha rinviato al 6 luglio il processo per
corruzione sulla Scuola Carabinieri, in attesa che la Cassazione
motivi la sentenza con la quale il 10 giugno ha dichiarato la
competenza di Roma. «Decisione vincolante e insuperabile» per le
difese, mentre la procura di Firenze, «pur nel massimo rispetto
della Cassazione», resta convinta della competenza fiorentina.
Intanto i due ex dirigenti ministeriali Angelo Balducci e Fabio
De Santis restano in carcere.
Lo ha deciso
il tribunale del riesame di Firenze, secondo il quale il sistema
«oliato e potente» di cui, secondo le accuse, facevano parte
«non può ritenersi scardinato» anche per l´esistenza di «legami
profondi con soggetti di livello istituzionale molto elevato».
La sua «pervasività» sarebbe confermata dal coinvolgimento «di
familiari, ed in particolare delle mogli..., anche se con ruoli
non penalmente rilevanti». Giudizi severi che contrastano con
quello del segretario di De Santis, ieri in aula: «Un bravo
ingegnere ma soprattutto un persona buona dentro. È così grande
ma il suo cuore è più grande di lui».
10.06.10 |
SANTA SEDE,
SACRO TINELLO
Costa cara al Vaticano, almeno mediaticamente, la furbata di San
Guido Bertoliso sulla casa di via Giulia. Il Corriere delle
Elite corrucciate titola in prima pagina: "Stretta sulle case
del Vaticano. Il Papa e Bertone chiedono maggiori controlli dopo
lo scandalo. Bertolaso: "L'appartamento? Mi aiutò il cardinal
Sepe". In vista un cambio alla guida di Propaganda Fide". Mentre
Repubblica racconta: "Bertolaso: la casa di via Giulia grazie al
cardinal Sepe". Ma non convince i pm di Perugia. Il giallo delle
bollette intestate al vecchio proprietario" (p.9).16-06-10 |
QUEL
PASTICCIACCIO BRUTTA DI VIA GIULIA - l’affittuario BERTOLASO
chiarisce, il padrone di casa CURI, ancora una volta, smentisce
- il boss della protezione di balducci e anemone rivela: “quella
casa fu il FAVORE DI UN AMICO PERCHÉ LITIGAVO CON MIA MOGLIE” -
e subito ronza la domanda maliziosa degli ’addetti ai livori’:
chi è la donna che frequentava quell’appartamentino? ah,
saperlo...
1 - ORA IL RAS DELLA PROTEZIONE CIVILE PARLA DI PROPAGANDA
FIDE E FRANCESCO SIVIANO, MA CURI NON CI STA: "TUTTE QUESTE
BUGIE INIZIANO A FARMI ARRABBIARE, NON CAPISCO A CHE GIOCO STIA
GIOCANDO"...
Maria Elena Vincenzi per "la
Repubblica"
La casa di
via Giulia, un mistero senza fine. Bertolaso, ancora una volta,
chiarisce. E il proprietario, Raffaele Curi, ancora una volta,
lo smentisce. Ieri, davanti ai pm di Perugia, il sottosegretario
ha detto che l´appartamento gli era stato messo a disposizione
da un amico personale, Francesco Silvano, collaboratore di
Propaganda Fide.
«Questo
nome io non l´ho mai sentito, non so chi sia». Esordisce così
Raffaele Curi, il proprietario della casa di via Giulia 189,
quella dove il sottosegretario ha alloggiato per circa due anni,
dal 2003. È stanco il regista marchigiano. Stanco di essere
tirato in ballo. Stanco «di un gioco più grande di me».
Stanco di
dover ancora una volta chiarire quella vicenda. «Inizio a
stufarmi di tutte queste bugie. Ogni giorno ne sento una nuova:
ora questa di Propaganda Fide, io non ho rapporti con Propaganda
Fide. Non ne ho mai avuti. Non capisco a che gioco stia giocando
il signor Bertolaso». Non ha dubbi Curi che fosse l´architetto
Angelo Zampolini a pagargli l´affitto.
«Quando
Repubblica mi ha trovato - racconta - io non sapevo come si
chiamasse l´uomo che mi dava i soldi. Ma poi mi sono
incuriosito. Ho cercato tra le agende, ho trovato nomi e numeri.
E, per essere sicuro, sono anche andato nel palazzo dove, a
volte, andavo a ritirare il denaro: corso Vittorio, lo studio di
Zampolini».
La stessa
storia che Curi ha raccontato ai magistrati di Perugia che lo
hanno sentito. Ormai uno «strazio», fatto di dichiarazioni,
smentite e controsmentite. Perché il regista non ci sta. E
precisa anche la questione delle bollette. Bertolaso ieri a
Perugia ha infatti detto che lui non pagava l´affitto della casa
in via Giulia, ma che ha sempre provveduto a pagare le bollette.
«Anche
questo non è vero. Ogni tanto, dopo le mie proteste, Zampolini
mi dava anche i soldi per pagare le utenze. Sta di fatto che
quando sono riuscito a riavere l´appartamento, mi sono trovato
con un sacco di bollette arretrate da pagare».
E se prima
aveva qualche dubbio a parlare e voleva rimanerne fuori, ora
Curi, esasperato, dice: «Lo scriva pure, voglio che si sappia la
verità. Voglio che lei dica che io questo Francesco Silvano non
so chi sia». Eppure è lui, secondo Bertolaso, l´amico personale
che avrebbe messo a disposizione l´appartamento. Fedelissimo del
cardinale Sepe, uomo di Comunione e Liberazione, fino al 1993
amministratore della Stet poi finito nei guai durante Mani
Pulite per aver ammesso una tangente da quattro miliardi.
francesco
silvano
Dopo
l´esperienza come manager al vertice della congregazione
vaticana, Silvano, piemontese d´origine è entrato nel direttivo
dell´ospedale pediatrico di Roma, Bambin Gesù e poi ha seguito
Sepe a Napoli, dove fa l´economo dell´arcidiocesi. Qualche
settimana fa, di fronte alle dichiarazioni concordi rese da
Zampolini e da Curi ai pm, secondo cui era Zampolini per conto
di Anemone a pagare l´affitto di via Giulia, Bertolaso aveva
detto che "il suo amico personale" avrebbe potuto confermare la
sua versione.
2
- BERTOLASO INTERROGATO: "VIA GIULIA? IL FAVORE DI UN AMICO
PERCHÉ LITIGAVO CON MIA MOGLIE"
Antonio Massari per "il
Fatto Quotidiano"
"L'appartamento di via Giulia? Le bollette le pagavo io.
L'affitto no, perché mi era stato messo a disposizione da un
amico, che non c'entra niente con Diego Anemone, ma è vicino a
Propaganda Fide. Me l'hanno messo a disposizione soltanto per
qualche mese, dopo esser stato in una sorta di seminario, quando
ho avuto problemi in famiglia perché litigavo con mia moglie.
I miei
orari di lavoro, però, non si conciliavano con quelli del
collegio universitario e ho così cercato un appartamento". È
durato quasi tre ore, l'interrogatorio di Guido Bertolaso, che
ieri nella caserma della Guardia di Finanza di Perugia è stato
sentito dai pm Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi. La versione
di Bertolaso, indagato per corruzione nell'inchiesta sulla
"cricca", contrasta in parte con quella dell'architetto Angelo
Zampolini che, agli stessi pm, aveva dichiarato di aver pagato
l'affitto di via Giulia per conto di Diego Anemone.
"Anemone non
c'entra nulla", ha replicato Bertolaso, spiegando d'essersi
rivolto all'amico Francesco Silvano, nella ricerca
dell'appartamento, nel quale ha abitato per pochi mesi nel 2003.
Ed è un altro elemento che non collima con le altre versioni
raccolte dagli inquirenti nelle scorse settimane, considerato
che Zampolini e il proprietario di casa, Raffaele Curi, parlano
di anni successivi al 2003.
Nessun
rapporto con Anemone, quindi, per la casa di via Giulia.
Piuttosto, il favore di un amico, del quale Bertolaso aveva già
parlato nei giorni scorsi, senza farne il nome. Ieri il nome
l'ha fatto : Francesco Silvano, uomo molto vicino a Propaganda
Fide e presidente del consiglio di amministrazione dell'ospedale
Bambin Gesù di Roma.
Il capo
della Protezione civile ha spontaneamente smentito di avere
appartamenti all'estero, circostanza emersa sui alcuni
quotidiani nei giorni scorsi, sulla quale, peraltro, i pm non
hanno rivolto alcuna domanda.
Gli hanno
chiesto, invece, di chiarire la propria posizione su un altro
appartamento quello di via Bellotti Bon, che compariva - come
via Giulia - nella "lista" dei lavori effettuati da Diego
Anemone. Bertolaso ha mostrato ai pm gli assegni con i quali ha
pagato la ristrutturazione dell'appartamento. Quando poi gli
inquirenti gli hanno chiesto come mai, nel primo interrogatorio,
non avesse accennato ai lavori che sua moglie, Gloria Piermarini,
aveva effettuato, per conto di Anemone, al Salaria sport village,
Bertolaso ha risposto che, all'epoca, non lo riteneva un
dettaglio degno di nota.
E così,
ieri, è giunto in caserma munito di documenti. Oltre l'assegno
con il quale ha pagato l'appartamento di via Bellotti Bon, ha
consegnato agli inquirenti il progetto che sua moglie aveva
realizzato per curare "l'area verde" del Salaria sport village.
Un progetto dettagliato, ha sottolineato il capo della
Protezione civile dinanzi ai pm, da non poter essere
assimilabile a un finto lavoro per coprire una tangente.
"Quando
poi ho saputo che Anemone avrebbe potuto lavorare per i Mondiali
di Nuoto, che si tennero a Roma nel 2009, ho chiesto a mia
moglie di fare un passo indietro". Nei fatti, la consulenza di
Gloria Piermarini, aveva già anticipato Bertolaso in una
conferenza stampa, s'era ridotta da 90 mila a 25 mila euro.
La difesa,
rappresentata da Filippo Dinacci, è apparsa soddisfatta
dall'interrogatorio di ieri, nel quale molti punti oscuri
sembrano essere stati chiariti. Restano però altri punti tutti
da chiarire: perché Zampolini avrebbe dichiarato d'aver pagato
l'affitto per conto di Anemone? E perché le date di utilizzo
dell'appartamento non si conciliano con la versione
dell'architetto e del proprietario di casa? Anche su questo i pm
proveranno a fare chiarezza nei prossimi giorni. In attesa che
giungano, dal Lussemburgo e da San Marino, i risultati delle
ultime rogatorie sui conti della "cricca".
In queste
ore la procura sembra puntare soprattutto sulla pista del
"tesoro", legato alle presunte tangenti della "cricca", che
sembrano sempre più prossime al ritrovamento.
[16-06-2010]
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CRICCA LA CASA E GODI – SCAJOLA NON SOLO NON SI ACCORGEVA CHE
QUALCUNO GLI PAGAVA LA CASA. ANCHE I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE
VENIVANO FATTI A SUA INSAPUTA, VISTO CHE ALLA DITTA DI ANEMONE
NON È STATO DATO UN EURO – SCIABOLETTA RESTA NON INDAGATO,
BISOGNA PROVARE CHE PER QUESTI FAVORI L’IMPRENDITORE DELLA
CRICCA ABBIA RICEVUTO QUALCOSA IN CAMBIO (APPALTI O SIMILIGuido
Ruotolo
per "la
Stampa"
E adesso si scopre che anche i lavori di ristrutturazione
dell'ammezzato di via Fagutale, 180 metri quadri con vista su
Colosseo, furono garantiti da Diego Anemone. Insomma, Claudio
Scajola entrò in quell'appartamento rimesso a nuovo senza
doversi preoccupare di pagare gli operai. Ricordate la lista
Anemone recuperata durante una verifica fiscale nelle aziende
del gruppo e diventata oggetto dello «scandalo» delle indagini
della Procura di Perugia? 420 nomi di personalità, di titolari
di appartamenti di servizio o privati presumibilmente
destinatari tutti di lavori di ristrutturazione?
Si trattava di non «criminalizzare» i clienti, diventati vittime
inconsapevoli di un grande equivoco. Come se quei lavori fossero
frutto di un «illecito». E, quindi, occorreva approfondire un
aspetto in particolare: quei lavori di ristrutturazione da chi
furono pagati e come mai furono affidati alle imprese di
Anemone?
Adesso il lavoro di verifica affidato agli 007 della Finanza sta
producendo i primi risultati. Gli investigatori hanno acquisito
la certezza - per esempio - che Anemone fece i lavori in via
Fagutale senza ricevere un euro in cambio. Questo significa che
la posizione dell'ex ministro Claudio Scajola è cambiata? Per il
momento, confermano ambienti investigativi di Perugia, Scajola
non è indagato.
E' vero, viene proprio da sorridere a rileggere l'autodifesa di
Scajola quando si dimise da ministro, agli inizi di maggio: «Se
dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata pagata da
altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l'interesse, i
miei legali eserciterebbero le azioni necessarie per
l'annullamento del contratto».
Lui accese un mutuo di 610.000 euro in banca, pagò al momento
del rogito un anticipo di 200.000 euro e versò poi 80 assegni
circolari pari a 900.000 euro che gli furono consegnati
dall'architetto Zampolini, l'uomo di fiducia di Diego Anemone. E
una volta che l'inchiesta di Perugia ha rivelato tutto questo
lui si è dimesso.
Ma per parlare di un Claudio Scajola indagato, si deve trovare
una prova che favorì l'imprenditore, magari garantendogli un
appalto, dei lavori. Cosa che finora non risulta essere stata
trovata. Certo è che i pm di Perugia hanno da dover risolvere un
bel rebus sui conti correnti all'estero della «cricca».
Come si sono alimentati quei conti a San Marino e in Lussemburgo
di decine di milioni di euro? Conti milionari riconducibili a
Diego Anemone, Angelo Balducci, al commercialista Stefano
Gazzani, a sua madre, all'ex commissario dei mondiali di nuoto
di Roma, Claudio Rinaldi? La sensazione è che l'inchiesta di
Perugia non è ancora arrivata al giro di boa. Le posizioni di
Claudio Scajola, del generale Francesco Pittorru devono essere
ancora definite.
[11-06-2010]
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ANCHE IL PAPA INTERCETTATO! - TUTTA COLPA DI BERTOLASO CHE LO
CHIAMò PER IL SISMA DELL’AQUILA - Alla fine i militari dell’Arma
staccarono la spina quando, nello stesso giorno, per quattro
volte ascoltarono la voce del Santo Padre - E altre due volte, è
STATA INTERCETTATA la voce squillante del Segretario di Stato
americano Hillary Clinton...
Massimo Martinelli
per "il
Messaggero"
Alla fine staccarono la spina. Dei registratori, s'intende. Di
quelli che intercettavano le telefonate di Guido Bertolaso,
nella fase calda delle indagini sulla Criccopoli di Balducci&Anemone.
Avvenne esattamente dopo diciotto giorni di ascolti
ininterrotti, in cui si cominciava a delineare il rapporto che
legava il capo della Protezione Civile agli uomini della cricca.
E avvenne precisamente quando, nello stesso giorno, per quattro
volte i militari dell'Arma ascoltarono la voce del Santo Padre.
E altre due volte, la voce squillante del Segretario di Stato
americano Hillary Clinton. Era il sei aprile del 2009, il giorno
del terremoto all'Aquila, e Papa Ratzinger volle manifestare a
Bertolaso la vicinanza sua e della Chiesa Cattolica a chi si
stava impegnando nella difficile opera dei soccorsi; mentre la
Clinton parlò del dramma di Haiti, dove pure la Protezione
civile italiana aveva mandato uomini mezzi. Erano conversazioni
ufficiali che non avevano attinenza con le indagini.
Eppure, per la prima volta nella storia giudiziaria del Paese
hanno catapultato il nome del Pontefice sulla scatola di un
nastro magnetico. Salvo poi convincere gli investigatori che era
il caso di staccare gli ascolti. Con una motivazione eloquente,
che suonava più o meno così: «Si interrompono le operazioni di
ascolto poiché dopo il 6 aprile 2009 il tema delle conversazioni
era il sisma in Abruzzo». Le registrazioni di quelle telefonate
non sono mai stati trascritte; e fanno parte del materiale audio
custodito a Firenze, Ma presto potrebbero essere distrutte.
10-06-2010]
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LATTUGA, POMODORI E MOZZARELLA ET VOILÀ L'INSALATONA
BERTOLASO
Insalata verde e mista, pomodori, che non fanno mai male,
mozzarella di quella buona, tonno, carote e olive in abbondanza.
Et voilà, l'insalatona Bertolaso è servita. Che soltanto a
immaginarla lo stomaco grida vendetta e chiama a rinforzo le
papille gustative. Abbondante, fresca, tipicamente estiva, l'insalatona,
nome che evoca pausa pranzo, leggera ma salutare, entra di
diritto nel burocratese stretto della comunicazione
istituzionale.
In bella evidenza nel bando di gara indetta dalla Protezione
civile per il servizio bar e buffet freddo e caldo destinato ai
dipendenti di via Vitorchiano, sede operativa romana dei
Bertolaso's angel. Per sfamare circa 350 unità, è prevista una
spesa annua di 420mila euro per un totale nei 4 anni di appalto
di 1.680.000 euro.
A leggere il capitolato d'appalto emerge che la parola d'ordine
è una soltanto: qualità.
Per i palati degli uomini della Protezione civile soltanto
l'eccellenza. Tortellini, gnocchi e pasta all'uovo devono essere
freschi, anzi freschissimi. Il parmigiano quello con il bollino,
per risotti e zuppe le migliori sementi. Per i salumi devono
essere sacrificati i maiali migliori. E il pesce deve odorare di
Mediterraneo. Se congelato deve essere che arrivi almeno dalle
profondità delle fosse oceaniche.
La azienda che si aggiudicherà l'appalto avrà il suo bel da fare
visto che dovrà fornire un pasto completo composto da «un primo
piatto a scelta fra un minimo di due alternative in aggiunta a
riso o pasta in bianco o zuppa/minestra», «un secondo piatto a
scelta fra un minimo di tre alternative di carne o pesce». Una
delle alternative «potrà essere un piatto freddo costituito ad
esempio da affettati o formaggi» o «una insalatona». Appunto. E
così via a imbandire la mensa della protezione civile fino alla
frutta e al dessert. Pane e bevande a volontà.
L'importante è che «i menù dovranno variare giornalmente». Ma
più importante ancora «l'apporto calorico di un pranzo completo
non dovrà essere inferiore alle 875 Kcalorie»: i morsi della
fame non si addicono agli uomini chiamati a fronteggiare i
grandi eventi. Di certo i pasti devono essere garantiti a tutte
le ore a chi è rinchiuso nella centrale operativa Italia, il
cuore pulsante della Protezione civile.
Comunque, la ditta aggiudicataria dovrà garantire il servizio
tutti i giorni ed è bene che sappia che «in occasione di
emergenze e di eventi di natura straordinaria il servizio dovrà
comunque essere garantito anche oltre l'orario convenuto, per
tutto il tempo necessario». (Emilio Gioventù)
10.06.10 |
NON SOLO
UNA CASettA-scortico IN VIA GIULIA (CHISSà A QUALI INCONTRI
’hot’ DESTINATA), ORA SPUNTA UNA CASA A montecarlo messa A
DISPOSIZIONE DAl primo volontario della protezione civile diego
ANEMONE per sollazzare il terromotatissimo BERTOLASO - dite a
berlusconi che LA TRACCIA PER GLI INVESTIGATORI È ARRIVATA
ASCOLTANDO ALCUNE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE - (ora, CON TUTTE
LE CASE E VILLE gentilmente fornite DAGLI INCRICCATI BALDUCCI &
C., IL COCCO DI LETTA POTEVA, da solo, risolvere l’emergenza del
sisma, OSPITAndo MEZZA POPOLAZIONE DELL’AQUILA TERREMOTATA
Fiorenza
Sarzanini
per
Corriere della Sera
Una
casa all'estero a disposizione di Guido Bertolaso. La traccia
per gli investigatori è arrivata ascoltando alcune
intercettazioni telefoniche. E adesso la ricerca della dimora si
concentra in Costa Azzurra, visto che nei colloqui si parla di
Montecarlo.
Chiarimenti saranno chiesti allo stesso capo della Protezione
civile che sarà nuovamente interrogato la prossima settimana.
L'inchiesta dei magistrati di Perugia appare entrata in una fase
cruciale: dalla Banca d'Italia sono arrivate una cinquantina di
segnalazioni per «operazioni sospette » riconducibili al
costruttore Diego Anemone e agli altri componenti della «cricca»
effettuate tra San Marino e il Lussemburgo.
Ai
professionisti che hanno avuto rapporti con loro sono stati
invece revocati tutti gli incarichi. Tra i primi a farne le
spese, l'avvocato Edgardo Azzopardi che grazie ai suoi contatti
con l'allora procuratore aggiunto Achille Toro, sarebbe riuscito
ad avvisare che «guai giudiziari sono in arrivo ».
Il
rifugio estero
Sono centinaia le conversazioni che erano nel fascicolo e sono
state trascritte nelle ultime settimane. In alcune si fa
riferimento esplicito a una casa che si trova all'estero messa a
disposizione di Bertolaso da Anemone. Il capo della Protezione
civile non ne ha parlato nel suo precedente interrogatorio, ma
questo non appare indicativo visto che aveva omesso di
raccontare anche dell'appartamento di via Giulia e del contratto
di consulenza che l'imprenditore aveva stipulato con sua moglie.
L'ipotesi degli inquirenti è che possa essere intestata a una
società e per questo sono state disposte visure sulle imprese
eventualmente utilizzate per l'acquisto. I pm Sergio Sottani e
Alessia Tavernesi ne chiederanno conto allo stesso Bertolaso,
convocato per contestargli quanto emerso sui pagamenti
dell'affitto di via Giulia. Dopo l'ammissione dell'architetto
Angelo Zampolini che ha raccontato di aver versato il canone con
i soldi consegnati da Anemone, è stato il proprietario del pied
à terre a confermare come fosse proprio l'architetto ad eseguire
i versamenti in contanti.
Tracce di
altri versamenti arrivano dalle verifiche sui conti correnti
gestiti dal commercialista Stefano Gazzani e intestati a
prestanome. Tra loro, il suo collaboratore Fernando Mannoni e la
segretaria di Anemone, Alida Lucci. Decine di milioni di euro
sarebbero stati movimentati dal professionista che nel suo
archivio custodiva anche una lista con una trentina di nomi di
privati e istituzioni -tra gli altri l'Inps, il Viminale e il
ministero della Difesa - dove le imprese Anemone portarono a
termine svariati appalti.
La
donna è stata ascoltata nei giorni scorsi, ma ha rifiutato di
fornire elementi sostenendo che «tutte le pratiche sono
regolari». Per ricostruire i passaggi del denaro sarà dunque
depositata una nuova richiesta di rogatoria in Lussemburgo che
nelle scorse settimane ha già fornito collaborazione comunicando
quanto era stato accantonato sui depositi esteri di Balducci e
del commissario per i Mondiali di nuoto Claudio Rinaldi: tre
milioni al primo, due al secondo.
L'amico
di Toro
Revoca dell'incarico, senza pagamento dei compensi. Dopo
l'allegra gestione di Balducci e dei suoi collaboratori più
stretti, alla Ferratella - la struttura che gestisce i lavori
per i "Grandi Eventi" - sembra essere arrivato il momento dei
tagli. E uno dei primi a essere mandato via è stato Edgardo
Azzopardi, l'avvocato accusato di aver ottenuto notizie sulle
indagini in corso dall'ex procuratore aggiunto di Roma Achille
Toro, a sua volta indagato per corruzione e rivelazione di atti.
Il
legale era amico di famiglia del magistrato, parlava con suo
figlio Camillo che incontrò anche il 30 gennaio scorso, poco
prima che scattassero gli arresti ordinati dal giudice di
Firenze. Proprio quel giorno, sottolineano gli inquirenti,
avvisò dei guai giudiziari in arrivo, usando un linguaggio in
codice: «Piove, speriamo che non ti piova anche dentro casa».
Azzopardi aveva ottenuto due contratti di consulenza per 200
mila euro: per l'Auditorium di Firenze e la Mostra del cinema di
Venezia. Sono stati annullati entrambi.
«Non ho
ritenuto che ci fossero gli estremi per continuare - chiarisce
Giancarlo Bravi, dal primo aprile nuovo responsabile della
struttura-e posso dire che sono già una decina gli incarichi
annullati con un risparmio di 500 mila euro. Voglio precisare
che non si tratta soltanto di persone finite nelle indagini,
perché non è stato questo il criterio utilizzato. Il mio
obiettivo è abolire gli sprechi, per questo andrò avanti».
Nelle
conversazioni intercettate Azzopardi invitata il figlio di Toro,
Stefano, a presentare una fattura per farsi pagare il 50 per
cento dei compensi. «Non risulta che Toro abbia avuto incarichi
- chiarisce Bravi-ma verificheremo se ha lavorato in società con
Azzopardi».
2 -
BERTOLASO, MAI AVUTO DISPONIBILITÀ DI CASE ALL'ESTERO. NUOVA
PUNTATA MACELLERIA MEDIATICA"...
(ANSA) - "Non ho mai avuto nè la proprietà nè la disponbilità di
alcun immobile all'estero, nè tantomeno sulla Costa Azzurra o a
Montecarlo". Lo afferma il capo della Protezione civile Guido
Bertolaso in riferimento a quanto pubblicato da alcuni
quotidiani secondo i quali l'imprenditore Diego Anemone gli
avrebbe messo a disposizione una casa all'estero. Le notizie
pubblicate sono, secondo Bertolaso, una "nuova puntata della
macelleria mediatica che mi vede coinvolto in vicende che sono
destituite di qualsiasi fondamento".
E
aggiunge: "le mie proprietà immobiliari sono facilmente
deducibili dalla consultazione della denuncia dei redditi, già
resa pubblica e ampiamente raccontata da tutti gli organi di
stampa".09-06-2010]
|
TERREMOTO
CONTINUO - LA PESANTISSIMA ACCUSA DI Enzo Boschi, presidente
dell´Ingv (Istituto nazionale di geofisica e Vulcanologia): ci
fu un "falso" nella stesura del verbale della riunione della
Commissione Grandi Rischi all´Aquila. Un "falso" in quanto il
verbale fu redatto solo dopo la tragedia. Cinque giorni dopo -
"L´INGV HA SEMPRE SOTTOLINEATO ALLA PROTEZIONE CIVILE LA
PERICOLOSITÀ DI QUELLE SCOSSE"…
- Giuseppe Caporale per "la
Repubblica"
C´è una
prova «chiave» - secondo i magistrati della procura dell´Aquila
- che dà corpo alla «negligenza fatale», «l´imprudenza e
imperizia» dei vertici della Protezione civile nella tragedia
del terremoto, prima della scossa mortale del 6 aprile. Ovvero,
durante lo sciame sismico che fece tremare per tre mesi, quasi
ogni giorno, la città.
Una
prova che ora è raccolta nel fascicolo d´indagine (aperto dai
magistrati Alfredo Rossini e Fabio Picuti) per «omicidio
colposo». Tra le carte, oltre alle ricerche scientifiche che
«annunciavano» da anni il terremoto aquilano, i rapporti sugli
edifici che «segnalavano» (con tanto di numero civico) quali
palazzi in caso di sisma sarebbero venuti giù - come il
censimento sulla vulnerabilità del patrimonio edilizio pubblico,
pagato quasi centomila euro proprio dalla Protezione Civile e
nel quale era evidenziata anche la Casa dello Studente - ci sono
diversi interrogatori. Interrogatori fino ad oggi coperti da
segreto.
Già,
perché tutti i componenti della Commissione Grandi Rischi
(organo tecnico-scientifico della Protezione Civile) che,
secondo gli inquirenti, cinque giorni prima del terremoto
tranquillizzarono la popolazione (e che adesso sono indagati per
«omicidio colposo»), sono già stati ascoltati dagli agenti della
squadra mobile dell´Aquila.
Nei
mesi scorsi, infatti sono stati interrogati come «persone
informate sui fatti», Franco Barberi (presidente vicario della
Commissione al cui vertice c´è Guido Bertolaso), Bernardo De
Bernardinis, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Mauro Dolce e
Claudio Eva. Ma l´interrogatorio «chiave» è stato quello reso da
Enzo Boschi, presidente dell´Ingv.
E´
stato lui a raccontare alla Polizia che ci fu un «falso» nella
stesura del verbale della riunione della Commissione Grandi
Rischi all´Aquila. Un «falso» in quanto il verbale fu redatto
solo dopo la tragedia. Cinque giorni dopo, quindi. La firma su
quel documento, datato 31 marzo, fu chiesta a Boschi da Mauro
Dolce (capo dell´ufficio rischio sismico della Protezione
Civile) proprio il 6 aprile, quando L´Aquila era già crollata,
nel pieno del caos di tendopoli, vigili del fuoco e centinaia di
persone sotto le macerie.
Questo
ha raccontato Boschi agli agenti della squadra mobile.
Precisando che «convocare una riunione della Commissione Grandi
Rischi, chiamata a valutare un´emergenza, e non stendere
nell´immediato un verbale equivale a non farla...». E per la
prima volta - invece di stendere un verbale - si decise di fare
una conferenza stampa per «rassicurare la popolazione» alla
quale «io non venni invitato», ha messo sempre a verbale Boschi
davanti agli inquirenti.
A
quell´incontro con la stampa locale De Bernardinis e Barberi
(quest´ultimo consulente della Protezione Civile) rassicurarono
la popolazione: «La comunità scientifica conferma che non c´è
pericolo, perché c´è uno scarico continuo di energia; la
situazione è favorevole».
La
riunione della commissione durò meno di sessanta minuti. «Una
seduta del genere - ha aggiunto nella sua deposizione il
presidente dell´Ingv - fatta con serietà, dura almeno alcune
ore. Figuriamoci se si fosse voluto davvero capire la vicenda
aquilana, prendendo in esame tutte le ricerche e i parametri
geologici e scientifici. Sarebbe durata ore...».
Invece,
andò tutto diversamente. «L´Ingv - ha spiegato Boschi alla
Polizia - ha sempre fatto il suo dovere, inviando alla
Protezione Civile tutte le informazioni utili sullo sciame
sismico ed evidenziandone la pericolosità. Non spetta ai
sismologi prendere decisioni su evacuazioni o stato
d´allerta...». E´ nei compiti della Protezione Civile, dice la
legge. 07-06-2010]
|
mentre
Tremonti sforbicia sulla pubblica amministrazione e Bertolaso si
dice pronto a lasciare al prefetto Franco Gabrielli la
Protezione civile, scatta un’infornata straordinaria di 178
nuove assunzioni a tempi record nel dipartimento tormentato
dagli scandali - TRA I CANDIDATI POTREBBERO ESSERCI PARENTI E
AMICI DI POLITICI E FUNZIONARI
Gianluigi
Nuzzi per "Libero"
Le
coincidenze non mancano, certo. Il caso, si sa, in Italia si
traveste da raccomandazione, fa mormorare i maligni. Deve essere
proprio così se mentre Giulio Tremonti sforbicia sulla pubblica
amministrazione e Guido Bertolaso si dice pronto a lasciare al
prefetto Franco Gabrielli la Protezione civile, scatta
un'infornata straordinaria di nuove assunzioni a tempi record
nel dipartimento tormentato dagli scandali.
La
circolare che annuncia il nuovo indispensabile reclutamento è di
ieri l'altro ovvero del 28 maggio, in piena manovra finanziaria,
tra decurtazioni, tagli delle buste paga e altre strette di
cinghia. Alla protezione civile invece si assume. Senza concorso
sono previsti 165 nuove figure non dirigenziali, in gran parte
reclutati tra chi oggi è sotto contratto a tempo determinato e
chi proviene da altre pubbliche amministrazioni alle quali
aggiungere 13 nuovi dirigenti da collocare nei posti strategici
del nostro soccorso nazionale. I tempi sono stretti,
strettissimi.
Le domande
vanno presentate al volo. Affrettarsi, prego. Chi c'è c'è e chi
non c'è poi non si lamenti. La circolare è infatti del 28 maggio
scorso mentre la domanda di partecipazione va presentata entro
il 15 giugno. Dopodichè avverrà la scrematura indi i colloqui
orali d'esame e la conseguente graduatoria. Con la manovra al
vaglio del presidente della Repubblica, un reclutamento come
questo fa discutere.
E non
tanto chi si vede escluso perché maturerebbe i requisiti per
dirigenti pubblici solo dal prossimo luglio dopo cinque anni di
funzionari di ruolo come previsto dalle norme, vedendosi
chiudere una finestra preziosa che chissà se e quando mai si
riaprirà. La situazione si mostra più contraddittoria visto che
tra gli articoli cardine del programma di Giulio Tremonti c'è
quello del "contenimento delle spese in materia di pubblico
impiego".
Nella
bozza della manovra si ritrovava anche un ridimensionamento
dello spettro di azione della Protezione civile "ai soli casi
che devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari e
tali da determinare situazioni di grave rischio per l'integrità
della vita". Insomma, il trasloco dei libri e delle vettovaglie
di Joseph Ratzinger eletto papa non rientra più nei compiti del
dipartimento.
Leggere in
questo taglio uno dei mille volti dello scontro tra Tremonti e
Gianni Letta sarebbe riduttivo e toglierebbe valore a una
manovra che invece è dettata da più ampie esigenze. In realtà
sono due esigenze opposte che si scontrano. Da una parte il
ridimensionamento imposto dalla forbice del Tesoro, dall'altra
la necessità di "fronteggiare le crescenti richieste
d'intervento in tutti i contesti di propria competenza, anche
con riferimento alle complesse iniziative in atto per la tutela
del patrimonio culturale".
Una
situazione che lascia campo aperto a polemiche e critiche.
«Mentre si vara una manovra lacrime e sangue per la pubblica
amministrazione - afferma Vinicio Peluffo, membro Pd della
commissione Attività produttive alla Camera - Bertolaso con un
colpo di mano ottiene una corsia privilegiata per l'assunzione
dei suoi collaboratori, molti dei quali in Protezione civile per
la rete di conoscenze e amicizie che circonda la struttura ».
Peluffo
deve in qualche modo raccogliere e far riferimento alle
indiscrezioni che arrivano dalla protezione civile. Tra i
candidati pronti al via sembra ci siano anche dirigenti
familiari di politici importanti e altri funzionari che hanno
ottenuto la dirigenza a tempi record, appena un mese dopo la
laurea. 01-06-2010]
|
a
Perugia canta (così non va in galera) Zampo,
l’architetto-pagatore di Anemone. E sono cavolacci amari per
Balducci e Sciaboletta - il sistemone Anemone funzionava
così: zampolini ricevava i soldi dall’autista di anemone,
Ben Fathi, lui li depositava sul suo conto della Deutsche
Bank di Roma per poi trasformarli negli assegni circolari
destinati all´acquisto di immobili. Quando i pm gli chiedono
il perché di quei favori Zampolini che in aprile aveva
risposto di non conoscere i motivi della prodigalità di
Anemone ora dice: "Erano un favore per Angelo Balducci"....
Meo Ponte per "la Repubblica"
«Erano un favore per Angelo Balducci» dice con un tono
pacato Angelo Zampolini - architetto e progettista ma
soprattutto "ufficiale pagatore" dell´imprenditore Diego
Anemone - per spiegare il vorticoso giro di assegni
circolari impiegati per l´acquisto di case.
Dura
quasi tre ore l´interrogatorio di ieri pomeriggio di
Zampolini nell´ufficio del pm perugino Sergio Sottani che
con la sua collega Alessia Tavarnesi lo accusa di
riciclaggio.
Giovampaola (Dal Giornale)
L´architetto arriva a Perugia nel pomeriggio, accompagnato
dall´avvocato Grazia Volo. Più tardi confiderà al pm Sottani
che ha alle spalle una mattinata di udienze in tribunale:
«Sono perseguitato dai giornalisti, li trovo ovunque,
assediano la mia casa, non mi lasciano vivere...».
Poi
sino alle 20,30 risponde alle domande dei due pm. Più che
confessare collabora ammettendo quello che non può negare.
Eccolo quindi ricordare gli episodi già rivelati
nell´interrogatorio del 23 aprile scorso ed entrare nei
particolari del versamento di 285 mila euro sul suo conto
nella filiale 582 della Deutsche Bank di Roma che
successivamente sono trasformati in 29 assegni circolari
all´ordine di Monica Urbani, proprietaria della casa in via
Merulana 17, all´Esquilino che il generale della Guardia di
Finanza Francesco Pittorru ha deciso di acquistare per la
figlia Claudia, il successivo versamento e conseguente
trasformazione in circolari di altri 520 mila euro destinati
all´acquisto di un alloggio in via Poliziono 8 dove il
generale Pittorru ha deciso di accasarsi con la moglie Anna
Maria Zisi.
E poi
le operazioni del luglio 2004 quando i 900 mila euro
diventano 80 assegni circolari intestati a Beatrice e
Barbara Papa, le sorelle proprietarie dell´appartamento di
via Fagutale che l´allora ministro per l´Attuazione del
Programma ha deciso di acquistare. E quelle che si
concludono con gli acquisti per le case di Angelo Balducci,
presidente del Consiglio Superiore delle Opere Pubbliche
presso il ministro delle Infrastrutture e di suo figlio
Lorenzo.
Rispetto al 23 aprile ieri Zampolini ammette un altro giro
di assegni: quello che serve ad acquistare un alloggio in
via Gianturco 5 a Roma destinato a Ercole Incalza, dirigente
del ministero delle Infrastrutture sin dai tempi di Lunardi,
già inguaiato nelle storie tangenti che ruotavano su Pacini
Battaglia e Lorenzo Necci.
La
trafila era sempre la stessa, ripete Zampolini: Anemone gli
faceva consegnare i soldi dal suo autista, Ben Laid Hidri
Fathi, lui li depositava sul suo conto all´agenzia 582 per
poi trasformarli negli assegni circolari destinati
all´acquisto di immobili. Quando i pm gli chiedono il perché
di quei favori Zampolini che in aprile aveva risposto di non
conoscere i motivi della prodigalità di Anemone ora dice:
«Erano un favore per Angelo Balducci».
I
magistrati non insistono, a loro preme cristalizzare le
prove raccolte sinora. È chiaro però che Balducci sarebbe il
tramite con i politici. Non siamo ancora alla scoperta del
sistema Anemome ma è già un passo avanti.
A
Zampolini il pm Sottani mostra anche la lista trovata nel
computer di Anemone, il misterioso elenco di 380 nomi
scoperto dalla Finanza nel corso di un controllo fiscale di
due anni, tenuto nel cassetto e consegnato recentemente alla
Procura. L´architetto indica con il dito chi conosce e chi
no.
Tra
quelli che riconosce c´è il nome di Fabiana Santini, ex
segretaria particolare di Claudio Scajola e oggi assessore
alla Regione Lazio. Ma sono tanti i nomi che Zampolini
riconosce scorrendo quel misterioso elenco. Deve anche
rispondere ad una domanda imbarazzante: nel suo curriculum
spiccano anche interventi come la ristrutturazione della
Biblioteca del Senato.
Sottani gli chiede se li ha ottenuti tramite l´amicizia con
potenti e lui risponde quasi offeso: «Li ho avuti per il mio
valore professionale».
Alle
20,30 l´interrogatorio è finito e l´Audi blu corre verso
Roma. Le risposte di Zampolini saranno l´ossatura per il
prossimo interrogatorio di Claudio Scajola che però il pm
non hanno ancora fissato. Prima la Procura di Perugia vuole
ascoltare il commercialista di Anemone, Stefano Gazzani.
Scajola l´altro ieri è stato convocato ad Arcore da
Berlusconi che gli ha manifestato solidarietà ma ha anche
voluto fare il punto della vicenda.
E intanto Berlusconi dichiara: «Bisogna chiudere al più
presto questa storia». [19-05-2010]
|
IL
COPASIR DEL MAGO DALEMIX, COMMISSIONE CONTROLLO DEI SERVIZI,
APRE UN´INCHIESTA - - COINCIDENZE/1: NEL PERIODO IN CUI
ANEMONE SI AGGIUDICÒ IL RICCHISSIMO APPALTO DELL´ATTUALE
SEDE ROMANA DELL´AISI (L´EX SISDE) A PIAZZA ZAMA, AL
VIMINALE SEDEVA IL MINISTRO SCAJOLA. E IL COGNATO DI ANEMONE
FU ASSUNTO DAL SISDE - - COINCIDENZA/2: DALLO STESSO CONTO
CORRENTE DELL´ARCHITETTO ZAMPOLINI, DAL QUALE È STATO EMESSO
L´ASSEGNO CHE SAREBBE SERVITO PER FINANZIARE L´ACQUISTO DI
CASA SCAJOLA CON VISTA SUL COLOSSEO, CON UGUALI MODALITÀ - E
PURE NELLO STESSO PERIODO - SONO PARTITI GLI ASSEGNI
UTILIZZATI PER ACQUISTARE DUE APPARTAMENTI CHE RISULTANO DI
PROPRIETÀ DEL GENERALE DELLA GDF FRANCESCO PITTORRU. IL
QUALE, MANCO A FARLO APPOSTA, ERA PROPRIO IL RESPONSABILE
DELL´AREA LOGISTICA DELL´EX SISDE CHE GESTÌ L´APPALTO
MILIONARIO DI PIAZZA ZAMA - - COINCIDENZA/3: COME MAI
BALDUCCI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DEI LAVORI
PUBBLICI, UTILIZZAVA FRA LE ALTRE UNA SCHEDA TELEFONICA
PAGATA PROPRIO DA ANEMONE, MA INTESTATA A UN POLIZIOTTO IN
FORZA ALL´AISI? -
Alberto Custodero per "la Repubblica"
Gli
appalti dei servizi segreti all´imprenditore Diego Anemone
entrano sotto la lente di ingrandimento del Copasir. Il
comitato parlamentare di controllo sugli 007 ha infatti
aperto su questo punto un´inchiesta. Il presidente del
comitato, Massimo D´Alema, ha inviato una lettera al Dis
diretto dal prefetto Gianni De Gennaro, il dipartimento che
coordina le due agenzie di sicurezza Aise e Aisi, per avere
proprio chiarimenti sui rapporti fra il costruttore finito
nell´inchiesta sul G8 e l´Intelligence.
La
risposta di De Gennaro è top secret, ma da quanto filtrato
da ambienti dei servizi, il capo del Dis - alla guida del
Dipartimento solo da un anno - avrebbe risposto spiegando
che non risultano rapporti di appalti diretti fra i servizi
segreti e l´imprenditore Anemone.
Quel
che è certo è che l´indagine dei pm di Perugia, come ha
confermato anche l´avvocato di Anemone, Gianluca Riitano, si
sta occupando di tutti gli appalti delle imprese di Anemone
con la pubblica amministrazione. In particolare sta puntando
quello per la realizzazione dell´attuale sede dell´Aisi (il
servizio che si occupa della sicurezza interna del Paese,
l´ex Sisde), che si trova a Roma in piazza Zama.
Si
tratta di un appalto di molti milioni di euro per la
ristrutturazione di una parte dell´ex caserma Zignani,
abbandonata alla fine degli anni Novanta. I lavori furono
decisi dopo l´arrivo all´allora Sisde del generale Mario
Mori, all´indomani dell´11 Settembre. Nel 2002 fu elaborata
la progettazione di concerto con l´ex Cesis (ora Dis), nel
2003 furono eseguiti i lavori (la magistratura sta
accertando se l´ente appaltante fosse il Sisde o il
ministero dell´Interno), nel 2004 gli agenti segreti presero
posto negli uffici.
Nel
periodo in cui Anemone si aggiudicò quell´appalto, al
Viminale sedeva il ministro Claudio Scajola. Chi fece
lavorare Anemone per l´ex Sisde, chi lo presentò in quegli
ambienti riservati concedendogli il Nos, il nulla osta
sicurezza? Al momento una risposta certa a questo
interrogativo non c´è.
L´unico fatto sicuro è una coincidenza, già accertata dai pm
perugini Sergio Sottani e Alessia Tavernesi. Dallo stesso
conto corrente dell´architetto Zampolini, dal quale è stato
emesso l´assegno che sarebbe servito per finanziare
l´acquisto della casa dell´ex ministro Scajola con vista sul
Colosseo, con uguali modalità - e pure nello stesso periodo
- sono partiti gli assegni utilizzati per acquistare due
appartamenti che risultano di proprietà del generale della
gdf Francesco Pittorru.
Il
quale, manco a farlo apposta, era proprio il responsabile
dell´area logistica dell´ex Sisde che gestì l´appalto
milionario di piazza Zama. Fu Pittorru a "raccomandare"
Anemone per i lavori di piazza Zama durante il dicastero
Scajola al Viminale? O Anemone aveva un contatto diretto con
l´allora titolare dell´Interno?
Rapporti fra Anemone e l´ex Sisde ce ne dovevano comunque
essere, se l´ingegnere Angelo Balducci, presidente del
Consiglio superiore dei lavori pubblici, utilizzava fra le
altre una scheda telefonica pagata proprio da Anemone, ma
intestata a un poliziotto in forza all´Aisi.
Balducci, del resto - lo ha dichiarato lo stesso Scajola -
aiutò l´ex ministro dell´Interno a trovare casa a Roma, «in
un momento in cui vivevo in albergo». Guarda caso - è sempre
il ministro dimissionario dello Sviluppo economico a
rivelarlo, è sempre per tramite di una casa che spunta il
costruttore indagato per il G8. «Conobbi Anemone - disse
Scajola - perché una sua impresa stava effettuando lavori
per la messa in sicurezza del mio alloggio di servizio del
Viminale», un appartamento situato a piazza Grazioli dove ci
sono anche appartamenti di servizio dei vertici della
Polizia e dell´Aisi.
A
confermare gli intrecci di legami di amicizia e di affari
fra Balducci, Anemone e servizi segreti è stato nei giorni
scorsi, durante la trasmissione Ballarò, anche lo stesso
Massimo D´Alema. «L´imprenditore in questione - dichiarò il
presidente del Copasir riferendosi a Anemone - era di
fiducia del ministero dell´Interno. Me ne sono occupato
anche come presidente del Copasir poiché aveva un rapporto
fiduciario con i servizi segreti al punto che gli avevano
assunto persino un cognato». Si tratta di Arnaldo Pascucci,
fratello della moglie del costruttore, Vanessa.
[10-05-2010] |
BERTOLASO, SEMPRE PIù GIù - "Quando ho saputo che il mio
appartamento l´avrebbe affittato Bertolaso ero felicissimo.
Ma presto mi sono dovuto ricredere: non sono mai riuscito a
contattarlo per fargli firmare il contratto. Non lo ho mai
visto in faccia, il mio interlocutore era un suo factotum di
cui non ricordo il nome. Non solo: avere le mensilità era
un´agonia. I pagamenti non erano mai puntuali, arrivavano
solo dopo mille sollecitazioni, mi veniva recapitate dal
factotum in buste sospette. Ora, alla luce di tutto quello
che leggo sui giornali, mi sorge il dubbio che a pagare
fosse Anemone"... Maria Elena Vincenzi per
"la
Repubblica"
Bertolaso, via Giulia. Il libro mastro di Anemone non lascia
dubbi. E nella strada degli antiquari, una delle più belle
della capitale, non si parla d´altro. In pochi hanno visto
il capo della Protezione civile, molti si chiedono dove sia
questo appartamento, se esista davvero. La strada è
piuttosto lunga e, a quanto pare, l´appartamento di via
Giulia per Bertolaso era un appoggio.
Bisogna arrivare alla fine della strada, verso Trastevere,
per trovare qualcuno che ha sentito questa storia. Qualcuno
che abbia incrociato il sottosegretario che, si dice, da
queste parti si vedeva poco. Arrivava alla notte con l´auto
di servizio e usciva molto presto la mattina. Un anno solo
di contratto. Due anni fa. Poi, in pratica, lo sfratto per
morosità.
«Quando ho saputo che il mio appartamento l´avrebbe
affittato Bertolaso ero felicissimo - racconta il
proprietario, Raffaele Curi regista che, per curiosa
coincidenza, ha lavorato anche con Pupi Avati, altro nome
che compare nella lista Anemone - ho pensato che fosse una
persona affidabile. Ma presto mi sono dovuto ricredere: non
sono mai riuscito a contattarlo per fargli firmare il
contratto. Non lo ho mai visto in faccia, il mio
interlocutore era un suo factotum di cui non ricordo il
nome. Non solo: avere le mensilità era un´agonia. I
pagamenti non erano mai puntuali, arrivavano solo dopo mille
sollecitazioni, mi veniva recapitate dal factotum in buste
sospette. Ora, alla luce di tutto quello che leggo sui
giornali, mi sorge il dubbio che a pagare fosse Anemone».
Un
contratto da 1.100 euro al mese, in nero. «E non certo per
mio volere. Ho perso parecchi soldi e, quando alla fine, con
una scusa ho detto di voler riavere l´abitazione, mi sono
trovato con un arretrato di luce, gas e acqua che ho dovuto
pagare di tasca mia». Un contatto che, ha spiegato il
regista, è arrivato tramite un´agenzia.
Versione che contrasta con quella che la Protezione civile
ha dato ieri in una lunghissima nota: «Il dottor Bertolaso e
i suoi familiari non possiedono alcun immobile in quella
zona. Per un breve periodo il dottor Bertolaso ha potuto
utilizzare un appartamento in Via Giulia, posto nelle sue
disponibilità da un amico, che non era il costruttore
Anemone, e non ha mai notato nella sua permanenza attività
ristrutturazione, nè di altre opere edili, che comunque non
sarebbero state di sua competenza o responsabilità».
Ieri
in serata, Bertolaso ha incontrato Silvio Berlusconi a
palazzo Grazioli. Appuntamento di mezz´ora circa già
concordato da tempo, si è detto. Il tutto mentre Pierluigi
Bersani chiedeva, ancora una volta, le dimissioni del
sottosegretario. «Deve fare un passo indietro - ha detto il
segretario del Pd - per il buon nome della Protezione civile
che è un´istituzione che va preservata». [14-05-2010]
|
LA
PROCURA INCALZA (ERCOLE INCALZA) – PER I PM PERUGINI ANCHE
IL DIRIGENTE DELLE INFRASTRUTTURE VICINISSIMO A MATTEOLI SI
è INCRICCATO CON UNA CASA PAGATA DA ANEMONE – LO ZAMPINO DI
ZAMPOLINI METTE MEZZO MLN € IN NERO NELLE MANINE DI ALBERTO
DONATI, GENERO DI INCALZA – E GUARDA CASO, IL ROGITO AVVIENE
SEMPRE PRESSO IL SOLITO NOTAIO – IL GEN. PITTORRU NON LA
CONTA GIUSTA AI MAGISTRATI… Fiorenza Sarzanini
per il "Corriere
della Sera"
Oltre
mezzo milione di euro per comprare un appartamento a Ercole
Incalza, potente funzionario del dicastero delle
Infrastrutture. È questa la nuova operazione immobiliare
gestita nel 2004 dall'architetto Angelo Zampolini per conto
di Diego Anemone. Dopo le case acquistate per il ministro
Claudio Scajola e per il generale dei servizi segreti
Francesco Pittorru, l'indagine condotta dai magistrati di
Perugia rivela che anche l'attuale capo della «Struttura
tecnica di missione», uno dei collaboratori più stretti del
ministro Altero Matteoli, ha goduto dei favori del
costruttore ora indagato per corruzione.
E l'ha
fatto sei anni fa, quando era consulente di Pietro Lunardi,
che all'epoca occupava la stessa poltrona.
L'AFFARE PER IL GENERO
L'operazione sospetta segnalata dalla Banca d'Italia porta
la data del 7 luglio 2004. Per il professionista deve essere
stato un periodo di lavoro intenso, visto che neanche 24 ore
prima ha chiuso la compravendita per Scajola. Quel giorno,
così come risulta dai documenti contabili, Zampolini versa
sul proprio conto presso l'agenzia Deutsche Bank 520.000
euro in contanti messi a disposizione da Anemone e preleva
subito dopo 52 assegni circolari da 10.000 euro l'uno
intestati a Maurizio De Carolis. L'uomo viene rintracciato
qualche settimana fa e racconta di aver venduto un
appartamento al centro di Roma ad un certo Alberto Donati,
per 390.000 euro.
Il
rogito è stato stipulato di fronte al solito notaio, quel
Gianluca Napoleone che si è occupato anche delle altre
compravendite chiuse con la stessa procedura. E pure in
questo caso la cifra appare davvero troppo bassa per una
dimora lussuosa che si trova al centro di Roma - in via
Emanuele Gianturco 5 - ed è composta da cinque camere e
servizi. E infatti il prezzo finale, tenendo conto della
cifra versata «in nero» da Zampolini, supera i 900.000 euro.
Manca
però il tassello successivo e cioè verificare come mai
Anemone abbia deciso di mettere a disposizione il denaro. La
risposta la fornisce lo stesso Donati: «Ho fatto l'affare
grazie a mio suocero Ercole Incalza. Fu lui a dirmi di
mettermi in contatto con Zampolini che mi avrebbe aiutato
per l'acquisto dell'appartamento».
Per
chi indaga quello di Incalza è un nome noto visto che nel
febbraio 1998, quando era amministratore delegato della Tav,
fu arrestato proprio dai magistrati di Perugia. L'inchiesta
era quella sugli appalti delle Ferrovie che portò in carcere
anche l'allora presidente Lorenzo Necci e il finanziere
Francesco Pacini Battaglia.
L'identità del beneficiario viene comunicata ai pm Sergio
Sottani e Alessia Tavarnesi, titolari dell'indagine, che
adesso dovranno decidere la data di convocazione per
l'interrogatorio. Incalza dovrà infatti chiarire come mai
Anemone decise di elargire in suo favore una somma tanto
ingente mentre lui era consigliere del ministro delle
Infrastrutture Lunardi.
Spiegare che rapporti aveva il costruttore con il dicastero,
quali appalti ottenne in quel periodo. Il resto lo sta
facendo Zampolini che - come hanno confermato i magistrati
perugini davanti al tribunale del Riesame - «sta
ricostruendo i flussi finanziari che arrivavano
dall'imprenditore». Una collaborazione preziosa per
l'indagine perché consente di ricostruire il percorso dei
soldi, e dunque il nome di chi ne ha beneficiato, che gli ha
evitato la richiesta di arresto.
LE
BUGIE DEL GENERALE
Lo aveva già fatto nei casi che riguardano Scajola e
Pittorru. La scorsa settimana il generale è stato
interrogato dai pm. Ha ammesso di aver ricevuto da Anemone,
sempre tramite Zampolini, 800.000 euro per l'acquisto di due
case. «Ma era un prestito - ha cercato di giustificarsi -
sono pronto a fornirvi le prove. I documenti sono conservati
in Sardegna e ve li consegnerò entro una settimana».
Una
versione ritenuta non credibile dagli inquirenti che hanno
comunque concesso all'alto ufficiale indagato per corruzione
la possibilità di mantenere il suo impegno. Ma dopo sette
giorni Pittorru ha fatto sapere che quelle carte gli erano
state rubate e dunque non sarebbe stato in grado di
dimostrare quanto aveva sostenuto.
Anche
al commercialista Stefano Gazzani e al commissario per i
mondiali di nuoto Claudio Rinaldi viene contestato di aver
fornito versioni false rispetto ai propri rapporti con
Anemone. E per questo Sottani e Tavernesi hanno ribadito la
necessità che entrambi vengano arrestati.
«La
competenza è della Procura di Perugia, qui deve rimanere
l'inchiesta», hanno dichiarato di fronte al tribunale che
deve pronunciarsi sulla decisione del gip secondo il quale
il fascicolo dovrebbe essere trasmesso a Roma e sulla
richiesta degli avvocati difensori Bruno Assummma e Titta
Madia che sostengono la completa estraneità dei propri
assistiti alle attività illecite della «cricca».
[12-05-2010]
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GOVERNO REAL ESTATE - 348 CASE! IN MEDIA OGNI MINISTRO HA
5-6 IMMOBILI E IN MOLTI HANNO COMPRATO SUBITO DOPO
L’INCARICO, GUARDA UN PO’ - SUL PODIO TREMONTI (14, FITTO
(12) E LA RUSSA (10). SPICCANO ANCHE I 15 TERRENI DI FAZIO E
GALAN - Qualcuno l’affarone l’ha fatto proprio durante
l’ultimo governo. Quello più prezioso l’ha portato a casa
(proprio così) il finiano Adolfo Urso. Più che un
appartamento, un complesso immobiliare centralissimo vicino
al Palazzaccio... Bechis per "Libero"
I
ministri del governo di Silvio Berlusconi sono diventati
tutti perfetti casalinghi. Possono lavorare al ministero,
andare in giro per convegni o anche restare a casa. In una
delle loro tante case: ne hanno 126, in media fra 5 e 6
ciascuno. Certo, nessuno di loro batte il capo del governo
che ha una decine di ville di rappresentanza e molti più
appartamenti disseminati in giro per il mondo.
Ma
anche senza avere i milioni o i miliardi che escono dalle
tasche, ministri, viceministri e sottosegretari hanno
certamente un buon fiuto immobiliare. Tutti insieme- secondo
i dati di Sister-Agenzia del Territorio, posseggono la
bellezza di 348 fabbricati (126 ministri e viceministri e
222 i sottosegretari), a cui si aggiungono 295 appezzamenti
di terreno (154 i ministri e 141 i sottosegretari).
Fanno
in tutto 643 proprietà immobiliari, e anche se in quel
numero ci sono pure rustici, box auto indipendenti e
soffitte magari da ristrutturare, fa sempre una bella
impressione: se non una città, riunendole tutte insieme si
fa un bel paese solo per il governo. La passione per il
mattone sembra per altro coincidere proprio con l'attività
politica e l'ingresso nell'esecutivo.
Quasi
tutti hanno acquistato casa a Roma, anche se ne avevano già
nella città natale e magari in campagna, al mare o in
montagna. Qualcuno l'affarone l'ha fatto proprio durante
l'ultimo governo. Quello più prezioso l'ha portato a casa
(proprio così), il viceministro del Commercio Estero, il
finiano Adolfo Urso. Più che una casa, un complesso
immobiliare centralissimo vicino al Palazzaccio, dove ha
sede la Corte di Cassazione.
Urso
ha acquistato dal gruppo Refin casa (9,5 vani), cantina,
locali annessi e un preziosissimo box auto a fine maggio del
2009. Top secret il prezzo, ma qualcosa dice il supermutuo
ipotecario che lo stesso giorno il viceministro ha stipulato
con Intesa- San Paolo ex Banco di Napoli.
L'importo è il più alto che sia mai stato concesso a un
membro del Parlamento: 1,6 milioni di euro spalmabile in 30
anni (anche per alleggerire rate che comunque valgono assai
più dell'indennità parlamentare) a un tasso di interesse
annuo del 5,5%. Con quel mutuo non restano grandi risorse
per altri acquisti, così il proprietario dell'immobile si
deve essere intenerito e qualche giorno fa, con atto
depositato il 6 maggio 2010, ha ceduto ad Urso gratuitamente
i diritti reali sul lastrico solare dell'immobile.
Tanta
generosità non hanno trovato invece i suoi colleghi di
governo che in questo biennio hanno deciso all'unisono di
prendere casa (o una nuova casa). Mara Carfagna a Roma
abitava già dal 2001, ma sulla Cortina di Ampezzo che è un
po' lontana dalla sede ministeriale. Una casetta: 2,5 vani
comprata con un mutuo Bnl da 77.648 euro. Ma erano i primi
tempi nella capitale e qualche sacrificio bisognava pure
fare.
Diventata ministro, la Carfagna ha iniziato a cercare una
casa più di rappresentanza e anche più vicina al lavoro.
L'ha trovata proprio a quattro passi, all'inizio del 2009.
Prima ha venduto la sua vecchia casetta a una società medica
di Napoli, la Nice srl di Valeria De Magistris. Poi ha
acquistato da una signora venezuelana la nuova casa
centralissima: quinto piano, grande vista e 7,5 vani.
Prezzo? L'ha rivelato la stessa Carfagna: 930 mila euro.
Affare immobiliare poco dopo l'insediamento anche per
Gianfranco Rotondi, uno che a proprietà immobiliari non
scherza (ha case ad Avellino, Firenze, Roma e Teramo). Era
da poco al governo, e la transazione si è conclusa ad inizio
agosto del 2008, proprio nella sua Avellino. Bella casa, su
due piani e un'autorimessa da 50 metri quadrati.
L'ha
venduta a Rotondi la Edil Av srl per 550 mila euro. Il
ministro ha però chiesto e ottenuto dal Banco di Napoli un
mutuo da 440 mila euro da restituire in 30 anni al tasso di
interesse annuo del 5,67 per cento. Anche Renato Brunetta,
rapido come al solito, non si è fatto sfuggire qualche buon
affare nei pochi momenti lasciati liberi dalla continua
caccia ai fannulloni.
Lui
lavora come un matto, ma a dare un'occhiata al patrimonio è
fra i più casalinghi dell'esecutivo: ha infatti case nel
perugino (Monte castello di Vibio), a Roma, Venezia, Ravello
e nelle Cinque terre. Proprio qui, a Riomaggiore, Brunetta
ha realizzato il suo ultimo affare.
Sarà
per i suoi pressanti impegni, ma l'atto porta la data del 24
dicembre 2009. Ha acquistato sia il terreno che un
fabbricato in corso di ristrutturazione da cui godersi uno
dei panorami costieri più straordinari di Italia (fa
concorrenza alla sua altra casa di Ravello). Nessuna
indicazione di prezzo, ma non depone a favore di Brunetta il
cognome del venditore: si chiamava Stefano Pecunia.
Fra i
ministri che hanno comprato casa da quando sono al governo
un posticino l'ha conquistato anche Giorgia Meloni, che nel
gennaio 2009 ha conquistato il suo piccolo rifugio all'Ardeatino
per 370 mila euro e grazie a un mutuo Banco di Napoli da
151.572 euro, durata quinquennale e tasso del
3,63%.13-05-2010]
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CASE &
CASINI - E ANCHE A SINISTRA IL BUEN RETIRO È DI RIGORE - LA
BINDI E FIORONI HANNO QUATTRO APPARTAMENTI, TRE PER FASSINO,
BERTINOTTI, VISCO E VIOLANTE. VA DI MODA LA DOPPIA O TRIPLA
ABITAZIONE FUORI PORTA - Fioroni, nella sua Viterbo, ha
possedimenti immobiliari in più di un paese (sono cinque le
case a lui intestate)... Fosca Bincher per
"Libero"
Compagni, si va in campagna! E se non si trova il casalino
toscano, umbro o pugliese che fa tanto chic, allora si va al
mare! A sinistra è esplosa da qualche anno la moda della
seconda o terza casa di proprietà, purchè silenziosa,
accogliente e accomodante le buone letture.
Grazie
alla moda è tutto un fiorire di affaroni immobiliari che
contagiano senza distinzione di credo nouvelle e ancient
vague del Pd, vecchi comunisti all'amatriciana, rifondaroli
dell'ultima ora e radical chic che sorridono ormai
trionfanti per avere imposto ad ogni portafoglio il trend
preferito.
I VIP
DI CAPALBIO
Il
luogo preferito dagli agenti immobiliari rossi - si sa - è
quello spicchio di terra fra campagna e mare in Toscana,
poco oltre il confine con il Lazio. Tanto per intenderci,
Capalbio e dintorni. Hanno lì casa (qualcuno la prima, altri
la seconda e la terza) Furio Colombo e Alice Oxman, Giorgio
Napolitano e Claudio Petruccioli con rispettive consorti, ma
a pochi chilometri la truppa si ingrossa.
C'è
Giuliano Amato con signora che da anni svernano e passano
l'estate ad Ansedonia, chissà se ancora a giocare un buon
tennis. C'è Piero Fassino che con un mutuo si è
ristrutturato un casale dalle parti di Scansano, dove va con
la moglie Anna Serafini quando gli viene a noia la casa
romana a due passi dal Pantheon (che battaglie con i locali
della piazza che non chiudono mai i battenti, né di sabato
né di domenica!).
C'è un
professore rivoluzionario attualmente in prestito all'Italia
dei Valori, come Pancho Pardi che in pochi chilometri ha ben
due case: una nell'esclusivo Monte Argentario, regno della
compianta Susanna Agnelli, e l'altra davanti alla spiaggia
della Giannella, quasi attaccata ad Orbetello.
Pulsa
lì il cuore della seconda casa di sinistra. Ma non pochi
hanno scelto l'Umbria. Vi è approdato con la consorte l'ex
presidente della Camera ed ex padre di Rifondazione
comunista, Fausto Bertinotti: relax nella magione di Massa
Martana, sui colli perugini per fuggire dalla casona dei
Parioli e dal suo traffico insolente. Bertinotti da anni ha
pure un'alternativa piena di magia, come la seconda casa
(quella umbra è la terza) di Dolceacqua all'ombra del
castello e vicino alle rive del fiume che vi passa in mezzo.
Incantevole, ma un po' lontanina per chi abita a Roma: si è
praticamente a Ventimiglia, sul confine con la Francia.
Ottima - certo - in questi giorni, se si vuole fare un salto
a Cannes e vedersi Draquila, l'ultima diabolica invenzione
della amata Sabina Guzzanti.
SINISTRA IN UMBRIA
Sulle
colline umbre oziano volentieri nella seconda o terza
magione altri protagonisti delle migliori stagioni della
sinistra. Come Andrea Manzella, a Città della Pieve, Tommaso
Padoa Schioppa e la sua compagna Barbara Spinelli fra
Orvieto e Parrano, in provincia di Terni.
O
Giovanna Melandri a Ficulle, nel casale donatole dalla
seconda moglie del padre. A metà strada fra i toscani e gli
umbri si aggira invece Giuseppe Fioroni, che nella sua
Viterbo ha possedimenti immobiliari in più di un paese (sono
cinque le case a lui intestate).
Preferiscono il mare e il ritorno nelle terre natie invece
Umberto Ranieri, che ha acquistato a Maiori sulla spiaggia
salernitana la sua terza casa (le altre a Roma e Napoli). O
Alfonso Pecoraro Scanio che può fermarsi a dormire quando
vuole in due case nel salernitano, in quella di Napoli o in
quella della capitale. A sinistra non dispiace neppure la
Puglia.
Ci
abita ovviamente Niki Vendola, governatore della Regione,
anche se non è molto che ha comprato una sua casa a
Terlizzi. Ci viene Vincenzo Visco, a Martinafranca in
provincia di Taranto, quando non preferisce raggiungere la
sua seconda casa in Pantelleria.
Ci ha
messo piede dal febbraio scorso anche un altro ex presidente
della Camera, Luciano Violante, che ha acquistato a
Francavilla Fontana, provincia di Brindisi, forse un po'
stanco delle vacanze un po' in grigio nella sua seconda casa
di Cogne, in Valle D'Aosta. 13-05-2010]
|
ROMA
SPARLA DELL’IRRESISTIBILE ASCESA DI VALERIA MANGANI, MOGLIE
DI ADOLFO PANFILI, MEDICO PERSONALE DI ALE-DANNO E SUO
COMPAGNO DI SCALATE ALPINE - DA DIETOLOGA, LA BELLA SIGNORA
È DIVENTATA PRIMA CONSIGLIERA PER LE RELAZIONI ESTERNE DEL
SINDACO, POI VICE PRESIDENTE DI ALTAROMA E ORA PUNTA AL
VERTICE - IN COPPIA, LEI E IL MARITO, SONO CONSIDERATI I
GIANNIBONCOMPAGNI DI AMBRA-ALEMANNO - NON SI MUOVE FOGLIA
CHE LA MANGANO NON VOGLIA: IN PRIMA FILA ALLA CONSEGNA DELLA
LUPA CAPITOLINA AL SARTO SARLI, PRESENTE DAL VIVO LA
PARRUCCA DELLA LOLLO -
1 - A
SARLI LA LUPA CAPITOLINA, STARRING LOLLO E ALE-DANNO
Anna Maria Greco per "il Giornale"
«Ci
inchiniamo al genio di Fausto Sarli, capace di esprimere la
forza vera della moda, della creatività e del Made in
Italy», dice il sindaco di Roma, Gianni Alemanno,
consegnando al grande sarto la Lupa Capitolina.
La
cerimonia per la massima onorificenza della città si svolge
nella sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini, ma perde
i toni della fredda ufficialità di fronte alla spontaneità e
alla timidezza di un maestro che ha dato tanto alla storia
dell'haute couture e all'ammirazione affettuosa che saputo
suscitare nei suoi fans.
Lo
festeggiano molti amici, da Renzo Arbore a donna Assunta
Almirante, da Maria Rosaria Omaggio a Patrizia Pellegrino,
alla contessa Patrizia De Blanc. E in prima fila ecco i due
vicepresidenti di AltaRoma, Sandro De Castro e Valeria
Mangani e l'amministratore delegato Adriano Franchi.
Gina
Lollobrigida, una delle tante dive del passato che hanno
valorizzato le sue creazioni, dice che come dilettante
scultrice sceglierebbe proprio un modello di Sarli se
dovesse fare un monumento all'alta moda.
«Per
me non poteva esserci battesimo migliore», commenta Silvia
Venturini Fendi, alla sua prima uscita ufficiale come
presidente di AltaRoma. E assicura il suo impegno per per
far fare alle sfilate romane un salto di qualità, puntando
sui marchi storici ma anche sui giovani e soprattutto dando
alla manifestazione uno scenario internazionale.
2 -
L´ALTA MODA NEL CASINO DEL CARDINALE NELLA FONDAZIONE LA
FEDELISSIMA DEL SINDACO - VALERIA MANGANI, MOGLIE DEL MEDICO
DI ALEMANNO
Carlo Alberto Bucci e Giovanna Vitale per "la
Repubblica - Roma"
La
fondazione è privata. Lo scopo sociale è portare l´alta moda
tra le aule della Sapienza. Per il momento non ha ancora un
nome. Eppure il Campidoglio le ha già assegnato una sede tra
le più ambite del patrimonio comunale. Dunque, pubblica. E
prestigiosa: il Casino del cardinal Bessarione.
Un
edificio del ‘400 con affreschi interni ed esterni, colonne
romane di spoglio, giardino con statue romane al numero 8 di
via di Porta San Sebastiano, fino a poche settimane fa
quartier generale dell´Ufficio emergenza traffico diretto da
Daniela Barbato. Che il sindaco ha già provveduto a
sfrattare e traslocare altrove.
Per
consegnare le chiavi, senza che alcun atto formale sia stato
ancora firmato, alla sua consigliera per le relazioni
esterne Valeria Mangani, moglie di Adolfo Panfili, medico
personale di Alemanno e suo compagno di scalate alpine.
Autrice di libri, insieme al marito, sulla sana e corretta
alimentazione (La dieta ph, 1995; La dieta per l´anima,
1999; fino all´ultima fatica Gruppi sanguigni e dieta del
2003), forte del diploma in Fashion Design conseguito allo
Ied, la Mangani dall´anno scorso è pure vice presidente di
AltaRoma, il consorzio partecipato dall´amministrazione
comunale con una quota di 500mila euro l´anno.
Quanto
basta per puntare ai vertici della Fondazione che gestirà
quel «Polo della Moda, per realizzare corsi di formazione
per stilisti da affiancare all´Università La Sapienza»,
annunciato dal sindaco martedì durante la premiazione del
maestro Fausto Sarli con la "Lupa capitolina". In soldoni
dovrebbe trattarsi di una laurea specialistica, da inserire
in uno dei dipartimenti già attivi alla Sapienza, ma si sta
anche studiando l´ipotesi più hard: ovvero istituire una
facoltà ad hoc.
A
gestire il corso, la Fondazione senza nome (Made in Italy,
made in Rome quello provvisorio) che da sei mesi è a caccia
di imprenditori che la foraggino: una quindicina in tutto,
con Guido Alberto Guidi, patron della Ducati, in cima alla
lista. E che non sia solo un´idea balzana
dell´ambiziosissima coppia Mangani-Panfili lo dimostra la
bozza di statuto che già circola ai piani alti di
istituzioni e aziende private.
Già
esaminata e approvata dal magnifico rettore Luigi Frati, che
ha subito dato l´ok. «Si tratta di una iniziativa di
grandissimo interesse proposta dal sindaco - spiega il
professore - a cui abbiamo dato adesione come Università.
Ora bisogna far collimare le modifiche dello statuto, che ho
già apportato, con gli ordinamenti didattici stabiliti nel
decreto ministeriale 270 del ministro Gelmini, che entrerà
in vigore dal prossimo anno accademico». Risultato? Si
sottrae un edificio al patrimonio comunale, si fa cambiare
lo statuto di un ateneo statale, si coinvolgono investitori
privati. Tutto per realizzare il sogno di Valeria.
13-05-2010]
|
Barbe
finte, miliardi veri (SCONTRO TRA IL PREFETTO GABRIELLI, EX
SISDE, E IL "SECOLO XIX") - "INDAGINI SUGLI APPALTI ANEMONE
DELL’ERA GABRIELLI, FUTURO SUCCESSORE DI BERTOLASO" - ALLA
SMENTITA, SEGUE LA REPLICA DEL GIORNALE: "quando la
magistratura chiederà conto dei lavori svolti da Anemone per
i servizi, a nessuno venga in mente di opporre il segreto di
Stato su una banale storia di mattoni, milioni e case in
regalo"... Francesco Bonazzi per "il
Secolo XIX"
Barbe
finte, miliardi veri. Nel carnier top secret dei grandi
lavori per committenti "speciali" realizzati dalle ditte di
Diego Anemone, ci sarebbe più di una base dei servizi
segreti civili. Non solo, ma lo sbarco "in zona Viminale"
del costruttore sospettato di aver regalato e/o
ristrutturato almeno una mezza dozzina di case di "servitori
dello Stato" sarebbe stata un'operazione pianificata con
cura dalla "cricca" di Angelo Balducci.
Un
piano iniziato nel 2001 e che è costato la carriera ad
alcuni onesti dirigenti del Sisde (l'odierno Aisi), che
forse solo oggi, dopo che "il Secolo XIX" ha rivelato che il
centro Sisde di piazza Zama era stato costruito da Anemone,
hanno capito perché sono stati spazzati via tra il 2002 e il
2003. Per far posto a Balducci, Anemone e ai loro progetti
edilizi ad alta velocità (e riservatezza).
Per
capire dove sono arrivate le mani della cricca, come l'ha
definita la magistratura fiorentina, bisogna andare in una
strada tranquilla della capitale, tra laTuscolana e la
ferrovia.Si chiama via Otricoli e in soli 300 metri ospita
almeno tre palazzi di un certo interesse. Al civico 21 c'è
la direzione risorse umane della Banca d'Italia.
Dall'altra parte della strada, c'è un palazzone semi
dismesso della vecchia Sip, che oggi ospita un ripetitore e
un po' di macchine di servizio della Telecom. Poco oltre ci
sono invece due palazzine di cinque piani comunicanti in
vetro e cemento, con un grande parcheggio interno e un
cancello che porta al civico 41.
Dalla
metà del 2007, qui ci sono i capi reparto dell'Aise e un
centinaio di funzionari del servizio segreto civile. Secondo
quanto risulta al "Secolo XIX", sulla ristrutturazione di
questa base voluta dal prefetto Franco Gabrielli (che l'anno
prima aveva preso il posto del generale Mario Mori e che è
designato a succedere a Guido Bertolaso come sottosegretario
alla Protezione civile) si stanno concentrando i controlli
interni del Dis (il vecchio Cesis), oggi guidato da Gianni
De Gennaro.
E
anche l'attenzione degli inquirenti di Perugia, che cercano
di capire in cambio di quali appalti Anemone avrebbe
seminato la Capitale di case e ristrutturazioni gratis. In
attesa di conoscere le risposte del Dis, non resta che
provare a ricostruire ciò che succede ai servizi nella
stagione che inizia con il primo ottobre 2001, quando il
secondo governo Berlusconi mette Mori a capo del Sisde e
Nicolò Pollari alla guida del Sismi.
Mori
si porta dal Ros dei Carabinieri un generale cresciuto alla
scuola di Carlo Alberto Dalla Chiesa di nome Giampaolo Sechi
e gli affida l'ammodernamento tecnologico e la logistica.
Con lui lavora un colonnello dell'Amministrazione, Lorenzo
Cherubini, e altri funzionari. In poche settimane, sul
tavolo di Mori arriva un progetto rivoluzionario, per la
gestione storicamente "allegra" della parte immobiliare del
servizio civile.
La
parola d'ordine è "risparmiare comprando". Solo a Roma,
infatti, il Sisde spendeva milioni di euro l'anno in
affitti, e agli uomini di Sechi viene in mente che con un in
investimento di 30 milioni scarsi ci si può comprare una
nuova grande base in periferia ( a La Rustica) e ammortare
il tutto in dieci anni. Senza dover più pagare affitti.
Ma il
piano ha un difetto: riporta l'edilizia e la gestione degli
appalti "in casa". E questo, evidentemente non piace a
qualcuno. A metà del 2002, l'operazione "La Rustica" viene
bruscamente abbandonata e al posto di Sechi arriva dalla
Guardia di Finanza il generale Francesco Pittorru, quello al
quale i pm fiorentini sospettano che Anemone abbia regalato
un paio di case.
Esattamente come per la famiglia Balducci e per Claudio
Scajola, che all'epoca del ribaltone al Sisde era ministro
degli Interni. Ai suoi attuali capi, quando è stato travolto
dallo scandalo delle case, Pittorru ha raccontato di non
aver portato lui Anemone, ma di averlo già trovato al Sisde.
E la stessa domanda, venerdì, sarà fatta all'ex ministro
Scajola dai pm perugini che lo vogliono ascoltare.
Già,
perché, al posto della Rustica viene scelta la base di
piazza Zama, da affittare e ristrutturare, e i lavori
vengono eseguiti dalle ditte di Anemone. Con costi
elevatissimi. Come quelli fatturati al Sisde per i due
generatori autonomi di corrente, che pare siano stati
venduti al triplo del prezzo di mercato.
Intanto, i vertici dei servizi cambiavano, Pittorru rimaneva
e Anemone lavorava. Anche con la gestione Gabrielli. La cui
nomina al posto di Bertolaso sarebbe il famoso segnale di
"discontinuità" che si vuol dare dopo lo scandalo cricca.
2 -
NOTA DEL SISDE: NESSUN CANTIERE SOSPETTO ALLA NOSTRA SEDE
Dal "Secolo XIX"
«È
destituita di ogni fondamento la notizia di ristrutturazioni
affidate dall'allora direttore del Sisde/ Aisi, prefetto
Franco Gabrielli, alla ditta Anemone come a qualsiasi altra
ditta, per la semplice ragione che nel periodo di sua
gestione, 15 dicembre 2006/14 giugno 2008, non sono stati
commissionati lavori di tal genere».
Lo
precisa in una nota il prefetto dell'Aquila, Franco
Gabrielli, in merito all'articolo pubblicato ieri dal Secolo
XIX, dal titolo "C'è un'altra sede Sisde fu la cricca a
costruirla". Il prefetto si dice comunque «disponibile,
preventivamente, a fornire chiarimenti su tali argomenti al
fine di evitare che si producano, gratuitamente e
falsamente, confusione e disdoro alle persone ed alle
istituzioni ». «Forse conclude la nota questa sarebbe
un'auspicabile discontinuità nel sistema informativo di
questo paese».
3 -
RISPOSTA DI FRANCESCO BONAZZI
Confermiamo che secondo quanto risulta al Secolo XIX, ditte
riconducibili a Diego Anemone hanno svolto i lavori di
ristrutturazione del centro Aisi di via Otricoli. Il che già
di per se non è una grande prova di avvedutezza da parte del
nostro servizio segreto interno. Le stesse fonti ci
confermano che il progetto "Via Otricoli" è stato avviato
dal generale Francesco Pittorru durante la gestione
Gabrielli, ma se il prefetto dice che non è così non abbiamo
motivo di dubitare della sua parola.
Nella
speranza che comunque, quando la magistratura chiederà conto
dei lavori svolti da Anemone per i servizi, a nessuno venga
in mente di opporre il segreto di Stato su una banale storia
di mattoni, milioni e case in regalo. 13-05-2010]
|
LA
PREMIATA DITTA VERDINI E VERDONI – IL CLUB SEGRETO DEGLI
APPALTI D’ORO (DAI GRANDI EVENTI AL BUSINESS DELL’EOLICO IN
SARDEGNA) DEL COORDINATORE PDL - LA PROCURA DI ROMA INDAGA
SU STRANI MOVIMENTI BANCARI – STORIA DEL CREDITO COOPERATIVO
FIORENTINO, LA BANCA-FEUDO DI DENIS: DA “MINI SPORTELLO” PER
QUATTRO GATTI A “MINI SPORTELLO” SUPER-INCIUCIONE (ANCHE CON
LA SINISTRA CHE DOMINA IN TOSCANA) - GLI STRANI RAPPORTI CON
IL FACCENDIERE FLAVIO CARBONI…
1 -
VERDINI E IL CLUB SEGRETO DEGLI APPALTI D'ORO...
Francesco Bonazzi per "Il Secolo XIX"
Gli
ispettori di Bankitalia in casa, a setacciare i
finanziamenti e i crediti in sofferenza. Due sequestri di
documenti in poche settimane, ordinati da due Procure
diverse che indagano su reati come la corruzione, il
riciclaggio e l'appropriazione indebita. Presidente e
direttore generale indagati. Non è una primavera serena per
il Credito Cooperativo Fiorentino, la piccola banca di Campi
Bisenzio che si trova invischiata in entrambe le inchieste
giudiziarie che in questi giorni agitano in palazzi della
politica.
Quella
per gli appalti dei "Grandi eventi" e quella per il business
eolico in Sardegna. Con l'ombra di una presunta loggia
massonica irregolare che si allunga sul secondo filone
d'indagine.
Il
presidente della banca è Denis Verdini, uno dei tre
triumviri del Pdl. È indagato dalla Procura di Firenze per
corruzione, in relazione all'appalto per la costruzione
della Scuola marescialli dell'area Castello. Il gip
fiorentino Rosario Lupo, che il 10 febbraio scorso firmò gli
arresti di Angelo Balducci, Fabio De Santis, Diego Anemone e
Francesco De Vito Piscicelli, sospetta che Verdini abbia
agevolato l'amico costruttore Riccardo Fusi, intervenendo
sul ministro Altero Matteoli (non indagato).
E
nell'ordinanza di custodia cautelare, il gip sottolinea «il
ruolo decisivo avuto dall'onorevole Verdini nella nomina di
Fabio De Santis» a provveditore delle opere pubbliche in
Toscana, «come richiesto da Fusi».
Verdini è andato spontaneamente dai pm fiorentini la sera
del 15 febbraio scorso, accompagnato dal suo legale Marco
Rocchi, ed è uscito dall'interrogatorio sostenendo di «aver
chiarito tutto».
Rocchi
è anche vicepresidente vicario della banca. Insomma, se
Bankitalia dovesse prendere provvedimenti sul cda di questo
piccolo istituto, il Ccf si troverebbe a essere
rappresentato dal penalista di Verdini. Il "triumviro"
toscano del Pdl non ha invece ancora avuto modo di chiarire
la propria posizione con il procuratore aggiunto di Roma
Giancarlo Capaldo, che indaga su un giro di imprenditori che
volevano mettere le mani sul business dell'energia eolica.
Anche
qui il reato ipotizzato per Verdini, che si dichiara
totalmente estraneo ai fatti contestati, è la corruzione. Ma
qui si trova insieme a un personaggio ingombrante come il
faccendiere Flavio Carboni (appena assolto nel processo per
la morte di Roberto Calvi) e ad alcuni magistrati
amministrativi. Nel calderone delle intercettazioni
telefoniche sono finiti personaggi del calibro di Claudio
Scajola e Marcello Dell'Utri, oltre al presidente sardo
Cappellacci e al consigliere togato del Csm, Cosimo Maria
Ferri.
In
più, a complicare la faccenda, c'è l'agendina telefonica che
i carabinieri hanno sequestrato a un imprenditore di nome
Arcangelo Martino. Chi ha avuto modo di sfogliarla, insieme
ai tabulati telefonici, è rimasto impressionato dalla rete
di rapporti che lo sconosciuto Martino ha con magistrati e
politici.
Secondo quanto risulta al Secolo XIX, nei giorni scorsi il
Ros di Roma avrebbe trovato su alcuni conti correnti aperti
al Credito cooperativo fiorentino i soldi di imprenditori
che si erano rivolti a Carboni e a un magistrato tributario,
Pasquale Lombardi, come "mediatori" per impiantare centrali
eoliche in Sardegna.
Non
solo, ma i movimenti bancari di questi conti porterebbero ad
altri conti dello stesso Verdini, dai quali sarebbero poi
usciti un bel po' di bonifici destinati al Giornale della
Toscana, del quale il politico nato a Fivizzano è socio di
riferimento (la testata esce in abbinata al Giornale).
La
procura di Roma sta ora cercando di capire se questi denari
che, secondo i carabinieri arrivano dal "giro Carboni",
siano stati utilizzati solo per pagare dipendenti e
fornitori del quotidiano. Oppure se siano finiti in altre
tasche. Non solo, ma la ragnatela di rapporti che esce dalle
intercettazioni delineerebbe una sorta di organizzazione
segreta che avrebbe avuto lo scopo di orientare non solo gli
appalti, ma anche una serie di nomine giudiziarie.
2 - LA
BANCA-FEUDO DI VERDINI...
Ferruccio Sansa per "il Fatto Quotidiano"
È
cominciato tutto qui, a Campi Bisenzio. L'inchiesta sul G8
ha radici nelle intercettazioni della Procura di Firenze sul
progetto di Castello. A loro volta partite da un fascicolo
su operazioni immobiliari, che fece tremare il piccolo
comune dell'hinterland fiorentino, dove l'odore dei campi
appena tagliati si confonde con quello della città. Non
solo: il potere di Denis Verdini ha le basi nel Credito
Cooperativo Fiorentino di Campi, di cui il coordinatore Pdl
è presidente dal 1990.
La
banca che Denis in vent'anni ha fatto crescere dieci volte,
portandola al centro del potere finanziario - ma anche
politico - di Firenze e di mezza Italia. Ancora: a Campi
Bisenzio si scorgono le tracce di quel legame tra il Pdl di
Verdini e il Pd di cui a Firenze parlano tutti, ma nessuno
ha le prove.
Per
capire la parabola di Verdini è giusto partire da questo
palazzo squadrato che sembra un condominio qualunque, non
una banca. Sono le dieci di mattina, ecco i correntisti:
gente comune, come Aldo con quelle mani grosse che
tradiscono le giornate in cascina. Se entri ti ritrovi in
uno stanzone, un po' banca, un po' caffè di paese: da una
parte gli sportelli, dall'altra il bar dove i correntisti
fanno colazione gratis.
"Abbiamo paura per la nostra banchina", la chiamano così i
clienti, con affetto. Tutta gente del paese, come la maggior
parte degli ottomila correntisti. Già, perché il Credito
Cooperativo Fiorentino ha una tradizione: nato un secolo fa
per iniziativa del parroco, per dare credito ai contadini
cui le grandi banche sbattevano la porta in faccia. Una via
di mezzo tra banca e confessionale.
Poi,
nel 1990, arrivò il ciclone Verdini. "Da quando è diventato
presidente il Credito ha cambiato faccia", raccontano i
dirigenti. Basta leggere i dati: prima c'era uno sportello,
oggi sette, sparsi per la provincia. I clienti sono passati
da mille a più di ottomila. I depositi sono volati a 519
milioni, il capitale sociale supera i 56 milioni.
"Merito di Verdini", non ha dubbi Marco Rocchi,
vicepresidente della banca e avvocato di Denis. Un boom, ma
qualcuno teme che la situazione possa sfuggire di mano. Fa
un certo effetto aprire il giornale e trovare la tua banca
in prima pagina: all'inizio sono stati i dieci milioni che
l'istituto ha erogato alla Holding Brm di Riccardo Fusi (il
grande amico di Verdini, accusato con lui di corruzione) e
alla Edil-Invest della famiglia Bartolomei, che detenevano
il 50 per cento ognuna del gruppo Btp (Baldassini-Tognozzi-Pontello),
il colosso toscano del mattone.
Era il
14 ottobre 2008, le banche di mezzo mondo tremavano e il
piccolo Credito Cooperativo offriva una somma pari a un
quinto del suo patrimonio netto: "Un prestito normale,
garantito da ipoteca. Il nostro patrimonio è molto
maggiore", garantisce Rocchi. Gli ispettori della Banca
d'Italia che sono piombati nella sede del Credito
Cooperativo si stanno occupando anche di questo. "Una visita
prevista da tempo", per Rocchi. Chissà, la domanda echeggia
davanti al bancone del bar, vicino ai quadri di campi e
vacche che tirano l'aratro. Un mondo che sta scomparendo.
Certo,
la banca non punta più solo su coltivatori e artigiani. E i
correntisti del paese sfogliano la cronaca con Marcello
Dell'Utri avrebbe "consigliato" a Flavio Carboni di
dirottare verso il Credito Cooperativo Fiorentino capitali
degli imprenditori alla ricerca di "contatti" con i
politici. Aldo il contadino e Carboni, difficile immaginare
due mondi più distanti.
Ma il
Credito timonato da Verdini sa avvicinare gli opposti. Basta
leggere la composizione del consiglio di amministrazione:
accanto a Verdini e a Rocchi ecco il nome di Fabrizio Nucci.
Lo stesso Nucci che secondo le visure camerali risulta
essere stato socio di Verdini nelle sue società editrici e
che è direttore del giornale locale "Metropoli" (con loro
c'era anche Massimo Parisi, braccio destro di Verdini e oggi
parlamentare del Pdl).
Lo
stesso Nucci, confermano i dirigenti locali del Partito
Democratico, che faceva parte del direttivo dei Ds locali e
poi dell'assemblea Pd. Che ha diretto "Il ponte", la
pubblicazione del Pd locale. Niente di illecito, ma la
conferma delle capacità di aggregazione di Denis e della sua
banca. Bisogna venire a Campi Bisenzio per capire Verdini.
Che tanti, anche tra questa gente con il cuore a sinistra,
apprezzano.
)
Ma
qualcuno, come l'ex segretario dei Verdi Paolo Della
Giovampaola (solo un'omonimia con il dirigente del ministero
delle Infrastrutture arrestato), storce il naso: "La banca
di Verdini ha sempre avuto rapporti stretti con le
amministrazioni di centrosinistra. Dal 2000 al 2006 il
Comune ha impegnato e in parte dato circa 90.000 euro a
Nuova Toscana Editrice spa, di cui Fabrizio Nucci è socio
con Verdini".
E in
paese c'è chi ricorda: "Alle ultime elezioni il candidato
del Pd, Adriano Chini, ha preso più voti della sua
coalizione, lo hanno votato anche da destra". Le stesse cose
che si sentono dire a Firenze dove il sistema Verdini
collaudato a Campi è poi sbarcato. Ma oggi è giorno di
consiglio di amministrazione. Denis dimentica gli impegni
romani e torna sempre qui. Per la riunione e per ascoltare
il paese che gli chiede udienza. Una bella soddisfazione,
essere ricevuti dal braccio destro del Cavaliere.
[14-05-2010]
|
caccia
aI CONTI ALL’ESTERO DI DON BANCOMAT - DON EVALDO AVRÀ ANCHE
83 ANNI E OGNI VOLTA CHE GLI FANNO UNA DOMANDA RISULTA NON
UDENTE, PERÒ È ASSAI SVEGLIO CON LE ’CHIAVETTE USB’ E LE
CONTABILITÀ PARALLELE – I PM CERCANO DOVE SONO FINITI I
SOLDI DI ALMENO OTTO PERSONE VICINE ALLA CRICCA (GAGLIARDI,
CARDUCCI, CIOLFI, GAZZANI) – CON L’AIUTO DI BANKITALIA OGNI
GIORNO UNA SORPRESA NELLE INDAGINI SULLE OPERAZIONI
SOSPETTE… Claudia Fusani per "l'Unità"
Chi è
la fedele segretaria, Alida Lucci, quella che ha intestati
trenta conti correnti. Chi è don Evaldo Biasini, sempre lui,
don bancomat, 83 anni, economo del Preziosissimo sangue,
responsabile della raccolta delle offerte per le missioni in
Africa e, avanza tempo, gestore dei conti occulti del
costruttore Anemone e del funzionario Della Giovampaola.
Ci
sono costruttori come Pierfrancesco Gagliardi, Valerio
Carducci e Bruino Ciolfi tutti ammessi, o perché amici di
Anemone o perché amici di Balducci, al gran banchetto degli
appalti. Sono otto le persone per cui Banca d'Italia segnala
«operazioni valutarie sospette con l'estero». E tutte hanno
ruoli importanti nel sistema della cricca degli appalti.
Il
filone dei conti all'estero è quello che continua a rivelare
più sorprese nell'inchiesta sul sistema, per usare le parole
dei pm di Perugia, «di favori e contro favori, regalie e
provvedimenti, abusi e dazioni illecite» che negli ultimi
dieci anni, più o meno dal Giubileo, sembra aver governato
il modo di assegnare i grandi appalti pubblici.
Gli
investigatori sono a caccia dei tesoretti, delle provviste
dei funzionari frutto di corruzione e delle tasche dove i
costruttori conservano il danaro «di provenienza illecita» -
fatture falsificate, aumento dei prezzi, nero - pronto
all'uso per ungere e ingraziarsi in mille modi i pubblici
funzionari corrotti da cui dipendeva il via libera per un
progetto e per un appalto.
I pm
di Firenze prima e di Perugia poi hanno interpellato
Bankitalia (l'Unità di informazione finanziaria) «in
relazione all'esistenza di segnalazioni di operazioni
sospette e di informative pervenute da finanziarie e
istituti di credito esteri».
La
richiesta delle procure riguarda settanta persone, tutte
indagate. Abbiamo già visto come nel lungo elenco siano
compresi anche Guido Bertolaso e suo cognato Francesco
Piermarini, ingegnere che ha lavorato con la struttura
tecnica di missione alla Maddalena per il G8e agli Uffizi
per i 150 anni dell'Unità d'Italia.
E come
Balducci e Rinaldi abbiano fatto rientrare da Svizzera e
Lussemburgo, grazie allo scudo fiscale, circa due milioni di
euro il primo e due milioni e mezzo il secondo. Bankitalia,
e il sistema bancario collegato, continuano a dare risposte
e informazioni preziose che gli investigatori stanno
incrociando e verificando. Sono otto le persone nei cui
confronti gli ispettori bancari segnalano «operazioni
sospette» (Sos).
Una
riguarda Pierfrancesco Gagliardi, il cognato di Piscicelli,
i due che ridevano la notte del terremoto pensando agli
affari della ricostruzione. Ben due sono relative ai conti
correnti di don Evaldo Biasini, che avrà anche 83 anni e
ogni volta che gli fanno una domanda risulta non udente, e
però è assai sveglio con le pen drive, le contabilità
parallele e adesso scopriamo anche con i conti all'estero.
Passaggi di denaro all'estero sospetti anche da parte di
Antonello Colosimo e Valerio Carducci, il titolare della
Giafi coinvolta nei lavori alla Maddalena e agli Uffizi.
Della famiglia Anemone risultano attivi all'estero i
capostipiti del gruppo, Dino e Luciano. E poi Alida Lucci,
la fedele segretaria con funzioni da commercialista anche
lei esperta di fatture false e assegni circolari e
intestataria di ben 30 conti correnti.
Bankitalia mette il cerchietto rosso anche attorno al nome
di Stefano Gazzani, il commercialista creativo mago delle
fortune del gruppo, e a quello di Bruno Ciolfi, titolare
della Igit, società di costruzioni che negli ultimi anni,
grazie ad Anemone entra nel short list delle ditte amiche e
invitate al gran banchetto delle ristrutturazioni di carceri
e caserme. È questo, uno dei settori di maggior
soddisfazione per il gruppo Anemone: ventuno contratti e
cento milioni di euro di appalti tra il 2002 e il 2009. Solo
nel Lazio e grazie al ministero delle
Infrastrutture13-05-2010]
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L’HA FATTO DAVVERO SPORCA, SAN GUIDO BERTOLASO, CON LA
CONFERENZA STAMPA DI IERI - DUE GIORNI FA "IL GIORNALE"
L’AVEVA CHIAMATO PER VERIFICARE LA FATTURA PAGATA DAL
SALARIA SPORT VILLAGE A SUA MOGLIE GLORIA PIERMARINI E DEI
LAVORI DI FALEGNAMERIA FATTI DA UNA DITTA DI ANEMONE A CASA
SUA. E POI C’ERA IL GIALLO DEI "PRELIEVI" DI ANEMONE DA DON
BANKOMAT, POCO PRIMA DI INCONTRARE IL FURBETTO DELL’AQUILA -
AL "GIORNALE", SAN GUIDO HA DETTO DI ASPETTARE QUALCHE ORA,
POI SI È FORSE RESO CONTO CHE ANCHE ALTRI GIORNALISTI
AVEVANO QUELLE NOTIZIE, E ALLORA SI E’ AUTOASSOLTO IN TV
METTENDO LE MANI AVANTI. INTORTANDO GRAN PARTE DELLA STAMPA
- LA PROSSIMA PUNTATA? IL DEPOSITO DI NUOVE CARTE A FIRENZE
PER IL GIUDIZIO IMMEDIATO DI QUATTRO CO-INDAGATI DI
BERTO-LISO. E’ DI QUELLE CARTE CHE IERI AVEVA PAURA -
1 - DAGOREPORT: LA SCENEGGIATA DEL FURBETTO DELL'AQUILA
Minimo Riserbo per Dagospia
L'ha fatto davvero sporca, san Guido Bertolaso, con la
conferenza stampa di ieri. Due giorni fa Gian Marco Chiocci
l'aveva chiamato per verificare un paio di notizie sul suo
conto e dargli la possibilita' di dare le proprie
spiegazioni.
Si trattava della fattura pagata dal Salaria Sport Village a
sua moglie Gloria Piermarini e dei lavori di falegnameria
fatti da una ditta di Anemone a casa sua. E poi c'era il
giallo dei "prelievi" di Anemone da don Bankomat, poco prima
di incontrare Berto-liso.
Al "Giornale", che con lui si e' comportato da garantista,
san Guido ha detto di aspettare qualche ora e probabilemente
ha trattato un'intervista. Poi si è forse reso conto che
anche altri giornalisti rischiavano di avere quelle notizie,
e allora si e' autoassolto in tv mettendo le mani avanti.
Basta leggere in controluce i pezzi di Viviano su Republica
e di Chiocci sul Giornale per capire
per capire che è andata così. Alla fine, però, ha avuto
ragione il furbetto dell'Aquila. Basta leggere la rassegna
stampa per vedere come si è intortato la gran parte dei
quotidiani. La prossima puntata? Il deposito di nuove carte
a Firenze per il giudizio immediato di quattro co-indagati
di Berto-liso. E' di quelle carte che ieri aveva paura.
2 - SOLO ASSEGNI INOPPORTUNI, NON REATI MA GLI INQUIRENTI
NON MOLLANO
Gian Marco Chiocci perIl
Giornale
Se Guido Bertolaso se n'è uscito, così, dal nulla, e ha
convocato una conferenza stampa per dire la sua
sull'inchiesta degli appalti-G8 che lo vede indagato per
corruzione, è perché sente il fiato sul collo degli
investigatori che non hanno ancora archiviato la sua
posizione dopo averlo a lungo interrogato.
E se si è dilungato per quasi due ore proiettando slide e
trascrizioni di telefonate è perché ha preferito giocare
d'anticipo (Scajola insegna) provando ad abbozzare una
difesa su quanto stava per uscire in edicola: il Giornale
infatti gli aveva chiesto conto e spiegazione sia di un
misterioso assegno di 25mila euro versato nel 2007 da Diego
Anemone a Gloria Piermarini (consorte di Bertolaso) sia dei
prelievi in due tranches, per un totale di 60mila euro,
fatti da «don Bancomat» per Diego Anemone - così ha appurato
il Ros - nei due incontri del 21 e 23 settembre 2008
organizzati a Roma dall'imprenditore con il capo della
Protezione civile.
all'ingresso del Salaria Sport center
Anziché rispondere alle domande del Giornale, Bertolaso ha
preso tempo, si è documentato con gli avvocati, e ha dato
appuntamento a Palazzo Chigi per spiegare meglio il perché
di alcune apparenti anomalie. A cominciare dal lavoro
ottenuto dalla moglie a quel Salaria Sport Village di
proprietà di Anemone, noto per i massaggi di Bertolaso con
la fisioterapista Francesca (presto convocata dai pm di
Perugia) che in una dichiarazione raccolta dall'avvocato
Filippo Dinacci, difensore di San Guido, smentì le
«allusioni erotiche» riportate dal gip nell'ordinanza di
arresto per Balducci, Anemone e compagnia di «cricca».
Quanto all'assegno da 25mila euro sequestrato dai
carabinieri nel corso di una perquisizione, Bertolaso ha
confermato la circostanza emersa precisando che sì,
l'assegno ci fu, ma venne emesso da una società di Anemone
solo a seguito dei lavori che Gloria Piermarini in
Bertolaso, architetto di giardini, ultimò al centro sportivo
nel 2007. «Lavori di studio e progettazione, preliminare,
definitivo ed esecutivo, del verde del Salaria sport
center».
La parcella complessiva, scoprono i carabinieri, in realtà
era molto più alta. E questo, Bertolaso, non lo nasconde ai
giornalisti: effettivamente erano 99mila euro. «Mia moglie,
insieme ai suoi colleghi, ha fatto solo lo studio
preliminare e lo ha consegnato nel marzo del 2007, emettendo
regolare fattura per circa 25mila euro che al netto delle
ritenute, dell'Iva e del compenso degli altri collaboratori,
le sono rimasti in cassa 7-8mila euro».
Non è andata oltre per «motivi di opportunità», dice, perché
nel frattempo Anemone si stava interessando al business dei
Mondiali di nuoto. Il tutto, sempre a detta di Bertolaso,
avvenne in «tempi non sospetti». Così come in «tempi non
sospetti» a suo dire vennero svolti da Anemone «lavoretti»
di ristrutturazione («da me saldati con 20mila euro») a casa
della moglie di Bertolaso, sorella di Francesco Piermarini,
impiegato nei cantieri della Maddalena relativi al G8 e
secondo il gip «in evidente conflitto di interessi»: da un
lato cognato di Bertolaso, dall'altro in rapporti con
Anemone pure lui. Niente di penalmente rilevante,
inopportuno forse sì. [08-05-2010]
|
QUI
CROLLA TUTTO! - ZAMPOLINI, L’ARCHITETTO DELLA PREMIATA
CRICCA BALDUCCI & ANEMONE, VUOTA IL SACCO AI MAGISTRATI PER
NON MARCIRE IN GALERA E I PALAZZI DEI POTERI MARCI UNIFICATI
ENTRANO IN FIBRILLAZIONE – I PM VOGLIONO ANCHE RINALDI E IL
COMMERCIALISTA GAZZANI IN GATTABUIA – SUL PIATTO CI SONO GLI
APPALTI DI ANEMONE E IL LEGAME CON SCAJOLA E IL GEN.
PITTORRU SUI LAVORI EDILIZI DEL 2002 ALLA SEDE DEL SISDE Fiorenza
Sarzanini per "il
Corriere della Sera"
A
COLOSSEO
Ha
accettato di collaborare con i magistrati e dunque Angelo
Zampolini non deve essere arrestato. I pm di Perugia
rinunciano alla richiesta di custodia cautelare per
l'architetto che consegnò al ministro Claudio Scajola gli 80
assegni circolari messi a disposizione dal costruttore Diego
Anemone per l'acquisto dell'appartamento al Colosseo.
Oggi
comunicheranno la decisione al tribunale del Riesame,
ribadendo la necessità che in cella finiscano invece il
commercialista Stefano Gazzani e il commissario per i
Mondiali di nuoto Claudio Rinaldi, accusati di corruzione.
Intanto si indaga sugli appalti di Anemone.
Mentre
gli accertamenti si concentrano sugli appalti ottenuti
dall'imprenditore che proprio due giorni fa è tornato libero
per scadenza dei termini, l'indagine sui lavori dei Grandi
Eventi entra nella fase cruciale. Il collegio deve infatti
stabilire se la competenza di questo fascicolo sia dei
magistrati umbri o se invece, come aveva dichiarato dieci
giorni fa il giudice delle indagini preliminari respingendo
l'istanza di cattura per i tre, debba essere trasmesso a
Roma.
La
motivazione riguardava la posizione dell'ex procuratore
aggiunto della Capitale Achille Toro, il cui coinvolgimento
aveva determinato il trasferimento degli atti alla procura
di Perugia titolata a indagare sulle toghe in servizio nella
Capitale.
«Tra
la sua posizione e quella di Zampolini, Rinaldi e Gazzani -
aveva in sostanza sostenuto il gip - non c'è connessione
diretta e gli accertamenti devono quindi essere svolti lì
dove sarebbero stati commessi evidenziato la necessità che
tutte le verifiche vengano compiute nello stesso contesto di
quelle avviate nei confronti dello stesso Anemone e dei
funzionari dello Stato Angelo Balducci, Mauro Della
Giovampaola e Fabio De Santis.
L'attività di Rinaldi era infatti strettamente legata alla
loro, così come quella di Zampolini e Gazzani,
professionisti che si sarebbero messi a disposizione della
"cricca" per il pagamento di tangenti e l'elargizione di
favori.
Un
ruolo che l'architetto ha già ammesso, entrando nei dettagli
delle operazioni immobiliari che lui stesso aveva gestito
per Scajola e per il generale dei servizi segreti Francesco
Pittorru, beneficiato con due appartamenti. E proprio questa
scelta di collaborare ha convinto i magistrati a ritirare il
ricorso nei suoi confronti.
L'ipotesi è che a legare queste compravendite di case sia lo
stesso appalto concesso al gruppo Anemone: la
ristrutturazione del palazzo del Sisde - la sede degli 007
civili- in piazza Zama a Roma costata circa 11 milioni di
euro. I lavori furono affidati nel 2002, cioè quando Scajola
guidava il Viminale, da cui dipendeva il Sisde, e Pittorru
era responsabile del settore logistico.
Quelle
abitazioni potrebbero essere la contropartita concessa da
Anemone a chi lo aveva favorito nell'aggiudicazione. Del
resto, la sua carriera era già in ascesa e da allora sono
decine gli appalti pubblici che è riuscito ad accaparrarsi.
Un lungo elenco sul quale si concentrano i controlli dei
carabinieri del Ros e della Guardia di Finanza.
In
particolare vengono analizzati i lavori eseguiti dal gruppo
imprenditoriale e le procedure seguite a livello
istituzionale per la concessione dei contratti, con
attenzione particolare a quelli firmati seguendo la
trattativa privata.
E così
ci si concentra sulla scuola di formazione degli 007 ai
castelli romani, ma anche sulle carceri, sugli alloggi di
prestigio di ministri e sottosegretari, sulla scuola dei
corazzieri, su altre sedi «sensibili» che Anemone avrebbe
costruito o ristrutturato grazie alla concessione del Nos,
il nulla osta di sicurezza che la sua azienda aveva
ottenuto.
Un
«lasciapassare» che in passato gli ha consentito di vantare
requisiti maggiori rispetto ai concorrenti. E che gli è
stato revocato proprio in questi giorni, dopo l'indagine
interna avviata dai vertici dei Servizi sui dipendenti che
con lui avevano avuto rapporti. Proprio come Pittorru,
individuato grazie alle telefonate intercettate e sospettato
di avergli «soffiato» notizie sulle indagini in corso.
[11-05-2010]
|
UCCI
UCCI C’È LA CRICCA DI BALDUCCI – IL GRUPPETTO PUNTAVA ANCHE
AL PIANO CARCERI (SAPEVANO DOVE VOLEVANO ARRIVARE...) – MA
IL GOVERNO VOLEVA AFFIDARE L’APPALTO A BERTO-LESO
(PROVOCANDO LA RABBIA DEL GRUPPETTO) – DE SANTIS: “CI VUOLE
UNA RIBELLIONE FEROCE” – UNA STRATEGIA IMPECCABILE:
“RISOLVIAMO TUTTO IN VIA AMICALE. VADO A TROVARE IL CAPO DI
GABINETTO DI ALFANO”…. Francesco Grignetti per
"la Stampa"
MELANIA
RIZZOLI ANGELINO ALFANO
E'
forse una storia ancora da raccontare, quella della «cricca»
e dei rapporti di rivalità che dividevano Angelo Balducci e
il gruppo della Ferratella con Guido Bertolaso e la
Protezione civile. E' il 23 ottobre scorso quando si viene a
sapere che il governo sta pensando a un piano straordinario
per le carceri. Si parla di «modello L'Aquila». Bertolaso in
quel momento è il salvatore della patria e Berlusconi vuole
affidargli questa nuova sfida. Ma quelli della «cricca»,
invece, impazziscono di rabbia alla notizia che nuovi
appalti milionari gli possano essere soffiati di sotto il
naso.
Parla
l'ingegnere Fabio De Santis con una dirigente del ministero
delle Infrastrutture: «Gira la voce che sarà affidata alla
Protezione Civile la gestione del piano edilizio per la
costruzione di nuove carceri ... senti, reggiamo duro...
cioè ... questa voce gira .. hai capito ?... lì ci vuole una
ribellione feroce».
Sì,
una «ribellione feroce. La interlocutrice di De Santis,
Maria Pia Pallavicini, è anche lei molto contrariata.
«Assolutamente.. ma dove l'hai sentita 'sta cosa? Certo però
sai bisogna essere spalleggiati dal ministro .. da soggetti
che caldeggiano questo perché io posso fare tutto quello che
è in mio potere ma è molto limitato».
Già, i
dirigenti del ministero sono pronti a fare le barricate per
tenersi la competenza sugli appalti delle carceri. Ma ci
vuole una copertura politica almeno pari a quella che spinge
Bertolaso sempre più in alto. E poi bisogna sapersi muovere
dietro le quinte alla maniera giusta. Per potersi opporre a
dovere a Bertolaso, e poter almeno presentare un qualche
buon esempio che giustifichi una soluzione alternativa, De
Santis decide perciò di muoversi in prima persona.
Ma è
necessario fare presto perché bisogna mettere tutti davanti
al fatto compiuto. E perciò, ecco l'idea di De Santis: «Io
guarda .. ma questo in via amicale perché io lo conosco...
il capo di gabinetto di Alfano che è Settembrino Nebbioso».
Pallavicini:«Anch'io». De Santis: «E' un amico.. Ci vado
martedì alle 10 e mezza perché il sindaco di Perugia mi ha
chiesto di ... intraprendere ... diciamo una verifica
generale se Grazia e Giustizia è interessata .. diciamo ...
a modificare quel carcere che sta proprio al centro di
Perugia».
Pallavicini: «Guarda quello di Perugia era uno dei pochi che
... diciamo... paventata l'ipotesi .. un'idea ... di fare
una .. dato che è nel centro storico di Perugia .. di farlo
in Project: prenderlo quasi come esempio, come modello...».
C'è
però un problema. Il sindaco di Perugia, dice De Santis, il
carcere lo vorrebbe portare fuori dal centro storico, non
semplicemente ristrutturarlo. E allora? «Allora io vado lì
in via del tutto amicale ... a dirgli ..."guarda Rino, se
questa cosa può interessare la Giustizia, attiviamo una
Conferenza di Servizi"». Il che avrebbe significato che di
colpo l'amministrazione pubblica si dimostrava dinamica e
efficiente.
Quale
Protezione Civile avrebbe potuto più mettere il becco? Ma
c'è da dire appunto che Bertolaso e i suoi metodi di
tecnocrate mica vanno a genio a quelli della «cricca».
Tutt'altro. Da un'ennesima intercettazione, De Santis
racconta a un altro ingegnere, Bentivoglio, di una
discussione appena terminata con Mauro Della Giovampaola, un
altro arrestato, ma con cui c'è amore-odio: «M'ha fatto
vedere quella cosa lì,... quella specie di decreto legge
sulla Protezione Civile Spa... dove si sceglie i
dirigenti... poi dice che se non vanno bene... si sceglie il
Consiglio di amministrazione. "Sti cazzi", gli ho detto.
"Scusa, ma noi siamo la Protezione Civile Spa"... Non ho
capito... Che fa, voglio dire... che pensa... di andare
là?... Ma non esiste proprio».
E
allora forse si capisce meglio la freddezza, per non dire il
gelo, dimostrato da Bertolaso nei confronti di Balducci e
degli altri. Addirittura il sottosegretario ha rivelato
nella conferenza stampa di palazzo Chigi che quando uscì una
inchiesta dell'Espresso, e Balducci era qualificato come suo
«vice», lui voleva querelare. Chiese l'autorizzazione a
palazzo Chigi, ma sembra di capire che gli dissero di
desistere. S'era talmente arrabbiato per questo
avvicinamento che voleva mettere di mezzo gli avvocati.
11-05-2010]
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ANEMONE REAL ESTATE – TUTTE LE CASE DELL’IMPRENDITORE: C’È
UN’OPERAZIONE BANCARIA DELL’ARCHITETTO ZAMPOLINI CHE PUZZA
DI FINTA COMPRAVENDITA E RISALE A 24 ORE DOPO LA TRANSAZIONE
DI CASA SCAJOLA AL COLOSSEO – TROVATI ASSEGNI PER 520 MILA €
- CHI SARÀ MAI L’ANONIMO BENEFICIARIO DELLA INFINITA
GENEROSITÀ DI ANEMONE? – INTANTO CIAMPI SPECIFICA CHE NON HA
“MAI AVUTO RAPPORTI CON LUI”….
1- CACCIA AI CLIENTI DI CASA ANEMONE...
Francesco Grignetti
per "la
Stampa"
Tra le tante che interessano alla procura di Perugia, c'è
un'operazione bancaria dell'architetto Angelo Zampolini
talmente sospetta da apparire di sicuro un'altra
compravendita fittizia. E ora è aperta la caccia all'anonimo
che ha beneficiato della generosità di Diego Anemone.
L'operazione in questione risale al 7 luglio 2004,
ventiquattro ore dopo la transazione che portò Claudio
Scajola a divenire proprietario dell'appartamento dietro il
Colosseo. Quel giorno, il 7 luglio, l'architetto si presentò
alla solita filiale della Deutsche Bank in largo Argentina
con una valigetta zeppa di banconote.
Al cassiere dello sportello risultarono essere 520 mila
euro. Come aveva fatto già in diverse altre occasioni,
Zampolini nemmeno versò i soldi sul suo conto ma chiese di
trasformarli all'istante in assegni circolari. Ne furono
emessi 52 da diecimila euro ciascuno. Zampolini indicò anche
un nome, un «tale Maurizio De Carolis», che tutto lascia
pensare fosse un ennesimo venditore di appartamento.
COLOSSEO
Chi sia e dove viva questo signor De Carolis, però, la
procura perugina ancora non l'ha scoperto. E già si ipotizza
di chiamare Zampolini per un nuovo interrogatorio: che sia
lui a dire chi è il fortunato mortale che s'è visto pagare
il suo appartamento dalla «cricca» di Balducci & soci.
Se il meccanismo è stato il solito, anche questa
compravendita del 7 luglio 2004 dev'essere stata
perfezionata dal notaio Gianluca Napoleone. In genere è lui
quello che mette i timbri a questi curiosi acquisti di casa.
E infatti la Guardia di Finanza è già stata nel suo studio e
ha sequestrato un'ingente mole di documenti: probabilmente
il nome del signor De Carolis salterà fuori da lì.
Ma la Finanza è al lavoro anche su tutt'altro fronte: si
stanno seguendo le tracce di migliaia di assegni, per lo più
intestati a una tal signorina Annika Sanna, classe 1986,
italo-finlandese, per capire chi li abbia incassati. Rientra
in questo filone anche lo screening di tutti i movimenti
bancari dell'architetto Zampolini. Il nome di De Carolis,
prima o poi, salterà fuori anche qui. E poi non sfugge che
il notaio Napoleone registra abitualmente i contratti di
compravendita presso l'Agenzia delle Entrate di
Civitavecchia: si vanno facendo accertamenti anche qui.
Colosseo
La Fiamme Gialle hanno in mano una «black list» predisposta
dalla Banca d'Italia che segnala 8 nominativi sospetti: don
Evaldo Biasini, Antonello Colosimo, Valerio Carducci, Dino e
Luciano Anemone, Alida Lucci, Stefano Gazzani e Bruno
Ciolfi. A carico di queste persone Bankitalia ha diramato un
cosiddetto «allarme antiriciclaggio» che non prova nulla, ma
certo lascia intendere qualcosa di losco.
E infatti di don Evaldo si sa che è il «cassiere» di
Anemone; Alida Lucci è la sua segretaria e dispone di ben 23
conti correnti pur dichiarando un reddito da 30 mila euro
annui; Stefano Gazzani è lo spregiudicato commercialista;
Dino Anemone è suo papà nonché fondatore dell'impresa di
famiglia; Antonello Colosimo è il magistrato della Corte dei
conti che nel 2008 era vice Alto Commissario per la Lotta
alla Contraffazione e allo stesso tempo interveniva
pesantemente sui funzionari di banca per spianare la strada
al suo amicone costruttore Francesco De Vito Piscicelli;
Bruno Ciolfi è un costruttore associato ad Anemone per la
costruzione del nuovo carcere di Sassari (opera segretata),
l'allargamento dell'aeroporto di Perugia (150° Anniversario
dell'Unità) e il Museo dello Sport (Mondiali di Nuoto);
Valerio Carducci è un altro costruttore, fiorentino, tenuto
fuori ad arte dall'appalto per l'Auditorium e poi
«risarcito» con un albergo da costruire alla Maddalena.
Tutti indagati, tutti nell'occhio del ciclone. E non solo
loro. Sarebbero arrivate a Perugia ulteriori venti
segnalazioni «antiriciclaggio» di Bankitalia. Ricostruendo
tutti questi movimenti bancari, la procura vuole verificare
che non ci siano altre «teste di legno», altri architetti
Zampolini che si prestavano a schermare le compravendite
farlocche di appartamenti.
Complessivamente, il solo architetto ha movimentato 2
milioni e ottocentomila euro, sempre alla stessa maniera:
«Versati in banca - scrive la Finanza - a fronte
dell'emissione di centinaia di assegni circolari». Da dove
siano venuti i soldi, c'è la parola di Zampolini che indica
Anemone e c'è anche l'ex factotum tunisino che materialmente
consegnava le valigette.
«Gli stessi sono serviti per l'acquisto di immobili da parte
di terzi soggetti», conclude la Finanza. E c'è da domandarsi
che fine faranno, questi appartamenti. Né il generale
Pittorru né l'ex ministro Scajola sono indagati. Ma se in
futuro venissero indagati per concorso in riciclaggio, o per
corruzione, molte cose potrebbero cambiare anche sul
versante immobiliare.
2- CIAMPI LAVORI IN CASA "MAI RAPPORTI CON LUI"
S. N.
per il "Fatto
Quotidiano"
Anche la casa romana di via Anapo di Carlo Azeglio Ciampi è
stata ristrutturata da Diego Anemone? La notizia, uscita
ieri su Dagospia, ha creato un terremoto. Perché
effettivamente la casa dell'ex presidente della Repubblica è
stata ristrutturata nel 2006, poco prima della fine del
settennato, "perché era stata a lungo disabitata - hanno
raccontato persone vicine al senatore a vita - ed era
necessario dare una rinfrescata prima del rientro della
famiglia nell'appartamento".
Trattandosi della casa di un ex presidente della Repubblica,
la ristrutturazione poteva essere affidata solo a ditte in
possesso del Nos (nulla osta sicurezza), per altro in
possesso anche di Anemone, e dunque la notizia poteva avere
una sua credibilità. Invece Anemone non ha mai messo piede
in casa Ciampi. La ristrutturazione è stata portata a
termine dalla ditta dell'architetto Marco Picalarga, uno
degli studi più antichi stimati della Capitale, che ha fatto
anche la ristrutturazione delle facciate della Camera e del
Senato.
"La Picalarga srl - spiega lo stesso Marco Picalarga - ha
fatto solo interventi di manutenzione ordinaria, soprattutto
sugli infissi che erano da cambiare. Lavoriamo solo con i
nostri uomini, non affidiamo lavori delicati a terzi".
L'intera ristrutturazione dell'appartamento è stata pagata
da Ciampi di tasca propria nonostante potesse usufruire di
fondi del Quirinale destinati proprio a questo tipo di
esigenze. La connessione con Anemone e la sua ditta è stata
poi ufficialmente smentita anche dall'ufficio stampa di
Ciampi. 07-05-2010]
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1- IERI ERA SOLO BERLUSCONI SOTTO LA LENTE DEI PM, OGGI
TUTTO IL GOVERNO E DINTORNI - 2- FOSSE SOLO BERTO-LISO,
SCAJOLA, LUNARDI. È TUTTO UN "COMITATO DI AFFARI SPORCHI" -
3- UN FILONE RIMASTO ANCORA SOTTOTRACCIA STA PER TRAVOLGERE
ALTI DIRIGENTI RAI NEI LORO RAPPORTI CON DEI PRODUTTORI TV:
VIAGGI, PREBENDE, ’COCCOLE’ SESSUALI - 4- L’ALTRO FRONTE È
L’EDILIZIA CARCERARIA E I RAPPORTI DI ANEMONE COI SERVIZI
SEGRETI - 5- IL GRAN FLUSSO DI DENARO NERO CHE È CIRCOLATO
TRA LE MANI DELLA CRICCA BALDUCCI-ANEMONE-SCAJOLA-LUNARDI
AVREBBE ORIGINE DA SCAMBI DEL TIPO: IO DO UN APPALTO A TE,
SENZA GARA E STRAPAGATO, TU IN CAMBIO MI FAI UN REGALO IN
MATTONI -
1 - IERI ERA BERLUSCONI SOTTO SCHIAFFO DEGLI INQUIRENTI,
OGGI TUTTO IL GOVERNO E DINTORNI
Gianluigi Nuzzi per
Libero
Fosse solo Bertolaso, solo Scajola, solo Lunardi. Lo slancio
delle procure di Roma, Firenze e Perugia coinvolge il
governo in un abbraccio che rischia di essere mortale. I
segnali sono convergenti. Nell'inchiesta su Denis Verdini,
ad esempio, il procuratore capo della capitale, Giovanni
Ferrara, ha condiviso con i pm la scelta di attendere che
passassero le elezioni regionali prima di uscire allo
scoperto. Evitando strumentalizzazioni che potessero
azzoppare un'inchiesta che è solo agli inizi. Nelle carte
degli inquirenti emergono elementi da valutare che
potrebbero coinvolgere entro l'estate altri esponenti di
governo. In tutto cinque tra ministri ed ex ministri
compreso proprio Scajola che si è dimesso.
I nomi sono top secret perché non risultano indagati dalle
procure che stanno lavorando su un flusso informativo senza
precedenti tra testimoni e, soprattutto, bobine di
registrazioni telefoniche.
COCCOLE IN TV
I nomi sono top secret perché non risultano indagati dalle
procure che stanno lavorando su un flusso informativo senza
precedenti tra testimoni e, soprattutto, bobine di
registrazioni telefoniche. Le ulteriori avvisaglie si
avranno da lunedì quando i pm fiorentini catapulteranno
metri cubi di carte nel primo processo pilota alla cricca.
Inevitabile l'amplificazione mediatica con una pioggia di
intercettazioni, deduzioni e polemica politica. Questo non
sembra preoccupare più di tanto gli uffici giudiziari che
segnano uno scarto significativo tra quanto finora emerso e
quanto raggiunto nelle indagini.
L'esempio arriva certo da un filone rimasto ancora
sottotraccia e che sta per coinvolgere alti dirigenti Rai
nei loro rapporti non proprio di equilibrio, per usare un
eufemismo, con dei produttori televisivi. Viaggi, prebende,
coccole per dirla con un termine tondo che sono inopportune
nei rapporti delicati tra fornitore e azienda di Stato dove
chi decide risponde come incaricato di pubblico servizio,
insomma quasi un pubblico ufficiale. L'indagine ha raccolto
fatture e varia documentazione prima di emergere con
inevitabili contraccolpi.
coordinatore del PDL
L'altro fronte è quello dell'edilizia carceraria che compare
agli atti di Firenze (e non di Roma) e che si congiunge
inevitabilmente sui lavori e la crescita di Anemone che
aveva una certa confidenza con settori dei servizi di
sicurezza delle passate gestioni.
La grande anomalia di questa nuova ondata di inchieste
rimane comunque la lontananza siderale tra le indagini e la
figura del presidente del Consiglio. Oggi il premier si
ritrova a difendere i cerchi più vicini di collaboratori per
episodi come quelli di Scajola che se provati sono da
considerarsi lunari.
È grottesco solo immaginare che Berlusconi possa essersi
seduto a questi fantomatici "comitati di affari" ma la
novità di questa offensiva giudiziaria è in estrema sintesi
proprio questa
Balducci e Diego Anemone
Berlusconi è dal 1994 che difende se stesso e la spunta su
decine di inchieste che l'hanno coinvolto per qualunque
cosa. Mai si era ritrovato a dover difendere personaggi
politici per vicende delle quali non conosce contenuto o
confini. È grottesco solo immaginare che Berlusconi possa
essersi seduto a questi fantomatici "comitati di affari" ma
la novità di questa offensiva giudiziaria è in estrema
sintesi proprio questa: la falcidia dei collaboratori di
governo, delle rappresentanze che possono essersi macchiati
di colpe, aver partecipato o solo condiviso interessi in
quella zona grigia tra politica e affari ampiamente
strumentalizzabile in un periodo come questo.
Colpe e interessi non portati a conoscenza ovviamente del
premier, fatto che oggettivamente ora si pone come vulnus
nella difesa politica dell'insieme.
MACCHINA DA GUERRA
In più qualsiasi garantismo sparisce se le storie si
presentano sghembe come quella di Scajola che forse proprio
non essendo indagato avrebbe potuto chiedere una tutela
dagli uffici giudiziari presentando memorie, aprendo canali
di dialogo dove possibile, in sintesi per chiedere la
secretazione degli atti e conquistare quel tempo prezioso
che non ha avuto per capire, come ha detto in conferenza
stampa, quanto accaduto.
Purtroppo il tempo non corre per tutti allo stesso modo. I
giornali offrono ogni particolare, le procure stanno
affrontando indagini che sembrano sempre più estese.
L'agenda investigativa si mostra come una macchina da guerra
che non troverà più saldature con le necessità della
politica.
e Anemone
2 - QUELL'INCARICO DI COSTRUIRE UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI
SEDI DEI SERVIZI SEGRETI
Roberta Catania per
Libero
Nel mirino della procura di Perugia c'è il vecchio incarico
di Claudio Scajola come ministro dell'Interno. Due anni
prima che comprasse la casa di nove vani con vista sul
Colosseo (con l'acquisto del 6 luglio 2004 a cui si sospetta
abbia contribuito Diego Anemone con 900mila euro), il
titolare del Viminale avrebbe infatti elargito «preziosi
favori» all'imprenditore.
Addirittura, si vocifera nei corridoi degli uffici
giudiziari, sarebbe stato l'esponente del PdL a far
diventare l'indagato un grande imprenditore, che a sua volta
si sarebbe quindi sdebitato con il regalo in mattoni.
SERVIZI SEGRETI
Agli atti ci sarebbe l'incarico di costruire una delle più
importanti sedi dei Servizi segreti: la palazzina del Sisde
in piazza Zama, a Roma, con relativo conferimento del Nos
(il nulla osta sicurezza che permette di lavorare in posti
sensibili e, quindi, nei cantieri per il G8). Una
circostanza che chiuderebbe il cerchio dei favori
immobiliari venuti pochi giorni fa allo scoperto.
Giovampaola (Dal Giornale)
Il giovane costruttore, all'epoca, si sarebbe infatti mosso
anche grazie al benestare del responsabile dell'ufficio
logistico degli 007, che all'epoca era il generale della
guardia di finanza Francesco Pittorru, finito nel mirino per
gli altri due appartamenti comprati sei anni fa
all'Esquilino grazie ad Anemone.
Pittorru
Nel capoluogo umbro i magistrati stanno lottando contro il
tempo per tracciare tutti i movimenti di denaro della
cricca. Soprattutto quelli che legherebbero Diego Anemone ai
due ex ministri, il dimissionario Claudio Scajola e Pietro
Lunardi, che nel precedente governo Berlusconi era a capo
delle Infrastrutture. La scadenza è già segnata: tra otto
giorni, venerdì 14 maggio, l'ex titolare dello Sviluppo
Economico è atteso negli uffici giudiziari per spiegare la
presunta compartecipazione dell'imprenditore all'acquisto
della casa di via Fagutale.
Dall'altra parte, invece, i colleghi di Firenze sono già un
passo avanti. Ieri il gip Rosario Lupo ha accolto la
richiesta di giudizio immediato per i quattro indagati della
Scuola dei Marescialli e ha fissato la prima udienza per il
15 giugno prossimo. Una decisione che significa solo una
cosa: è stata confermata l'evidenza delle prove, nonostante
gli interessati abbiano sempre negato qualunque
coinvolgimento.
IL FILONE TOSCANO
Con l'avvio del processo toscano, gli inquirenti
depositeranno le carte del filone rimasto loro dopo
l'apertura dello stralcio perugino (per l'incompetenza
territoriale che mandava le carte a Roma e il conseguente
conflitto di interessi generato dalla presenza tra gli
indagati del procuratore aggiunto Achille Toro) .
Con l'imminente deposito in cancelleria di 33 faldoni, senza
contare i 24 già usciti e che a febbraio svelavano il
«sistema gelatinoso della cricca», i magistrati fiorentini
annunciano sorprese. Voci impazzite parlano di altri nomi
importanti che sarebbero rimasti «incastrati» in quei nove
dossier tuttora inediti.
azzopardi
Gli avvocati che difendono i protagonisti (i funzionari
della Protezione civile Angelo Balducci e Fabio De Santis,
in carcere, e gli imprenditori Guido Cerruti e Francesco
Maria De Vito Piscicelli, ai domiciliari) non hanno potuto
fare nulla contro i togati. L'altro ieri è arrivata la
richiesta dei pm di procedere con la massima urgenza, in
serata loro hanno inviato delle memorie che si opponevano
all'ipotesi, ma già ieri mattina il gip ha spazzato via ogni
dubbio accogliendo la richiesta del rito immediato.
I difensori, tra le altre cose, contestavano la scelta di
procedere in tempi brevi solo per i loro assistiti e non per
gli altri indagati della stessa vicenda. «In un processo per
corruzione», spiegano, «non si può giudicare il presunto
corruttore separatamente dal presunto corrotto».
Eppure, così sarà. Una decisione, tra l'altro, che ha
bloccato l'imminente scarcerazione prevista al termine dei
tre mesi per la custodia cautelare in carcere che, in casi
del genere, raddoppia. Fuori da questa tornata, invece, e
dunque a piede libero già domenica prossima, il funzionario
Mauro Della Giovampaola e l'imprenditore Diego Anemone.
09-05-2010]
|
CASE
SPORCHE – NEL MIRINO DEL “CORRIERE” L’APPARTAMENTO DELLA NEO
ASSESSORA FABIANA SANTINI, SEGRETARIA DI SCAJOLA PROMOSSA
ALLA REGIONE LAZIO: IL SUO APPARTAMENTO A ROMA NORD, ZONA
CHIC DELLA CAPITALE, PAGATO 386MILA € (VALE IL DOPPIO). MA
ALMENO SE L’È PAGATO LEI (SEMBREREBBE) – INTANTO IL SALARIA
SPORT VILLAGE FESTEGGIA LA SCARCERAZIONE DI ANEMONE. MA
REGINA PROFETA ASSICURA: “STAVOLTA NON SARÀ UNA FESTA
MEGAGALATTICA
1 -
L'EX SEGRETARIA DI SCAJOLA E L'AFFARE DELL'APPARTAMENTO...
Ernesto Menicucci per il "Corriere
della Sera"
C'è
un'altra casa, a Roma, che è diventato terreno di scontro
politico. È quella di Fabiana Santini, ex segretaria del
ministro Claudio Scajola, nominata da Renata Polverini
assessore regionale. Ne aveva parlato Esterino Montino del
Pd: «È vero o no - aveva detto l'ex reggente della Regione-
che la Santini è coinvolta nell'inchiesta su Scajola?». La
Santini si era difesa: «È tutto regolare. Chiunque vuole,
può andare al catasto».
Dai
documenti, Fabiana Santini, nata a Roma il 17 aprile 1973,
risulta proprietaria di un immobile in via Misurina,
acquistato a giugno del 2009, con atto notarile presso il
notaio Antonio Matella. Strada signorile, vicino via Cortina
d'Ampezzo, Roma Nord, quartiere chic e inquilini famosi. La
casa della Santini è al terzo piano, in un complesso
residenziale dove ci sono anche case dell'Inpgi: soggiorno,
tre camere, due bagni, due balconi, disimpegno, cantina e
posto auto.
Il
costo? La Santini l'ha pagata 386.090 euro. Basta consultare
Internet per capire che è stato un affare: sul sito della
Toscano gli appartamenti in quella zona, più o meno di
quella tipologia, non vanno sotto i 700 mila euro. «Lì gli
appartamenti viaggiano intorno a 5.500/6 mila euro a metro
quadro», aggiunge un agente immobiliare. L'assistente di
Scajola ha acquistato l'anno scorso, dal San Paolo di
Torino: di fronte al notaio, per la banca, c'era Marco
Boero, nato a Genova, il 2 giugno '49.
L'appartamento di via Misurina risultava «in locazione» e il
San Paolo, prima di vendere alla Santini, ha fatto
all'affittuario la proposta d'acquisto «come da
comunicazione notificata il 7 maggio 2009» e l'inquilino, il
14 maggio, rinuncia alla prelazione. La Santini, però, già
il 23 marzo aveva versato «58 mila euro a mezzo di bonifico
bancario effettuato tramite la Banca Carige».
Il
resto dei soldi, 328.090 euro, la neoassessora li ha versati
con un mutuo, contratto sempre con la Carige-Cassa di
risparmio di Genova e Imperia. La banca, in realtà, copre
l'intera cifra per l'acquisto: per 30 anni, la Santini
pagherà (al tasso del 4,549%) 1.967,06 euro.
2 -
REGINA E LA FESTA AL SALARIA VILLAGE...
Fabrizio Caccia per il "Corriere della Sera"
«Stavolta non sarà una festa megagalattica», promette Regina
Profeta. Ma al «Salaria Sport Village» tutti aspettano Diego
Anemone, il patron del circolo appena scarcerato dopo tre
mesi di detenzione. L'appuntamento è per sabato sera. In
queste ore la soubrette brasiliana, «responsabile
dell'eventistica danzante», sta curando personalmente ogni
dettaglio: dieci modelle cubane sfileranno a bordo piscina
per la nuova linea moda-mare di Dafne, l'artista Raiza
Hernandes canterà dal vivo, poi cena a base di pollo fritto,
riso e fagioli neri e infine, dalle 23, tutti in pista a
ballare la salsa.
«Una
serata carina, niente di particolare», si schermisce la
Profeta, che non vorrebbe troppa pubblicità. Ma una cena per
Anemone, comunque, si farà: i suoi amici e collaboratori più
stretti, Simone Rossetti, Stefano Morandi, Luigi Sotis,
ormai non ne fanno più mistero. Difficilmente, però, si
vedrà Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile, che
è socio al «Salaria Village» ma ha smesso di frequentarlo
dal giorno in cui il suo nome è finito sui giornali per
l'inchiesta sui Grandi eventi.
«Qua,
in effetti, non si è più visto», confermano in via Salaria,
dove, dopo la liberazione di Anemone, «si respira tutta
un'altra aria», ammettono i soci. Però la preoccupazione
resta. Oggi stesso è atteso il pronunciamento del gip sulla
richiesta dei pm di Perugia di commissariare il centro
sportivo12-05-2010]
|
-
ANEMONE’S LIST PER TUTTI! MA LO SCOOP VERO E PROPRIO LO
FANNO "IL GIORNALE" E "REPUBBLICA", MA SOLO LA ’TARZAN-INI’
DEL "CORRIERE" HA IL CORAGGIO DI SCRIVERE CHE NELLA LISTA
DEI “RISTRUTTURATI ECCELLENTI” FIGURANO "IL CAPO DELLA
POLIZIA ANTONIO MANGANELLI E IL SUO PREDECESSORE GIANNI DE
GENNARO". OVVIAMENTE, "NEL PRIMO CASO (MANGANELLI) SI TRATTA
DI LAVORI NON EFFETTUATI E NEL SECONDO (DE GENNARO) DI
INTERVENTI PAGATI E REGOLARMENTE FATTURATI", QUINDI NO
PROBLEMS (COMUNQUE, NESSUN TITOLO O TITOLETTO. E IN PRIMA
PAGINA BRILLA L’EDITORIALE DI BIANCONI CHE METTE
DEBORTOLIANAMENTE LE MANI AVANTI SULLA LISTA: "DUBBI E
CAUTELE") - 2- MA QUELLO CHE FA LA FIGURA PIÙ BELLA IN
ASSOLUTO, COME SEMPRE, È SAN GUIDO BERTOLASO: SI È FATTO
RISTRUTTURARE ANCHE UN SECONDO E INEDITO APPARTAMENTO - 3-
AMORALE DELLA FAVOLA: C’ERA GIÀ TREMONTI O C’ERA PADOA
SCHIOPPA, QUANDO NEL 2008 LA GDF DI ROMA SEQUESTRÒ LA LISTA
ANEMONE NEL DI LUI COMPUTER? E CHE RIFLESSIONI CI FECE SU
L’OTTIMA GDF DI COTANTO PAPIELLO? E PERCHÉ LO TIRANO FUORI
SOLO ORA, DOPO CHE LA MAGISTRATURA DI PERUGIA HA ARRESTATO
ANEMONE E LA CRICCA
a cura
di Minimo Riserbo e Falbalà
SBOCCIA UN ANEMONE
Lo
scoop vero e proprio lo fanno il Giornale (con la coppia
Malpica-Chiocci) e Repubblica, ma solo il Corriere (p.2-3)
ha il coraggio di scrivere che nella lista dei
"ristrutturati eccellenti" figurano il capo della Polizia,
Antonio Manganelli, e il capo dei servizi, Gianni De
Gennaro. Ovviamente entrambi hanno pagato e conservato
regolare ricevuta, quindi non c'è problema.
AGENTE
SPECIALE ANENOME, LICENZA DI RISTRUTTURARE
Chissà
invece se hanno le pezze d'appoggio per dimostrare di aver
pagato librerie, infissi e "tapparelle" i "400 nomi vip nel
libro mastro dei lavori di Anemone" di cui scrive Francesco
Viviano su Ri-pubblica.
Tra i
"soliti" Scajola, Lunardi e Balducci, spuntano anche Cesara
Buonamici, mezza Guardia di Finanza, pezzi grossi del Sisde,
Giancarlo Leone, il ferroviere ex prodiano e ora finiano
Marco Zanichelli (via dei Coronari) e tanta altra bella
gente. Un generone che vive e prospera all'ombra der Cuppolò
e che, per dirla con Angelina Balducci, mai abiterebbe fuori
dal Grande Raccordo Anale che circonda la Capitale.
Ma
quello che fa la figura più bella in assoluto, come sempre,
è san Guido Bertolaso. Il suo inconfondibile fiuto gli ha
consigliato bene, ieri sera, di farsi intervistare dal furbo
Paolo Crecchi del Secolo XIX, al quale ha detto la
qualunque. La qualunque, meno che si è fatto ristrutturare
l'appartamento di via Bellotti Bon e una casa in via Giulia,
della quale finora non si conosceva l'esistenza (Repubblica,
p.2). Il giornale diretto da Umberto La Rocca gli ha
consentito di sbrodolarsi addosso, ha registrato tutto. E
naturalmente poi lo ha fregato pubblicando gran parte della
lista.
FIAMME
GIALLE CON L'ESTINTORE
E ora
una piccola considerazione che farà piacere al ministro
Tremendino Tremonti, l'unico che alla fine di tutto ciò
rischia di rimanere in piedi per davvero. Da lui dipende la
Guardia di Finanza. Ma c'era già lui o c'era Tommaso Padoa
Schioppa, quando nel 2008 la Gdf di Roma sequestrò la lista
Anemone nel di lui computer? E che riflessioni ci fece su
l'ottima Gdf che ebbe in mano cotanto papiello? E perché lo
tirano fuori solo ora, dopo che la magistratura di Perugia
ha arrestato Anemone e la cricca?
AVVISI
AI NAVIGATI
Meglio
consigliati di Bertolaso, i dogi veneti Zaia-Orsoni, che sul
Corriere annunciano un patto per portare i Giochi Olimpici a
Venezia (p.25). E' il giorno perfetto, per infierire sulla
Capitale e sulla sua candidatura. Ve l'immaginate Anemone
che porta la bandiera dei circoli romani alla cerimonia di
inaugurazione, tra Giovannino Malagò e Guido Berto-liso?
Meglio in Laguna, dài.
M'ARRAZZO
SOLO SUL CAVALLO
Buone
notizie per l'ex presidente del Lazio, che ieri è tornato
nel suo ufficio in Rai, a un tiro di schioppo da San Pietro.
La grande Meretrice di Stato ha accolto l'eroe dellla
trans-izione alla coca nel suo possente seno e lui ha
ripreso a ciucciare nonostante l'assenza di silicone. La
buona notizia è nascosta nelle pagine della cronaca romana
di "Repubblica". Ma chi lo protegge? Ah saperlo....
FREE
MARCHETT
"Centoventi metri di ecologia" è il titolo della surreale
presentazione di un grattacielo romano dei Parnasi, che solo
i fortunati lettori delle pagine romane del Corrriere
possono trovare a pagina 5. Ventotto piani di cemento
spacciati per un pezzo di foresta amazzonica. Complimenti a
tutti13-05-2010]
ANEMONE’S LIST - SCAJOLA, BERTOLASO, CAMALDO, PUPI AVATI,
NICOLA MANCINO, MONORCHIOP, CESARA BUONAMICI, ETC. - Un
lunghissimo file che copre il periodo 2003/2008, anno nel
quale il memorandum è stato sequestrato ad Anemone dalla
Guardia di finanzia durante una visita fiscale E TENUTO
PRUDENTEMENTE NEL CASSETTO FINO A QUANDO è SCOPPIATA la
"bomba" dell’inchiesta fiorentina-perugina sugli appalti per
i grandi eventi - ECCO LA PRIMA PARTE DELL’ELENCO...
1- IL DIARIO DI ANEMONE FA TREMARE I VIP...
Gian Marco Chiocci - Massimo
Malpica per "il
Giornale"
Tanti,
tantissimi, i nomi nella lista segreta delle «attività»
dell'imprenditore Diego Anemone arrestato nell'inchiesta
sugli appalti del G8 insieme al provveditore alle opere
pubbliche, Angelo Balducci. E proprio quest'ultimo sarebbe
in possesso di una copia analoga del documento con i nomi in
chiaro o in codice dei politici, dei ministri, degli amici
degli amici. E le vie e gli indirizzi di non meglio
precisati interventi.
Che
per gli inquirenti potrebbero celare ristrutturazioni di
favore, affari da tenere nascosti, cortesie e «omaggi» da
distribuire ai potenti. Di certo, i nomi su quella lista
bastano a evocare una rete di relazioni a 360 gradi: dai
servizi segreti al Vaticano, dai funzionari pubblici ai
giornalisti.
Un
lunghissimo file che copre il periodo 2003/2008, anno nel
quale il memorandum è stato sequestrato ad Anemone dalla
Guardia di finanzia durante una visita fiscale. Dopo un
lungo periodo passato nel dimenticatoio, la «bomba»
dell'inchiesta fiorentina-perugina sugli appalti per i
grandi eventi l'ha fatto tornare fuori.
E ora
su quella lista sono al lavoro gli investigatori. Che stanno
sviscerando il sistema degli appalti diventato di competenza
esclusiva della ben nota cricca, incrociando le «operazioni»
già accertate con quelle note, scarne ma considerate
«altamente significative». Con la doverosa premessa che
ancora non è chiaro a quali operazioni nello specifico
quelle note siano riferite, ecco i nomi che l'imprenditore
considerato il «dominus» del sistema gelatinoso aveva
ritenuto necessario mettere nero su bianco.
Tra i
primi interventi datati «2003», c'è il nome dell'ormai ex
ministro Claudio Scajola. «(2003-101) Scajola via Barberini
38/via del Fagutale». Il politico di Imperia emerge poi
altre volte, nel 2004 sia con l'annotazione «via del
Fagutale Colle Oppio» che con «via Barberini 38 Impianto
Elevatori» (niente nome, stesso indirizzo), e ancora nel
2005 quando Anemone segna in lista «Ministero attività
produttive via Molise ufficio Scajo».
Al
vaglio degli inquirenti anche una Fabiana che gli
investigatori vogliono capire se corrisponda all'identità
dell'ex segretaria di Scajola, Santini, ora assessore in
Regione Lazio: «Appartamento Fabiana» e «Fabiana F.I.»
(2003), «Fabiana via Menotti 24» (2007). Al Giornale, la
Santini ha negato qualsiasi coinvolgimento negli affari di
Anemone.
C'è
poi più di un riferimento all'ex presidente del Senato e
vicepresidente del Csm Nicola Mancino. Nel 2003 l'elenco
recita «Mancino Chiara Corso Rinascimento», riferendosi alla
figlia del politico. Nel 2005 riporta «Mancino via Arno
corso Rinascimento via Adda». Quanto alla casa di corso
Rinascimento, già all'onore delle cronache per un'inchiesta
sulle case «svendute» ai politici, l'intervento di Anemone
potrebbe essere stato commissionato dai servizi segreti per
«blindare» la casa dell'inquilino eccellente.
Che
poi l'ha comunque venduta. Anche Bertolaso è molto citato.
Nel 2003 Anemone annota «via Giulia Bertolaso» come quinta
operazione dell'anno, poi «Bertolaso» come 19ª e nel 2004 la
quinta operazione è «Via Bellotti Bon 2 via Giulia
Bertolaso». Frequenti i riferimenti alla Protezione civile:
«Ufficio via Ulpiano», «Implementazione via Vitorchiano».
Torna
pure il nome di un religioso più volte accostato negli
ultimi giorni alla cricca, quello di monsignor Francesco
Camaldo, cerimoniere pontificio. Anemone nel 2005 annota
«Mons. Camaldo Università cattolica S. Giovanni». Ma
l'imprenditore accenna anche a «missionari via Narni» (2003,
l'indirizzo dell'ufficio di don Bancomat), a un certo «don
Carlo Ambrosio» e ai «missionari del preziosissimo sangue».
Ai
lavori commissionati da don Evaldo appartiene la nota «via
Narni Mensa-Cucina». Spuntano poi numerosi riferimenti a
lavori per conto di carabinieri e polizia. La parte del
leone la fa però la finanza: «Gf palazzina smalto piazza
Armellini», «Gf Ostia», «Gf via dell'Olmata», «Guardia di
finanza via dell'Olmata primo piano», «Gf via XIV maggio»,
«Sassari GF Tecnocos, vedi ANM 2006», «Via Ofanto, Poletti»,
«GF Carrelli via dell'Olmata», «Gf XXI aprile stanza 122».
Anemone lavorava ovunque, con tutti e a qualsiasi livello. E
con ogni governo. Nella lista c'è di che scegliere:
«Viminale», «P.Istruzione viale Trastevere», «Ministero del
Tesoro», «Ministero Economia e Finanze, arredamenti»,
«Ministero Porta Pia nuovo ufficio AB», «Viminale De Santis»,
«Palazzo della Minerva» (biblioteca del Senato, ndr),
«Ministero del Tesoro, via XX settembre lavori di luc»,
«Ministero delle politiche agricole, via XX settembre via
Sallustiana». E su palazzo Chigi Anemone «segna» l'impianto
di aria condizionata della sala stampa, ricorda la
«manutenzione» e aggiunge «letto», «cucina», «mobiletti» e
«parte falegnameria».
Diego
il re degli appalti lavora probabilmente anche per la
residenza romana del premier Silvio Berlusconi: la lista
riporta infatti «Palazzo Grazioli», e in seguito
«parlamentino». C'è pure «Forza Italia sede». Quanto al
capitolo servizi segreti, l'elenco comprende la sede del
Sisde di piazza Zama «complesso demaniale servizi», ma anche
la «palazzina Vargas» di piazza della Libertà, ex Sisde, poi
Antimafia. C'è un riferimento, poi, alla scuola di San
Giuliano in Molise, quella nel cui crollo il 31 ottobre 2002
morirono 27 bimbi e la loro insegnante. Il soggetto
attuatore per la ricostruzione era Claudio Rinaldi.
Tra i
nomi su cui si lavora per evitare omonimie ci sono quelli
che Anemone segna alla voce «Via della Mendola Min
Mazzella/Silvestri». Il «min» per gli inquirenti potrebbe
essere l'ex titolare della Funzione pubblica e giudice
costituzionale Luigi Mazzella, il secondo, ipotizzano gli
analisti, il giudice costituzionale Gaetano Silvestri.
Ma
nella lista, considerata una «miniera in cui muoversi con
prudenza», c'è anche un «Blandini»: potrebbe trattarsi di
quel Gaetano Blandini direttore generale per il cinema del
ministero per i Beni culturali, ripetutamente citato nelle
intercettazioni collegate alle produzioni cinematografiche.
A
proposito delle quali compare, nella lista, anche «Andrea
Occhipinti», produttore intercettato mentre parla col figlio
di Balducci. Per restare in tema, Anemone nel suo elenco
scrive accanto a un indirizzo «Sig. Leone G.Carlo». E
Giancarlo Leone è il vicedirettore generale della Rai.
Citato anche il regista Pupi Avati, con l'annotazione
«Todi»: Anemone avrebbe installato un montacarichi.
Dalla
lista fanno capolino anche gli «arch. Malfatto» e «Arch.
Imbrighi». Per gli inquirenti il secondo sarebbe l'autore
del padiglione italiano all'expo di Shanghai, il primo
potrebbe essere Roberto Malfatto, «l'architetto del Pd»,
vicino a Veltroni (curò la scenografia della «discesa in
campo» di Walter al Lingotto, al Vaticano e alla Protezione
civile. Ha firmato i masterplan del G8 sia per la Maddalena
che per l'Aquila.
E se
non si è certi che «Innocenzi» sia quello dell'Agcom,
intercettato a Trani, il riferimento «Cesara Buonamici via
della Vite» rimanda alla nota giornalista. Ci sono Balducci
e Pittorru, e c'è anche Alberto Donati, il genero di Ettore
Incalza, che avrebbe comprato casa con gli assegni di
Zampolini. Pagina dopo pagina spuntano riferimenti alle
carceri (Sassari) e altri nomi da verificare: Andrea
Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato. E «Collina
Fleming sig. Lillo Mauceri di Palazzo Chigi». Forse l'ex
direttore generale della presidenza del Consiglio, quando a
palazzo Chigi c'era Romano Prodi.
2- DALLA CAPITALE AL CIRCEO TUTTI FACEVANO LA CORTE
AL COSTRUTTORE RAMPANTE - SOLO NEL 2003 ANEMONE POTEVA
VANTARE UN PORTAFOGLIO ORDINI CON 150 LAVORI. PROCURA GLI
ARREDI AL MINISTERO DELLE FINANZE E I MOBILETTI A PALAZZO
CHIGI. ECCO LA PRIMA PARTE DELL'ELENCO
Dal "Giornale"
Una
metropoli come Roma rappresenta senz'altro una gran bella
piazza e un mercato quasi sconfinato per chi si industria
nel mondo del mattone. E tuttavia di fronte all'elenco che
iniziamo a pubblicare qui sotto, con gli impegni contratti e
presumibilmente onorati da Diego Anemone nel solo 2003, non
resta che levarsi il cappello. Il costruttore all'epoca ha
32 anni e sta per spiccare il volo. Tra i suoi clienti c'è
il fior fiore della Roma che conta e che sembra faccia a
gara per tenerlo impegnato. In città come nelle case al
mare. Tutte operazioni regolari, fino a prova contraria. Ma,
dato quanto emerso negli ultimi tempi, gli inquirenti
vogliono verificare.
Anno
2003
1/03 Angelo
2/03 Enrico B.
3/03 (2003-101) Scajola via Barberini 38 / via del Fagutale
4/03 Madre Teresa, via Casilina/ Via del Dragoncello
5/03 via Giulia Bertolaso
6/03 Roccheggiani Collina Fleming
7/03 (2003-159) Mauro Della Giovampaola Materiale per casa
Infernetto
8/03 Torvergata comp. Parrocchiale S.Maria Alacoque Via
Carpena
9/03 Via dei Coronari / Zanichelli dir.Alitalia
10/03 Coticoni via Animuccia
11/03 Casal Del Marmo manutenzione idraulica
12/03 San Giuliano scuola Campobasso
13/03 Via Poggio Tulliano
14/03 Su Casal del Marmo interventi di sicurezza
15/03 Ministero P.Istruzione, viale Trastevere
16/03 (2003-140) Palazzo Chigi letto
17/03 Palazzo Chigi cucina
18/03 (2003-85/117) Ladispoli Marco Calazza Spinaceto
19/03 Bertolaso
20/03 Omaggi
21/03 (0346902-180) Ministero del tesoro Ministero
dell'economia e finanza arredi
22/03 (2003-139) Policlinico Umberto Primo
23/03 (2003-110) Silvestrini
24/03 Casal Del Marmo illuminazione
25/03 Casal Del Marmo camere
26/03 V.F. Velletri via Coli e Palazzo
27/03 Acquisti vari personali pagati
28/03 (2003-58) Prof Bologna via di Trasone
29/03 Fosso di Fotignano tratto Fosso Zambra a Monte via de
30/03 V. Clementino impianto elettrico
31/03 V. Clementino impianto tecnologico
32/03 (2003/109) Todi Pupi Avati
33/03 (2003-161) Appartamento via Pie' di marmo
34/03 Appartamento via Palestro
35/03 (2003-163) Appartamento viale Regina Margherita 216
comandante Mas
36/03 (2003-147) Riggio Federico, via La Spezia
37/03 (2003-74/144) Missionari via Narni
38/03 (2003-150) Mancino Chiara + Corso Rinascimento
39/03 Ceniritto
40/03 Fabio De Santis
41/03 (2003-156) Bruxelles Tavolo
42/03 Di Giacomo Filippo
43/03 (2002-179) Caiazza Mauro - Biagetti
Grottaferrata-Caianello
44/03 Sarappalti Alessandra
45/03 Donati
46/03 Suocero Dany Fidene-Di Saverio-Bar via d'Azeglio
47/03 Nunzio via delle Vigne nuove (Isp della Prefettura)
48/03 (2003-93137) Sig. Vietti (arch. Azzaro)
49/03 Chiesa Settebagni via S.Antonio di Padova
50/03 (2003-102) Arc. Ricci via Val d'ala
51/03 Mascaro viale Regina Margherita
52/03 Frigerio geom.
53/03 (2003-175) Monterotti Massimo negozio
54/03 Anemone Dino-Bufalotta
55/03 (2003-54) Anemone Lucio/Bufalotta
56/03 Innocenzi via Conciliazione
57/03 Fidena zia Alessandra
58/03 Monteleone
59/03 Arch Conti Casal Lumbroso-San Felice Circeo-Conti Dr
60/03 (2003-99) Tonino Monterotti
61/03 (2003-136) M.llo Caporali
62/03 (2003-164) via XX Settembre - Medea
63/03 Straordinaria
64/03 Montecastrilli
65/03 (2003-174) Palazzo Chigi mobiletti
66/03 (2003-138) via Boncompagni
67/03 viale Giulio Cesare 6-Ciao ragazzi (68/03 (2003-4) via
Pollenza Giuseppe Macchia
69/03 Basili piazza Vescovio-Roviano-San Felice Circeo
70/03 Claps Potenza
71/03 Via Mozambano
72/03 Via Aldo Manunzio-Testaccio
73/03 Vietti
74/03 Cirillo
75/03 (2003-158) Via della neve Sig. Ora
76/03 Giuseppe Macchia
77/03 Chiesa S. Maria in Trivio (Fontana di Trevi)
78/03 (2003-153) Fiori Alessandra
79 (2003-via Dandolo De Nicolo'
80 (2003-133) Saraca Marcello
81 (2003-100) Appartamento via Arno del Papa
82 Fiori Via Settembrini
83 Liolli Luigi
84 (2003-132) Favetta Luciano
85 (2003-162) Ardea Geom Faleni
86 Carabinieri Tor di Quinto
87 Eur Palazzo dei congressi
88 (105-03) Claps nuovi 2003-2004
89 Villa Algardi
90 (2003-42) Viminale
91 Via Parigi
92 Via Gramsci appartamento
93(2003-119) Sant'Agostino
94 Boscagli andrea
95 Cesara Buonamici via della Vite
96 Gf Fiumicino
97 Esposito
98 Pasquini
99 Via della Scrofa n30 appartamento Fin posillipo
100 Rino
101 Parisi sig.ra via della Scrofa
102 Cinecittà
103 Prior
104 Gf ostia
105 Serricchio
106 Appartamento San Giovanni
107 (2003-58) Bologna
108 Via Bruxelles
109 Appartamento Fabiana
110 Arch. Parente (Provv.to)
111 Pittorru
112 Peppe Pascucci
113 Via Merulana 71 Pittorru
114 Via dei Coralli
115 Via del Governo Vecchio
116 GF via dell'Olmata
117 Gen. Savino
118 (2003-90) Pugliese Gf via (...) zona Infernetto
119 Sferra Claudio
120 (2003-151) Scotto
121 (2003-89) Lupi
122 Mauro Della Giovampaola (mamma Ostia)
123 (2003-59) Familiari via del Corallo
124 (2003-148) Via Ruffini P.Fiori
125 Khazim Ibraim
126 Velli
127 Emanuela Palazzi
128 Appartamento via Puglie
129 Imbrighi Lungotevere dei papi
130 Gf via XXIV maggio
131 Lauri Mimmo Bufalotta anno 04 Lungotevere anno 05
132 Monteleone frantoio
133 viale Marconi
134 via Aosta
135 piazza della Pigna/via della Pigna
136 Lino/Emilio
137 Fabiana F.I.
138 Prof Thau vicolo delle Campane 16
139 Arch. Pf Treschi
140 Ing. Desiderio
141 Fadda Claudio
142 Luciana segretaria AB
143 Roberto Calcabrini (144 Zio Alessandra (materiale Fep)
145 Emilio vicino Diego Bufalotta
146 (2003-177) Avvocatura 3° piano ragioneria
147 (2002-89) via Ofanto Poletti
148 Fabrizio Giacomino
149 Via Guido Banti
150 Lombardo Domenico
(1.Continua) 13-05-2010]
ANEMONE CHI? – CADONO DAL PERO UN GRAN NUMERO DI “CLIENTI”
NELLA LISTA DELL’IMPRENDITORE DELLA CRICCA - MANCINO SI
DIFENDE: “LAVORI DI SICUREZZA FATTI DAI SERVIZI QUANDO ERO
MINISTRO DELL’INTERNO” – PUPI AVATI: “UN SALISCENDI NELLA
CASA DI CAMPAGNA. CHIESI CONSIGLIO A BALDUCCI. TUTTO PAGATO”
– IL PRODUTTORE OCCHiPINTI: "Nessuno Lavoro. Nessuno REGALO"
- L’UDC VIETTI: “MI SEMBRA UNO SCHERZO”… irginia
Piccolillo per il "Corriere
della Sera"
C'è
chi spiega e chi smentisce. Nella lista clienti trovata
dagli investigatori nel computer di Diego Anemone ci sono
nomi di peso. Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino,
all'epoca dei lavori era ministro dell'Interno. E il suo
entourage chiarisce che, proprio per questa ragione, i
servizi decisero di rinforzargli gli infissi e il portone
all'appartamento di corso Rinascimento dove viveva in
affitto. Motivi di sicurezza. La ditta gliela misero in casa
proprio i servizi.
Giovampaola (Dal Giornale)
Giancarlo Leone, vicedirettore generale della Rai, invece
smentisce di aver affidato i lavori ad un'impresa di
Anemone. «Ho fatto due volte lavori di ristrutturazione in
casa. Una volta per 140mila euro, una volta per 150mila. In
entrambi i casi però mi sono rivolto ad un'impresa, che era
sempre la stessa e non era di Anemone. Mi presentava
regolare preventivo e si occupava di tutto. Poi tu non
sapevi con chi avrebbe lavorato». Leone non nasconde di
conoscere l'imprenditore accusato di essere il faccendiere
della «cricca»: «Anemone lo conosco. A detta di tutti era
una persona che segnalava buone ditte».
Andrea
Occhipinti, attore e produttore cinematografico con la Lucky
Red, non capisce perché è in quella lista. Lavori? «No.
Nessuno». Regali? «No. Nemmeno». Poi ironizza. «Peccato.
Nemmeno una casa. Niente. Sarò arrivato tardi».
Il
regista Pupi Avati ci tiene a far sapere che svolse dei
lavori, ma li pagò regolarmente. Nessun regalo, spiega l' ex
presidente di Cinecittà holding: «In effetti nel 2002 o
2003, desiderando dotare la mia casa di Todi di un
saliscendi per trasportare le vivande dalla cucina al piano
rialzato, ne parlai all'ingegner Angelo Balducci che si
offrì di reperirmelo e di farmelo istallare. Il tutto
avvenne nell'inverno di quell'anno, in nostra assenza dalla
casa che utilizziamo solo l'estate. E quindi senza che io mi
trovassi ad incontrare chi materialmente ha effettuato il
montaggio dell'apparecchio».
«Ho
pagato regolarmente - aggiunge il regista - sia il piccolo
saliscendi che il lavoro di installazione all'ingegner
Balducci e sono in grado di esibire (qualora mi venga
richiesta) la matrice dell'assegno e il documento relativo».
«Non
ho quindi avuto nessun regalo da Diego Anemone - sottolinea
il regista - anche se si tenta di insinuare come io sia
stato sollecitato attraverso regali a far lavorare come
attore Lorenzo Balducci».
Il
figlio del potente ex numero uno del Consiglio superiore dei
lavori pubblici, arrestato per corruzione nell'ambito
dell'inchiesta G8, debuttò con Pupi Avati. Ma il regista
smentì al Corriere della Sera di aver offerto quella
opportunità al ragazzo in cambio di una contropartita fatta
di regali o benefit.
Ora lo
ribadisce. «Desidero chiarire una volta per tutte che in
tutta la sua carriera Lorenzo ha girato un solo giorno nel
mio film. In quarant'anni di cinema centinaia di giovani
attori alle prime armi hanno ottenuto da noi ruoli ben più
consistenti».
LORENZO BALDUCCI
«Dai
che è uno scherzo». Michele Vietti, ex sottosegretario alla
giustizia Udc, ci mette un bel po' prima di credere alla
notizia che anche il suo nome sarebbe finito nella lista.
Poi assicura: « Lo escludo categoricamente. E poi credo che
facesse investimenti, come dire, mirati».13-05-2010]
LA
LISTA DI ANEMONE È L’ULTIMO CAPITOLO DELLA LOTTA TRA POLLARI
E DE GENNARO - I NOMI DEI "RISTRUTTURATI INCRICCATI" ERANO
IN MANO ALLE FIAMME GIALLE DELLA PROVINCIA DI ROMA GUIDATE
DA ANDREA DE GENNARO (FRATELLO DEL PIÙ CELEBRE GIANNI, EX
CAPO DELLA POLIZIA E ORA COMANDANTE SUPREMO DEI SERVIZI
SEGRETI ITALIANI) - LA LISTA DORMIVA TRANQUILLA, FORSE
INCOMPRESA, FORSE COMPRESA FIN TROPPO BENE. IN OGNI CASO
NESSUNO L’HA TRASFERITA AI MAGISTRATI CHE INDAGAVANO NEMMENO
DOPO L’ESPLOSIONE DELLE INCHIESTE. PERCHÉ È USCITA E
DEFLAGRATA NELLE ULTIME ORE? - GLI "ADDETTI AI LIVORI"
METTONO IL DITONE NELLO SCONTRO TRA LE NOSTRE ’BARBEFINTE’ -
Franco
Bechis per "Libero"
L'Anemone's list ha quasi 18 mesi di storia sulle spalle. E'
finita in mano alla guardia di Finanza della provincia di
Roma nel lontano autunno 2008, quando di Diego Anemone quasi
nessuno aveva sentito parlare e le sue imprese erano assai
lontane dalla ribalta giornalistica (nemmeno l'Espresso
aveva iniziato le sue inchieste).
Fu
allora, nel mese di settembre, che dal comando provinciale
di Roma delle fiamme gialle, guidate da Andrea De Gennaro
(fratello del più celebre Gianni, ex capo della polizia e
ora comandante supremo dei servizi segreti italiani) partì
l'ordine di una abbastanza routinaria verifica fiscale sulle
piccole e medie imprese del settore edilizio.
Ad
ottobre toccò al gruppo di Anemone: l'omonima impresa di
costruzioni, la Redim srl 2002, la Keys systems, la Amps srl
e la Tecnocos srl. Il malcapitato chiamò subito il suo
commercialista di fiducia, Stefano Gazzani, a cui per altro
erano intestate (insieme alla segretaria Alida Lucci)
alcunequote societarie.
carcere
La
verifica fiscale è andata avanti a lungo, e a dire il vero
alla fine del mese di marzo scorso non si era ancora
conclusa. Tanto che Gazzani protestò a gennaio con il
comando di Frascati e con il provinciale di Roma della
guardia di Finanza. Durante la visita fiscale furono
sequestrati anche interi faldoni di materiale, che i Ros di
Firenze al momento delle perquisizioni del febbraio scorso
avvenute lo stesso giorno dell'arresto della cricca, non
hanno più trovato.
Era
dunque molto tempo che l'Anemone's list era in mano alle
fiamme gialle della provincia di Roma. Dormiva tranquilla,
forse incompresa, forse compresa fin troppo bene. In ogni
caso nessuno l'ha trasferita ai magistrati che indagavano
nemmeno dopo l'esplosione delle inchieste. E' uscita e
deflagrata nelle ultime ore.
Ed è
un fatto che sia uscita da faldoni polverosi dove
sonnecchiava proprio nei giorni in cui si stava consumando
il ribaltone al comando provinciale delle fiamme gialle di
Roma. Il fratello di De Gennaro- è già stato ufficializzato-
lascerà fra pochi giorni il suo incarico operativo e si
prenderà un anno sabbatico di studio in un istituto del
corpo.
Dicono- ma questi sono certamente chiacchiericci che lo
spostamento di incarico sia stato vissuto all'interno della
Guardia di Finanza come una sorta di siluramento ad opera di
un generale assai potente, come Emilio Spaziante, comandante
interregionale dell'Italia centrale. Che Spaziante e la
famiglia De Gennaro non si amino, è ben noto dentro il
palazzo.
E non
solo perché con De Gennaro non è mai andato d'accordo un
punto sicuro di riferimento per Spaziante, come il generale
Nicolò Pollari. Il finanziere fu capo di stato maggiore del
corpo all'epoca dello scontro frontale fra il comandante
generale, Roberto Speciale e l'allora viceministro
dell'Economia, Vincenzo Visco.
Chiusa
quella vicenda - in cui testimoniò a favore di Speciale -
emigrò al Cesis come vice del servizio che stava
trasformandosi. Dopo poco arrivò sopra di lui proprio De
Gennaro. I due non si presero affatto, anzi. Spaziante mandò
il poliziotto a quel paese, dimettendosi dal servizio e
ritornando in Finanza. Ma quello scontro bruciava, e prima o
poi non pochi nelle fiamme gialle si sarebbero attesi una
mossa. La vittima sacrificale era già predestinata: un De
Gennaro sotto Spaziante proprio lì, a Roma.
Così
ritengono i chiacchiericci interni, che hanno fondato la
possibile leggenda della tremenda vendetta di Spaziante
contro De Gennaro anche su un altro recente fatto: la
bocciatura- che ha fatto clamore- dell'avanzamen - to di
carriera del generale Cosimo Sasso, il finanziere prescelto
da De Gennaro per la vicedirezione del servizio segreto.
Doveva
passare da generale di divisione a generale di corpo di
armata, quasi un atto dovuto dopo un anno al servizio. Così
non è stato, e il tam-tam indica nell'antico scontro fra i
due potenti il vero motivo che spiega. Che c'entra tutto
questo con la Anemone's list? Secondo i retro scenisti del
settore, non solo c'entra, ma sarebbe proprio il frutto più
avvelenato di quello scontro.
E' un
fatto innegabile che la lista fosse dormiente e che si sia
risvegliata proprio in mezzo a quella tenzone. Quel che è
più difficile è capire a quale dei due contendenti fosse più
utile o dannosa la pubblicazione. Perché nell'elenco ci sono
feriti dell'uno e dell'altro fronte: decine di indirizzi
pubblici e privati di autorevoli ufficiali della Finanza,
lavori in caserme e in stanze e sale del comando generale
all'epoca di Speciale.
Sembrerebbe un colpo tirato a Spaziante. Ma ci sono anche lo
stesso Gianni De Gennaro, Nicola Cavaliere e Antonio
Manganelli, come indirizzi e lavori fatti per la polizia
nell'epoca di ciascun comando. Eallora potrebbe essere un
colpo tirato a De Gennaro. Il giallo resta dunque irrisolto.
Ma ha molto a che fare con l'Anemone's list
[14-05-2010]
|
L’ANEMONE’S LIST? UN’IMBOSCATA! – GUARDA UN PO’, I
MAGISTRATI DI PERUGIA NON SAPEVANO NULLA DELLA LISTA CON I
LAVORI VIP DELL’IMPRENDITORE DELLA CRICCA - IL PM SOTTANI
ARRIVA AL PUNTO DI CHIEDERNE UNA COPIA AI GIORNALISTI
PERCHÉ, ASSICURA, NON L’HA MAI VISTA PRIMA! – GLI INQUIRENTI
TEMONO UN SABOTAGGIO: SE TUTTI SONO COLPEVOLI, NESSUNO È
COLPEVOLE. SI TRATTA DI ANNOTAZIONI BEN POCO UTILI, TROPPO
SINTETICHE, IMPOSSIBILI DA ANALIZZARE… Francesco
Bonazzi e Marco Menduni per "Il Secolo XIX"
La
"Diego's List" esplode come una bomba. I quattrocento nomi
riemersi all'improvviso da un computer sequestrato (ma già
più di un anno fa) all'imprenditore Anemone, allargano a
dismisura i confini d'azione della "cricca" degli appalti
sotto inchiesta. Ma creano anche un'enorme confusione. Fino
a far sospettare ai pm che la diffusione di quel papello
(«non è mai stato nei nostri fascicoli», giurano) sia stata
manovrata a bella posta per sabotare il loro lavoro: tutti
colpevoli, nessun colpevole.
Così è
un profluvio di smentite da parte delle persone indicate, in
maniera più o meno criptica, in quelle annotazioni. Dalle
quali rie merge anche una vicenda ligure che negli anni
scorsi ha destato grande sensazione: quella del villino di
Mulinetti, vicino a Recco, il piccolo gioiellino sul mare
finito al centro di una furibonda contesa sfociata, ancora
una volta, nelle aule giudiziarie.
COLOSSEO
Ristrutturato, era divenuto l'alloggio di servizio di Walter
Lupi, allora provveditore per le opere pubbliche di Liguria
e Lombardia, oggi commissario per il Terzo Valico. Su quella
ristrutturazione sospetta ha lavorato a lungo la procura di
Genova. Oggi quella vicenda ricompare nelle annotazioni di
Anemone con le annotazioni «Recco finestre e lavoraz varie
falegnameria» e «Lupi porta cavallo», più la dicitura «Gf
Nova Micarelli» che indica il nome dell'azienda che eseguì i
lavori.
Le
annotazioni di Anemone sul suo pc sono tutte da interpretare
e questo accresce la confusione, che qualcuno pensa
instillata a bella posta. Quella relativa a «Scajola,
Barberini 38», per esempio, non si riferisce a un altro
appartamento ristrutturato per la famiglia dell'ex ministro,
ma a uffici di proprietà della Presidenza del Consiglio.
Oggi, in quel palazzo che confina con il quartier generale
di Francesco Gaetano Caltagirone, c'è l'agenzia del Demanio,
traferitasi dal 2OO5. Prima c'è stato il dicastero delle
Pari Opportunità e nel 2003, quando la ditta del gruppo
preferito dai servizi segreti e dal Viminale ha eseguito
lavori di ristrutturazione, ospitava il ministero per
l''Attuazione del Programma.
L'avvocato Giorgio Perroni, che assiste Scajola, spiega che
«in quegli uffici di via Barberini l'allora ministro non ha
mai messo piede perché ne aveva altri in via della Mercede».
Ancora: nella "Diego's List", ci so no tanti nomi che
contano. Ma fino a prova contraria, non si tratta di
personaggi che hanno necessariamente ricevuto delle regalie
dal costruttore uscito domenica dal carcere dopo tre mesi,
in cui è rimasto in silenzio e non ha riempito un solo
verbale.
Ad
esempio, il capitolo che riguarda i vertici del Viminale e
dei servizi segreti è tutto da interpretare. Il cognome
dell'ex capo della Polizia e attuale numero uno del Dis (il
vecchio Cesis, l'organismo che coordina tutta l'attività di
intelligence), Gianni De Gennaro, compare in un paio di
annotazioni. Nel 2006, Anemone annota di aver fatto lavori
per il figlio di De Gennaro in via Carducci, a Roma: ma si
tratta dello studio legale e tributario Traverso e
Associati, che ha conservato le fatture dei pagamenti.
L'anno prima, sarebbero stati eseguiti dei lavori di
ristrutturazione anche in un appartamento ci via Civinini,
ai Parioli, vicino al quale Anemone ha scritto «De Gennaro,
capo Ps».
Anche
in questo caso, secondo quanto risulta al Secolo XIX, l'ex
capo della Polizia avrebbe conservato le "pezze d'appoggio".
Mentre l'abitazione di piazza Grazioli che era in uso al
braccio destro di Antonio Manganelli, Nicola Cavaliere (nel
frattempo passato ai servizi), sarebbe in realtà un alloggio
di servizio del Viminale.
Negli
elenchi trovati dalla Finanza compaiono anche riferimenti a
un misterioso "generale Savino", oltre che a lavori svolti
per la caserma della divisione Palidoro dei carabinieri, a
Tor di Quinto. Secondo gli inquirenti, potrebbe trattarsi
del generale in pensione dell'Arma Antonio Savino, che ha
gestito i lavori affidati ad Anemone a Tor di Quinto per il
G8 dei ministri della Difesa del 2003 (ministro era Antonio
Martino).
Lavori
il cui costo scatenò alcune interrogazioni parlamentari e
che indussero l'ex presidente Francesco Cossiga, il 24
luglio 2004, a farsi intervistare dal Corriere della Sera
allo scopo dichiarato di «impedire che il generale Savino»
prendesse il posto del generale Mario Mori alla guida del
Sisde.
L'unica conferma certa che giunge dalle nuove carte è
impressionante la quantità di lavori milionari che le ditte
di Anemone hanno svolto tra il 2002 e il 2008 per servizi
segreti, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza.
E i pm
di Perugia? A tormentare la loro sveglia è stata proprio
quella lista di 400 nomi, circostanze, lavorazioni che la
guardia di Finanza ha tenuto sotto chiave per quasi un anno.
Poi quelle carte sono uscite all'improvviso, nel bel mezzo
dell'inchiesta. Presentate come una relazione sulla quale i
pm vogliono far chiarezza. La realtà è, però, diversa.
Quella
lista, giurano adesso i pm perugini, non è mai stata agli
atti della loro inchiesta. E a rendere più credibile il loro
stupore, la circostanza che il sostituto Sergio Sottani
chieda ai giornalisti se hanno una copia di quegli appunti,
perché, assicura, non li ha mai visti prima.
Delle
due l'una: o è un attore impareggiabile o l'uscita, sui
giornali, di quelle carte rappresenta davvero una sorpresa.
E, forse, anche il tentativo di destabilizzare l'inchiesta.
Questa è l'ipotesi che turba i magistrati. Anche perché la
valutazione di quel che Anemone aveva nascosto nel suo hard
disk è molto severa: «Tutte annotazioni ben poco utili,
troppo sintetiche, impossibili da analizzare».14-05-2010]
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Obiettivo Gianni Letta! - Da una parte il partito nordista
di Bossi-TREMONTI, dall’altra il polo laico-sudista di Fini,
i novelli ladri di Pisa mirano allo stesso obiettivo: fare
fuori il sacrestano Letta per prendere il posto di
Berlusconi - A botte di liste fuggite dal seno della Guardia
di Finanza (che dipende dal Ministero del Tesoro), si
delinea chi è l’agnello sacrificale del berlusconismo -
Scajola, Bertolaso, Bondi, Balducci cos’hanno in comune?
Fanno tutti riferimento al sub-partito romano e
post-democristiano di Letta, schierato contro il tremontismo
leghista... Fabio Martini per "La
Stampa"
Sembrava una di quelle battute di grana grossa, buttate lì
per deliziare i propri elettori. E invece nella boutade di
tre giorni fa del ministro leghista Calderoli («Non sono mai
stato a pranzo con un romano») c'era il preannuncio di
un'operazione politica più sofisticata.
La
suggestione di una Roma corrotta e corruttrice, prima è
stata preparata dal «Giornale» e da «Libero», i due giornali
che meglio interpretano (e talora anticipano) gli umori più
profondi del presidente del Consiglio. Ma poi, due sere fa,
è stato lo stesso Silvio Berlusconi a far trapelare quella
frase lapidaria («Se c'è qualcuno che ha sbagliato, paghi»)
che ribalta lo schema ininterrottamente in vigore da 16
anni: dietro qualsiasi indagine sui politici di centrodestra
c'è sempre e comunque un disegno ostile, un complotto, una
manovra delle toghe rosse.
La
svolta è accompagnata dal lavoro giornalistico e di commento
realizzato dal «Giornale»: ieri il quotidiano diretto da
Vittorio Feltri ha pubblicato un elenco dettagliatissimo
delle «attività» dell'imprenditore Diego Anemone, mentre
Giancarlo Perna, una delle firme di punta del giornale,
scriveva: «Scajola dovrà pur spiegare la storia della casa e
perché Verdini si occupa delle pale a vento quando il Pdl ha
bisogno delle sue cure».
Il
titolo di apertura della seconda pagina era inequivocabile:
«Dalla Capitale al Circeo, tutti facevano la corte al
costruttore rampante». Effettivamente una vicenda
«romanesca», visto che la stragrande maggioranza dei
personaggi coinvolti è romano o vive nella capitale. Certo,
è presto per capire se la svolta «moralizzatrice» sarà
duratura. Ma se lo fosse, sarebbe una sorpresa? Non è
qualcosa di già visto?
COLOSSEO
«Certo
che si è già visto, è lo stesso schema del 1994 - sostiene
Bruno Tabacci, a quei tempi parlamentare Dc -. Allora i Tg
di Mediaset e i giornali di destra sostennero a spada tratta
Mani Pulite per favorire l'ascesa del «nuovo» Berlusconi, il
ricco che non aveva bisogno di rubare. E ora, abilissimo
come è nella sua capacità camaleontica e temendo di essere
travolto, ci riprova, con una variante: farà la parte del
tradito, del tipo: ma come, vi ho fatto parlamentari,
ministri, e voi che mi combinate?».
Dunque
c'è qualcosa di nuovo, anzi di antico nell'approccio
berlusconiano. Con una differenza importante rispetto al
1993-'94. Stavolta al governo c'è lui. I boatos che anche
ieri si rincorrevano a Montecitorio e a Palazzo Madama
facevano paura: oltre alle consuete voci sul coinvolgimento
di altri due, tre ministri, ne circolavano altre relative a
richieste di arresto in arrivo alla Camera nei confronti di
notabili del Pdl.
E
anche se è difficile calcolare la potenza d'urto dell'ondata
giudiziaria in arrivo, tra i «subpartiti» del Pdl, i rischi
maggiori sembra correrli quello romano e postdemocristiano
di Gianni Letta, rispetto a quello nordista di Giulio
Tremonti.
Per
ora l'inchiesta sul G8 ha costretto alle dimissioni Claudio
Scajola, un politico di «territorio», di ascendenza
democristiana, vicino a Gianni e distante da Giulio
Tremonti. Tanto è vero che uno che democristiano lo è ancora
come il ministro Gianfranco Rotondi non si arrende: «Su
Scajola bisogna aspettare, potrebbe uscirne a testa alta e
magari scopriremo che i ladri si sono rubati tra di
loro...».
Ma le
voci più ricorrenti, tutte da dimostrare, sussurrano di
coinvolgimenti di ministri ex An (dell'ala anti-Fini), di
personaggi fuori cordata come Denis Verdini, mentre
risulterebbe indenne tutta l'ala «nordista».
Certo,
un'inchiesta della magistratura allo stato iniziale impone
riserbo ed è quello che si è pubblicamente imposto
Gianfranco Fini. Che in chiacchierate strettamente private
ritiene che per lui la cosa migliore, in questa fase, sia
«di stare fermo». E di attendere sviluppi giudiziari che
potrebbero essere destabilizzanti, sussulti che lo staff del
presidente della Camera colloca in estate, tra la fine di
giugno e il mese di settembre.
E
Giulio Tremonti? Da due anni ostile a qualsiasi concessione
alla «finanza allegra», lui stesso da tempo spiega il suo
inossidabile riserbo sulle questioni politiche con queste
parole: «Mi sono imposto un profilo basso», Certo, per non
irritare il presidente del Consiglio sempre diffidente col
protagonismo delle personalità forti, «ma anche perché - per
dirla con un personaggio di prima fila del Pdl - a lui non
resta che aspettare, a questo punto in prima fila come erede
al trono c'è proprio lui».14-05-2010]
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- MA QUELL’INNOCENTONE DI PICALARGA CHE HA RISTRUTTURATO
CASA CIAMPI IN VIA ANAPO È LO STESSO PICALARGA CHE LAVORA AL
NUOVO PALAZZO DEL CINEMA DI VENEZIA? - 2- SCUSATE, MA NON È
L’APPALTO CHE NELLE INTERCETTAZIONI DI FIRENZE SUL "SISTEMA
GELATINOSO" DI BALDUCCI & CO. APPARE PEGGIO DI UNA FOGNA,
PILOTATO "DAI ROMANI" AL PUNTO CHE SI CONOSCEVANO I
VINCITORI PARECCHI MESI PRIMA DELL’ESITO DELLA GARA? ERA LÌ
PER CASO, TRA I VINCITORI, QUESTO PICALARGA? O FORSE IL
RISTRUTTORATORE DI CASA CIAMPI ERA UN PO’ AMICO DI BALDUCCI?
O DEGLI AMICI DEGLI AMICI DI BALDUCCI & ANEMONE? QUELLI CHE
LAVORAVANO DAPPERTUTTO? - 3- LE FOTO DI ANEMONE ALL’USCITA
DAL CARCERE, SCADUTI I TERMINI DI CUSTODIA CAUTELARE -
1 - SCADUTI I TERMINI DI CUSTODIA CAUTELARE, ANEMONE HA
LASCIATO IL CARCERE DI RIETI. RESTANO DENTRO ANGELO BALDUCCI
E FABIO DE SANTIS
il giornale.it
Scarcerato Diego Anemone, il costruttore considerato una
delle figure centrali dell'inchiesta condotta dalla procura
di Perugia sugli appalti per i grandi eventi, e il
funzionario Mauro Della Giovanpaola. Anemone era detenuto
nel carcere di Rieti e oggi sono scaduti i termini di
custodia cautelare disposti dal Gip di Perugia. Quella di
Diego Anemone è stata un' uscita dal carcere effettuata nel
massimo della segretezza.
ANEMONE ALL'USCITA DAL CARCERE
Dopo che informazioni discordanti si erano susseguite
durante tutta la giornata di ieri sull'orario sulla sua
scarcerazione per evitare l'assedio dei giornalisti, Anemone
alle 6,20 di questa mattina ha lasciato la nuova casa
circondariale di Rieti. Visibilmente dimagrito, con
giubbotto ed occhiali scuri ed al polso un orologio con il
cinturino blu elettrico, Diego Anemone, accompagnato da una
donna bionda che era entrata poco prima nel carcere, e da
altri cinque uomini, è salito a bordo di una Mercedes che si
è allontanata insieme ad un'Audi scura dall'edificio.
Anemone, a bordo dell'auto, ha girato il volto per evitare
di essere ripreso all'uscita dai cancelli da telecamere e
fotografi.
Anche il funzionario pubblico Mauro della Giovanpaola ha
lasciato il carcere di Terni dove era detenuto senza fare
dichiarazioni. Anche nei confronti di Della Giovanpaola sono
scaduti i termini della custodia cautelare disposta dal gip
di Perugia.
Oggi sono scaduti i termini di custodia cautelare anche nei
confronti degli altri due arrestati per l'inchiesta Perugia
sugli appalti per i grandi eventi, Angelo Balducci e Fabio
De Santis. Questi rimangono però detenuti perché coinvolti
nel troncone fiorentino dell'inchiesta, quello per l'appalto
dei lavori della scuola marescialli nel capoluogo toscano.
2 - DAGO-REPORT: A PROPOSITO DI PICALARGA....
Ma quel l'innocentone di Picalarga che ha ristrutturato casa
Ciampi è lo stesso Picalarga che lavora al nuovo Palazzo del
cinema di Venezia?
Ma non è l'appalto che nelle intercettazioni di Firenze sul
"sistema gelatinoso" di Balducci & co. appare peggio di una
fogna, pilotato «dai romani» al punto che si conoscevano i
vincitori parecchi mesi prima? Era lì per caso, tra i
vincitori, questo Picalarga? o forse era un po' amico di
Balducci? o degli amici degli amici di Balducci e Anemone?
quelli che lavoravano dappertutto?
vedere per credere:
http://www.governo.it/150_italia_unita/progetti/anticipatori/aggiudicatari.pdf
VENEZIA
A vincere la gara è la Sacaim-Intini, con la Picalarga srl,
guarda un po', come mandante cooptata. La Sacaimaveva già
lavorato a Venezia alla ricostruzione della Fenice. E
indovina chi era stato il commissario straordinario per la
Fenice, convocato a Venezia dal'allora sindaco margheritino
Paolo Costa, ex ministro alle Infrastrutture? Angelo
Balducci.
E indovina adesso chi doveva fare ikl commissario anche per
il costruendo palazzo del cinema di Venezia? Angelo
Balducci.
2 - L'APPALTO DEL PALACINEMA DI VENEZIA
Da
Panorama del 5 marzo 2010
Dalle telefonate intercettate a Casamonti: «Marco, c'hanno
infilato un architetto di Roma che è amico di Rutelli... hai
capito...a Venezia... io lo sapevo da due mesi... non c'era
verso... che c'era l'architetto di Rutelli». L'imprenditore
Di Nardo, amministratore delegato della Btp, sospira a
Casamonti: «Questo ti insegna anche un'altra cosa... o tu
diventi amico di Rutelli o di Veltroni o tu puoi tornare a
casa».
A vincere a Venezia è lo studio genovese 5+1AA, insieme a
Rudy Ricciotti. E' lo stesso gruppo che ha progettato la
ricostruzione di San Giuliano di Puglia, dove il soggetto
attuatore è Claudio Rinaldi, l'alter ego di Balducci. E che
lavora alla ricostruzione di Cavallerizzo Cerzeto, in
Calabria, dove una frana che nel 2005 ha interessato 24 case
ha dato vita a una new town da svariati milioni. Il paese
non ha ancora deciso se la new town è cosa buona o no. Di
certo è buona cosa per i progettisti e i costruttori, tra
cui c'è Anemone. Chi vigila? Il SIIT Lazio: Balducci prima e
Rinaldi poi.
La società che ha vinto a Venezia è la Sacaim, in società
con il gruppo Intini, quello che con Balducci si era già
preso il carcere di Oristano. Noci sta a un tiro di schioppo
da Fasano, patria del senatore dalemiano Nicola Latorre.
Enrico Intini è a capo di un gruppo da 3.000 dipendenti e
una trentina di società che fanno di tutto, dalle
costruzioni all'ambiente. E per promuoverle aveva siglato,
nel 2008, una consulenza da 150 mila euro l'anno con la
G.C.Consulting di Giampaolo Tarantini. Questi gli avrebbe
presentato Guido Bertolaso e Paolo Berlusconi, fratello del
premier.
Bertolaso aveva smentito tutto l'estate scorsa: «Intini mi
fu presentato nel maggio 2007 dal professor Francesco Boccia
(il rivale di Vendola alle primarie, ndr), allora capo
dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali
alla Presidenza del Consiglio sotto il governo Prodi, alla
presenza del signor Roberto De Santis che si presentò come
amico e collaboratore dell'allora ministro degli esteri
(Massimo D'Alema, ndr)».
De Santis negò di essersi definito collaboratore, ma amico
sì. Come del resto lo stesso Intini, che ha ammesso la sua
vicinanza con Baffino: «però credo non sappia bene quello
che faccio». Ciò non ha impedito a D'Alema, a Intini, a De
Santis di frequentare l'avvocato Salvatore Castellaneta di
Bari, nel cui studio Tarantini propose a Intini di mettersi
insieme in affari. Siamo alla cricca trasversale. Quella che
attraversa regioni, partiti, appalti, schieramenti, persino
inchieste giudiziarie.
Ed eccoci di nuovo agli appalti per i 150 anni dell'Italia
unita, una torta di cui Intini ha preso la sua fetta. «Caro
ministro, è una vergogna che voi facciate questi appalti!»
tuona un costruttore marchigiano a un convegno dell'Ance con
Di Pietro. «Se vuole le dò nome e cognome di chi ha già
vinto. Va bene? Tanto è vero che la Sacaim ci lavorava da
mesi...(al progetto per il Palacinema di Venezia)».
09-05-2010]
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LO SHAMPOO DELLA CRICCA - nel dicembre del 2009, con il
placet del ministro dei Beni culturali Sandro Bondi,
balducci promuove a direttore dei lavori di restauro dei
Nuovi Uffizi un tale Riccardo Micciché, ingegnere
agrigentino non solo in odore di mafia, ma soprattutto ricco
di una competenza maturata nel ramo del management di
aziende specializzate nella "preparazione dei terreni per
erbe e piante officinali", e nella «attività di parrucchiere
per donna, uomo, bambino, di manicure e pedicure". Epperò,
già collega di cantiere, alla Maddalena, di Francesco
Piermarini, il cognato di Berto-liso....
Carlo Bonini per
La Repubblica
Con buona pace di Guido Bertolaso e del set allestito
venerdì a Palazzo Chigi per restituire onore e lustro alla
Protezione civile, c´è una storia (documentata negli atti
depositati dalla Procura di Firenze per il giudizio
immediato di Angelo Balducci, Fabio De Santis, Francesco De
Vito Piscicelli e l´avvocato Guido Cerreti) che torna a
raccontare le mosse storte della Cricca. E uno dei suoi
miracoli negli appalti per le Grandi opere.
ALL'USCITA DAL CARCERE
Parliamo della decisione che nel dicembre del 2009, con il
placet del ministro dei Beni culturali Sandro Bondi,
promuove a direttore dei lavori di restauro dei Nuovi Uffizi
un tale Riccardo Micciché, ingegnere agrigentino non solo in
odore di mafia, ma soprattutto ricco di una competenza
maturata nel ramo del management di aziende specializzate
nella «preparazione dei terreni per erbe e piante
officinali», e nella «attività di parrucchiere per donna,
uomo, bambino, di manicure e pedicure». Epperò, già collega
di cantiere, alla Maddalena, di Francesco Piermarini, il
cognato di Guido Bertolaso...
Micciché e i Nuovi Uffizi, dunque. Per l´appalto, che vale
29 milioni e mezzo di euro (e di quelli in elenco per i 150
anni dell´Unità d´Italia), nel dicembre del 2009,
un´ordinanza di "Protezione civile" della Presidenza del
Consiglio dei Ministri raccomanda che sia scelto quale
direttore dei lavori, «un soggetto di elevata e comprovata
esperienza».
E così, quando il 22 dicembre, Salvo Nastasi, capo di
gabinetto del ministro dei Beni culturali Sandro Bondi,
comunica ad Angelo Balducci che la scelta è caduta
sull´ingegnere Micciché, persino ad un tipo con due dita di
pelo sullo stomaco come Fabio De Santis, sembra troppo.
Al telefono con il suo amico e collega Enrico Bentivoglio,
De Santis, allora provveditore per le Opere pubbliche della
Toscana, dice: «Come cazzo si chiama... Micciché. Non ci
posso credere... Non ci posso credere (ride)... Ma li
mortacci. Quando lo vedo gli dico: "Siamo proprio dei
cazzari... Siete proprio dei cazzari. Andate in giro a
rompere il cazzo... Ma ti rendi conto? Quando siamo andati
che ci stava pure Bondi, abbiamo fatto la riunione, siamo
tornati in treno e ci stava pure Salvo Nastasi. Stavamo da
soli e gli ho fatto: "Ma siamo sicuri di coso... il
siciliano? Siamo sicuri che questo riesce a mettere
d´accordo tutti? Perché un conto è fare un grande
successo... La Maddalena per carità d´Iddio... un conto è
fare il direttore degli Uffizi».
Evidentemente, però, l´agrigentino ha amici di peso.
Sicuramente - per quel che si legge nelle intercettazioni
telefoniche di De Santis - ha l´appoggio di Mauro Della
Giovampaola. Certamente, ha un peso decisivo aver lavorato
alla Maddalena con Francesco Piermarini, il cognato di
Bertolaso, quale "rappresentante della struttura di
missione" e avere avuto un qualche legame con il costruttore
Diego Anemone (visto che il cellulare di Micchiché, come
quello di Piermarini, in quel periodo sono in carico a una
delle aziende che lavorano in subappalto per il costruttore
romano).
In ogni caso, annotano i carabinieri del Ros nella loro
informativa del 4 gennaio 2010, «l´ingegnere non appare
essere munito di particolare esperienza per condurre i
lavori degli Uffizi». Se non altro, per aver seduto nel cda
della società "Erbe Medicinali Sicilia" (le piante
officinali) ed essere socio della "Modu´s Atelier"
(parrucchiere e manicure).
di Roma
Ma quel che è peggio - e sono ancora i carabinieri ad
annotarlo - è che il fratello di Riccardo Micciché,
Fabrizio, è responsabile tecnico della ditta "Giusylenia
srl", impresa «sotto il controllo di esponenti della Cosa
nostra agrigentina», accusati di aver favorito la latitanza
di Giovanni Brusca e dunque sotto il tallone di Bernardo
Provenzano.
Non è dato sapere se in quel dicembre 2009, il ministro
Bondi conosca le competenze di Riccardo Micciché e il
contesto familiare mafioso che lo definisce. Se lo abbia
informato il suo capo di gabinetto o lo abbia fatto il capo
della Protezione civile Guido Bertolaso.
È un fatto che Micciché diventa direttore dei lavori di
restauro e che le conclusioni del Ros appaiono su questa
circostanza radicali: «Si ritiene che l´affidamento dei
lavori degli Uffizi sia gestito in una più ampia cornice di
interscambio di favori, con la conseguenza che l´importante
direzione dei lavori venga affidata a un tecnico che, da un
lato non sembra essere un soggetto di elevata e comprovata
responsabilità, e dall´altro ha contatti con soggetti
iscritti in un contesto di condizionamento
mafioso».09-05-2010]
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UCCI-UCCI C’È LA CRICCA DI BALDUCCI /2 – ARITOH! ECCO CHE TI
SPUNTA ANCHE LA MAFIA! – AZIENDE VICINE A COSA NOSTRA
RICEVEVANO APPALTI E SI BECCAVANO IL 3% ANCHE QUANDO NON
LAVORAVANO – AL CENTRO L’ING. MICCICHÉ, LEGATO A COSTRUTTORI
VICINI AD ANEMONE, MA ANCHE STRETTAMENTE LEGATO AL COGNATO
DI BERTO-LESO (E CON UN FRATELLO VICINO A COSA NOSTRA) –
L’ING. MICCICHÉ, CON IL PLACET DEL MINISTRO BONDI, È STATO
ANCHE SCELTO COME DIRETTORE DEL CANTIERE PER IL RESTAURO
DEGLI UFFIZI. MA QUESTA È UN’ALTRA STORIAFrancesco
Grignetti per "la Stampa"
Si
scava tra gli affarucci della «cricca» ed ecco che ti spunta
la mafia. I carabinieri del Ros hanno trovato infatti le
tracce della Onorata Società nei retroscena dei Grandi
Appalti. Si prenda la Btp, specchiata impresa fiorentina di
costruzioni che addirittura vince l'appalto per costruire la
Scuola marescialli dell'Arma nel capoluogo toscano.
Ma
ecco che cosa ti scoprono proprio i carabinieri:
«Costituivano una Ati (associazione temporanea di imprese,
ndr) tra la Btp e il Consorzio stabile Novus al fine di
partecipare alle gare per le quali era stata fatta la
promessa corruttiva». Fin qui, con la storia della
corruzione, è lo sviluppo di quanto già si sa: il gruppo dei
funzionari pubblici della Ferratella, Angelo Balducci e i
suoi sodali, i soldi di Diego Anemone, le ordinanze di
Protezione civile per saltare i controlli ordinari, le mene
di Francesco De Vito Piscicelli... Ma attenzione a quel
Consorzio stabile Novus.
E' da
lì che s'alza l'odore di zolfo. Scrivono sempre i
carabinieri: «La Btp, garantendo il possesso dei requisiti
patrimoniali per partecipare a gare di ingente importo - e
in particolare a quelle connesse alla manifestazione del G8
- consentiva a Consorzio stabile Novus, ove erano presenti
significative presenze mafiose, di partecipare alle suddette
gare».
Il
senso di quanto scrivono gli investigatori è chiaro: la Btp
è una grande impresa «pulita» di Firenze che si presta a
fare da cavallo di Troia per i mafiosi, i quali addirittura
s'infilano negli appalti più delicati dello Stato, ovvero la
preparazione del G8 alla Maddalena. «In detto consorzio, il
Di Nardo Antonio (un altro del gruppo della Ferratella, ndr)
risultava referente di alcune delle imprese consorziate di
origine siciliana e campana connotate dalla presenza, quali
soci o amministratori, di soggetti già coinvolti in
procedimenti penali per reati di associazione di stampo
mafioso».
Quello
che proprio non avrebbero mai potuto fare in prima persona,
dunque, gli riusciva sotto lo schermo della Btp, l'impresa
di cui è patron il costruttore fiorentino Riccardo Fusi. E
che ci sia qualcosa di losco da approfondire, aggiungono i
carabinieri, lo si desume da uno strano accordo tra i
fiorentini e queste società in odore di mafia.
«Imprese alle quali veniva garantito almeno il 3%
dell'importo dell'appalto aggiudicato ancorché non fossero
investite dalla materiale esecuzione dello stesso». Senza
che nemmeno alzassero un dito, i soci occulti della Btp
incassavano dunque il 3% dell'appalto. Perché? «Per il solo
fatto di partecipare al consorzio».
Ma che
poi alla Maddalena qualcosa non sia andato per il verso
giusto, gli investigatori lo sospettano da tempo. C'è un
ingegnere agrigentino, Riccardo Micciché, il cui telefono
viene messo sotto intercettazione nel 2009. In quella fase,
Micciché, 36 anni, è alla Maddalena come «rappresentante
della struttura»; utilizza un telefonino intestato a un
costruttore romano che sta facendo lavori in subappalto per
conto di Diego Anemone; si sente quotidianamente con
l'ingegnere Francesco Piermarini, cognato di Diego
Bertolaso, anche lui impegnato in uguali lavori per il G8.
Una
carriera che sembra in irresistibile ascesa, la sua. Il
guaio è che il fratello di Micciché, Fabrizio, lavora in
Sicilia ed è il responsabile tecnico della società
Giusylenia srl. Di quest'ultima i carabinieri scrivono che è
«inserita in un contesto criminale finalizzata alla gestione
dei lavori pubblici» e «sotto il controllo di esponenti
della Cosa nostra agrigentina», collegati in passato a
Bernardo Provenzano e alla latitanza di Giovanni Brusca.
SANDRO
BONDI
C'è da
sbalordire che Micciché, con questo ingombrante pedigree
familiare, abbia lavorato al G8 e in funzioni tanto
importanti. Questo accadeva nel 2009. A fine anno, poi,
l'ingegnere Riccardo Micciché viene scelto - con il placet
del ministro Sandro Bondi e del suo capogabinetto Salvo
Nastasi - quale direttore del cantiere per il restauro degli
Uffizi, a Firenze. Ma questa è un'altra storia.
[10-05-2010]
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PROTEZIONE CIVILE SALVA IL BERTO-LESO CON UN INCARICO
INTERNAZIONALE - AL POSTO DEL MASSAGGIATO DEL SALARIA SPORT
CENTER, IL SUO NEO-VICE, PERSONA SICURA, L’EX BARBA FINTA
FRANCO GABRIELLI (CAPO DEL SISDE EPOCA PRODI) - IL
"MASSAGGIO" DI CONSEGNE FRA SETTEMBRE E LA FINE DELL’ANNO -
LA PROCURA INDAGA SULLA CONSULENZA ALLA MOGLIE DI SAN GUIDO,
ARCHITETTA DI GIARDINI, E SUI LAVORI ALLA MADDALENA OTTENUTI
DAL COGNATO DA ANEMONE 1- PROTEZIONE CIVILE,
BERTOLASO VICINO ALL'ADDIO...
R.C. per "la
Repubblica"
Guido
Bertolaso lascia la Protezione civile. Questione di pochi
mesi, probabilmente già a settembre, e il suo futuro
vicecapo dipartimento, l'attuale prefetto de L'Aquila Franco
Gabrielli, che assumerà l'incarico il 14 maggio, ne prenderà
il posto. L'entourage di Bertolaso parla di decisione presa
da tempo, prefigura un passaggio delle consegne più lungo e
indica dicembre come mese dell'avvicendamento.
Ma
l'accelerazione dell'inchiesta di Perugia e la tensione
provocata nel governo dalla goffa conferenza stampa di
venerdì scorso con annesso incidente diplomatico con gli
Stati Uniti, potrebbero rendere i tempi assai più brevi. È
un fatto che la conferma di una decisione ormai presa l'ha
data lo stesso Guido Bertolaso ieri a Udine intervenendo a
un dibattito per i 34 anni dal sisma del Friuli.
"Gli
uomini passano - ha detto - la Protezione civile, con il suo
straordinario bagaglio di esperienza, resta. Non è un
mistero per nessuno che già mesi fa dissi di voler lasciare
la Protezione civile. Poi mi fu chiesto di rimanere vista
l'emergenza per il terremoto dell'Aquila. Ora che al
Dipartimento è arrivato il mio vice penso di poter
lasciare".
Nel
dibattito con Giuseppe Zamberletti, ex Commissario
straordinario per il terremoto in Friuli, Bertolaso ha fatto
un cenno alla cronaca usando alcuni aneddoti. "Zamberletti -
ha spiegato - venne "trombato" e non fu rieletto mentre
stava ancora lavorando a una delle tante emergenze
affrontate. Il suo successore, Guido Barberi, a dieci anni
di distanza, sta ancora aspettando giustizia per il
cosiddetto scandalo Arcobaleno.
Non vi
annoio - ha aggiunto Bertolaso - con le questioni che mi
riguardano perché le conoscete. Oggi non si può contrastare
l'immediatezza e la velocità dell'informazione. Basta una
fotografia messa su YouTube per annullare il lavoro di mesi
e per rovinare le persone. Ma gli uomini passano e debbono
passare. L'importante è che resti la Protezione civile".
Le
parole di Bertolaso riconfermano il nervosismo di questi
ultimi giorni e testimoniano la delicatezza delle questioni
che in questo momento lo assediano. Le consulenze della
moglie per il costruttore Diego Anemone, il lavoro del
cognato Francesco Piermarini sempre per il costruttore nei
cantieri del G8 della Maddalena e quindi a L'Aquila, sono
entrambe oggetto di un'indagine che non promette di
concludersi di qui a poche settimane (proprio venerdì scorso
Bertolaso si era pubblicamente lamentato del fatto che a
distanza di tre mesi la sua posizione di indagato per
corruzione a Perugia non fosse stata ancora archiviata).
Il
compito che si prepara per il suo successore Franco
Gabrielli (già direttore del Sisde nei due anni del governo
Prodi) indicato dal Consiglio dei ministri un paio di
settimane fa, è tutt'altro che semplice. Eredita una
macchina rodata ma costruita a immagine e somiglianza
dell'uomo che ne è stato il padrone per anni. Non sarà
quindi soltanto una questione di lustro e di onore da
restituire alla Protezione civile ma di uomini e di
strutture da ridefinire. Senza contare che le indagini su
quanto accaduto in questi anni di gestione Bertolaso
potrebbero riservare ancora molte sorprese.
2- PER IL CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE SPUNTA UN
INCARICO INTERNAZIONALE ...
Alessandra Ricciardi per "Italia
Oggi"
Strana
coincidenza. Ieri Guido Bertolaso, in un'accorata conferenza
stampa a Palazzo Chigi, spiegava il suo operato alla guida
decennale della Protezione civile, l'essenza della sua
onestà contro le valanghe di fango che gli si sono arrivate
addosso con l'inchiesta di Perugia sulla cosiddetta cricca
(«speravo», ha detto ai giornalisti, «di poter festeggiare
lo stralcio della mia posizione dall'inchiesta, ma sono
fiducioso...mi ha colpito la serietà dei magistrati che mi
hanno ascoltato»), ha ricordato la stima nazionale e
internazionale di cui gode.
Il
giorno prima, sulla "Gazzetta Ufficiale", veniva pubblicato
il decreto del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi,
con cui si assegna a Bertolaso la delega da sottosegretario:
coordinamento degli interventi di prevenzione in ambito
europeo ed internazionale rispetto ad eventi di protezione
civile.
E
sarebbe proprio questo il nuovo ruolo politico di Bertolaso,
a cui pure il premier aveva promesso un incarico da
ministro. Ma il vento giudiziario spira sempre più forte su
Palazzo Chigi e il Cav vuole evitare, dopo l'uscita di
Claudio Scajola, di ritrovarsi a perdere, anche solo per il
pressing mediatico, nuovi pezzi del suo esecutivo. Insomma,
si impone cautela. E allora la conferenza di ieri potrebbe
essere il canto del cigno di Bertolaso («non ho mai mentito
agli italiani»), l'ultima uscita da capo della Protezione
civile.
L'addio potrebbe avvenire magari contestualmente alla nomina
di Paolo Romani a ministro dello Sviluppo economico. Oppure,
poco dopo, nell'ambito di un riassetto complessivo del
dipartimento di via Ulpiano. Pare infatti, raccontano rumors
di palazzo, che vi sia il progetto di rimettere mano alla
Protezione civile, ridisegnandone le funzioni e i poteri,
anche per renderla più incisiva nella sinergia con le
regioni e gli enti locali che hanno ereditato, con il
federalismo, una grossa fetta delle competenze in materia di
prevenzione del rischio. Il dossier è all'attenzione anche
del ministro dell'interno, Roberto Maroni.
E non
è escluso che, con un ritorno della Protezione civile sotto
il controllo più diretto del Viminale, al posto di comando
del dipartimento possa andare un vertice dei vigili del
fuoco. Intanto, per la successione al Dipartimento, c'è
pronta da calare pure la carta di Franco Gabrielli, già
prefetto dell'Aquila ed ex capo degli 007 del Sisde,
approdato in questi giorni alla Protezione civile, come
anticipato da ItaliaOggi il 4 marzo scorso, nelle vesti, al
momento, di vice capo.
Il
ruolo di respiro sovranazionale di Bertolaso potrebbe
diventare ancora più di peso, rispetto alle deleghe che
detiene come sottosegretario, nel caso in cui dovesse andare
in porto la costituzione, presso le Nazioni Unite, di un
organismo di coordinamento a livello globale, previsto tra
l'altro dal trattato di Lisbona, degli interventi contro i
rischi e gli eventi di calamità naturali. E in quella sede
la stima internazionale di cui gode Bertolaso potrà tornare
certamente utile. 10-05-2010]
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CHIAMALE SE VUOI… ’TAPPARELLE’ – MACCHé CASETTA DI PERIFERIA
DESCRITTA NEI TG, ECCO A VOI IL LUSSUOSO PALAZZETTO
LIBERTY-PARIOLINO DOVE VIVE LA BERTOLASO FAMILY (RISISTEMATO
OVVIAMENTE DALLA DITTA ANEMONE PER 20MILA €) – IL “BOOM
IMMOBILIARE” DELLA FAMIGLIA E I RAPPORTI TRA LA “CRICCA” E
LA SIGNORA PIERMARINI, MOGLIE DEL RAS DELLA PROTEZIONE
CIVILE (CHE UFFICIALMENTE COMPRA RUDERI PER RISTRUTTURARLI)…
Marco Lillo per "Il
Fatto Quotidiano"
Alla
prossima assemblea di condominio il sottosegretario Guido
Bertolaso rischia una tirata di orecchie dagli altri
inquilini del suo palazzo. Ma come? Uno compra casa in un
villino liberty nella zona più chic di Roma, i Parioli, e
poi si ritrova il suo palazzo rappresentato come una casa di
periferia nei telegiornali italiani.
"Tapparelle", il termine romanesco che fa venire in mente
palazzi popolari con avvolgibili economici, suona come
un'offesa per gli inquilini blasonati del condominio, come
le figlie di Giovanni Malagò che hanno un appartamento sopra
i Bertolaso mentre un altro è intestato alla Samofin del
papà.
"Tapparelle" è davvero un'onta per gli infissi nobili che
tutti possono ammirare nella foto pubblicata sotto.
Un'imprecisione semantica che sembra quasi un lapsus
freudiano rivelatore dell'ansia del sottosegretario di
minimizzare i lavori di Diego Anemone nella sua casa romana.
Diego
Anemone è stato arrestato dal Gip di Firenze Rosario Lupo
nel febbraio scorso (e ora scarcerato dal gip di Perugia per
il venir meno delle esigenze cautelari) anche, anzi
soprattutto, per i favori che faceva ai pubblici ufficiali.
E le ristrutturazioni degli immobili erano spesso usate per
blandire e addolcire, almeno secondo l'ipotesi dell'accusa,
chi doveva poi concedere e controllare appalti per centinaia
di milioni di euro, dal G8 alla Maddalena ai Mondiali di
nuoto del 2009.
Ecco
perché la tapparella è diventata protagonista addirittura di
una conferenza a Palazzo Chigi. Intorno al 50esimo minuto
della conferenza stampa di venerdì quando i cronisti erano
tramortiti da cronoprogrammi e gare ristrette, è arrivato
finalmente il resoconto del dare e avere tra la famiglia
Bertolaso e Anemone.
Il
costruttore ha dato soldi alla moglie di Bertolaso per un
progetto e ha fatto lavori nella sua casa di famiglia a
Roma. Agli atti dell'inchiesta sulla corruzione negli
appalti per i Grandi eventi è finito un assegno di 25 mila
euro versato nel 2007 per il progetto del verde del suo
circolo da Anemone a Gloria Piermarini, 58 anni, moglie di
Guido Bertolaso, architetto paesaggista.
Non
solo: il sottosegretario ha permesso al grande appaltatore
del suo dipartimento di entrare in casa sua per fare lavori,
pagati 20 mila euro nel 2006. Il dispiego di armi di
distrazioni di massa della conferenza mirava ad attutire il
colpo dell'excusatio non petita: "non è stato Anemone che ha
dato soldi a me. Sono io che ho dato soldi a lui. Perché nel
2006 lui che ha una grande falegnameria, una delle migliori
di Roma" ha cominciato a dire Bertolaso, "mi fece dei
lavoretti nella casa, intestata a mia moglie: tapparelle, un
tavolo, la sistemazione di armadi e quant'altro".
Dopo
aver lasciato indeterminato il computo delle opere con quel
"quant'altro" vago e inquietante, il sottosegretario è
diventato precisissimo nella descrizione del pagamento: "il
29 settembre del 2006 gli ho versato 20 mila euro con
l'assegno 65-65-67 della mia banca per pagare tutto quello
che lui mi aveva eseguito".
E poi
aggiungeva: "Non è stata una ristrutturazione, non è stata
una casa comprata. È la casa di mia moglie nella quale
abitiamo dagli anni novanta". Il Fatto Quotidiano è andato a
verificare sul posto. Oltre all'assenza di tapparelle nel
palazzo, si scopre così che i lavori non hanno riguardato
solo la casa vecchia della moglie ma anche una seconda
dimora appena acquistata dalla figlia.
Effettivamente la signora Gloria Piermarini acquista
l'appartamento al primo piano del palazzetto dei Parioli
(con box) nel novembre del 1989. Secondo la visura il notaio
sarebbe il solito Gianluca Napoleone, lo stesso usato per
l'acquisto di Scajola e Balducci molti anni dopo.
In
realtà si tratta di un errore del catasto: "quell'atto è
stato rogato dal padre del notaio", spiegano allo studio.
Insomma stavolta "Zampo" e Anemone non c'entrano. L'attività
immobiliare di famiglia si ferma per anni ma ha un'impennata
nel 2004. Protagonista la società Sviluppo Tevere di Gloria
Piermarini che compra tre immobili nelle Marche: due nel
comune di Force, in provincia di Ascoli Piceno, e il terzo
nel comune di Monteleone di Fermo. "La famiglia Piermarini è
originaria di quella zona e la società della signora compra
ruderi per poi ristrutturarli", spiegano fonti vicine a
Bertolaso.
Più
interessante invece è quello che accade nel 2005. Il 24
marzo di quell'anno, la figlia di Guido Bertolaso (la
ragazza 26enne che ha scritto una lettera aperta a Panorama
con la sorella Chiara per difendere il padre) compra un
appartamento al piano terra sotto quello di mamma. Sono 3,5
vani che si uniscono agli 8,5 vani catastali del piano di
sopra.
La
casa nuova avrà certamente avuto bisogno di una
ristrutturazione. Chissà che, oltre alle " tapparelle", al
tavolo e agli armadi, in quel "quant'altro" ci sia anche
qualche lavoro più impegnativo a casa della figlia. Lo
abbiamo chiesto al portavoce di Bertolaso. Questa è la
risposta: "i lavori di Anemone hanno riguardato sia la casa
nuova della figlia che quella vecchia dove vive il
sottosegretario. Peraltro sono attigue e probabilmente sono
state rese comunicanti (ma al catasto non risulta, ndr) e
quindi non c'è contraddizione con quanto detto in
conferenza".
In
realtà, l'insistenza di Bertolaso quel giorno sul fatto che
si trattava di una casa vecchia della moglie, e non di una
ristrutturazione di una casa nuova, sembrava voler
distogliere i giornalisti dall'idea di un lavoro "pesante"
di Anemone. Come l'uso del termine tapparella che oggi
Bertolaso stesso rettifica: "Effettivamente si tratta di
persiane". Ma chi ha fatto la ristrutturazione della casa
della figlia? La risposta dello staff del sottosegretario è
vaga: "Non ci sono stati lavori di muratura ma solo una
tinteggiatura della quale non ricordiamo l'impresa
esecutrice".11-05-2010]
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NEI
VERBALI della "cricca" Ci mancava solo Tonino, GIà MINISTRO
DELLE INFRASTRUTTURE DEL GOVERNO PRODI - Secondo un
finanziere, DI PIETRO ha segnalato ai giudici il possibile
coinvolgimento del leader Udeur in un’inchiesta su una
truffa. Uno degli indagati denuncia: al mio processo uno dei
testi ha detto che gli hanno dato un verbale col nome del
politico già scritto... - TONINO NEI VERBALI DELLA
CRICCA
Gian Marco Chiocci - Massimo
Malpica per
Il Giornale
Ci
mancava solo Tonino, nel caso della «cricca». La macchia si
spande e sfiora il leader dell'Italia dei valori. Di Pietro
è «compromesso», come tutti al ministero, «una manica di
banditi». A parlare al telefono (intercettati dagli
inquirenti) sono il numero uno della Btp Riccardo Fusi e il
suo vice, Roberto Bartolomei. I due (entrambi indagati)
hanno appena saputo che il dicastero delle Infrastrutture
non restituirà all'impresa il cantiere della scuola
Marescialli di Firenze.
costruzioni BTP
È il
17 febbraio 2010, Bartolomei a quel punto si sfoga. Citando
il leader Idv e un «Lu», probabilmente Pietro Lunardi,
predecessore di Tonino al ministero delle Infrastrutture:
«Non c'è mica nessun problema... tanto, ascolta, questo è un
film bell'e visto (...) lì sono tutti compromessi, dal
ministro a tutti i sottosegretari...». Frasi, commenti,
brani di chiacchierate. Uno squarcio su una realtà che -
stando ai fatti - sarebbe molto più complessa di quella
raccontata finora.
Complessa anche l'altra indagine in cui è coinvolto Di
Pietro e che sarà oggetto di interrogazione parlamentare da
parte del senatore Gramazio del Pdl. Secondo un finanziere
l'ex Pm avrebbe segnalato ai giudici il possibile
coinvolgimento di Clemente Mastella in un'inchiesta su una
truffa. Alessandro Giorgetta, imprenditore finito in carcere
e tutt'ora sotto processo, avrebbe denunciato: «Al mio
processo uno dei testimoni ha riferito di aver ricevuto
dalla Guardia di finanza un verbale già compilato con cui
accusare il leader dell'Udeur».
A
provarlo ci sarebbero anche delle registrazioni, in cui un
finanziere spiega esplicitamente che «il procedimento
riceveva impulso da una segnalazione dell'onorevole Di
Pietro che avanzava l'ipotesi di coinvolgimento
dell'onorevole Mastella». Tutti gli elementi sono al vaglio
della Procura di Bari, ma che se confermati getterebbero una
nuova luce sull'immensa influenza di Tonino sulla giustizia
italiana
2 -
"IL TESTE ERA IMBOCCATO DA QUELLO DI MONTENERO. CHE RAZZA DI
AMICO... "
Ecco
uno stralcio di una delle numerose registrazioni effettuate
dall'imprenditore Alessandro Giorgetta con il finanziere che
ha seguito le sue indagini. Giorgetta è reduce dall'udienza
del suo processo nella quale un teste dell'accusa ha
rivelato come al momento dell'interrogatorio presso la
finanza, nella fase delle indagini preliminari, gli venne
sottoposto un verbale con già sopra i nomi dello stesso
Giorgetta e del ministro Mastella, che non conosceva.
GMC
Giorgetta riferisce tutto al finanziere perché lo stesso,
mesi prima, gli aveva anticipato - così sostiene
l'imprenditore - di un piano per incastrare Mastella. Vuole
una conferma, e la ottiene.
Giorgetta: «Mi si è rotto il computer, mi servono i verbali
degli interrogatori dei testi che hai fatto tu perché non so
neanche che hanno detto... perché altrimenti devo sfogliare
tutte le pagine, ed è una parola... Se ti riesce entro
qualche giorno».
Finanziere: «Dammi il tempo materiale perché quando una cosa
te la posso fare... ».
G: «Anche tu ce l'hai per nome».
F: «Devo andare a Campobasso, ci dobbiamo vedere un'altra
volta».
G: «Sì, il 23 giugno».
F: «Inizio io alla prima udienza?».
G: «No, non penso. Alla prima udienza si dovranno costituire
le parti».
F:
«Allora alla seconda udienza».
G: «Ti devo dire che avevi ragione di quello che mi dicevi.
Io me la sono presa con te, a dire la verità».
F. «Come?».
G: «Me l'ero presa con te voglio dire».
F: «Perché?».
G: «Per l'indagine».
F: «Spiegami, che ho la testa talmente piena che mi sto
occupando di cose veramente grosse, per cui dimmi le cose in
maniera semplice».
G: «È uscito bello fuori quello che tu dicevi».
F. «E che dicevo?».
G: «Che c'era quella denuncia di qualcuno che... ».
F: «Ma fatti capire bene».
G: «Di
Montenero, Di Pietro e di Mastella, è uscito fuori».
F: «Come è uscito fuori?».
G: «Un teste dice che Mastella... ».
F: «Chi sarebbe questo che hai detto... ».
G: «Non mi ricordo se Nardella... ».
F: «E che ha detto?».
G: «Mastella, dice che non c'entrava Mastella e che è stato
imboccato. Ho pensato: "Avevi ragione tu"».
F: «Me le fai leggere le dichiarazioni?».
M: «Non ce l'ho ancora».
F. «Quando ce l'hai, con la scusa di un caffè».
G: «Aveva ragione lui (pensai, riferito al finanziere) che
non dipendeva da lui e che non era iniziativa sua».
F. «Ma
perché io ti avevo detto che era iniziativa mia?».
G: «E però tirare fuori pure gli altri, è un film che si
erano fatto».
F: «Figurati, un'informazione del genere messa in mano alla
procura, a Magrone (procuratore capo della procura di
Larino, ndr). Ieri l'ho visto. Sei andato in procura per
parlare con, a tentare di parlare con... ».
G: «Mi ha detto di no!».
F: «Me l'ha detto, me l'ha detto... ».
G: «Mo vediamo, trova quella lettera (il documento con le
indicazioni su Mastella, ndr)».
F: «Mannaggia la miseria, come faccio? Quando ci volevo
provare tu mi avevi quasi convinto, allora tenevo la lettera
in mano. Ma proprio adesso abbiamo fatto altri schedari...
spostati. Non so proprio dove mettere le mani».
G: «Ma
esiste davvero, l'hai vista tu?».
F: «L'ho tenuta in mano, come ti dicevo».
G: «Ti dico sinceramente. Pensavo fosse un'iniziativa tua,
(pensavo, ndr) che gli ho fatto per rovinarmi così?».
F. «Iniziativa mia? Cazzate mie?».
G. «No, non cazzate tue... ».
F: «Io non sparo cazzate, non te le dico».
G:
«Non cazzate tue, ma tutta la tua iniziativa, le indagini a
coinvolgere... sai... (...). Vedi. Quando ti capita, no tu
fai il finanziere, quando senti una cosa... hai riflettuto,
ma io che sono indagato è diverso. Tu con chi te la pigli?
Con chi scrive, là per subito, no?».
F. «D'istinto sì ma c'è un sistema dietro di cui non ti
rendi conto».
G: «Ma quale interesse c'è a coinvolgere altra gente
nell'inchiesta mia?».
F: «Ma quale altra gente?».
G: «La politica nell'indagine mia... ».
F: «A
guarda che io in tempi non sospetti te lo avevo detto. Te lo
avevo detto. "Guarda Giorgetta, quando tutti sembrano che si
stanno per accanire su di te... ". Te lo avevo detto che
"non vogliono arrivare a te", in tempi non sospetti».
G: «Bell'amico di cazzo Di Pietro».
F: «Lo sai tu che rapporto hai avuto, ci sono stati e come
sono finiti. Oltre a Nardella, quali altri testi sono stati
sentiti" (...)».
G.
«Dove te ne vai?».
F. «A Campobasso».
G: «Ce l'hai il numero mio?».
F. «Sì, me lo sono scritto. Il tempo di tirarli fuori (i
verbali, ndr) e stamparli».
G. «Trovami quella lettera (su Mastella, ndr)».
F: «Non mi ci metto a trovarla. Se mi capita, non te la do,
te la faccio vedere, già è tanto».
G: «Insomma, Di Pietro... ».
F: «Tu non lo puoi spendere... perché se ce l'ho solo io, se
l'ha la procura, se non te lo dà la procura».
G:
«Insomma, Di Pietro che dice? Che chi sta dietro a me?
Mastella, Di Giandomenico, questa gente qua, costruttori...
».
F. «Ora i nomi non me li ricordo».
G. «Mastella, mi avevi detto».
F. «Mastella me lo ricordo».
G: «Di Giandomenico (ex deputato dell'Udc ed ex sindaco di
Termoli, ndr)?».
F. «No, Di Giandomenico non me lo ricordo».
G: «Che film! (...). Di Santo Pasqualino non so nemmeno chi
sia».
F. «Non me lo ricordo. Pierluigi me lo ricordo, che fa
questo, mo?».
G. «Qualche anno fa, l'ho visto qualche anno fa, lavorava
con la Colim».
F: «Ma questo non è un uomo messo da Mastella?».
G: «No, ma va».
F: «No, mi viene da dire perché la zona è quella».
G: «Solo perché è nato là...». [10-05-2010]
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PERCHÉ GLI
AFFARONI IMMOBILIARI CAPITANO SEMPRE IN MANO ALLA CASTA DI LOR
SIGNORI? - SEGUITE LA STORIA: LUNARDI NEL 2004 ACQUISTA PER UNA
SOMMA PIÙ RISIBILE DI QUELLA DI SCAJOLA UN PALAZZETTO DI 42 VANI
NEL CUORE DI ROMA DI PROPRIETÀ DI PROPAGANDA FIDE, ALLORA DIRETTA
DA CARDINALE SEPE, SPONSOR DI ANGELO BALDUCCI - ORA ATTENTI AL
MIRACOLO: UN ANNO DOPO ANGELO BALDUCCI, CHE AVEVA GESTITO IL
GIUBILEO DEL 2000 ASSIEME AL CARD. SEPE, VIENE PROMOSSO PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DEI LAVORI PUBBLICI PROPRIO DA LUNARDI, ALLORA
MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE
Marco Lillo
per "Il
Fatto Quotidiano"
C'è un
palazzetto nel cuore di Roma che attira l'attenzione della Procura
di Perugia. Si trova in via dei Prefetti, a cinquanta metri dalla
Camera dei deputati e oggi appartiene alla famiglia Lunardi. Lo
stabile è stato comprato dai Lunardi nel 2004 da un ente religioso
nel quale era influente consigliere Angelo Balducci e se n'è
interessato - come architetto - proprio Angelo Zampolini, l'uomo
che ha portato gli assegni di casa Scajola.
Nell'immobile
oggi hanno sede le società Stone e Rocksoil (specializzate in
progettazione di gallerie) fondate dall'ingegnere Pietro Lunardi
negli anni Ottanta e poi divenute il simbolo del conflitto di
interessi quando il deputato del Pdl era ministro delle
Infrastrutture, dal 2001 al 2006.
Alla luce delle
dichiarazioni dell'autista tuttofare dell'imprenditore Diego
Anemone, che ha parlato di buste con assegni consegnate alla
figlia dell'ex ministro di Parma, gli investigatori stanno
rileggendo in filigrana le carte di quella compravendita. Il Fatto
Quotidiano ha consultato le carte del Catasto ed è andato a
curiosare nel palazzo scoprendo un immobile ristrutturato di
recente (da una società di Grottaferrata, Edil Le.ma).
Al primo piano
si trova la prestigiosa sede della Rocksoil dove fervono i lavori
per la Metropolitana di Napoli e altre grandi opere. A guardare le
dimensioni del palazzo, il suo lungo corridoio di ingresso e le
due scale scure con pareti giallo uovo antico, si scopre un
piccolo gioiello: i figli del ministro Lunardi hanno fatto davvero
l'affare del secolo in via dei Prefetti.
La società
della famiglia dell'ex ministro, la Immobiliare San Marco Spa di
Milano, già proprietaria di alcune case di Cortina e Milano, ha
comprato l'immobile da Propaganda Fide, la Sacra congregazione per
l'evangelizzazione dei popoli, una delle nove curie della Chiesa
romana che ha la competenza sulle missioni all'estero.
Gli
investigatori sono incuriositi anche dai tempi dell'atto: il
palazzo è stato comprato esattamente un mese prima
dell'appartamento di Claudio Scajola al Colosseo. Inoltre l'atto è
stato firmato davanti allo stesso notaio utilizzato dal ministro
dello Sviluppo economico: Gianluca Napoleone, con studio in corso
Vittorio Emanuele 349 a Roma.
pubblici
Il notaio
Napoleone è un professionista stimato e serio ma nell'atto di
Scajola la sua utilizzazione sembrava legata anche alla vicinanza
con l'architetto Zampolini (hanno lo studio nello stesso palazzo,
rispettivamente al piano terra e al quarto), l'uomo che - secondo
la sua stessa versione - avrebbe portato gli 80 assegni coperti
dai fondi di Anemone a Scajola per pagare in nero una grande parte
del prezzo della casa.
Nel caso del
palazzo di via dei Prefetti, invece, almeno a sentire l'ex
ministro delle Infrastrutture: "L'architetto Zampolini non ha
avuto alcun ruolo nell'acquisto che è stato fatto interamente con
soldi della mia famiglia". La società della famiglia Lunardi (è
intestata ai figli Giuseppe, 29 anni, che ne è amministratore,
Martina, 41 anni e Giovanna, 38 anni) ha acceso un mutuo di 2,8
milioni per comprare ma il valore commerciale dell'immobile è
almeno triplo.
Stiamo parlando
di quattro piani nel punto più bello di Roma, nove unità
immobiliari per complessivi 42 vani catastali ai quali si devono
aggiungere 88 metri quadrati di magazzini. La storia del palazzo
interessa molto gli investigatori anche per i soggetti coinvolti.
A vendere, anzi a svendere (se il prezzo dell'atto è reale) è
Propaganda Fide, allora diretta da Crescenzio Sepe, il cardinale
che è sempre stato lo sponsor di Angelo Balducci in Vaticano. Il
dirigente arrestato per corruzione nell'inchiesta sui Grandi
eventi, era consultore di Propaganda Fide.
Giovampaola
(Dal Giornale)
La vendita alla
famiglia Lunardi viene effettuata nel giugno del 2004. Un anno
dopo l'allora provveditore alle opere pubbliche del Lazio Angelo
Balducci, che aveva gestito il Giubileo del 2000 assieme al
cardinale Sepe, viene promosso presidente del Consiglio dei lavori
pubblici proprio da Lunardi, allora ministro delle Infrastrutture.
In quel periodo
Lunardi pensa anche di ristrutturare la sua villa di Basilicanova,
vicino a Parma e Balducci gli consiglia di rivolgersi all'amico
Diego Anemone. Quando la vicenda della villa, due mesi fa venne
scoperta dal Fatto Quotidiano, il ministro garantì di conservare
ancora le fatture di Anemone per circa 100 mila euro.
dell'appartamento con vista sul Colosseo
E allora
raccontò anche di avere dato una mano ad Anemone per l'acquisto
dei terreni sui quali sorge oggi il circolo Salaria Village.
Insomma, quello di via dei Prefetti è solo l'ennesimo incrocio tra
la "cricca" dei lavori pubblici e l'allora ministro. Con il Fatto
Lunardi minimizza: "Zampolini si era occupato del palazzo di via
dei Prefetti ma aveva curato solo la pratica per il passo
carrabile. Me lo aveva consigliato Angelo Balducci e lavorava già
per il ministero". Comunque la storia di quel palazzo si inserisce
in un contesto di rapporti inquietanti.
L'autista
tunisino di Diego Anemone, Laid Ben Hidri Fathi, ha raccontato ai
pm: "Ricordo che in un'occasione mi sono recato presso lo studio
professionale del Lunardi, che allora si trovava in via Parigi a
Roma, per portare il catalogo per una tappezzeria che poi fu
realizzata da Diego Anemone tramite un'impresa di tappezzeria. Ho
conosciuto anche la figlia di Lunardi e ricordo che in due
occasioni ho viaggiato da Roma a Milano per portarle delle buste.
Che le ho consegnato direttamente in aeroporto.
In una di
quelle occasioni Anemone mi disse di fare attenzione, dentro la
busta c'era un assegno". Anche sui rapporti tra il ministro e il
suo dirigente, l'autista tunisino ha molto da raccontare: "C'erano
rapporti molto stretti tra Balducci e Lunardi. Ho portato a
Lunardi alcuni progetti mi pare di ricordare predisposti dalla
società Medea (società di progettazione fondata da Anemone e Mauro
Della Giovanpaola, ndr). Ho capito che Lunardi li vistava e li
restituiva io ritiravo la documentazione in questione e la portavo
a Balducci". Ora gli investigatori vogliono capire se quelle buste
e quei progetti riguardassero anche il palazzetto di famiglia.
-05-2010]
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1- IL TERZO
UOMO DELLA ’CRICCA’ BALDUCCI-ANEMONE È IL CERIMONIERE DEL PAPA,
CAMALDO - 2- UN MONSIGNORE MOLTO GAIO BEN NOTO A PIZZI CHE LO
PIZZICÒ A UN PARTY DEL SARTO GAI MATTIOLO CON AMANDA LEAR E
DRAG-QUEEN MA SOPRATTUTTO A WOODCOCK CHE LO INTERROGÒ PER UNA
STORIA DI MASSONI E SERVIZI E DI VITTORIO EMANUELE - 3- CAMALDO IL
CALDO VA AD AGGIUNGERSI A DON EVALDO BIASINI, ECONOMO DELLA
CONGREGAZIONE DEI MISSIONARI DEL PREZIOSISSIMO SANGUE DI GESÙ, MA
SOPRATTUTTO BANCOMAT NECESSARIO AD ANEMONE PER RISOLVERE LE SUE
"URGENZE" - 4- GLI INVESTIGATORI: "PER BALDUCCI E PER ANEMONE,
AVERE UN PIEDE BEN PIANTATO IN VATICANO SIGNIFICAVA INNANZITUTTO
GODERE DI UN PATRIMONIO DI INFLUENZE MA ANCHE DI UN´OPPORTUNITÀ
DICIAMO DI LAVORO. SE SI PENSA AL PATRIMONIO IMMOBILIARE DI
PROPAGANDA FIDE", LA CONGREGAZIONE PER L´EVANGELIZZAZIONE DELLE
CASE. PARDON, LA CONGREGAZIONE PER L´EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI -
Carlo Bonini per la
Repubblica
Il segreto che ha protetto nel tempo il sistema "Anemone"
perde un altro pezzo. Oltre Tevere. E per mano dell´uomo che, nei
suoi verbali, ha già fatto i nomi degli ex ministri Claudio
Scajola e Pietro Lunardi. Interrogato dai magistrati di Perugia,
il cittadino Laid Ben Fathi Hidri, già tuttofare di Angelo
Balducci e autista del costruttore Diego Anemone, spiega oggi di
avere un ricordo nitido.
Un «importante monsignore» da cui, con regolarità,
accompagnava Anemone. Il Cerimoniere pontificio Francesco Camaldo,
fino al 1997 segretario particolare del cardinale Ugo Poletti e
oggi Prelato d´onore di Sua Santità. Fathi tutto appare meno che
uno sciocco e, dunque, raccontano che pronunci quel nome con una
certa fatica e timore, perché ne comprende il peso ma,
soprattutto, il significato nella ricostruzione del sistema di
relazioni tra la "Cricca" e i palazzi Vaticani.
Se erano infatti sin qui noti i rapporti di antica
amicizia e affetto tra monsignor Camaldo e il "gentiluomo di Sua
Santità" Balducci (i due si conoscono e frequentano dal 1988),
nessuno aveva ancora collocato Anemone accanto a quello stesso
nome e indirizzo al di là dei confini Vaticani.
Quasi che il rapporto del costruttore con gli uomini di
chiesa dovesse risolversi nel solo «amico di famiglia» don Evaldo
Biasini, economo della Congregazione dei missionari del
Preziosissimo sangue di Gesù, ma soprattutto - come hanno sin qui
documentato le indagini di Firenze e Perugia - cassa continua del
contante necessario ad Anemone per risolvere le sue "urgenze".
Camaldo, monsignore di cui si racconta il gusto per le
cose belle e le relazioni importanti, non è un nome nuovo alle
cronache giudiziarie di questo Paese. Nel 2006 viene infatti
interrogato a Potenza dal pm Henry John Woodcock in una storia
tanto torbida quanto confusa di massoni e Servizi. Di cui non
conta dare il dettaglio, ma che illumina il suo rapporto con
Angelo Balducci.
Nell´indagine si accerta infatti che il monsignore,
finito nei pasticci per il preliminare di acquisto di Villa Loren
ai Castelli Romani, ha chiesto al secondo una somma importante,
280 mila euro, con cui estinguere un debito che lo «assilla». Una
somma che Balducci, interrogato, spiegherà di aver messo a
disposizione di Camaldo «attraverso il suo conto bancario in
Vaticano con un´operazione di trasferimento all´interno della
stessa banca».
Non è dato sapere se quei soldi siano mai rientrati a
Balducci, ma sono pubbliche le parole con cui Camaldo, lo scorso
febbraio, unica e autorevole voce d´Oltre Tevere, commenta
l´arresto di Balducci: «Sono molto addolorato. É una persona di
assoluta limpidezza morale, conosciuta e stimata in Vaticano da
tanti anni. Sono certo che dimostrerà la sua assoluta estraneità
alle accuse che gli vengono mosse».
Camaldo-Balducci, dunque. Ma perché e per quali ragioni
Camaldo-Anemone? Se è ragionevole pensare infatti che a introdurre
il costruttore al monsignore sia stato Balducci, perché Anemone
avrebbe comunque coltivato con Camaldo anche un rapporto
esclusivo?
Chi indaga è convinto che rispondere a questa domanda
significhi avvicinarsi alle ragioni che, nell´anno del Giubileo
(il 2000), trasformano il Provveditore alle Opere pubbliche del
Lazio (Balducci) e un piccolo costruttore con ditte a Settebagni
(Anemone) nei futuri padroni delle Grandi Opere pubbliche, a
dispetto delle stagioni politiche di diverso colore che si
succedono e che i due attraversano.
«Da quanto abbiamo sin qui capito - spiega una
qualificata fonte investigativa - per Balducci, ma a maggior
ragione per Anemone, avere un piede ben piantato in Vaticano
significava certamente e innanzitutto godere di un patrimonio di
influenze ma, anche, di un´opportunità diciamo di lavoro. Se si
pensa al patrimonio immobiliare...».
Le parole dell´investigatore sono più di una suggestione
e invitano a guardare l´altro nesso sin qui emerso tra la Cricca e
Oltre Tevere. "Propaganda Fide", la Congregazione per
l´Evangelizzazione dei Popoli. Sappiamo già che nelle carte
dell´inchiesta di Perugia e Firenze, è documentata la circostanza
dell´acquisto dell´ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi
di un palazzo in via dei Prefetti (nel cuore di Roma) di proprietà
della Congregazione.
E il dato, sin qui isolato, con il progredire
dell´indagine appare sempre meno neutro. Con la guida di
"Propaganda Fide" dell´influente cardinale Crescenzio Sepe (oggi
all´Arcidiocesi di Napoli) prima, e del porporato indiano Ivan
Dias, poi, Balducci entra infatti nel cuore della Congregazione e
delle sue ricchezze immobiliari.
E questo perché Sepe decide di nominare quel provveditore
alle Opere pubbliche del Lazio (che ha conosciuto durante il
Giubileo da presidente del Comitato Organizzativo) membro del
comitato di saggi che ha il compito di mettere in ordine e a
reddito lo straordinario patrimonio di "Propaganda", per lo più
concentrato a Roma, ma con importanti proprietà all´estero.
Con Balducci, che ha competenza per la parte strutturale
del patrimonio immobiliare, siedono nel comitato il manager
Francesco Silvano, ex presidente dell´ospedale Bambin Gesù (per la
parte economica) e l´avvocato dello Stato Ettore Figliolia (sarà
capo dell´ufficio legislativo del vicepremier Francesco Rutelli
nel secondo governo Prodi e lo si ritroverà a presiedere in almeno
tre circostanze arbitrati che decidono le sorti di contenziosi su
grandi opere pubbliche).
Ebbene, per chi oggi indaga, la domanda è: per Balducci e
il sistema Anemone, "Propaganda" fu un punto di arrivo, o di
partenza? E chi, di qua del Tevere, ne beneficiò? Potrebbe
rispondere Anemone. Non l´ha fatto fino ad oggi. Difficilmente lo
farà da domenica, quando insieme con Mauro Della Giovampaola
tornerà ad essere un uomo libero.
07-05-2010]
|
DON
BANCOMAT – ERA UN SACERDOTE DI 83 ANNI LA BANCA OCCULTA DEL
’SISTEMA ANEMONE’ – PER I PM DON BIASINI CUSTODIVA PER
L’IMPRENDITORE CONTANTI E CONTI CORRENTI “CIFRATI” - SORGE
SPONTANEO IL DUBBIO: DIETRO, BALDUCCI-ANEMONE, CI SONO PER CASO
GLI INTERESSI DELLA SANTA SEDE CHE METTEVA A DISPOSIZIONE IL
DENARO PER ACQUISIRE CASE DA GIRARE A CHI CONTA?...
Gian Marco
Chiocci e Massimo Malpica per "Il Giornale"
Nel «sistema
Anemone», quello messo in piedi dal giovane imprenditore romano
per conquistarsi una posizione di privilegio nel circo dei appalti
milionari per grandi eventi e grandi opere, la circolazione del
denaro era ovviamente un ingranaggio decisivo. Gli accertamenti
delle Fiamme gialle di cui si parla in questi giorni - per
intenderci, quelli relativi agli appartamenti che secondo i
magistrati di Perugia Diego Anemone avrebbe acquistato
nell'interesse del ministro Scajola e dello 007 Pittorru -
mostrano una modalità di operazioni di «copertura».
A dar retta ai
pm umbri, dunque, Anemone si sarebbe appoggiato a due
professionisti - il commercialista Stefano Gazzani e l'architetto
Angelo Zampolini - come «riciclatori del denaro provento dei
delitti contro la pubblica amministrazione» e «come soggetti
intermediari per la dazione del denaro oggetto della corruzione».
Un filone
ancora tutto da accertare. Ma, soprattutto, solo uno dei vari
meccanismi che l'imprenditore avrebbe perfezionato per
«nascondere» i flussi finanziari. E la parte dei fondi neri da
utilizzare per le spese correnti non ufficiali, a cominciare dalle
mazzette.
CASSA
CONTINUA NEL NOME DEL SIGNORE... ANEMONE...
Tra gli altri, infatti, c'è la «banca in clergyman» che, secondo
gli inquirenti, risponde al nome di don Evaldo Biasini. Il
religioso ciociaro di 83 anni, economo della Congregazione dei
missionari del Preziosissimo sangue, aveva infatti con Anemone un
legame decisamente insolito. Tanto da guadagnarsi tra gli
investigatori l'appellativo di «don Bancomat».
In pratica il
prete avrebbe custodito somme sia in contanti sia nei conti
correnti intestati a lui o alla congregazione che appartenevano di
fatto ad Anemone. Che poteva quindi contare su una fonte di
prelievo «sicura» e irrintracciabile, con un giro di denaro
valutato in circa 4 milioni di euro. Di questi «sottoconti», don
Evaldo teneva meticolosi rendiconti contabili su cui registrava
movimenti di dare e avere con il facoltoso amico.
BIASINI
SOTTOCONTI
CRIPTATI: «DANE» E «MANNEO E»...
Il religioso sarebbe arrivato, a fine anno, a riconoscere ad
Anemone un interesse sulle somme informalmente «depositate» sui
conti in subaffitto. Conti che don Bancomat «cifrava» chiamandoli
con nomi come «Ad» (iniziali di Anemone) «Dane» (acronimo di Diego
Anemone) o «Manneo E» (anagramma del cognome dell'imprenditore). È
la perquisizione nei confronti del religioso a scoprire le carte,
altrimenti inaccessibili persino agli accertamenti bancari più
accorti e minuziosi.
A incastrare il
sodalizio tra i due era stata la rete di intercettazioni
telefoniche lanciata dagli investigatori per svelare i rapporti
tra l'imprenditore e la «cricca» della Ferratella. E a far
incuriosire gli inquirenti, in particolare, è la richiesta di
denaro contante che Anemone rivolge a don Evaldo mentre viene
intercettato, il giorno prima di un incontro (mai riscontrato dai
carabinieri del Ros) con il capo della Protezione civile Guido
Bertolaso. Gli uomini dell'Arma ritengono che Anemone voglia una
«mazzetta» da recapitare a mister emergenza. Non ne trovano
traccia, ma in compenso risalgono a una fitta serie di contatti
tra l'imprenditore e il sacerdote, che sembrano sempre finalizzati
a prelievi di somme.
Pittorru
OFFERTE PER
L'AFRICA E PER L'AMICO DIEGO...
Si parla di una «cassaforte», e salta fuori una somma -
«cinquantamila» - destinata all'«Africa», che don Evaldo però è
disposto a concedere all'amico Diego. Quando a febbraio viene
interrogato dai carabinieri, proprio l'economo in clergyman
chiarisce che sì, si trattava di 50mila euro raccolti con le
offerte per i bambini aiutati dalle missioni in Africa. «Li avrei
dati ad Anemone - spiega don Evaldo - con l'accordo che me li
avrebbe restituiti prima di partire per l'Africa, oppure li avrei
detratti dal suo deposito fiduciario di cui vi ho fornito il
rendiconto».
C'è da dire che
non sono solo i soldi a legare i due. L'impresa di Anemone,
infatti, si occupa anche di una serie di lavori di
ristrutturazioni per edifici di proprietà della congregazione del
Preziosissimo sangue. In parte «certificati» dall'emissione di
fatture, in parte, invece, lasciati scoperti. L'idea degli
inquirenti è che l'imprenditore non si facesse pagare tutto,
creando un «fondo» a cui poi attingere, e che talvolta rimpinguava
direttamente con versamenti in contanti, che con i lavori non
avrebbero nulla a che vedere.
«ENTRATE» E
«USCITE» LE CIFRE SEGRETE SUL C/C...
Quanto ai rendiconti, quelli in cui il nome di Anemone viene
ingenuamente «cifrato» dal religioso, l'ultimo (quello intestato a
«Manneo E») arriva a certificare i movimenti fino al 31 dicembre
dell'anno scorso. E riporta un saldo attivo per l'imprenditore di
quasi mezzo milione, 475.410,48 euro, per la precisione. Per
capire la frequenza delle «operazioni», basta scorrere la lista
movimenti relativa al 2008. L'anno inizia con l'apertura del conto
per un controvalore di 183mila euro. Poi, in primavera, il denaro
si muove vorticosamente. Il 19 marzo Anemone deposita 158mila
euro. Il 7 aprile 99mila. Il 9 aprile altri 61mila. L'11 dello
stesso mese ancora 36mila.
Quindi partono
i prelievi. Trentacinquemila euro «cash» il 23 aprile, 50mila
sempre in contanti una settimana dopo. Il 7 maggio altro prelievo
per 15mila euro, otto giorni più tardi passa la segretaria di
Anemone, Alida, e va via con 20mila euro in tasca. Due giorni dopo
sempre Alida ritira 30mila euro, e altri 50mila euro tornano ad
Anemone il 26 maggio. Alla fine dell'anno, don Bancomat annota
zelante anche l'ammontare degli interessi, pari a 7.553,74 euro.
Che Anemone «ritira x bambini Africa cash». Insomma, c'è persino
spazio per la beneficenza.
Tornando alla
cassaforte, gli uomini del ros ci trovano una sorpresa. Una serie
di assegni circolari intestati a una certa «A. S.», figlia di un
italiano e una finlandese, che i carabinieri annotano essere
«emigrata dal 10.7.2009». In realtà gli investigatori sospettano
che quei titoli di credito siano legati a una visita che don
Bancomat aveva ricevuto il 21 gennaio 2010 nella sede della
congregazione.
Giovampaola
(Dal Giornale)
ASSEGNI PER
300MILA EURO DA DELLA GIOVAMPAOLA...
Quel giorno Anemone aveva portato con sé Mauro Della Giovampaola,
il funzionario di via della Ferratella. E don Evaldo racconta al
ros che Della Giovampaola «gli ha consegnato assegni circolari per
un importo di circa 300mila euro, in parte successivamente versati
sul conto n. 1562 della Banca (intestato alla congregazione, ndr),
e in parte ancora custoditi all'interno della cassaforte presso la
sede della congregazione».
Il giorno dopo
la perquisizione è lo stesso don Evaldo che, ormai pienamente
collaborante, avvisa gli inquirenti di aver trovato altri dieci
assegni circolari, per circa 120mila euro di controvalore, sempre
appartenenti al «pacchetto» di Della Giovampaola, non ancora
depositati da un suo assistente. Forse, ritengono gli
investigatori, anche il collega di Balducci voleva aprire un conto
nella privatissima banca «inventata» da Anemone.
[03-05-2010]
|
I DISGUIDI DI SUPERGUIDO – BERTOLESO NON È STATO
SCAGIONATO COME MOLTI DICONO! È ANCORA INDAGATO PER CORRUZIONE –
SECONDO LE IPOTESI DEI MAGISTRATI DI PERUGIA, I SOLDI DI DON
“BANKOMAT” POTREBBERO ESSERE FINITI ANCHE A LUI - SI INDAGA SULLA
MISTERIOSA FINE DI 50MILA EURO…
Marco Lillo per "il
Fatto Quotidiano"
Bertolaso è stato scagionato. Questa frase è stata usata
più volte nei commenti sul caso Scajola per sostenere un
garantismo di maniera per l'indifendibile ministro con mezzanino
da 200 metri quadri e vista Colosseo. Vittorio Feltri, per esempio
ha scritto: "Bertolaso è stato prima linciato e poi scagionato"
per invocare un trattamento diverso per Scajola. Peccato che
Bertolaso non è mai stato scagionato.
Per i pm di Perugia Alessia Tavernesi e Sergio Sottani, è
ancora indagato per corruzione. Dopo averlo interrogato nelle
settimane scorse, non hanno affatto archiviato la sua posizione
perché Bertolaso non deve averli convinti a pieno con le sue
affermazioni sulle "normali prestazioni fisioterapiche" del
circolo Salario.
Basta leggere l'allegato numero uno della richiesta di
arresto del secondo filone di indagine, quello che ha provocato le
dimissioni di Scajola, per capire che gli investigatori non hanno
affatto mollato la presa sul capo della Protezione civile. Le
ragioni per le quali Bertolaso è indagato sono due: il sospetto
che abbia preso soldi per asservire la sua funzione agli interessi
di Anemone e gli elementi raccolti per sostenere che abbia
usufruito di prestazioni sessuali all'interno del suo Circolo, il
Salaria Village.
La prossima settimana, da quello che risulta al "Fatto
Quotidiano", gli investigatori approfondiranno il filone sexy,
sentendo le ragazze del Circolo Salaria per capire cosa faceva
Guido Bertolaso in una notte di dicembre nel centro benessere da
solo con la bionda brasiliana Monica. Ma anche sul primo filone,
quello dei soldi, che sembrava meno interessante, è seguito con
attenzione dagli investigatori.
Nell'informativa dei Carabinieri del Ros del 13 febbraio
scorso, allegata dai pm di Perugia alla richiesta di arresto
contro Angelo Zampolini, Claudio Rinaldi e Stefano Gazzani, sono
riportate numerose intercettazioni di Bertolaso e Anemone del 2008
e del 2009. In particolare c'è la sequenza di chiamate che prelude
all'incontrodel21settembre2008 e a un secondo appuntamento fissato
tra i due per il 23 settembre.
Siamo in un momento topico dei lavori del G8.
L'imprenditore Anemone sta cercando di ottenere il via libera
all'aumento dei costi del 23 per cento, per un importo di circa 70
milioni. Anemone incontra Bertolaso il 21 settembre al bar di
piazza Ungheria alle 10 e 30. Un'ora prima chiama don Evaldo
Biagini, detto anche don Bancomat, e gli chiede soldi. Il
sacerdote però ha solo 10 mila euro. Non bastano.
Alle 10 e 30 Anemone vede il sottosegretario e alle 11
chiama la moglie per dire che l'incontro è andato bene. Alle 17
ordina al suo braccio destro di organizzare la festa
"megagalattica" con tre ragazze al circolo per Guido. Il giorno
dopo Anemone torna alla carica con don Bancomat: "Quanto c'hai?" e
Evaldo Biagini replica: "50 passa alle 16". Il 23 settembre
Anemone richiama Bertolaso e fissa un secondo incontro in serata.
Subito dopo si
mette a cercare disperatamente altri 50 mila euro. La prova che
Bertolaso abbia incassato i 50 mila euro non è stata trovata. Ma i
Carabinieri hanno trovato la prova che sono usciti. Il Ros allega
all'informativa il conto depositi e prelievi di don Evaldo e in
corrispondenza del 22 settembre si legge: "Anemone ritira cash per
50 mila euro".
[06-05-2010]
|
A
MARPIONNE DEL QUOTIDIANO "LA STAMPA" E DELLA QUOTA 'CORRIERE' NON
FREGA UN TUBO
I giornalisti che lavorano al quotidiano "La Stampa" di proprietà
Fiat si chiedono da alcuni giorni che fine faranno.
La domanda è sorta all'indomani della presentazione di
Sergio Marpionne del nuovo Piano industriale che prevede la
separazione tra Fiat Auto e Fiat Industrial. Quest'ultima sarà la
società nella quale confluiranno le attività delle aziende come
Iveco e CNH che non sono omogenee all'automobile. Nel suo annuncio
del 21 aprile Marpionne ha detto testualmente "non c'è più ragione
per mantenere insieme settori che operano con logiche industriali
e finanziarie così diverse...il concetto di un conglomerato è
ormai antiquato e la struttura esistente non serve più ad alcun
fine utile".
Queste cose si leggono alla pagina 8 di "The five year
plan", il documento di 14 cartelle che l'italo-canadese dal
pullover sgualcito ha presentato nel corso dell'Investor Day di
Torino. Spulciando il Piano che ha fatto godere la Borsa con un
rialzo dei titoli Fiat ed Exxor, non si trova alcun riferimento al
settore editoriale dove la Fiat ha il controllo totale della
"Stampa" e detiene il 10% circa di Rcs, il gruppo del "Corriere
della Sera". Qualche analista sostiene che l'editoria finirà
all'interno di Fiat Auto, cioè della società che continuerà a
produrre automobili insieme a Chrysler.
Questa è la tesi che appare anche sul sito
www.lavoce.info a firma di Riccardo Puglisi, un collaboratore che
si occupa di mass media e lavora tra Boston e Bruxelles. Secondo
la sua opinione il giornale storico che i torinesi chiamano "la
busiarda" e la partecipazione nel "Corriere" resteranno attaccati
a Fiat Auto per ragioni strategiche e per coprire le spalle di
Marpionne nelle sue avventure industriali.
In realtà nel Piano industriale non c'è traccia di questa
intenzione ed è noto che l'uomo del pullover non ha mai
considerato il giornale essenziale per le sue strategie
planetarie.
La domanda quindi sul destino della "Stampa" rimane
appesa ed è probabile che l'esito finale veda "la busiarda" e la
Juventus finire nella cassaforte della Sacra Famiglia degli
Agnelli.
4
- "CALTARICCONE" NON HA ALCUNA INTENZIONE DI MOLLARE LA PRESA
SULL'ACEA (LA MEDIAZIONE DI BOLLORÈ)
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori
naviganti che Francesco Gaetano Caltagirone (l'imprenditore romano
che sarebbe più opportuno chiamare "Caltariccone") non ha alcuna
intenzione di mollare la presa sull'Acea, la multiutility dove
detiene più del 10%.
A Dagospia
risulta infatti che nelle prossime settimane Caltariccone
continuerà a comprare azioni della società dove si trova a
misurarsi con i francesi di Gdf-Suez. Invece di fare la battaglia
contro i soci parigini che chiedono 1 miliardo di indennizzo all'Acea,
il suocero di Pierfurby Casini si sta attivando per una mediazione
che dovrebbe essere portata avanti da Vincent Bollorè, il
finanziere francese che come Caltariccone è diventato da pochi
giorni vicepresidente di Generali". [04-05-2010]
|
VERDINI, INDAGATO PER CORRUZIONE DALLA PROCURA DI ROMA –
FAREBBE PARTE DI UN “COMITATO D’AFFARI CHE SI SAREBBE OCCUPATO, IN
MANIERA ILLECITA, DI APPALTI PUBBLICI, IN PARTICOLARE I PROGETTI
SULL’EOLICO IN SARDEGNA” - E TRA GLI INDAGATI SPUNTA IL NOME DI
FLAVIO CARBONI… Ansa) - Denis Verdini, uno dei coordinatori
nazionali del Pdl, è indagato dalla procura di Roma per corruzione
nell'ambito dell'inchiesta riguardante un presunto comitato
d'affari che si sarebbe occupato, in maniera illecita, di appalti
pubblici, in particolare i progetti sull'eolico in Sardegna.
Ieri, a Firenze, è stato perquisito il Credito
Cooperativo Fiorentino, istituto bancario presieduto da Verdini.
Gli investigatori inviati dal procuratore aggiunto Giancarlo
Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli erano alla ricerca del
passaggio di un certo numero di assegni dei quali gli inquirenti
intendono accertare la provenienza e la destinazione. In procura
c'é un grande riserbo sulla natura delle indagini in corso
VERDINI
Gli
accertamenti su quello che si ritiene essere stato un giro di
appoggi e di promesse per favorire alcuni imprenditori sono stati
avviati nel 2008 nel quadro di un'altra indagine avviata dalla
Direzione distrettuale antimafia. Oltre a Verdini sono indagati,
tutti per concorso in corruzione, anche l'uomo d'affari Flavio
Carboni, il costruttore Arcangelo Martino, il consigliere
provinciale di Iglesias Pinello Cossu, il consigliere dell'Arpa di
Sanremo Ignazio Farris, e un magistrato tributario, Pasquale
Lombardi. [05-05-2010]
|
UNA LETTERA
ANONIMA HA BRUCIATO SCAJOLA – CINQUE PAGINE ZEPPE di accuse
pesantissime e di molti errori grammaticali SPEDITA ALLA PROCURA
DI FIRENZE QUASI TRE MESI FA, all’indomani degli arresti per gli
appalti del G8 e delle indagini che hanno coinvolto il
sottosegretario Bertolaso e lambito perfino Gianni Letta - Questi
errori potrebbero celare un goffo tentativo di depistaggio o
tradire la fonte che vorrebbe rimanere segreta - il riciclaggio di
denaro attraverso la compravendita di immobili in Tunisia...
Roberta Catania
per "Libero"
Questa è la
storia di una velina che ha decapitato un ministro. I guai del neo
dimissionario Claudio Scajola e dell'ex collega Pietro Lunardi,
che nel precedente governo Berlusconi guidava il ministero per le
Infrastrutture, iniziano da una lettera anonima spedita quasi tre
mesi fa alla procura di Firenze. Una lettera di cinque pagine,
scritta all'indomani degli eclatanti arresti per gli appalti del
G8 e delle indagini che hanno coinvolto il sottosegretario Guido
Bertolaso e lambito perfino Gianni Letta.
Visti i titoli dei telegiornali, infatti, il 10 febbraio
scorso un uomo decide di mettere nero su bianco alcune importanti
indicazioni, piene di accuse pesantissime e di molti errori
grammaticali. Acca che spariscono, doppie che si aggiungono dove
non occorrono, accenti sballati. Libero sceglie di pubblicare
integralmente il documento, svarioni compresi, in maniera del
tutto fedele, salvo alcuni passaggi incomprensibili causa grafia
illeggibile o problemi nella riproduzione fotografica.
Anche questi refusi, infatti, sono indicativi del
personaggio che gli inquirenti hanno ritenuto credibile, tanto da
avviare il secondo filone con l'inchiesta sulle case e da
autorizzare l'invio ufficiale del carteggio (cinque pagine
comprensive di schema della «piovra», cioè il meccanismo di
presunte tangenti sugli appalti).
Questi errori potrebbero celare un goffo tentativo di
depistaggio o tradire la fonte che vorrebbe rimanere segreta,
restringendo il campo di ricerca tra gli ex colleghi dell'agenzia
immobiliare dove lavorava il tunisino prima di essere assoldato da
Angelo Balducci come tuttofare. Molte delle circostanze riportate
nei fogli manoscritti hanno trovato riscontro nell'interrogatorio
come persona informata dei fatti di Hidri Fathi Ben Laid, classe
1959 e da 21 anni residente in Italia. L'anonimo lo cita come
«Fati», e mostra di averlo conosciuto bene e da vicino.
Altre accuse, però, gravissime segnalazioni come le
presunte tangenti per l'ex ministro Lunardi e il riciclaggio di
denaro attraverso la compravendita di immobili in Tunisia, sono
materiale su cui gli investigatori stanno iniziando adesso gli
accertamenti. Nulla di certo, è doveroso sottolinearlo: per ora si
tratta di pure illazioni, per di più anonime. Ma che i pm hanno
preso molto sul serio, e che ieri hanno contribuito a far cadere
la prima testa.
[05-05-2010]
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VERSO
L’INFINITO E OLTRE! DALLA CASA DI SCAJOLA AL PALAZZO LUNARDI -
MAXI AFFARE DA PROPAGANDE FIDE (A CURA DEL GENTIL-OMO DEL PAPA
BALDUCCI): 42 VANI, 4 PIANI CON UN MUTUO DA 2,8 MILIONI DI EURO
(IL VALORE COMMERCIALE È ALMENO IL TRIPLO) - 2- MONDIALI DI NUOTO
A ROMA: SI SONO RIFATTI I CIRCOLI PRIVATI A SPESE DEL CONTRIBUENTE
- 3- LE “INTRUSIONI DELLA POLITICA” SONO DA CENSURARE A SECONDA
DEL BANCHIERE CON CUI CI SI SCHIERA? INTANTO LEGA E PDL, A TORINO
E DINTORNI, RINGRAZIANO SENTITAMENTE PER LO SPETTACOLO OFFERTO
DALLA SINISTRA BANCARIA DI ENRICO LETTA
a cura di
Minimo Riserbo e Falbalà
1- CHAPEAU!
...
"Un subprime di Stato per Atene: così i prestiti
si trasformano in crediti". Sul Cetriolo Quotidiano, il misterioso
banchiere che si cela dietro il nick "Superbonus" racconta quanto
costa all'Italia salvare la Grecia. Pezzo mitico. La prova che
bisogna aprire i giornali alle intelligenze esterne, ovunque si
nascondano (p.11).
2-
SCIABOLETTA CIRCOLARE ...
"Scajola sotto accusa, ora è in bilico. Oggi
incontro decisivo con Berlusconi: il ministro verso le
dimissioni". Il Corriere tumula in anticipa l'Ottavo nano del
Colosseo, l'unico governante dell'Occidente che fa i rogiti al
ministero, in seduta plenaria e alla presenza della Corte. Il mite
Massimo Franco, in prima pagina sul Corriere delle Elite
corrucciate, gli intima: "Chiarire subito"!
Dentro,
Fiorenza Sarzanini infilza ancora il ministro al porticciolo di
Imperia: "Le sorelle che hanno venduto al ministero: "Ecco le
prove degli assegni per la casa". Accertamenti su 30 conti
intestati alla segreteria di Anemone. I pm: schermo per altre
operazioni" (p.5). Verbali a raffica anche sulla Stampa ("Ecco
come Scajola mi diede quegli assegni", p.3). Mentre Feltrusconi,
con un editoriale in prima pagina, suona la campanella delle
dimissioni per "u ministru" (p.1). Segnale pesante, quello dal
Giornale di famiglia.
3- FACCIA DA
ROCKSOIL ...
Colpaccio di Marco Lillo sul Cetriolo Quotidiano,
l'unico giornale che quando provi a incartarci il pesce quello si
mette la pinna al cu... "Palazzo Lunardi. Coincidenze: maxi affare
comprando da Propagande Fide, stesso notaio del collega ministro,
stesso periodo d'acquisto". Si tratta solo di "42 vani, 4 piani
con un mutuo da 2,8 milioni di euro. Il valore commerciale in
quella zona è almeno il triplo. Dell'ente religioso era
consigliere l'ex "mister G8" Balducci" (CQ, p.3).
Micidiale anche
il pezzo di Massimo Malpica, sul Giornale (p.4): "Il tunisino che
accusa Lunardi: "Portai due buste a sua figlia". Dentro, non
c'erano gli auguri di Natale.
4- UNA
PISCINA DI CACCA VI SOMMERGERà ...
"Perugia, le carte dei pm. Le nuove intercettazioni sui Mondiali
di Nuoto: "Un cantiere da terzo mondo. Messaggi e incontri a
Palazzo Chigi, così Balducci informava Letta". Su Repubblica
(p.4), Francesco "Gstz" Viviano affonda la pala nelle piscine dei
circoli sul Tevere. Altro che terzo mondo! Si sono rifatti i
circoli privati a spese del contribuente.
Mentre lavora
alacremente per i Mondiali, la banda dei "400 misti" (cemento,
cacca, fanga e falanghina) va in confusione perché Fabrizio Gatti
dell'Espresso comincia ad accendergli un bel faro sopra. C'è chi
va a Palazzo Chigi per chiedere protezione. C'è chi cerca la
talpa. E alla fine c'è la meravigliosa lite per sms tra Angelina
Balducci e l'ingegner Claudio Rinaldi (oggi in carcere).
Balduccione
ritiene il socio responsabile della fuga di notizie e gli scrive:
"Ricordati quello che ti dico. LA PAGHERAI TUTTA". E Rinaldi: "Ho
sempre pagato tutto, non si è mai lamentato nessuno". Balduccione:
"Fai pure il gradasso, ti renderai conto di che cosa sei dalla mia
reazione". Scambio di opinioni da veri gentiluomini di Sua
Santità, non c'è che dire.
5 -C'ERAVAMO
TANTO AMATI ...
"Il giallo della casa di Gaucci e Lady Fini". Gian
Marco Chiocci lavora da par suo sulla storia scoperta da Dagospia
e porta a casa un bel paginone divertente: "L'ex patron del
Perugia fa causa a Elisabetta Tulliani, oggi compagna del
presidente della Camera: "Nove anni fa le ho intestato 4
appartamenti comprati con i miei soldi, adesso li rivoglio
indietro". Lei nega: "Tutto falso" (Giornale, p.5).
|
1- SILENZIO,
PARLA SCAJOLA! L’UNICO UOMO AL MONDO CHE È RIUSCITO A COMPRARSI
(NELL’ANNO DI GRAZIA 2004) UN APPARTAMENTO VISTA SUL COLOSSEO PER
600 MILA EURO - #2- MENTRE TUTTA LA STAMPA SI CIUCCIA LE FAVOLE
DEL MINISTRO, TUTTI ZITTI SUL ’REGALO’ DI UN MILIONE E MEZZO DI
EURO CONCESSO DA MAMMA RAI ALLA ’SUOCERA’ DI FINI (MA DOVE È
FINITA LA TASK FORCE ANTI-CASTA STELLA & RIZZO, D’AVANZO & BONINI?
SILENZIATI PER ANTI-BERLUSCONISMO, NON SI TOCCA FINI, LA "SÒLA
DELL’AVVENIRE"?) - #3- SUL ’CORRIERE’ CI SALVA LA SARZANINI CHE FA
A FETTINE LA CRICCA DEI POTERI MARCI - ECCO BUSTE DAL ’CONTENUTO
SCONOSCIUTO CONSEGNATE A ’VARI SOGGETTI, ALCUNI DEI QUALI
MINISTRI’ PER CONTO DI ANGELO BALDUCCI E DEL COSTRUTTORE DIEGO
ANEMONE - #4- E SBUCA IL NOME DI PIETRO LUNARDI, ALL’EPOCA
TITOLARE DELLE INFRASTRUTTURE. #5- LE CARTE PROCESSUALI MESSE
SVELANO L’ESISTENZA DI CONTI ALL’ESTERO DELLO STESSO BALDUCCI E
DEL COMMISSARIO PER I MONDIALI DI NUOTO, CLAUDIO RINALDI - #6- "FATHI,
FACCENDIERE DI BALDUCCI E ANEMONE, AFFERMA DI AVER CONSEGNATO I
500.000 EURO IN CONTANTI IN LARGO ARGENTINA E PROPRIO ALL’AGENZIA
DELLA DEUTSCHE BANK CHE SI TROVA A QUELL’INDIRIZZO SONO STATI
EMESSI GLI ASSEGNI CIRCOLARI PER 900.000 EURO POI GIRATI ALLE
VENDITRICI DELLA CASA A SCAJOLA E DI CUI I 500.000 EURO APPAIONO
COSTITUIRE PARTE DELLA PROVVISTA VERSATA IN CONTANTI"
1 - CHE
CRICCA!
fiorenza sarzanini per
il
corriere della sera
Buste dal
«contenuto sconosciuto» consegnate a «vari soggetti, alcuni dei
quali ministri» per conto di Angelo Balducci e del costruttore
Diego Anemone. Un nuovo testimone interrogato dai magistrati di
Perugia rivela inediti e clamorosi dettagli sui rapporti con i
potenti di chi gestiva gli appalti pubblici e in particolare
quelli per i Grandi Eventi. Racconta il suo ruolo di intermediario
anche nell'operazione pianificata per l'acquisto dell'appartamento
poi intestato a Claudio Scajola, all'epoca titolare del dicastero
per le Attività Produttive.
pasta
Nonleggerlo
E poi - tra le
persone incontrate - fa il nome di Pietro Lunardi, all'epoca
titolare delle Infrastrutture. Le carte processuali messe a
disposizione degli indagati svelano l'esistenza di conti
all'estero dello stesso Balducci e del commissario per i Mondiali
di Nuoto, Claudio Rinaldi. Alla richiesta di arresto per
quest'ultimo, per il commercialista Stefano Gazzani e per
l'architetto Angelo Zampolini - respinta dal giudice che ritiene
competente la magistratura romana e ora all'esame del tribunale
del Riesame - sono allegati verbali e informative che
ricostruiscono la rete di rapporti alimentata dai componenti della
"cricca".
I contanti
del tunisino
Il 25 marzo scorso viene interrogato a Firenze Laid Ben Hidri
Fathi che, come si legge nell'istanza dei pubblici ministeri
Sergio Sottani e Alessia Tavarnese, «in passato è stato l'autista
tuttofare e uomo di fiducia di Angelo Balducci e di Diego Anemone
e da loro aveva ottenuto deleghe bancarie per operare sui conti
correnti». Nel 2004 l'uomo si appropria di 200.000 euro e
sparisce. Ricompare nel 2006 e, dopo aver chiesto perdono,
riallaccia i contatti con i due.
Qualche giorno
fa viene convocato anche a Perugia. Così il suo verbale viene
ricostruito nel documento stilato dai magistrati dell'accusa: «Il
cittadino di origine tunisina ha riferito di aver conosciuto
Angelo Balducci molti anni fa lavorando presso l'agenzia
immobiliare Toscano di via Salaria e di aver cominciato a lavorare
con lui come autista tuttofare quando lo stesso era Provveditore
alle opere pubbliche del Lazio. Di aver lavorato come dipendente
di fatto del Balducci, ma di essere stato di volta in volta
formalmente assunto e retribuito da imprese che con Angelo
Balducci lavoravano con appalti da lui concessi per la carica
ricoperta».
Buste e
soldi per i ministri
E ancora: «La conoscenza con Anemone avviene nel 2000, sempre
tramite Balducci che con Anemone appare "essere in società", come
specifica il testimone. A quel periodo risale la stretta
collaborazione con Anemone, che lo avrebbe autorizzato anche ad
operare su alcuni conti delle società del Gruppo. Proprio
nell'ambito dell'attività di gestione dei fondi di spettanza delle
ditte di Anemone, Fathi fa il nome di Angelo Zampolini, soggetto a
cui più volte lo stesso dice di aver consegnato somme in denaro,
in quanto persona "che faceva operazioni immobiliari per conto di
Balducci e Anemone con intestazione ad altre persone"».
Ed ecco la
rivelazione: «Riferisce poi l'ex autista di una serie di contatti
che per conto di Balducci e di Anemone lo stesso avrebbe
intrattenuto con vari soggetti, alcuni dei quali ministri, a cui
consegnava messaggi o buste di contenuto sconosciuto, per conto di
Balducci e dello stesso Anemone ». L'uomo fa il nome di Pietro
Lunardi e su questa circostanza i magistrati hanno avviato
verifiche per scoprire a quale scopo avvenissero questi incontri.
Intanto si
concentrano sull'acquisto dell'appartamento per Claudio Scajola. E
scrivono: «Riferisce in particolare lo stesso Hidri Fathi che in
un'occasione ha consegnato all'architetto una somma di 500.000
euro in contanti (che aveva precedentemente provveduto a cambiare
in banconote di più grosso taglio presso altra banca), che tale
consegna è avvenuta non presso lo studio di Zampolini, ma nei
pressi, vicino Largo Argentina. Tale somma, nella narrazione del
Fathi sarebbe dovuta servire (perché di ciò informato direttamente
da Zampolini) all'acquisto di un immobile dietro il Colosseo».
I magistrati
non sembrano avere dubbi sul fatto che questa operazione riguardi
proprio il ministro perché, sottolineano, «Fathi afferma di aver
consegnato i 500.000 euro in contanti in Largo Argentina e proprio
all'agenzia della Deutsche Bank che si trova a quell'indirizzo
sono stati emessi gli assegni circolari per 900.000 euro poi
girati alle venditrici e di cui i 500.000 euro appaiono costituire
parte della provvista versata in contanti».
In ogni caso,
il 23 aprile scorso, interrogato dai magistrati dopo aver subito
una perquisizione andata avanti per ore, è Zampolini a confermare
tutte le circostanze raccontate dal testimone. Poi aggiunge:
«Oltre a Fathi, anche altri autisti e la segretaria di Anemone si
occupavano di consegnarmi i contanti».
I conti
milionari all'estero
Ora si va avanti con nuove verifiche. Mentre la Guardia di Finanza
analizza tutte le operazioni gestite da Zampolini attraverso 240
conti correnti, i magistrati hanno avviato la procedura per una
richiesta di rogatoria internazionale. Dalla Banca d'Italia sono
infatti arrivate le segnalazioni su depositi che si trovano in
Lussemburgo e in Svizzera gestiti da una società, oltre a quelli
già scoperti che riguardano San Marino e che sarebbero stati
attivati in alcuni casi proprio da Gazzani.
Un'accusa che
il suo avvocato Bruno Assumma smentisce «così come quelle di
corruzione e riciclaggio che siamo pronti a smontare». Scrivono i
pubblici ministeri: «Bankitalia ha qui trasmesso una nota con
allegate una serie di segnalazioni per operazioni sospette
(evidenziate dagli organi di controllo interno bancario degli
istituti di credito a seguito della diffusione della notizia
dell'indagine) e una nota proveniente dalla procura del
Lussemburgo con cui viene segnalata l'esistenza di conti correnti
in istituti bancari di quello Stato a favore di Claudio Rinaldi e
Angelo Balducci, rispettivamente per un importo di 2 e 3 milioni
di euro circa.
Conti correnti
intestati a una società fiduciaria - la Cordusio spa - di cui i
suddetti sono beneficiari e che presentano un numero progressivo,
segno certo non insignificante che depone per il loro
collegamento. Nella segnalazione della procura lussemburghese
viene altresì evidenziato che l'indagato Rinaldi ha un altro conto
acceso in Svizzera sulla cui entità nulla è indicato».
2 - PARLA
SCAJOLA, L'UNICO UOMO AL MONDO CHE è RIUSCITO A COMPRARSI UN
APPARTAMENTO VISTA SUL COLOSSEO PER 600 MILA EURO
Nicola Porro per
Il Giornale
Giornale)
Ministro
Scajola, si dimette un'altra volta?
«In questa occasione non faccio come nel caso di Biagi, non me ne
vado. Altrimenti sembra che mi hanno beccato con il sorcio in
bocca. Io non ho colpe e non faccio decidere da una campagna
mediatica il ruolo che devo svolgere come ministro della
Repubblica. Non scappo».
Ma i
giornali pubblicano diverse testimonianze secondo le quali le
sarebbero stati forniti 900mila euro, frazionati in ottanta
assegni, per comprare una casa a Roma.
«Non ho alcun problema a raccontarle la verità ed è molto
semplice. Sono assolutamente certo che nessuno può aver detto
questo, perché non è vero».
Lo
sostengono l'architetto Zampolini (factotum dell'imprenditore
Anemone) e le sorelle Papa, che le hanno venduto l'immobile.
«Le dico sin d'ora che sono pronto ad un faccia a faccia con
chiunque insistesse con questa tesi e sono certo che verrebbe
confermata la verità che sto dicendo. Alla stesura del rogito ho
pagato la somma pattuita pari a 610mila euro con mutuo acceso con
il Banco di Napoli».
Lo ha ancor
in essere il mutuo?
«Come è facilmente dimostrabile continuo a pagarlo».
Sempre dalle
indiscrezioni di stampa emergerebbero altri 200mila euro che lei
avrebbe pagato in contanti, come una sorta di preliminare?
«No. Confermo tutto quello che le ho detto. Tutto il resto si
legge sui giornali. Ci sarà un giorno che ci sarà la chiarezza che
auspico».
È vero che
le due signore Papa le hanno venduto un immobile vista Colosseo
nel 2004?
«L'appartamento è di fronte al Colosseo, zona colle Oppio, si
tratta di un ammezzato».
Un
ammezzato?
«Sì, una bella casa, ma non più di un mezzanino in uno stabile
degli anni '60, in condizioni non ottimali e senza alcuna
terrazza. Ed ero talmente convinto di avere fatto un buon acquisto
che come si legge oggi sul Fatto, Lori Del Santo che ha un attico
nello stesso palazzo, ricorda di quando io le dissi di aver fatto
un buon acquisto».
Quanti
metri?
«180».
610mila euro
per 180 metri quadri, non le sembra poco?
«Mi sono documentato in questi giorni. Basta fare una rapidissima
indagine sui prezzi degli immobili a Roma in quel periodo, nel
2004, e si vedrà come il prezzo da me pagato sia in linea con
quello di mercato per un immobile di quel tipo in quella zona».
Ma
ritorniamo al punto. Le signore Papa, si legge nell'informativa
del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, dicono che gli assegni,
ben 80, li avrebbe tirati fuori lei. Anzi consegnati lei.
«Confermo nel modo più assoluto di non essere a conoscenza di
quanto mi dice. Ho appreso dell'esistenza di questi 80 assegni in
questi giorni sui giornali. E d'altra parte non riesco a capire
perché sarebbero stati versati a mia insaputa».
Ma ci sono
dichiarazioni delle due signore anche nel verbale di cui il
Giornale è in possesso.
«Non conosco il contenuto dei verbali di cui mi parla, e mi
stupisce che le signore abbiano potuto fare dichiarazioni di
questo tenore».
Ma qualcuno
dunque dice una clamorosa bugia?
«Ripeto che sono sicuro che in una verifica verrebbe confermata la
verità che sto dicendo. Fino alle estreme conseguenze».
Cosa vuol
dire?
«Che io ho intenzione di tutelare la mia onorabilità».
Lei nega
dunque di avere consegnato e trattato quegli 80 assegni, ma anche
la seconda implicita accusa, quella di avere commesso un'evasione
fiscale?
«Nessuno, come lei sa, mi accusa di nulla perché io non sono
indagato».
Potrebbe
esserlo nei prossimi giorni.
«E perché mai se la verità è quella che dico? E poi sarebbe già
stato fatto».
Non penserà
che è tutta un'invenzione dei giornali?
«So che c'è un'inchiesta in corso. Le uniche cose che so sono solo
quello che leggo sui giornali e che mi riguardano».
Lei ha
conosciuto Anemone, l'imprenditore oggi in galera e che secondo le
ricostruzioni avrebbe creato la provvista di 900mila euro per
quegli 80 assegni?
«L'ho conosciuto da ministro dell'Interno, la sua impresa stava
mettendo in sicurezza l'alloggio di servizio (del ministero».
E aveva
anche il Nos, il nulla osta sicurezza, per fare le opere più
delicate?
«L'ho conosciuto, ma si figuri lei se potevo sapere che patentini
avesse. Io non ho mai dato appalti a chicchessia, perché non è un
compito di un ministro».
E chi li dà?
«Le singole amministrazioni hanno le proprie strutture».
E
l'architetto Zampolini, che materialmente avrebbe nella sua banca
cambiato i contanti di Anemone in assegni circolari, lo conosce?
«Erano già due anni che avevo mollato il ministero dell'Interno e
abitavo in albergo. L'ingegnere Balducci, provveditore alle opere
pubbliche del Lazio che conoscevo da tempo e di cui avevo grande
stima, si offrì di cercarmi casa a Roma. Immagino che Balducci
chiese a Zampolini di selezionare alcune possibili soluzioni, tra
cui poi quella scelta. Era un buon acquisto, anche perché le due
sorelle proprietarie volevano vendere rapidamente perché
intendevano andare a vivere fuori Roma».
Sì però
questi signori si sono poi rivelati come una cricca di affaristi
all'ombra degli appalti della Protezione civile.
«Le ripeto: Angelo Balducci era il provveditore ai lavori pubblici
del Lazio, era una persona molto stimata a Roma, aveva conseguito
grandi meriti per il giubileo del 2000. Aveva una considerazione
super partes. Tanto è vero che durante il governo Prodi aveva
ottenuto un importante incarico a Palazzo Chigi. Per la conoscenza
che io ne avevo il giudizio era confermato. Di quello che è
successo dopo non so dirle. Questa inchiesta della Protezione
civile non l'ho seguita».
E allora
tutta questa vicenda è una grande balla?
«Io non posso credere che una vicenda giudiziaria sia basata sul
nulla. Dovranno valutare magistrati competenti e se ci sono
responsabilità, sanzionarle. Per quanto mi riguarda, ho la
coscienza a posto».
Però ora non
ci dica che è tutta colpa dei giornali?
«Non ce l'ho con i giornali, ce l'ho con chi ha fatto trapelare
notizie violando le leggi, alzando un polverone che alimenta un
processo pubblico senza possibilità di difesa. Certo è che se i
giornalisti seguissero anche essi le regole e verificassero meglio
il nostro Paese sarebbe migliore. Ho anche letto che la casa era
di mia figlia. Ho letto tutto e di più. Io credo che i processi si
debbano fare nelle aule giudiziarie e non sui media. E che
comunque si debbano fare nei confronti degli indagati non nei
confronti dei testimoni».
Lei è un
testimone?
«Sì, non sono indagato. Il pm ha chiesto di sentirmi come persona
informata dei fatti, e ho proposto al giudice un incontro a breve
compatibilmente con i miei impegni di governo».
Come valuta
le reazioni politiche?
«Con grande piacere ho avuto una partecipazione solidale e
vastissima alla mia sofferenza, che un po' mi rincuora. Qualcuno
si è accorto che da due anni svolgo il ruolo di ministro dello
Sviluppo economico facendo qualcosa di buono per il mio Paese».
[01-05-2010]
|
1-
L’ARCHITETTO DELLA CRICCA BALDUCCI SPUTTANA TUTTE LE MENZOGNE DI
SCAJOLA - "IL GIORNO DEL ROGITO PORTAI GLI ASSEGNI CIRCOLARI
DIRETTAMENTE AL MINISTERO, DOVE SI DOVEVA STIPULARE L’ATTO.
RICORDO CHE ERANO PRESENTI IL MINISTRO CLAUDIO SCAJOLA, LE DUE
VENDITRICI E IL NOTAIO. CONSEGNAI I TITOLI DIRETTAMENTE AL
MINISTRO" - #2- LE SORELLA PAPA CHE VENDETTERO LA CASA: "FU IL
MINISTRO IN OCCASIONE DELLA STIPULA DAVANTI AL NOTAIO NAPOLEONE,
SCELTO DA LUI, A CONSEGNARMI GLI ASSEGNI CHE MI AVETE MOSTRATO
MENTRE LA RESTANTE PARTE MI È STATA DATA IN CONTANTI" - #3- NEL
2004 LE QUOTAZIONI ERANO BOLLENTI: VISTA COLOSSEO FINO A 17 MILA
EURO. LONTANI I 3.400 AL METRO QUADRATO DICHIARATI (CON 610 MILA €
UN GARAGE VISTA MURO...) –
1- "PORTAI GLI ASSEGNI AL MINISTERO E LI DIEDI A SCAJOLA PER IL
ROGITO"
- SI INDAGA SU UN
ALLOGGIO VENDUTO A RINALDI DAL FIGLIO DI LUNARDI
Fiorenza Sarzanini per
il
Corriere della Sera
«Il giorno del rogito portai gli assegni circolari direttamente al
ministero, dove si doveva stipulare l'atto. Ricordo che erano
presenti il ministro Claudio Scajola, le due venditrici e il
notaio. Consegnai i titoli direttamente al ministro». Così, nel
verbale del 23 aprile scorso, l'architetto Angelo Zampolini,
accompagnato dal suo legale Grazia Volo, racconta il suo ruolo
nell'operazione immobiliare del 2004 per l'acquisto
dell'appartamento al Colosseo.
SARZANINI
E smentisce categoricamente la versione fornita dallo stesso
ministro che ha escluso di aver ricevuto altri soldi oltre ai
610.000 euro che risultano nel documento notarile. Il racconto del
professionista coincide con quello verbalizzato dalle due sorelle
Papa, le proprietarie che si sono divise i 900.000 euro e li hanno
depositati ognuna sui propri conti correnti.
In quel momento Zampolini non sa che agli atti è già stata
acquisita la testimonianza di Laid Ben Fathi Hidri, l'autista
tunisino di Angelo Balducci che ebbe il compito di prelevare i
soldi in contanti e di consegnarli al professionista, come del
resto aveva già fatto molte volte in passato.
«Vi darò una versione che non vi sembrerà credibile - quasi si
giustifica - perché io quei soldi li ho ricevuti da un cittadino
tunisino che collaborava con Anemone, ma non saprei come
rintracciarlo». I magistrati lo informano che i carabinieri del
Ros lo hanno rintracciato e soprattutto che l'uomo ha già ammesso
di aver consegnato «buste dal contenuto sconosciuto a vari
soggetti, alcuni anche ministri».
LE CASE DELLA «CRICCA
Tra loro ha fatto il nome dell'ex titolare delle Infrastrutture
Pietro Lunardi che adesso dice: «Conosco Balducci e Anemone, ma
con loro ho sempre avuto rapporti regolari». I magistrati appaiono
interessati ad alcune operazioni immobiliari e in particolare ad
un appartamento nel quartiere Monti, a Roma, che il figlio di
Lunardi ha venduto a Claudio Rinaldi, il commissario per i
Mondiali di nuoto indagato dai pm di Perugia con l'accusa di
essere inserito nella «cricca». Vogliono chiarire i loro rapporti
nell'ambito di un accertamento che riguarda tutti gli immobili
gestiti dalla «cricca» .
Quanto è stato scoperto sinora alimenta infatti il sospetto che in
alcuni casi gli appartamenti siano stati utilizzati per
ricompensare chi aveva consentito ad Anemone di aggiudicarsi
appalti pubblici. L'attenzione si concentra su uno scritto,
sequestrato a Balducci al momento dell'arresto, che sembra
dimostrare come lo stesso Provveditore non sia in grado di
giustificare alcune «entrate» finanziarie poi utilizzate per
l'acquisto di immobili intestati ai figli. Case che, dice
l'accusa, sono state comprate con il denaro messo a disposizione,
almeno in parte, dall'imprenditore Diego Anemone.
I FINANZIAMENTI OCCULTI
Nel giugno 2009 Balducci e gli altri scoprono che la procura di
Roma sta indagando sulle concessioni per i Mondiali di nuoto e,
come dimostrano le intercettazioni, cercano di approntare una
difesa credibile. Il Provveditore contatta l'avvocato Patrizio
Leozappa. Gli chiede un incontro insieme al commercialista Stefano
Gazzani «in modo tale che noi abbiamo la possibilità di chiudere
un documentino».
Lo scritto, che doveva servire da promemoria interno, viene invece
trovato dagli investigatori. La premessa è eloquente: «Le presenti
note hanno l'obiettivo di illustrare in via di sintesi il quadro
delle iniziative, aventi una certa rilevanza economica, intraprese
nel corso degli ultimi anni dai componenti della famiglia
dell'ingegner Angelo Balducci».
Nel documento è scritto chiaramente come di alcune operazioni non
ci sia traccia della provenienza dei soldi. Il primo capitolo
sulle operazioni riguarda gli «Immobili intestati a Lorenzo
Balducci», il figlio attore del provveditore alle opere pubbliche.
Ed ecco l'annotazione: «Appartamenti di via della Pigna acquistati
dalla società A.E.G. srl nell'anno 2004 al prezzo di euro
1.900.000 ( oltre Iva pari a euro 270.000). Furono pagati mediante
mutuo bancario per euro 1.695.748 e con assegno bancario
dell'ingegner Angelo Balducci per euro 270.000. La differenza di
euro 204.251 deve essere giustificata. In atto non si forniscono
indicazioni. Bisognerebbe consultare la venditrice A.E.G..
Appartamento di via Latina 43 con box in via Populonia 5
acquistato nel 2003 a prezzo di euro 86.000 da soggetti privati.
Non c'è traccia nell'atto e nei conti bancari della famiglia di
movimenti di tale cifra».
Il secondo capitolo è invece dedicato agli «Immobili intestati a
Filippo Balducci», l'altro figlio, socio di Anemone nel Salaria
Sport Village. È scritto: «Appartamento in via Aldo Manuzio 36,
acquistato da privati nel 2000 al prezzo di 49.579 quietanzato in
atto. Appartamento in via dei Cartari 11, acquistato al prezzo di
1milione di euro, del quale risulta pagato con assegno
dell'ingegner Angelo Balducci solo euro 130.000. Il saldo fu
corrisposto mediante assegni circolari tratti dal conto corrente
dell'architetto Angelo Zampolini per complessivi euro 670.000. Di
euro 200.000 a saldo dell'operazione non c'è traccia bancaria». Le
modalità di questo acquisto sembrano ricalcare in fotocopia quelle
seguite per acquistare l'appartamento intestato al ministro
Claudio Scajola.
2- DALLE SORELLE PAPA LA CONFERMA: LA FIRMA? IN VIA DELLA MERCEDE
Virginia Piccolillo per
il Corriere della Sera
La casa del ministro Claudio Scajola le due sorelle Papa l'avevano
ereditata dalla mamma, Maria Fiamma Maione: una esuberante signora
napoletana con esperienze nel cinema di cassetta morta il giorno
dell'Epifania del 2003. Lì, a via del Fagutale 2, aveva sede la
Mfm-cinetv srl società di doppiaggio, produzione ed eventi
cinematografici, nata nel 1984 della Maione in società con le
figlie Beatrice e Barbara. Il 31 gennaio del 2004 la società viene
liquidata.
A luglio l'incontro milionario con il cliente ministro e quel
malloppo di assegni, 40 ciascuna, che le due versarono in banca
facendo scattare l'allarme riciclaggio. Una decisione così lineare
da sembrare naif in una storia ricca di scatole cinesi societarie,
fondi neri e tante bugie. Il ministro ora è convinto che le Papa
ricordino male. O mentano. Lo dice. Ma le due sorelle di quel
rogito milionario hanno una memoria vivissima. E per tre volte
mettono a verbale la verità imbarazzante per il titolare del
dicastero dello Sviluppo economico: «Quegli assegni mi sono stati
consegnati dal ministro Scajola».
La maggiore, Beatrice, è il motore immobile dell'operazione. 46
anni, «disoccupata» di lusso, un appartamento suggestivo alle
spalle di Piazza Farnese dove vive con il suo compagno, è lei a
curare la vendita. Sua sorella Barbara, 42 anni, anche lei
«disoccupata» e residente in una delle vie più esclusive della
Capitale, dirà ai finanzieri del nucleo tributario di Roma: «Ho
firmato solo carte».
È Beatrice la prima ad essere sentita il 23 marzo. «Riconosco i 40
assegni circolari che mi vengono esibiti in copia emessi dalla
Deutsche Bank il 6 luglio 2004. Mi sono stati consegnati dal
ministro Scajola che ha acquistato la nostra casa di famiglia per
1 milione e 700 mila euro». L'acconto, dice, «se non ricordo male
mi fu versato nello studio del mio avvocato».
Il 25 aggiunge: «Fu il ministro in occasione della stipula davanti
al notaio Napoleone, scelto da lui, a consegnarmi gli assegni che
mi avete mostrato mentre la restante parte mi è stata data in
contanti». «Gli uffici dove ci siamo recati per la stipula erano
in via della Mercede in una sala riunioni, penso, nella
disponibilità del ministro». Barbara conferma. Qualche giorno dopo
Beatrice rettifica: «La somma a me consegnata dal ministro era
tutta in assegni». E cita come presente all'atto «anche il
direttore dello sportello B della Deutsche Bank». Tutto
verificabile. Tutte menzogne?
3 - LE QUOTAZIONI BOLLENTI DEL 2004: VISTA COLOSSEO FINO A 17 MILA
EURO - LONTANI I 3.400 AL METRO QUADRATO DICHIARATI
Enrico Marro per il
Corriere della Sera
Seicento diecimila euro per un appartamento di 180 metri quadri,
quanto dice il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola di aver
pagato, significa 3.389 euro al metro. Ma quali erano le
quotazioni delle case nella zona di via del Fagutale, a Roma, nel
luglio del 2004, quando il ministro ha acquistato l'immobile dalle
sorelle Papa?
Parliamo di una zona di assoluto pregio. E di una palazzina
immersa nel silenzio che guarda il Colosseo e l'Arco di Costantino
e che conta tra i suoi 12 condomini politici (oltre Scajola, il
segretario del Pri, Francesco Nucara), l'attore Raoul Bova e la
showgirl Lory Del Santo. Per un appartamento «usato» di pregio a
Roma, dice Gualtiero Tamburini, presidente di Nomisma, società di
ricerche economiche che dal 1988 ha un osservatorio immobiliare,
le quotazioni al metro quadro oscillavano tra i 4.270 e i 6.570
euro. Ma è chiaro che se la vista e altre condizioni sono
esclusive, il costo sale.
«Il 2004 fu un anno di prezzi sostenuti. Si vendeva molto e in
tempi rapidi e gli sconti erano molto bassi», spiega il
professore. Un'analisi confermata dal rapporto sul 2004 del centro
studi della Gabetti, gruppo leader nel mercato immobiliare. Pagine
che descrivono un'annata buona, con 770 mila compravendite (+ 1%
rispetto al 2003) e un aumento dell'8,1% dei prezzi medi delle
case di pregio.
E per riportare gli esempi delle rivalutazioni maggiori si
citavano i 15 mila euro al metro quadrato che si poteva arrivare a
pagare nelle zone migliori di Roma e i 12 mila di Venezia. E il
supplemento Casa&Case del quotidiano economico Il Sole 24 Ore, il
24 luglio 2004, qualche settimana dopo che il ministro Scajola
aveva comprato l'appartamento di via del Fagutale 2, a proposito
dei prezzi alle stelle, scriveva: «Per dare un'idea di quale sia
la situazione attuale, i casi più emblematici sono quelli di
Milano, dove per acquistare una casa da ristrutturare in via della
Spiga o via Montenapoleone bisogna spendere almeno 10 mila euro al
metro. O a Roma: per un attico in piazza Navona si chiedono dai 15
mila ai 16 mila euro al metro o 17 mila per un appartamento con
vista Colosseo».
Invece, con 3.300-3.400 euro al metro, quanto Scajola dice di aver
pagato, secondo le rilevazioni del secondo semestre 2004 di
Tecnocasa, Gabetti e Professione casa, a Roma ci si comprava un
appartamento «usato» di categoria media in zona piazza Bologna, al
quartiere Appio Latino o intorno a piazzale Clodio. Niente a che
fare con via del Fagutale 03-05-2010]
L’IMPERATORE DI
IMPERIA (SCIABOLETTA SYSTEM) – LA VILLA LIGURE DI SCAJOLA È ROBA
DA RIVALEGGIARE CON LE VILLE DEL BANANA – IL SUO POTERE IN LIGURIA
SI BASA SU UNA RETE CAPILLARE, DOVE FAMIGLIA, POLITICA E AFFARI SI
INTRECCIANO - NOMINE, MATTONI E PALE EOLICHE, COMUNI, ENTI,
SOCIETÀ - NON C’È STANZA DEI BOTTONI DOVE NON ABBIA UN SUO
RAPPRESENTANTEPino
Giglioli per "il
Fatto Quotidiano"
"Da casa mia
con un colpo d'occhio si cattura tutta Imperia". Dice così Claudio
Scajola. Usa proprio quella parola "cattura" che a molti fa
storcere il naso, perché pare tradire uno stato d'animo profondo.
Sembra confermare le accuse degli avversari: "Il ministro ha in
mano Imperia e mezza Liguria".
La Villa di
Scajola dice tanto del suo proprietario. Roba da rivaleggiare con
villa Certosa. La casa come simbolo, a cominciare dalla posizione,
dominante, sulla città. Gli imperiesi guardano in alto e sanno che
il potere a Imperia abita lassù dove il Cavaliere è passato tante
volte. Le decisioni si prendono in questa villa del 1870,
costruita dagli antenati di Maria Teresa, un nome da regina per la
moglie di Scajola. Una casa da sovrano, appunto. A cominciare dal
giardino, dalla collezione di piante rare.
"Berlusconi ha
la passione dei cactus, io quella delle piante tropicali",
racconta "u ministru", come lo chiamano qui (a Roma invece con
meno timore reverenziale è semplicemente "sciaboletta") .
All'interno sale e saloni tirati a lucido che sembrano usciti da
una rivista di architettura. Per non dire del garage con auto e
moto d'epoca, l'altra grande passione: ecco la Moto Guzzi V7 con
cui Scajola scorrazzava con la moglie, oppure la Jeep Willys
originale della guerra.
"Ci ho messo 18
mesi per restaurarla, perché io amo le cose che funzionano",
chiosa il ministro. Fino alla Triumph verde su cui partecipa ai
raduni. Insomma, una casa segno di buon gusto, ma anche di
ricchezza e potere.
Il curriculum
del ministro parte da qui: fu sindaco di Imperia e parlamentare
Dc. Un democristiano, ma con modi per nulla felpati. Sindacalisti,
politici o cronisti, chi lo critica ha vita dura. Come quella
volta che replicò alle accuse di Claudio Porchia, allora
segretario provinciale della Cgil: "Caro signor Porchia, non sei
il sindaco di Imperia, sei il capo di un gruppo parassitario che
non conta un tubo e non prende un voto". Punto.
Ma questa è
storia nota. Il potere scajoliano in Liguria si basa su una rete
capillare, dove famiglia, politica e affari si intrecciano.
Comuni, enti, società, non c'è stanza dei bottoni dove il clan non
abbia un suo rappresentante.
Ecco allora
Alessandro che ripercorre le orme del fratello Claudio: prima
sindaco di Imperia, poi segretario generale della Camera di
Commercio cittadina, ma soprattutto oggi vicepresidente del cda
della Carige, la banca che tiene le redini dell'economia ligure.
Uno degli istituti che appoggiarono le scalate dei furbetti del
quartierino.
Alessandro è
stato anche vicepresidente della Autofiori, la società che
gestisce le autostrade del Ponente ligure. Ma i fratelli Scajola
sono parecchi: Maurizio, ex segretario generale della Camera di
Commercio di Savona è attuale segretario generale di Unioncamere
Liguria. Gli Scajola, però, guardano avanti. Preparano il terreno
per le nuove generazioni.
Così Marco
(figlio di Alessandro), che ormai tutti nella Riviera dei Fiori
chiamano "il nipote", è vicesindaco di Imperia. Non solo: è stato
eletto consigliere regionale nel 2010. Con il record di
preferenze, perché, va detto, nel Ponente ligure pochi mettono in
discussione lo strapotere degli Scajola. Anzi, molti li appoggiano
e li votano, anche tra cronisti e caporedattori dei giornali.
E quando Marco
Preve sull'Espresso ha raccontato degli incarichi ottenuti da
Maria Teresa Verda (moglie) e Maurizio Scajola (fratello) che
tengono corsi universitari in un ateneo in crisi nera, la notizia
è stata liquidata con un'alzata di spalle. Intanto 17 studenti su
26 del corso della signora Scajola godono di borse di studio
offerte da Promuovitalia e Invitalia, agenzie legate al ministero
per lo Sviluppo economico.
Parenti,
quindi, ma anche una schiera di luogotenenti. A volte protagonisti
di episodi discussi. Prendiamo la vicenda Shopville, una delle
tante operazioni edilizie che stanno crescendo in Liguria (con la
benedizione di centrodestra e centrosinistra). Shopville diventa
uno dei capitoli del fascicolo su corruzione e mattone che ha
toccato anche Lorenzo Barla, ex delfino di Scajola e già primo
cittadino di Taggia.
C'è poi
l'inchiesta sugli appalti milionari per la pista ciclabile di
Imperia. Il reato contestato: corruzione. Tra i soggetti coinvolti
ecco Giuseppe Guerrera, il capo della segretaria di Scajola,
l'uomo di cui il ministro si fida ciecamente: "Conosco la sua
correttezza e professionalità. Verrà dimostrata la sua estraneità
alle accuse", cioè aver intascato una mazzetta da 70 mila euro.
Sì, proprio
quel Guerrera (non indagato) che fu nominato più volte negli atti
della maxi inchiesta della Procura di Genova sul porto. La Finanza
ascoltando le intercettazioni dell'allora presidente dell'Autorità
portuale, scrisse: "Giovanni Novi porta avanti determinate
assunzioni nelle quali è evidente, anche se indiretto, il forte
interesse del parlamentare Scajola.
A tenere i
contatti con Novi è Guerrera". Si parlava di assunzioni e di
consulenze presso l'Autorità Portuale, un ente pubblico. Di una in
particolare, quella di un giornalista biografo ufficiale di
Scajola (che ricevette un incarico, ma si dimise). Tanti tasselli
per comporre il ritratto della Liguria regno di Scajola. Essere
"sudditi" porta anche dei vantaggi, come il volo diretto tra Roma
e Albenga.
Un collegamento
che era inserito nella lista dei 28 garantiti con oneri di
servizio pubblico: 26 riguardavano tratte con le isole. Poi c'era
il volo Crotone-Roma. E, quindi, proprio il Roma-Albenga (che
costava 945 mila euro pubblici, uno stanziamento, va detto,
arrivato anche prima della nomina di Scajola nel governo).
Un volo amato
dal ministro che ogni weekend torna nella sua villa con parco e
perfino pale eoliche. Tanto che "Style", il magazine del "Corriere
della Sera", in un'entusiastica intervista su casa Scajola (qui
sopra alcune delle foto del servizio) titolò: "Avrebbero dovuto
dargli il ministero dell'Ambiente". Nel Ponente ligure più d'uno,
però, ricorda la passione di Claudio per il cemento che lo portò a
sorvolare Imperia in elicottero per ammirare il cantiere del
porticciolo turistico da cento milioni di euro.
A bordo con lui
l'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone e Gianpiero
Fiorani, che nel calcestruzzo ligure cercò di reinvestire il
tesoro guadagnato con le scalate bancarie. Scajola era un semplice
passeggero, si dirà. Non ha interessi nell'operazione. Vero, ma
tra gli imprenditori della cordata c'è Pietro Isnardi, re
dell'olio ligure, nonché suocero di Marco Scajola. Sì, quell'Isnardi
che siede con il consuocero Alessandro (Scajola) nel cda della
Carige.
03-05-2010]
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1- DA DOVE HA
ORIGINE L’ENORME CUCCAGNA ECONOMICA DEL COSTRUTTORE LEGATO A
BALDUCCI? - 2- OGNI GIORNO CHE PASSA, IN QUESTA STORIA DI CASE
REGALATE E RISTRUTTURAZIONI A SBAFO, GLI INCROCI TRA POLITICI E
"SPIONI" SONO UNA COSTANTE (CHI SI RICORDA SALABÉ?) - 3- TRA IL
2006 E IL 2008 ANEMONE HA OTTENUTO UNA DOZZINA DI COMMESSE "TOP
SECRET" E HA LAVORATO PER CARABINIERI, GUARDIA DI FINANZA E
MINISTERO DEGLI ESTERI - 4- LAVORAVA BENE ANCHE QUANDO A GOVERNO
C’ERA PRODI E AGLI ESTERI SEDEVA D’ALEMA - 5- ULTIMA COINCIDENZA:
QUANDO SCAJOLA, TRA IL 2006 E IL 2008, ERA A CAPO DEL COPASIR
(CONTROLLO DEI SERVIZI), IL COGNATO DI ANEMONE DIVENTÒ UNA ’BARBA
FINTA’ -
Francesco Bonazzi per "il Secolo XIX"
«Diego Anemone? Sperava di diventare l'Adolfo Salabè del
Duemila - l'architetto coinvolto nello scandalo dei fondi neri del
Sisde di fine anni Ottanta -, ma la magistratura l'ha fermato
prima». All'Aisi, come si chiama oggi il servizio segreto civile,
lo conoscevano bene il costruttore dei Castelli romani. Il 10
febbraio, Anemone è stato arrestato nell'inchiesta Grandi Appalti
con l'accusa di corruzione (il primo processo alla "cricca" si
aprirà il 15 giugno a Firenze, lo ha deciso il gip Rorasio Lupo).
E oggi è sospettato di aver regalato 900 mila euro all'ex
ministro Claudio Scajola per saldare l'acquisto della sua casa
romana. Ma in quel luglio 2004, che interesse poteva avere a
"ingraziarsi" l'allora ministro all'Attuazione del Programma?
Oppure l'impegnativo "cadeau" in assegni circolari era una forma
di gratitudine per qualche lavoro già ottenuto prima, magari
quando Scajola era ministro degli Interni?
I pm della procura di Firenze stanno ancora cercando una
risposta a queste domande, però intanto hanno scoperto qualcosa di
imbarazzante: tra il 2006 e il 2008 Anemone ha ottenuto una
dozzina di commesse "top secret" e ha lavorato per Carabinieri,
Guardia di Finanza e ministero degli Esteri.
Però, secondo quanto risulta al "Secolo XIX", le ditte
del costruttore sono entrate nel "giro giusto" della Presidenza
del Consiglio molto prima. Almeno dalla fine del 2002, con la
costruzione di un'importante base del Sisde a Roma. Un biglietto
da visita che in seguito Anemone ha potuto spendersi con la
"cricca".
Per lavorare con i servizi, come con le forze armate o di
polizia, è necessario avere il Nos (nulla osta sicurezza). Anemone
lo conquista nel 2002, quando la sua ditta di Grottaferrata è
ancora una pulce. Qualche mese prima, nell'ottobre 2001, il
generale dei carabinieri Mario Mori era stato nominato direttore
dal Sisde dal secondo governo Berlusconi, nel quale Scajola era
ministro degli Interni.
Sul fronte logistico, trova un gran pasticcio. Il
servizio si era imbarcato in una mega-operazione immobiliare a La
Rustica, appena dentro il raccordo anulare. Mega uffici openspace
e un parcheggio sotterraneo tipo "Langley Virginia", la sede della
Cia. Ma i lavori, costati decine di milioni di euro, si fermano a
pochi metri dal traguardo. Quando Mori va a fare il sopralluogo,
scopre gli open space: gli analisti dell'intelligence civile non
possono lavorare in una sorta di piccionaia.
Bisogna tirar su tramezzi, cambiare l'impianto di
areazione, rifare daccapo il cablaggio. E nel parcheggio
sotterraneo, ci piove dentro. In più, il personale, abituato ai
comodi uffici del quartiere Monti, alla Rustica non ci vuole
andare. In meno di tre mesi, tutto si ferma e al Sisde saltano il
numero uno e il numero due della logistica.
Ci sono anche voci di malversazioni della ditta
appaltatrice - non dei due "spostati", che anzi lamentano di esser
stati fatti fuori per aprire la strada ad altri progetti - e Mori
chiede alla Guardia di Finanza di indicargli un nuovo capo della
logistica.
Nicolò Pollari, appena andato al Sismi ma ancora potente
nella Gdf, e il generale Osvaldo Cocuzza gli "rifilano" il collega
Francesco Pittorru. Un generale che ha osato far ricorso contro le
promozioni di alcuni colleghi. E qui c'è il primo dubbio. Secondo
alcune fonti, sarebbe Pittorru a introdurre Anemone nel dorato
mondo degli appalti "top secret". Secondo altri fonti, invece,
Anemone sarebbe stato segnalato da Scajola.
I lavori per il centro di piazza Zama, nel quartiere
Appio-Latino, vengono decisi a fine 2002 e i cantieri aprono
nell'autunno del 2003 con l'impresa di Anemone. E' un'opera
gigantesca e costosa. Portata a termine, però, in fretta e bene
nel giro di soli due anni. La Rustica viene così abbandonata e si
tramuta definitivamente in un grande spreco di pubblico denaro.
In piazza Zama ci va il "Roc". Una specie di Ros delle
"barbe finte" inventato da Mori. Proprio l'Arma, e qui arriviamo
alle carte dell'inchiesta odierna, sarà poi uno dei maggiori
committenti di Anemone e soci. Lo si capisce il 22 marzo scorso,
quando i pm interrogano un architetto ciociaro di nome Caterina
Pofi, classe 1975 e già lanciatissima negli incarichi riservati.
Tra il 2003 e il 2008, la professionista di Anagni
fattura quasi un milione di euro con la Presidenza del Consiglio e
con la società "Medea Progetti e Consulenze", fondata da Anemone e
partecipata da Mauro della Giovanpaola (arrestato con Angelo
Balducci il 10 febbraio scorso).
La Pofi è sospettata di aver fatturato redditi
inesistenti e ha messo a verbale di aver fatto "il primo lavoro
con Balducci nel 2003 per il Viminale". Di certo c'è che, tra il
febbraio 2006 e il maggio 2008, Medea ha condotto lavori di
ristrutturazione per l'Arma.l E poi ha costruito la caserma della
Guardia di Finanza di Ponte Galeria, ha ristrutturato un'ala della
Farnesina e, ancora, il comando generale delle Fiamme gialle.
Insomma, Anemone lavorava bene anche quando a Palazzo
Chigi c'era Romano Prodi e quando al ministero degli Esteri sedeva
Massimo D'Alema. Ultima coincidenza riguarda il Copasir: quando lo
ha presieduto Scajola, tra il 2006 e il 2008, il cognato di
Anemone entrò nei servizi. E ogni giorno che passa, in questa
storia di case e ristrutturazioni a sbafo, gli incroci tra
politici e "spioni" sono sempre di più.
06-05-2010]
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NON SOLO SCIABOLETTA (PIù CASE PER TUTTI!) – IL
CASEGGIATO S’INGROSSA E SI INDAGA SU UN GIRO DI APPARTAMENTI
(ALMENO 15 ’AFFARONI’) – GLI STRANI GIRI DELLA CRICCA TRA ASSEGNI
E BONIFICI – L’UNICO NOME CHE SPUNTA È LUNARDI. PER IL TUNISINO
BEN FATHI HIDRI FACEVA AFFARI CON ANEMONE E BALDUCCI – “E’ UN
UBRIACONE DROGATO MANOVRATO DA CHISSà CHI", è LA REPLICA DELL’EX
MINISTRO, CHE GODE DI UN PALAZZETTO DI 4 PIANI NEL CUORE DI ROMA
PAGATO 3 MILIONI....
Fiorenza Sarzanini per il "Corriere
della Sera"
Ci sono altre quindici operazioni sospette nel fascicolo
della procura di Perugia che indaga sugli appalti pubblici
concessi per i Grandi Eventi. Passaggi di denaro sui conti gestiti
dai componenti della «cricca» che secondo gli inquirenti
nascondono compravendite di abitazioni, proprio come è avvenuto
per il ministro Claudio Scajola.
E fanno presumere, viste le cifre impegnate, che anche i
nomi dei beneficiari possano essere dello stesso calibro. La
verifica della documentazione bancaria è affidata agli
investigatori della Guardia di Finanza. E almeno una parte sembra
riconducibile all'architetto Angelo Zampolini, il collaboratore
dell'imprenditore Diego Anemone che ha già ammesso di aver
accettato di mettere a disposizione i propri depositi per questo
tipo di pratiche.
È stato l'esame dei documenti forniti dagli istituti di
credito a rivelare invece tre bonifici effettuati nel 2007 dallo
stesso Anemone a Pietro Rinaldi, il commissario per i Mondiali di
Nuoto indagato per corruzione. Versamenti per un totale di 500.000
euro che secondo l'accusa sono il prezzo della corruzione.
Verifiche e accertamenti sono stati delegati dai pm
Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi anche sul ruolo dell'ex
ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, al quale, secondo il
racconto di Laid Ben Hidri Fathi- il tunisino che per anni è stato
autista di Angelo Balducci e il factotum dell'imprenditore-furono
consegnate alcune buste, alcune anche tramite la figlia.
GLI ASSEGNI PER LE CASE
Incrociando i risultati dei controlli effettuati presso
«l'Anagrafe dei rapporti con gli operatori finanziari» con quelli
negli istituti di credito sono stati scoperti alcuni «transiti»
anomali di soldi da un conto corrente ad altri. E adesso si indaga
su queste transazioni che si ritiene possano nascondere il
versamento di tangenti, sia pur mascherato.
Ad insospettire
gli inquirenti è stata soprattutto la scelta di ricorrere sempre
alle stesse persone per concludere gli affari: il funzionario
della Deutsche Bank che provvedeva a trasformare i contanti
depositati in assegni circolari sempre di piccolo taglio-dunque
con la speranza di eludere i controlli antiriciclaggio - e il
notaio che si occupava delle stipule.
Tutti i rogiti sono registrati con una cifra minima,
sempre molto inferiore al valore effettivo dell'immobile.
Possibile che il pubblico ufficiale non abbia mai avuto il dubbio
che ci fosse un passaggio di titoli e dunque una consistente parte
del prezzo versata «in nero»? È presumibile che al termine delle
verifiche su queste operazioni, spetti proprio a lui chiarire di
fronte ai pubblici ministeri che cosa è accaduto in occasione
delle compravendite. Anche perché alcuni trasferimenti sarebbero
stati occultati utilizzando società per non svelare l'effettivo
beneficiario dell'acquisto.
LE BUSTE DI LUNARDI
Hidri Fathi ha parlato di «vari soggetti, anche ministri»
destinatari delle buste inviate da Anemone e Balducci, ma l'unico
nome che ha fatto è quello di Lunardi. Lo ha accusato di aver
preso «il 10 per cento dell'importo di ogni progetto approvato da
Balducci che poi lo affidava ad Anemone».
Per riscontrare le sue dichiarazioni si stanno esaminando
tutti gli appalti che il costruttore si è aggiudicato in quegli
anni e sulle procedure seguite, verificando anche il ricorso alla
trattativa privata. Ma i controlli affidati ai carabinieri del Ros
si concentrano anche su altre circostanze. Passaggi di società e
compravendite di immobili che potrebbero nascondere interessi
comuni con alcuni protagonisti della «cricca».
In particolare desta sospetto l'acquisto effettuato da
Claudio Rinaldi di un appartamento in via Sant'Agata dei Goti, al
quartiere Monti di Roma, di un appartamento di proprietà del
figlio di Lunardi.
L'immobile era infatti in pessime condizioni e gli
investigatori vogliono stabilire se davvero, come sostiene
Rinaldi, il prezzo pattuito gli abbia consentito di «fare un
affare» o se invece la vendita sia servita a schermare una
divisione di denaro tra i due. L'indagine dovrà anche chiarire i
termini dell'acquisto da parte della famiglia Lunardi di un intero
palazzo in via dei Prefetti, sempre nella Capitale, dall'ente
religioso Propaganda Fide del quale Balducci era consigliere. A
occuparsi del rogito fu, pure in questo caso, il notaio che aveva
firmato quello di Scajola e tutti gli altri atti.
I
BONIFICI A RINALDI
Case, soldi, utilità: il gruppo Anemone si conferma un pozzo che
appare senza fondo. E nuovi indizi emergono contro Rinaldi. Tra le
contestazioni non ci sono soltanto le autorizzazioni concesse alle
strutture sportive dell'amico costruttore in vista dei Mondiali di
Nuoto. Perché nel 2007, quando era uno dei vice di Balducci con
delega alle Infrastrutture, il funzionario ha ricevuto da lui tre
bonifici.
Uno da 250.000 euro, gli altri due da 50.000 euro
ciascuno, che si sommano a 150.000 euro trasferiti a San Marino.
Per trasferire questi fondi sarebbe stata utilizzata la società
«Iniziative speciali srl» intestata alla madre di Rinaldi, Mimma
Giordani. Durante il suo interrogatorio Rinaldi li ha giustificati
come il provento di consulenze.
«Il mio assistito - spiega l'avvocato Titta Madia - ha
sempre svolto attività professionale privata e in questa veste ha
collaborato con il gruppo Anemone». Una spiegazione che non ha
convinto i magistrati e che sembra evidenziare un conflitto di
interessi.
2
- LUNARDI, MAI FIRMATI PROGETTI AD ANEMONE. BEN FATHI HIDRI E' UN
UBRIACONE DROGATO MANOVRATO DA CHISSA' CHI...
(ANSA) -
"Questo qui dice che io ho firmato dei progetti? Me li porti
allora. Non esistono oppure la mia firma è falsa. All'epoca non
potevo firmare progetti, né come ministro né come libero
professionista. Non sono mica matto". Pietro Lunardi smentisce le
dichiarazioni del tunisino Ben Fathi Hidri, secondo il quale l'ex
ministro delle Infrastrutture avrebbe firmato i progetti che gli
inviava Angelo Balducci per poi affidarli a Diego Anemone,
ricevendo in cambio una tangente del 10%.
"Dopo aver
letto il suo nome ho fatto degli accertamenti, ho chiesto a chi lo
conosceva", dice Lunardi in un colloquio telefonico con il
Corriere della Sera. "Quello è un ubriacone, un drogato, manovrato
da chissà chi. Sono falsità assolute. Le avesse dette una persona
affidabile, un Berlusconi per dire, potrei capire. Ma così no".
[06-05-2010]
|
CAMERA (E SENATO) CON VISTA – DA AFFITTOPOLI A SVENDOPOLI
FINO ALL’UNICUM DEL CASO SCAJOLA (CHE NON SI ACCORGE CHE GLI
COMPRANO UNA CASA) – LA LUNGA LISTA DI POLITICI AD AFFITTO
AGEVOLATO, PRIMA AFFITTUARI E POI PROPRIETARI (CON MEGASCONTI) DI
SUPERCASE DI ENTI VARI E AVARIATI: DA MASTELLA A VELTRONI, DA
D’ALEMA A DE MITA, FINO ALLA MELANDRINA E A DI PIETRO (CASETTA
CARIPLO) - E OGNUNO HA LA SPIEGAZIONE PRONTA (TUTTO LEGALE CERTO,
MA C’è UN’ETICA CHE UNA CARICA PUBBLICA DEVE RISPETTARE O NO?)…
Goffredo Buccini
per il "Corriere
della Sera"
Sospira, e gli viene su uno spicchio di Merola: «Eh, in
fondo è un punto d'arrivo!». Cosa? «La casa, sì, proprio la casa.
Penso all'emigrante che mandava le rimesse dall'estero per
comprarsi due stanzette al paese». E secondo lei è così anche per
i politici nostrani? «Per tutti, certo. Anche per i politici!».
Insomma, parva sed apta mihi, meglio se non tanto piccola, meglio
ancora se poco costosa o addirittura gratuita: ecco la dimora dei
sogni.
Per quei 26 vani (cinque sobri appartamentini...) sul
Lungotevere Flaminio presi tre anni fa con la moglie Sandra a poco
più d'un milione di euro, Clemente Mastella è ancora un po'
ammaccato dagli articoli dei giornali. Ma non è certo domo: «Che
volete? Era tutto in regola. Ero in affitto da 30 anni! Ho fatto
un mutuo di 400 mila euro! Tutti i miei risparmi». Il famoso punto
d'arrivo, si capisce.
La modalità Scajola, con la variabile dell'oscuro benefattore che integra nell'ombra il
prezzo dell'alloggio, è, al momento, un unicum. Le altre storie
s'assomigliano tutte, con i loro torti e loro ragioni, da
vent'anni: dimore spesso splendide, orridi neologismi per
raccontarne i passaggi sottocosto, prima Affittopoli, poi
Svendopoli, uno scandalo figlio dell'altro e tutti in fondo
derivati dal clima della Tangentopoli in cui Mario Chiesa, il
patron del Pio Albergo Trivulzio, distribuiva nella Milano da bere
case a canoni agevolati anche ai giornalisti che, appunto, si
bevevano le sue fandonie efficientiste.
Dal famoso mariuolo craxiano ai nostri giorni, il tratto
ricorrente è questo demone dostoevskijano delle quattro stanze con
vista, questa specie di dannazione italica. La stessa maledizione
che porta tre anni dopo Mastella ad accusare: «Ve la prendete
sempre con me e mai con la ministra del piano di sotto».
Chi? «La Melandri! Indagate, scoprite, c'è anche lei». E
Giovanna Melandri a mandarlo, tre anni dopo, ancora a quel paese:
«Insiste quello là? È male informato, la casa l'ha comprata mia
sorella Daniela, riscattandola regolarmente dopo che per
trent'anni mio padre ci aveva tenuto lo studio».
Tante sono storie così. Walter Veltroni, per dire, ci è
nato nella casa di via Velletri che, assegnata negli anni
Cinquanta a suo padre, l'ha fatto finire sulle colonne del
Giornale nel '95, in quel valzer di vip privilegiati che poi
spinse Repubblica a porsi il morettiano quesito se «Affittopoli»
fosse di destra o di sinistra («La squadra guidata dal tandem
D'Alema - Veltroni supera con largo margine quella capitanata dal
terzetto Casini-Mastella-Tatarella», decise Giovanni Valentini: 15
inquilini eccellenti di sinistra e 9 di destra nelle case degli
enti).
Veltroni chiese che gli fosse alzato il canone d'affitto,
in seguito la moglie Flavia acquistò l'appartamento. Massimo
D'Alema lasciò la sua casa a Trastevere per un'altra in Prati e
l'altra sera l'ha rivendicato nella rissa tv con Alessandro
Sallusti del Giornale.
Nulla eguaglia, naturalmente, l'attico ex Inpdai in via
In Arcione, a due passi da Fontana di Trevi, dove Ciriaco De Mita
planò a equo canone con la famigliola nell'88, da segretario Dc
(mitiche le maniglie in ottone con le iniziali «DM»). «Il problema
è la vulnerabilità», spiega Domenico De Masi: «La casa è la tana e
contiene l'acqua e il fuoco, gli altri elementi di base per noi
umani».
Dicono che De Mita volesse la sua tana così sicura da
affidarne la blindatura ad Adolfo Salabè, l'architetto degli 007.
La vulgata è puntualmente smentita ma l'ascesa di Salabè, partito
dagli uliveti della Sabina e arrivato fino ai saloni del Quirinale
al tempo di Scalfaro, testimonia come la dannazione della casa (e
delle annesse ristrutturazioni) possa salire molto in alto.
«È sulle cartolarizzazioni che bisognerebbe fare
un'inchiesta molto seria. A chi sono andate le case degli enti? E
a quali prezzi?», si chiede Renato Nicolini, architetto, ex
assessore romano dell'effimero. A questa domanda seguono da anni
liste di grandi nomi legate ad affari tali che ai comuni mortali
viene l'acquolina in bocca.
E così ecco sui giornali Pier Ferdinando Casini, coi suoi
trenta vani catastali per un milione e 800 mila euro in via
Clitunno a Roma, presi con la ex moglie. Ecco Cossiga e Violante,
Mancino e Cardia, ecco il segretario Cisl Bonanni. La lista è
molto lunga, ci sono varianti cittadine a Napoli e a Milano, e
ogni nome ha una sua ragione da addurre, si capisce, il rischio
del tritacarne mediatico è molto forte.
Eppure resta un senso di disagio. Quello che coglie
Sergio Cusani, l'unico a farsi quattro anni e passa di galera
nella Tangentopoli milanese, ora impegnato in Germania ad
allestire mostre dopo un percorso di riscatto esemplare: «La
lettura è amara. C'è stata una stagione in cui si pensava di poter
cambiare costume e cultura in Italia. Ma si è lavorato solo sulla
sovrastruttura».
Del resto
nemmeno il suo grande inquisitore, Di Pietro, è sfuggito al
demone, sin dal tempo in cui finì sui giornali per la sua casetta
Cariplo di via Andegari, a due passi da piazza della Scala. «False
le accuse di favoritismo», ha sempre tuonato Tonino, il quale non
ha mai avuto il dono dell'aplomb che vale invece a Mastella la
battuta finale: «Pensi che al Flaminio avevo pure i viados sotto
casa e gli altri inquilini mi supplicavano: ministro, li mandi
via. Io intervenni». In fondo, un benefattore. 06-05-2010]
|
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UCCI UCCI C’È BALDUCCI (IN BUONA COMPAGNIA) -
SONO 33 GLI INDAGATI PER GLI ABUSI EDILIZI NELLE PISCINE DEL
MONDIALI DI NUOTO - TRA QUESTI ANCHE RINALDI E MALAGÒ –
L’INCHIESTA è FINITA, E GLI INDAGATI ORA HANNO 20 GIORNI
PER DEPOSITARE MEMORIE O CHIEDERE DI ESSERE INTERROGATI – E
SONO TANTI A RISCHIARE IL PROCESSO…
Rory Cappelli per "la Repubblica - Roma"
Rischiano di finire sotto
processo i vari protagonisti - trentatre in tutto - dell´inchiesta
condotta dai pm Sergio Colaiocchio e Delia Cardia sui presunti
abusi edilizi in circoli e strutture sportive della capitale
realizzati in vista dei Mondiali di nuoto del 2009, che lo
scorso ottobre portò al sequestro di 11 circoli della
capitale.
Completati gli accertamenti e
inviato l´avviso di fine inchiesta, un passo che prelude
solitamente alla richiesta di rinvio a giudizio, gli indagati
hanno adesso venti giorni per depositare memorie o chiedere di
essere interrogati. Tra di essi ci sono Angelo Balducci e
Claudio Rinaldi, che hanno entrambi ricoperto il ruolo di
commissario straordinario per i Mondiali di nuoto 2009.
ì
Angelo Balducci è stato anche
presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici ed è
tutt´ora agli arresti per gli appalti del G8 alla Maddalena.
Tra gli altri indagati, Giovanni Malagò, nel 2009 presidente
del Comitato organizzatore dei mondiali di nuoto. E Simone
Rossetti, gestore del Salaria Sport Village, il centro
sportivo (finito in alcune intercettazioni sul caso G8) in cui
il capo della protezione civile Guido Bertolaso avrebbe
incontrato alcune massaggiatrici.
L´indagine è un troncone dell´inchiesta
sui "Grandi Eventi" finita ora nelle mani della
magistratura di Perugia dopo il coinvolgimento dell´ex
procuratore aggiunto di Roma Achille Toro.
Il reato contestato è dunque
abuso edilizio: nel mirino una quindicina di circoli sportivi.
Degli undici già sequestrati a ottobre, cinque sono ancora
sotto sequestro e gli altri sei potrebbero nuovamente finirci:
non è stata infatti ancora conclusa la sanatoria concessa dal
Comune di Roma per la messa in regola degli impianti.
I cinque circoli da ottobre
rimasti sotto sequestro sono: Salaria Sport Village, Tevere
Remo, Gav New City, Flaminio Sporting Club e Polisportiva Città
Futura. I dieci centri all´attenzione della magistratura sono
invece: Roma 70, Roma Team Sport, Cristo Re, Acqua Aniene,
Polisportiva Parioli Tiro a Volo, Villa Flaminia, Agepi, Axa,
Real Sporting Village, Sport 2000.
GIOVANNI MALAGO
Il sequestro nel 2009 suscitò polemiche e proteste: si
tratta infatti di circoli molto noti e frequentati dalla Roma
bene, oppure situati in luoghi dove non vi sono altri impianti
nelle vicinanze. Al Torrino, al Roma Team Sport, all´indomani
del sequestro, il direttore Maurizio Perazzolo salì sul tetto
per protesta, annunciando «Non ci muoveremo di qui fino a
quando non toglieranno i sigilli». Lo stesso fece anche Fabio
Cantoni, presidente della Polisportiva Città Futura.
27-04-2010] |
#1 IL
J’ACCUSE DI BALDUCCI JR: “PERCHÈ MIO PADRE È IN GALERA E BERTOLASO
VA DAL PAPA?” - # 2 “MIO PADRE È IN CARCERE, A DIFFERENZA DI ALTRI
COINVOLTI NELL’INCHIESTA CHE, FINO A POCO TEMPO FA, PARLAVANO BENE
DI LUI, E OGGI SI COMPORTANO COME SE LA VICENDA NON LI
RIGUARDASSE. A CHI MI RIFERISCO? A GUIDO BERTOLASO CHE È ANDATO
DAL PAPA A RICEVERE PUBBLICAMENTE LA BENEDIZIONE PER IL LAVORO CHE
FA. UNA PERSONA INDAGATA IN UN’INCHIESTA COSÌ DELICATA FORSE
DOVREBBE ADOTTARE UN PROFILO UN PO’ PIÙ BASSO” - #3 E COME SE NON
BASTASSE BERTOLASO IMPONE AL GOVERNO COME SUO VICE L’UOMO CHE
PRODI CHIAMO’ PER IL SISDE: IL PREFETTO FRANCO GABRIELLI, ODIATO
DAI PREFETTI E DA TUTTA LA PDL CON CICCHITTO E MANTOVANO IN TESTA.
LA SUA GESTIONE FALLIMENTARE HA PROCURATO DECINE DI RICORSI ANCORA
PENDENTI, MA PER BERTO-LESO è UNA POLIZZA ASSICURATIVA CON LA
SINISTRA
Lorenzo
Balducci, 27 anni, attore romano, a febbraio ha ricevuto due
telefonate che hanno avuto sul suo umore, e sulla sua vita,
effetti completamente opposti. La prima era di Alessandro Aronadio,
giovane regista siciliano che l'aveva voluto come protagonista
della sua opera prima Due vite per caso, al cinema dal 7 maggio.
Ispirato ai fatti di cronaca del G8 di Genova del 2001, racconta
come la vita di una persona (il venticinquenne Matteo,
interpretato da Balducci) possa prendere direzioni opposte a
seconda di come va a finire un banale episodio, una notte
qualunque.
La seconda
telefonata è arrivata invece da un suo amico la mattina del 10
febbraio, il giorno prima che partisse per Berlino, e diceva più o
meno così: «Ho appena sentito alla radio che hanno arrestato tuo
padre». Il padre di Lorenzo è Angelo Balducci, il presidente del
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici travolto dall'inchiesta
sugli appalti - quelli per il G8 a La Maddalena, ma anche per
opere a Firenze, a Roma, e per la ricostruzione a L'Aquila - che
ha coinvolto il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso.
Balducci è in custodia cautelare a Prato, indagato per corruzione;
infangato anche nel privato, per via di presunte frequentazioni
dei giri romani della prostituzione maschile.
Da giovane
attore di buona reputazione e poca fama, Lorenzo Balducci si è
trasformato in meno di un mese in raccomandato eccellente. Con
Vanity Fair rompe per la prima volta il silenzio.
Che effetto le fa sentirsi appiccicata addosso l'etichetta di chi
ha lavorato solo in virtù delle raccomandazioni? «Rabbia. Lavoro
da dieci anni e ho fatto già una ventina di film: abbastanza per
capire che se sei figlio di qualcuno, si tratti di produttore o
direttore di banca, le segnalazioni arrivano comunque, che tu lo
voglia o no, che tu lo sappia o no. Ma quanto ho letto sui
giornali è lontano anni luce da qualunque ipotesi realistica. Io
so di essere stato segnalato per un paio di film, non di più.
Non le dirò
quali, non mi sembrerebbe giusto verso i registi che mi hanno
provinato e che ho visto realmente convinti di me. Sarebbe forse
meglio urlare allo scandalo quando si vedono in Tv fiction dove
l'80 per cento del cast non sa recitare». Come ha trovato suo
padre, dopo tanti giorni di carcere? «Sorridente, emozionato,
contento di vederci, per niente abbattuto. Ha già sostenuto molti
interrogatori, e ha risposto punto per punto a ogni domanda: è
deciso più che mai a fare chiarezza». Dell'accusa di corruzione,
lei che idea si è fatto? «Nel merito dell'inchiesta non voglio
entrare: è giusto che i magistrati facciano il loro lavoro.
Da figlio,
starei vicino a mio padre anche se fosse un assassino. Ma, al di
là del paradosso, la cosa che mi fa stare tranquillo è la lealtà
dell'uomo che conosco, completamente diverso da come è stato
descritto sui giornali. Se poi fosse dimostrato che ha sbagliato,
penserei che è successo perché ha seguito i cattivi consigli di
persone più potenti di lui: mio padre è un uomo generoso, quindi
facilmente attaccabile. Infatti è in galera, a differenza di altri
personaggi coinvolti nell'inchiesta che, fino a poco tempo fa,
parlavano bene di lui, e che oggi si comportano come se la vicenda
non li riguardasse».
A chi si
riferisce? «A Guido Bertolaso, per esempio. È andato dal Papa a
ricevere pubblicamente la benedizione per il lavoro che fa. Non lo
conosco personalmente, non l'ho mai incontrato, non mi permetto
certo di esprimere giudizi di merito, sollevo solo una questione
di opportunità: penso che una persona indagata in un'inchiesta
così delicata forse dovrebbe adottare un profilo un po' più
basso».
[07-04-2010]
I
SEGRETI DEL FRATE CHE DIFENDE IL PAPA DOPO L'IRA DEGLI EBREI, IL
GUAIO DELLA SETTA ...
Mistero sull'identità dell'amico ebreo di padre Raniero
Cantalamessa autore della contestata lettera che metteva sullo
stesso piano l'antisemitismo e gli attacchi alla Chiesa per la
pedofilia dei preti. Inizialmente americano, poi italiano, quindi
romano, anzi milanese, forse libico...
Le
congetture si sprecano, tanto nella curia vaticana quanto nelle
comunità ebraiche, ma sono in molti a dubitare che l'amico ebreo
esista davvero. Secondo alcuni si tratta di un espediente retorico
utilizzato dall'intraprendente cappuccino. Secondo altri sarebbe
stato lo stesso Cantalamessa a sollecitare la lettera, oppure lo
stesso frate avrebbe messo per iscritto il frutto di conversazioni
private. «Il mio amico è all'estero, in questo momento non è
possibile contattarlo. A costo di passare per bugiardo non
rivelerò il suo nome».
«Devo
proteggerlo» afferma padre Raniero interpellato da "Panorama". Ma
era stato proprio il cappuccino a dichiarare, in un primo tempo,
che il suo amico lo aveva autorizzato a rivelare la sua identità.
Intanto Cantalamessa è stato convocato dalla segreteria di Stato,
che gli ha fatto formale richiesta di presentare copia della
lettera col mittente. Padre Raniero non è nuovo a incidenti
mediatici.
Più di una
volta, dal 2002 al 2007, portò come testimonial su Raiuno, nella
trasmissione "A Sua immagine" dedicata alla spiegazione del
Vangelo, gli adepti della setta spiritualista Arkeon, sulla quale
la procura di Bari aveva aperto un'inchiesta. Interpellato da
"Striscia la notizia", padre Raniero aveva detto di non sapere
nulla dei problemi giudiziari della setta. Ma già un anno prima la
trasmissione "Mi manda Raitre", condotta da Andrea Vianello, aveva
mandato in onda le testimonianze di violenze e di abusi di tre
fuoriusciti dalla Arkeon.
Quindici
giorni fa i testimonial di padre Raniero sono stati rinviati a
giudizio per associazione per delinquere, maltrattamenti su
minorenni, truffa, esercizio abusivo della professione medica. Ora
sono in molti a sollecitare il predicatore a fare chiarezza almeno
sullo strano caso dell'amico ebreo. (Ignazio Ingrao)
2-
TERREMOTO IN PROCURA, SINDACO NEL MIRINO PER LE MACERIE ...
Il comitato spontaneo di cittadini aquilani Immota manet ha
presentato un esposto alla procura della Repubblica del capoluogo
abruzzeze guidata da Alfredo Rossini. Nella denuncia, firmata dal
legale rappresentante Stefano Di Salvatore, si chiede alla
magistratura di fare piena luce sul comportamento del sindaco
Massimo Cialente e dell'amministrazione comunale riguardo alla
controversa gestione delle macerie. L'esposto riporta tutti gli
atti e i documenti pubblicati nel numero scorso di "Panorama".
Cialente,
sebbene abbia sempre dichiarato di non avere avuto alcun ruolo
nella rimozione delle macerie, aveva affidato l'appalto (senza
gara pubblica) a un'impresa che non aveva neppure iniziato
l'attività. Ma di fronte alle polemiche scatenate dagli altri
cavatori della zona il primo cittadino aveva fatto marcia indietro
con una successiva delibera di revoca. Da qui l'impasse nei lavori
per liberare la città dai detriti dovuti ai crolli per il
terremoto.
3-
VELTRONI PRENDE VISCO PER FIASCO ...
Un cambio di passo. Un partito popolare. Un partito che parla alla
gente e fa seriamente la lotta all'evasione fiscale. La ricetta è
di Walter Veltroni, ex segretario del Partito democratico. Peccato
che quando fu il suo turno Veltroni mise la sordina (come una
«damnatio memoriae») a Romano Prodi e Vincenzo Visco (nemmeno
ricandidato alle elezioni politiche), rei di avere premuto
l'acceleratore sul recupero di denari dagli evasori. La stessa
candidatura in Veneto di Giuseppe Bortolussi, pd ma anti Visco, è
stata sostenuta dall'ala veltroniana. (A.V.)
|
UNA
REGATA NON È UN TERREMOTO! - LA CORTE DEI CONTI METTE FINE
ALL'ERA DI BERTOLASO E BLOCCA I 4 MLN STANZIATI DALLA
PROTEZIONE CIVILE PER LA LOUIS VUITTON CUP – QUINDI BASTA
ORDINANZE SUI GRANDI EVENTI, STOP ALLE SPESE NON CONTROLLATE
– LA STESSA COSA VALE PER I 150 ANNI DELL'UNITÀ D'ITALIA E
PER L'EXPO 2015…
Roberto Miliacca
per "Italia
Oggi"
Un
grande evento non è un terremoto. Finanziare una regata non
è come finanziare la ricostruzione di un territorio dopo
un'alluvione. Insomma, basta con le ordinanze di protezione
civile firmate per qualunque cosa e senza nessun controllo,
soprattutto di tipo contabile.
La
sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti del
governo della Corte dei conti, con una lunga delibera che
non dà adito a interpretazioni, la n. 5/2010/P, depositata
il 18 marzo e resa pubblica ieri, ha bloccato l'ordinanza di
protezione civile n. 3838 che stanziava 4 milioni di euro
per l'organizzazione e lo svolgimento della Louis Vuitton
World Series presso l'isola de La Maddalena. «Anche i
"grandi eventi", per rientrare nella competenza della
protezione civile, debbono appartenere al più ampio genere
costituito dalle situazioni di grave pericolo», hanno detto
i giudici. E una regata di barche a vela non ha nulla a fare
con eventi «che determinino situazioni di grave rischio» per
la vita delle persone.
I
magistrati contabili non sono nuovi a queste decisioni.
L'ultima pronuncia, di novembre del 2009, riguardava le
manifestazioni legate alle celebrazioni per i 150 anni
dell'unità d'Italia e per l'Expo 2015. E anche in quel caso
i giudici avevano detto che non ci possono essere atti
amministrativi che possono sfuggire a un controllo contabile
preventivo sulla spesa.
Nella
pronuncia resa nota ieri i magistrati ricordano che la loro
attenzione sull'uso-abuso delle ordinanze di protezione
civile da parte dei diversi governi che si sono succeduti in
questi anni non è legata agli eventi di queste settimane,
cioè alle vicende giudiziarie che vedono coinvolto il capo
della protezione civile Guido Bertolaso negli appalti per la
costruzione delle infrastrutture per il G8 dapprima alla
Maddalena e poi all'Aquila.
«Le
Sezioni Riunite di questa Corte», scrivono i magistrati,
«segnalarono che "le ordinanze di protezione civile,
soprattutto a partire dal 2002, hanno progressivamente
esteso il loro ambito operativo con riflessi anche
quantitativi sulla nuova classificazione di bilancio in
ordine al «soccorso civile».
Con
questa pronuncia, però, i giudici contabili hanno motivato
il perchè vogliono riprendersi la titolarità del controllo
preventivo sulle ordinanze della presidenza del consiglio,
titolarità che gli era stata sottratta due anni fa
attraverso una norma interpretativa contenuta nel decreto
legge 90/2008.
PIZZI
Il
governo, infatti, proprio per poter avere a sua disposizione
uno strumento rapido ed efficace per affrontare emergenze e
grandi eventi, fatto approvare in parlamento un articolo 14
del dl secondo il quale «i provvedimenti adottati ai sensi
dell'art. 5 della legge 225/1992 («Istituzione del Servizio
nazionale della protezione civile») nonché dell'articolo
5-bis del decreto-legge 343/2001 («Disposizioni urgenti per
assicurare il coordinamento operativo delle strutture
preposte alle attività di protezione civile») non sono
soggetti al controllo preventivo di legittimità di cui
all'articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20».
Ma i
giudici, spogliati della loro funzione, hanno interpretato a
loro volta la legge istitutiva della protezione civile, e
hanno detto da una parte che la nozione di evento presuppone
sempre un carattere emergenziale dello stesso, e dall'altra
che, comunque, una dichiarazione di «grande evento» è sempre
un cosiddetto «atto presupposto» all'emanazione del decreto,
e quindi sindacabile dai giudici come tutti gli atti
amministrativi.
Sei
anni fa i giudici di via Baiamonti non hanno potuto dire
nulla su una manifestazione analoga, cioè la pre-regata
della trentaduesima America's Cup, che si era tenuta nello
specchio di mare antistante alla città di Trapani. Anche lì
un'ordinanza di protezione civile del 3 settembre 2004 aveva
dichiarato la regata grande evento, ma «gli atti emanati a
suo tempo per detta manifestazione non sono stati inviati al
controllo preventivo di legittimità». E nessuno, a
differenza di oggi, disse nulla.
[25-03-2010]
|
TERREMOTO
BERTOLASO – ECCO PERCHé SGHIGNAZZAVANO ALLA NOTIZIA DEL
SISMA AQUILANO: CONSULENZE RECORD DA 9 MLN PER GETTONI E
ASSEGNI, IL PROGETTO C.A.S.E. LIEVITATO DEL 40% E PERCHé
300MILA € SONO STATI SPESI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO
SISMICO 9 GIORNI DOPO IL TERREMOTO? – ECCO LA LISTA
INCIUCIONA DI SOCIETÀ DI FIDUCIA DELLA PROTEZIONE CIVILE….
Paolo Berizzi per "la
Repubblica"
Di beffe i terremotati dell´Aquila ne
hanno subite abbastanza. Comprese le risate sciacalle della «cricca».
Ce n´è una, però, che non conoscono ancora. Va iscritta in
quel generoso consulentificio che è la Protezione civile al
tempo di Guido Bertolaso. È il 15 aprile 2009.
Ad appena nove giorni dal sisma che ha
violentato l´Abruzzo provocando la morte di 308 aquilani,
ferendone altri 1.600 e lesionando centinaia di edifici, l´ennesimo
contributo, 300 mila euro, finisce - con la solita ordinanza
ad hoc - nelle casse di una fondazione. Che ha come scopo la
prevenzione del rischio sismico. Già materializzatosi 216 ore
prima.
La fondazione si chiama Eucentre e fa
parte della short list (commesse, consulenze, convenzioni) del
dipartimento di Protezione civile. Fondata nel 2003, tra gli
altri, dalla stessa Protezione, Eucentre è il professor Gian
Michele Calvi. Che è pure direttore - con il Consorzio For
Case di cui è presidente - del progetto C. A. S. E.. La
ricostruzione all´Aquila di 183 edifici, 4.600 appartamenti
con appalti per 800 milioni.
Calvi insegna meccanica strutturale
all´ateneo di Pavia, la sua città. Lo considerano un braccio
destro di Bertolaso. Dopo l´estate del 2008 il
sottosegretario lo spedisce alla Maddalena come «soggetto
attuatore» del G8 al posto dello spendaccione Fabio De Santis
(ora in carcere), «allontanato» perché stava appaltando a
600 milioni opere che dovevano costarne 300.
Peccato che l´ingegner Calvi, figlio
d´arte, studio da 30 dipendenti, famiglia vicina all´Opus
Dei, un fratello, Gian Luca, che l´anno scorso rileva per
300mila euro la Tecno Hospital di Gianpaolo Tarantini, all´Aquila
abbia splafonato e non di poco proprio nella costruzione delle
new town. In 11 mesi, dall´aprile del 2009, con la sua task
force di 119 tecnici è riuscito a far lievitare i costi del
40%: dai 570 milioni preventivati a 800. Non male per un´emergenza
costata finora la cifra record di 1 miliardo e 431 milioni.
«Alla fine sarà il terremoto più
caro di sempre», dice Teresa Crespellani, già docente di
ingegneria geotecnica sismica all´ateneo di Firenze. Dal
pozzo di via Ulpiano, a favore di Eucentre, sono usciti 700
mila euro solo per la valutazione di agibilità delle case. Un
compito che nell´era pre-Bertolaso era appannaggio dei
tecnici del dipartimento. Con un bel risparmio.
All´Aquila tra gli edifici dichiarati
inagibili c´è la vecchia sede dell´Anas. Danni modesti,
nemmeno puntellata ma si è deciso, d´urgenza, di tirarne su
una nuova. Costo: 14,5 milioni di euro (cordata Maltauro di
Vicenza, consegna 27 aprile prossimo). A distanza di un anno
nessuna costruzione: solo un cratere. «Prima si valorizzavano
le risorse interne, oggi è un continuo e oneroso ricorso a
soggetti esterni», ragiona Roberto De Marco, fino al 2002
direttore del defunto servizio sismico nazionale.
In effetti in Protezione civile,
quando si parla di consulenze, i cordoni della borsa si aprono
senza problemi. Nel 2007 ne sono state assegnate per 2 milioni
e 436 mila euro, record di spesa con 80 consulenti.
I collaboratori. Bertolaso i suoi se
li tiene stretti. A Giovanni Bastianini, «consulente per
informazione, immagine e divulgazione della cultura di
protezione civile», vanno 104mila euro. La cura delle «attività
di comunicazione visiva» è affidata a Maurizio Silvestri, e
costa 74 mila euro. Prende 6 mila euro in più l´avvocato di
Stato Ettore Figliolia, un tempo consigliere giuridico, oggi
superconsulente. E´ lui, già capo gabinetto di Rutelli
vicepremier, la "mente" creativa delle ordinanze di
Protezione civile.
Quanto ci costano i nostri protettori
civili e i loro "aggiunti"? Nel bilancio 2009 (2
miliardi e 72milioni) figura la voce «emolumenti accessori al
personale interno e distaccato, per gettoni di presenza,
stipendi e assegni per il personale assunto con contratti
"privati"». In tutto fanno oltre 9 milioni.
Normale per un dipartimento che ha
quadruplicato le dimensioni della sua struttura (una tendenza
inversa ai drastici tagli di tutto l´apparato pubblico
centrale). Con un ufficio stampa-comunicazione formato da un
esercito di 28 persone (con Franco Barberi erano 8). Persino
poca roba se paragonata alle commesse e agli incarichi extra.
Tra i "partner" più fedeli c´è Finmeccanica.
Specializzata nel settore militare ma
alla quale è affidata l´infrastruttura informatica (appalto
secretato). Sono targati Selex (società di Finmeccanica)
anche i 20 nuovi meteo-radar acquistati nel 2007 per 20
milioni (2,8 milioni a pezzo). Restiamo nei cieli. La flotta
delle emergenze, e dei grandi eventi, è tanto fornita quanto
costosa: nel 2008 per mantenere i 19 Canadair CL 415, i due
aerei Piaggio C 180, i tre elicotteri Agusta e i 6 elicotteri
Erickson S63 in appalto, ci sono voluti 158 milioni.
Per la sola gestione dei Canadair 43
milioni sono andati alla Sorem: un partner resistente a tutto.
Anche alle indagini giudiziarie e a quelle dell´Enav, che nel
2002 denuncia «carenze addestrative e operative». Tra il
2003 e il 2007 si verificano una serie di incidenti, alcuni
mortali. Bertolaso ammette «un errore» nella programmazione
degli orari di volo, ma Sorem è confermatissima. Come l´Ingv
(istituto nazionale geofisica e vulcanologia) di Enzo Boschi.
L´ultimo assegno staccato è di 63
milioni, convenzione del 2004. Altri si
"accontentano". Legambiente, «protagonista nell´organizzazione
di grandi eventi», nel 2006 incassa 694 mila euro. Più del
doppio di quanto sono costati (335 mila) i distintivi e le
medaglie 2009 della Protezione civile (ma i pompieri che hanno
scavato all´Aquila hanno dovuto pagarsele). Meno di un terzo
di quanto costa (3,5 milioni all´anno per 9 anni) la sede
operativa scelta da Bertolaso nel 2004. Sorge in via
Vitorchiano, sulle sponde del Tevere. In una zona che l´autorità
di bacino del fiume ha definito "R4". Il massimo
livello di rischio idrogeologico.
2- "NOMINA DI BALDUCCI CON
PRODI" MA IL PD SMENTISCE IL PREMIER...
Da "la
Repubblica"
È scontro sulla nomina di Angelo Balducci. Berlusconi
sostiene che ad aver nominato l´ex presidente del consiglio
superiore dei lavori pubblici non è stato il centrodestra ma
«il precedente governo». Ricostruzione contestata dal Pd,
con il capogruppo in Commissione Affari costituzionali della
Camera, Giancarlo Bressa, che dà al premier dello «smemorato»,
ricordandogli che a nominarlo non fu il governo Prodi ma per
due volte Berlusconi. Intanto nel carcere di Prato Balducci ha
scelto di non rispondere ai pm fiorentini che lo accusano di
corruzione.
[22-03-2010] |
UN
BERTO-LESO IN EMERGENZA CONTINUA - CoME LA PROTEZIONE CIVILE
SI TRASFORMA IN UNA GALLINA DALLE UOVA D’ORO - PER GLI
EVENTI “MENO CALAMITOSI” VENGONO DATI GETTONI STRAORDINARI
(10 MLD € IN 9 ANNI) – SAN GUIDO PROPONE LE ORDINANZE,
SILVIO LE FIRMA E LO NOMINA COMMISSARIO (CON LAUTO STIPENDIO)
– E NELLE CORSIE PREFERENZIALI ENTRANO ANCHE CONVEGNI, GARE
SPORTIVE E VISITE DEL PAPA, COMPRESE LE REGATE VUITTON…
Paolo
Berizzi per "la
Repubbica"
Ci
sono eventi e eventi, nell´Italia dell´emergenza continua e
delle ordinanze a pioggia. Alcuni calamitosi. Altri che non lo
sono per niente. Ma che, per la Protezione civile, erano e
sono da ritenersi "grandi eventi". Gare ciclistiche,
regate, mondiali di nuoto, beatificazioni, visite pastorali,
convegni eucaristici, vertici politici e militari,
pellegrinaggi.
Per
legittimarli, e per assegnare un compenso
"aggiuntivo" ai «soggetti attuatori», ai
commissari delegati e a quelli straordinari che li gestiscono
- quasi sempre Guido Bertolaso - a palazzo Chigi è sempre
pronta una disposizione urgente. Che in molti casi stabilisce
un gettone: dal 3,75% al 50% del «trattamento economico
complessivo in godimento».
Sono
628 le ordinanze straordinarie dal 2001 a oggi. Un diluvio di
procedure "ad hoc" che hanno permesso al
dipartimento di Protezione civile della Presidenza del
consiglio di bruciare, in nove anni, oltre 10 miliardi di
euro. Più di un miliardo all´anno. Settanta milioni al mese.
Quasi 3 milioni al giorno. Un sistema che ha ingrossato i
conti delle centinaia di ditte appaltate a trattativa privata.
O con gare-lampo sottratte alle regole di assegnazione e
controllo della Corte dei Conti. O - vedi Abruzzo - «sulla
base di criteri di scelta di carattere fiduciario».
Bertolaso
L´Italia
che emerge dalle ordinanze di Protezione civile è un paese a
rischio ininterrotto. Pronto a sprecare. Calamità naturali,
certo. Terremoti, alluvioni, smottamenti. Mettiamoci pure il
traffico di una mezza dozzina di città, i rifiuti sotto il
Vesuvio, le gondole e i vaporetti che assediano Venezia e «l´eccezionale
afflusso turistico» nelle isole Eolie.
Ma
in un fritto misto di sacralità, agonismo e alta diplomazia
istituzionale, a Bertolaso&co sono state affidate anche:
le visite pastorali del Papa (800 mila euro stanziati nel 2008
per gli spostamenti di Benedetto XVI, ogni volta che il
pontefice supera le sponde del Tevere il governo concede la
dichiarazione di "grande evento"); i mondiali di
ciclismo di Varese (71 milioni) e quelli di nuoto di Roma (60
milioni); i congressi eucaristici di Bari (2005, 3 milioni) e
Ancona (2011, 200 mila euro per ora); le Olimpiadi di Torino e
i vertici internazionali come il Nato-Russia del 2002 a
Pratica di Mare (5 milioni solo di telecomunicazioni).
E
ancora: il semestre italiano di presidenza europea, la firma
della Carta di Roma, il doppio G8 Maddalena-L´Aquila - quello
della "cricca" costato 500 milioni - , la Louis
Vuitton trophy. E, trattata come «un evento calamitoso di
natura terroristica», l´influenza suina: 24 milioni di
vaccini acquistati dalla casa farmaceutica Novartis; ne è
stato usato uno solo, gli altri 23 sono andati in malora. In
tutto una quarantina di eventi. Almeno tre - secondo le
procure di Roma, Firenze e Perugia - hanno prodotto la «gelatina»
della corruzione, il reato di cui è ac-cusato il capo della
Protezione civile.
Il
dipartimento al tempo di super Guido è una macchina del
potere. La più veloce, ricca e meno controllata dello Stato.
Un pozzo di San Patrizio che in meno di un decennio - da
quando nel 2001 Berlusconi ne ha fatto un dipartimento della
presidenza del consiglio - si è trasformato in un grande ente
appaltatore. In spregio alle norme sugli appalti e le
assunzioni. Tutte per chiamata diretta, senza concorso (l´ultima
infornata ne ha prodotte 200). Gli stipendi, poi. Dal capo ai
funzionari, ce ne sono molti che lievitano grazie alle
indennità: non solo per le emergenze e le missioni, anche per
i grandi eventi.
È
qui il nocciolo del potere della Protezione civile. Decreto
varato da Berlusconi il 7 settembre 2001, articolo 5 bis comma
5. La "carta" estende il potere di ordinanza «alla
dichiarazione di grandi eventi (...) diversi da quelli per i
quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza».
Tradotto: una frana è come il G8, il terrorismo in Iraq come
il ciclismo in Insubria. La canonizzazione di Padre Pio e Josè
Maria Escrivà come i tuffi al Foro Italico e la preregata
dell´America´s cup. Risultato: centinaia di milioni che
fanno felici gli amministratori locali. E non solo. «È un´anomalia
istituzionale - tuona il senatore del Pd Mario Gasbarri - .
Le
ordinanze le propone Bertolaso, Berlusconi le firma e le
emana. In ogni ordinanza si nomina Bertolaso commissario. E in
queste ordinanze lui riceve un compenso aggiuntivo. Bertolaso,
insomma, decide quanti soldi deve prendere Bertolaso». Il
capo della Protezione civile guadagna 236 mila euro (lordi).
Più di ogni altro capo dipartimento. La sua retribuzione va
in deroga alle leggi vigenti (pubblico impiego e contratto
nazionale di lavoro del personale dirigente).
Nel
2008 ha dichiarato un reddito imponibile di 1 milione e 13mila
euro (quarto più ricco nel governo), a fronte di uno
stipendio di molto inferiore. «Emolumenti episodici relativi
ad attività svolte negli anni precedenti», ha spiegato in
una nota la Protezione civile. Già. Ma qual è il compenso «aggiuntivo»
di cui - documenti alla mano - Bertolaso pare aver beneficiato
in questi anni? Per quanto Repubblica ha potuto sin qui
verificare, ci sono una serie di ordinanze, almeno 12, emanate
dalla Presidenza del consiglio tra aprile 2002 e giugno 2009,
nelle quali è indicato un compenso extra per il commissario
degli eventi. Che risponde quasi sempre al nome di Bertolaso.
Lo
"scalino" standard ammonta al 3,75%. Da calcolarsi
sul «trattamento economico complessivo in godimento».
Esempi. Il G8, il 50° anniversario della firma dei trattati
di Roma, il congresso eucaristico di Ancona (in programma l´anno
prossimo e già affidato al sottosegretario B.). In altri
casi, come per il pellegrinaggio a Loreto del 2007, palazzo
Chigi elargisce ai soggetti attuatori un´indennità pari al
50% del «trattamento economico».
«Vorremmo
capire se il compenso per Bertolaso è cumulativo o se lo è
stato - ragiona Antonio Crispi, funzione pubblica Cgil - , lo
chiederemo al segretario generale della presidenza del
consiglio dei ministri». È un ginepraio il sistema di
ordinanze di Protezione civile. Spesso, a un certo punto, la
traccia che indirizza ai cachet si perde. Ecco alcune
procedure urgenti.
Emergenza
terrorismo internazionale (2003, ancora in vigore, «retribuzione
da determinarsi con successivo provvedimento del ministro dell´Interno);
le frane di Cosenza (dal 2005 al 2010, compenso che Repubblica
ha potuto stimare in circa 32 mila euro per il solo 2009 a
favore del commissario straordinario); anniversario della
firma dei trattati di Roma (2006, 3,75%); G8 (2007, 3,75%);
congresso eucaristico di Ancona (2008, 3,75%). «Più
ordinanze propone e più Bertolaso guadagna?», attacca
Gasbarri.
Che
con le ordinanze si sia fatto prendere un po´ la mano, del
resto, lo ha ammesso lo stesso sottosegretario. «Forse il
ricorso ai poteri di emergenza è stato un po´ eccessivo» ha
detto a Panorama il 25 febbraio scorso. «Purtroppo, da
servitore dello Stato, ogni volta che mi hanno sottoposto un
problema, io sono intervenuto.
Mi
sembrava il modo migliore per fare andare avanti il paese».
800 dipendenti, una rete di 1milione e 300mila volontari,
ultimo bilancio 2 miliardi e 72 milioni di cui 1,2 miliardi
destinati ai mutui accesi per i lavori di ricostruzione e solo
31 milioni all´attività di "previsione e
prevenzione" (la ragione sociale della Protezione
civile). Uno «Stato nello Stato», lo definisce Manuele
Bonaccorsi in "Potere assoluto". Con i piedi ben
piantati nei grandi eventi.
Meno
sulla salvaguardia dell´ambiente. «Se non tuteli il
territorio non tuteli la vita umana, di cui sei diretto
responsabile - dice ancora Antonio Crispi - . Bisogna togliere
alla Protezione civile i grandi eventi, cambiare il sistema».
Quello che munge milioni allo Stato anche per un
pellegrinaggio o una gara di ciclismo. "Emergenze"
che per molti funzionari valgono il 30% in più dello
stipendio. E altri cotillon. Lo dice chiaro l´ordinanza per i
campionati di ciclismo di Varese: «Ai componenti della
struttura commissariale», oltre all´indennità di missione,
«spettano 100 ore mensili di straordinario forfaittario».
[15-03-2010]
|
FIRENZE
VIOLA IL PORTO DELLE NEBBIE, ROCCAFORTE DEL POTERE ROMANO -
“LA PROCURA DI ROMA E I CARABINIERI ERANO ARRIVATI ALLA
BANDA BALDUCCI GIÀ NELL’AUTUNNO 2008, MA IL PROCURATORE
CAPO E IL SUO AGGIUNTO “ADDORMENTARONO” L’INCHIESTA -
“NIENTE INTERCETTAZIONI PER MOTIVI DI OPPORTUNITÀ
POLITICA” (E DELEGA ALLA GDF) - TRE VERBALI CONFERMANO
TUTTO. GIOVANNI FERRARA HA I MINUTI CONTATI?...
Carlo
Bonini per "la Repubblica"
Agli
appalti truccati del G8 della Maddalena, al nocciolo duro
della "cricca" - Angelo Balducci, Mauro Della
Giovampaola, Diego Anemone - i carabinieri del Noe e il
sostituto procuratore della Repubblica di Roma Assunta
Cocomello erano arrivati per tempo, nell´autunno del 2008. Ma
l´indagine - come ricostruito da "Repubblica" il 26
febbraio scorso - venne addormentata dal procuratore capo
Giovanni Ferrara e dal suo aggiunto Achille Toro per ragioni
di «prudenza» e «opportunità politica».
Ebbene,
ora, a confermare e documentare quanto accaduto negli uffici
di piazzale Clodio sono tre verbali di testimonianza raccolti
il 16 febbraio scorso dai magistrati di Perugia e depositati
al Tribunale del Riesame. A parlare sono il capitano Pasquale
Starace e il tenente Francesco Ceccaroni del Noe, il sostituto
procuratore di Roma Assunta Cocomello. Ecco il loro racconto.
BUSTE
DI RINGRAZIAMENTO
Ricorda Pasquale Starace: «Nell´ambito di un´indagine
condotta dalla procura della Repubblica di Nuoro con delega al
Noe di Sassari, venne redatta il 5 giugno del 2008 un´informativa
in cui si faceva riferimento ad intercettazioni telefoniche
che coinvolgevano due imprenditori sardi in contatto con tale
Angelo Balducci. In queste conversazioni si parlava di
"appalti e di buste", una delle quali era definita
"di ringraziamento". Un altro soggetto, citato nelle
conversazioni con il solo nome "Ingegner Mauro"
(Della Giovampaola, ndr), sembrava suscettibile di interesse
investigativo.
Gli
atti furono trasmessi alla Procura di Roma dalla Procura di
Nuoro e per questo motivo fummo convocati dal sostituto della
Procura di Roma, dottoressa Cocomello. (...) Il 15 gennaio
2009, nel depositare l´informativa, chiedemmo intercettazioni
telefoniche. Il 29 gennaio esaudimmo la richiesta di indagini.
Il 10 febbraio sollecitammo un incontro con la Cocomello,
rappresentando l´importanza dell´indagine».
ESCLUSI
I CARABINIERI
Ma qui accade qualcosa che disturba l´ufficiale. Le
intercettazioni non vengono concesse. La delega per le
indagini passa alla Guardia di Finanza. «I motivi di sorpresa
per il mancato accoglimento della nostra richiesta (di
intercettazioni, ndr) secondo me esulavano dalla fisiologica
dialettica della Autorità Giudiziaria con la Polizia
Giudiziaria ed erano rappresentati sostanzialmente dal fatto
che il magistrato titolare delle indagini (la Cocomello)
concordasse con noi sulla bontà degli elementi raccolti ma
che gli esiti da noi richiesti non venivano adottati per dei
contrasti con il procuratore capo Ferrara ed il procuratore
aggiunto Toro, i quali formulavano obiezioni di
"opportunità politica" e non di discrezionalità
giudiziaria. Del tutto sorprendente mi sembrava inoltre l´intenzione
di affidare le indagini alla Guardia di Finanza, perché non
comprendevo le ragioni di cambiare la polizia giudiziaria
delegata».
Accade
dell´altro. Il 3 marzo 2009, il capitano Starace, il tenente
Francesco Ceccaroni, il maresciallo Catalano, vengono
accompagnati dalla Cocomello nell´ufficio del procuratore
aggiunto Achille Toro per «un colloquio diretto». «Toro ci
manifestò le sue perplessità sulle ipotesi delittuose
prospettate (la corruzione, ndr) in quanto, a suo parere, si
era più in presenza di un reato di abuso di ufficio da cui
poteva, al massimo, conseguire una richiesta di interdizione
dai pubblici uffici».
Giovampaola
(Dal Giornale)
Il
tenente Francesco Ceccaroni conferma la ricostruzione del suo
capitano e aggiunge un dettaglio significativo. «La mia
impressione fu quella che la Cocomello fosse in dissenso sia
sulle valutazioni giuridiche, sia sulle considerazioni di
natura politica di Ferrara e Toro».
"NIENTE
INTERCETTAZIONI"
Le impressioni del tenente sono corrette. Alla Cocomello, che
nel settembre del 2008, ha formalizzato l´inchiesta sugli
appalti del G8 nata dall´informativa del Noe con l´iscrizione
segretata al registro degli indagati dei nomi di Balducci,
Anemone e Della Giovampaola, viene chiesto per quanto concerne
quel fascicolo di «riferire prima di ogni atto al procuratore
Ferrara».
«Riferivo
al procuratore quanto meno per concordare le linee generali
dell´indagine - ricorda la Cocomello - Successivamente invece
riferivo principalmente all´aggiunto (Toro, ndr)». Ed è lui
- aggiunge - che la sollecita a togliere la delega di indagine
al Noe per affidarla alla Guardia di Finanza, data la «complessità
dell´indagine».
Toro
muove anche delle obiezioni. «Io, sin dall´inizio, ritenevo
necessaria un´attività di intercettazione telefonica, ma
Toro riteneva non sussistenti elementi a sostegno dell´ipotesi
investigativa». È pur vero - chiosa la Cocomello - che l´ufficio
gip di Roma è molto rigoroso nel concedere le
intercettazioni. Ma, a ben vedere, non è questa la ragione
della prudenza che ispira le mosse dell´aggiunto e dello
stesso procuratore.
Dal
Messaggero
«Ferrara
e Toro segnalavano la necessità di individuare il passaggio
di somme di denaro per supportare la sussistenza di indizi (di
corruzione, ndr). Al massimo individuavano elementi per
ipotizzare un abuso d´ufficio. Ferrara (non ricordo se
direttamente o tramite Toro) mi ha anche responsabilizzato in
ordine alla delicatezza dell´indagine, in relazione ad un´eventuale
fuga di notizie in pieno G8, a fronte dell´esistenza di
ipotesi di reato che, a parere dell´Ufficio, non erano ancora
sufficientemente delineate».
È un
fatto che neppure nel gennaio di quest´anno, a G8 ampiamente
archiviato, l´atteggiamento di Ferrara e Toro cambia. La
Guardia di Finanza, in quel momento, lavorando su due
segnalazioni di operazioni sospette su società del Gruppo
Anemone ha consegnato alla Cocomello e al pm che le è stato
nel frattempo affiancato (Sergio Colaiocco) elementi
sufficienti a ipotizzare due nuovi reati - «associazione per
delinquere e riciclaggio» - e a rendere non più rinviabili
le intercettazioni telefoniche. Ferrara e Toro frenano ancora.
«Il
29 gennaio scorso - ricorda la Cocomello - io e Colaiocco ci
riunimmo con Ferrara e Toro. In quella circostanza, Toro disse
che a suo parere le indagini andavano condotte sui documenti e
non sul contenuto di intercettazioni telefoniche. Di fronte a
queste obiezioni, ribadii con forza la mia opinione sull´assoluta
indispensabilità delle intercettazioni.
Nella
richiesta di intercettazione erano indicati tutti i soggetti
iscritti alla data del 28/01/2010. Ma la nostra richiesta di
intercettazione venne ritenuta comunque "debole" dal
capo (Ferrara) e dall´aggiunto (Toro) con particolare
riferimento all´indagato Della Giovampaola, così che io e il
collega Colaiocco, convenendo che quella posizione fosse
effettivamente la più debole, depennammo quel nome».
Quel
che accade dopo il 29 gennaio è noto (arriveranno gli
arresti, Roma non avrà tempo di intercettare nessuno). Tranne
un particolare, sin qui inedito. Luca Turco, uno dei pm di
Firenze, pochi giorni prima degli arresti del 10 febbraio,
incontra a Roma la Cocomello e Colaiocco in quello che
dovrebbe essere un incontro di «coordinamento investigativo»
che mai vedrà la luce. Ricorda la Cocomello: «Turco ci invitò
a non eseguire perquisizioni e ci comunicò che la Procura
aveva formulato una richiesta di custodia cautelare per reati
di nostra competenza. Non ci comunicò i nominativi e noi non
insistemmo»
[11-03-2010]
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Fasci e
rifasci! - Ecco perché Mokbel ingaggiò Andrini: “A Roma è
il terrore di An. E’ l’unico a tenere sotto controllo il
campo occupato di San Giovanni dove ha fatto convergere tutti
pseudo di estrema destra neonazisti molto più estremisti di
Forza Nuova” - Il fax per la residenza di Di Girolamo
inviato dal Campidoglio - Le pressioni su Alemanno per la
candidatura - LA TERZA CARICA FINI NON HA NULLA DA DIRE SUI
MOKBEL DI AN?...
Marino Bisso e Carlo Picozza per
"La Repubblica - Roma
Con Gennaro Mokbel, Stefano Andrini, il "gemello",
è amico di vecchia data: insieme tramano per far passare il
nome dell' avvocato Nicola Di Girolamo al Senato tra i
senatori da candidare per la circoscrizione Estero.
È proprio il "gemello",
stretto collaborato di Mirko Tremaglia e futuro ad di Ama
servizi nonché amico del sindaco Gianni Alemanno,a operarsi
per far avere a Di Girolamo i certificati dal Comune di Roma e
la falsa residenza in Belgio, pratiche indispensabili per la
candidatura alle elezioni dell' aprile 2008. Mokbel non ha
dubbi sulla collaborazione di Andrini e ne spiega il motivo a
Di Girolamo: «Sapendo che facevo politica ha provato a
ricontattarmi un paio di volte e ci siamo visti».
«In An», continua, «hanno il
terrore di Stefano perché è l' unico che gli sta a riuscì a
tenere sotto controllo su Roma il campo occupato, una
struttura antica del 1930 che sta alle spalle di San Giovanni
e che hanno occupato tanti anni fa. Lì si sono fatti una
bella struttura, campi da calcio, fanno il campionato, ma
proprio bella, e c' è anche un monumento che ha fatto
convergere dentro quella struttura tutti i cacacaz... pseudo
di estrema destra neonazisti molto più estremisti di Forza
Nuova di Roberto Fiore».
Ed è una persona di fiducia di
Andrini, Gian Luigi Ferretti, direttore della rivista "L'
Italiano", che è editata dalla cooperativa di cui sono
soci il parlamentare Zacchera (An) e lo stesso Andrini, a
impartire le istruzioni a Di Girolamo su come ottenere il
certificato elettorale in Belgio: «Tu devi andare a
Bruxelles, al consolato ti diranno che non hanno il
certificato allora loro per legge ti devono mandare un fax e
c' è un fax apposta al Comune di Roma... il Comune risponde
immediatamente e ti rilasciano questo perché nelle liste
elettorali inviate di recente dal ministero dell' Interno tu
logicamente non ci sei.
Quindi sei nell' elenco suppletivo il
che significa che risulti residente a Bruxelles. Dobbiamo
sensibilizzare il Comune a rispondere immediatamente. Sai che
poi alla fine abbiamo l' arma del... che tu ormai conosci
benissimo... dell' ambasciatore».
Andrini si occupa di trovare la
persona che metterà a disposizione di Di Girolamo l' alloggio
per fargli ottenere la residenza a Etterbeek in Belgio: «Domani»,
dice al futuro "senatore", «quel deficiente che ha
casa lì, che io non ho potuto insultà più di tanto perché
poi ci serve, la casa va messa ugualmente, io te lo presento
perché lui ha dato un indirizzo di casa».
Per sostenere politicamente Di
Girolamo, Andrini scende in campo direttamente. Si dice
dispiaciuto dell' esclusione di Gianluigi Ferretti, non è
soddisfatto «perché al Senato ne passa solo uno» e annuncia
«qualche ulteriore intervento con Alemanno per fare
riesaminare la candidatura nel corso della successiva riunione
del direttivo di An». «Comunque», conclude Andrini, «se ti
contattasse qualcuno della Camera questo non lo sa che sei
amico di Gennaro (Mokbel), non glielo dire, poi ne parliamo
con Gennaro».
[08-03-2010] |
NO GIP AD ARRESTO FUSI, PROCURA
PRESENTA RICORSO...
(Apcom) - La Procura di Firenze ha presentato ricorso al Tribunale del
Riesame contro la parte dell'ordinanza del Gip fiorentino
Rosario Lupo che respinge la richiesta di custodia cautelare a
carico di Riccardo Fusi, l'ex presidente della Btp: lo ha
annunciato il procuratore capo Giuseppe Quattrocchi.
"Abbiamo preso atto del
provvedimento del Gip, che rispettiamo", ha spiegato,
aggiungendo che "nella parte in cui non abbiamo visto
sintonia con le nostre richieste abbiamo proposto
l'impugnazione al Tribunale del riesame". Nella notte
sono stati arrestati, in base all'ordinanza in questione, sia
l'imprenditore Piscicelli che l'avvocato Cerruti, mentre la
richiesta a carico di Fusi, dimessosi dalla presidenza di Btp
dopo essere stato indagato, è stata respinta.
- E BALDUCCI IN CARCERE SI RITROVA
MOKBEL IN INFERMERIA...
Massimo Martinelli per "Il Messaggero" - Chissà se voleva riaffermare un
primato, ieri mattina, Gennaro Mokbel, l'anima
"nera" del caso Fastweb, quando quasi prendeva per
un braccio Melania Rizzoli nella stanzetta di Regina Coeli che
viene chiamata "infermeria" con qualche esagerazione
linguistica.
La parlamentare era in carcere per una
visita ad Angelo Balducci, anche lui anima "nera",
ma stavolta senza riferimenti politici, dell'inchiesta sui
"grandi eventi". E in un attimo, attraverso gli
sguardi, gli occhi, le braccia di Melania Rizzoli, si sono
unite pure le menti criminali che animano le cronache di
questi giorni. Nessun contatto, tra Mokbel e Balducci, perchè
così prescrive il regolamento: solo un muro di cartongesso
che divide le loro stanzette di infermieria, a due letti,
divise con compagni occasionali.
La distanza è minima, se è vero che
Mokbel è riuscito ad catturare l'attenzione della Rizzoli che
stava salutando Balducci: «Onorevole venga a visitare anche
me», avrebbe detto. E poi si sarebbe addirittura prodotto in
un inchino riverente, di ringraziamento. «Perchè nei giorni
scorsi ero andata a trovare sua moglie, Giorgia Ricci, anche
lei detenuta ma affetta da Sla», spiega la parlamentare. Non
potrebbe stare in prigione, dice la Rizzoli: «Non so perchè
l'hanno arrestata».
Che invece racconta di aver incontrato un Angelo Balducci sereno
ma solo in apparenza. Era il giorno più delicato, per l'ormai
ex presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici.
Ieri ha maneggiato i quotidiani per la prima volta
dall'arresto, e in alcuni c'erano dettagli privatissimi sulla
vita sessuale. «Eppure non ha fatto cenno a niente - spiega
Melania Rizzoli - mi è sembrato particolarmente depresso,
quasi estraneo a quanto gli accade intorno». E Mokbel? «Racconta
che gli vengono frequenti attacchi di ansia, prende delle
pillole, parla solo della moglie».
- UNA MONTAGNA DI DEBITI, I LEGAMI TRA
L'IMPRENDITORE TOSCANO RICCARDO FUSI E IL COORDINATORE DEL PDL
DENIS VERDINI...
Lirio Abbate per "L'Espresso"
Ciò che sembra tener stretto il
parlamentare Denis Verdini, coordinatore del Pdl
all'imprenditore toscano Riccardo Fusi, sembrerebbero essere
milioni e milioni di euro di debiti. Una montagna di soldi che
l'ex patron della Baldassini- Tognozzi-Pontello deve
restituire al Credito cooperativo fiorentino in cui il
deputato siede sulla poltrona di presidente.
Si tratta di milioni di euro
finanziati in maniera poco chiara all'imprenditore che adesso
è travolto da uno tsunami finanziario e giudiziario. Fusi è
sotto pressione a causa di un'esposizione che supera i 500
milioni di euro verso istituti di credito, e fra questi la
banca di Verdini.
Ma visto così l'istituto sembrerebbe
parte lesa nel procedimento che si è aperto a Firenze sui
Grandi Appalti in cui Verdini e Fusi sono indagati per
concorso in corruzione. Ma i pm hanno iscritto sul registro
degli indagati per appropriazione indebita anche il vertice
della banca, perché secondo gli inquirenti le ragioni di
credito presentate dal gruppo di Fusi al Credito cooperativo
potrebbero essere state basate su documenti non veritieri
riguardo la capacità della società a restituire il
finanziamento.
Sulla vicenda è partita una
segnalazione alla Banca d'Italia per far avviare un'ispezione.
Per i pm dietro a questa montagna di soldi piovuta senza
alcuna garanzia ci potrebbe essere la mano di Verdini, che
fino alla metà degli anni Novanta è stato socio di Fusi.
Improvvisamente ha ceduto le quote di partecipazione alla
società, ma secondo gli accertamenti dei pm sarebbe tuttora
in affari con l'imprenditore.
Tornando ai finanziamenti bancari il
parlamentare sostiene che le operazioni con il Credito
cooperativo sono state tutte certificate, e alla domanda di un
cronista che chiedeva se con il patron di Btp sono ancora in
affari, ha risposto: «Non ci sono cointeressenze». Gli
inquirenti sospettano che Verdini e Fusi di fatto siano ancora
soci, forse attraverso prestanome.
Per questo motivo - ipotizzano in
procura - Verdini si è prodigato in ambito politico a far
avere all'impresa di Fusi appalti in Toscana e all'Aquila per
centinaia di milioni di euro. Si tratta di ipotesi
investigative. Su tutto indagano i carabinieri del Ros che
stanno analizzando i documenti sequestrati negli uffici del
Credito Cooperativo e negli uffici della Btp. Quella di
Verdini sembra una vita da banchiere, prestato alla politica,
con la forte passione per il suo amico della
Baldassini-Tognozzi-Pontello, tanto che nell'aprile del 2008
ha rinunciato a un posto da ministro.
[05-03-2010]
un appalto
e così sia – gratta i “Gentiluomini di Sua Santità” e
trovi IL POTERE della cricca - DIETRO LE GRANDI OPERE, dentro
la “FAMIGLIA PAPALina”, CI SONO BANCHIERI, FINANZIERI,
POLITICI E FAMIGLIE NOBILI - dal piduista ortolani al
mionarchivo Emanuele Emmanuele, trapassando l’architetto dei
servizi segreti Adolfo Salabé, famoso per lo scandalo del
Sisde e per la foto con Marianna Scalfaro....
Marco Lillo per "il
Fatto Quotidiano"
Ci sono il vertice del "Sistema
gelatinoso" scoperto dalla Procura di Firenze, Angelo
Balducci, e il referente politico della tecnostruttura della
Protezione civile nel mirino dell'inchiesta, Gianni Letta. Ma
anche i protagonisti dei grandi scandali del passato, dalla P2
ai fondi neri del Sisde. E ci sono soprattutto i vertici delle
più grandi società pubbliche e private d'Italia.
Stiamo parlando dei "Gentiluomini
di Sua Santità". Prima dell'arresto di Balducci, in
pochi conoscevano l'esistenza di questa riedizione moderna
della Corte papale. Solo quando si è scoperto l'immenso
potere dell'ingegnere nel decidere gli appalti delle grandi
opere qualcuno ha notato la comune appartenenza di Balducci e
Letta alla "Famiglia papale".
Solo dopo la pubblicazione delle
intercettazioni sui suoi peccati privati (e non certo per le
sue malefatte pubbliche) Balducci è stato scaricato da
Oltretevere. "Fonti vaticane" hanno fatto sapere che
non sarà più ammesso alle cerimonie e, dopo un certo
periodo, sarà cancellato automaticamente dall'Annuario.
Il suo caso non è il primo. Umberto
Ortolani, Gentiluomo-piduista fu fatto decadere quando si
diede alla latitanza in Sudamerica per sfuggire al mandato di
arresto (sarà poi condannato per la bancarotta
dell'Ambrosiano di Roberto Calvi). Ma chi sono i Gentiluomini
e cosa fanno esattamente?
Nell'elenco pubblicato nel 2009,
consultato da "Il Fatto", si contano 147
Gentiluomini (114 italiani, sette statunitensi, 5 austriaci e
altrettanti spagnoli). Si va dal patron delle acciaierie di
Cremona Giovanni Arvedi (1,4 miliardi di fatturato)
all'amministratore della Tirrenia, Franco Pecorini, al timone
della compagnia pubblica da 26 anni. C'è il senatore Pdl
eletto in Sudamerica Esteban Juan Caselli, chiacchierato per i
suoi rapporti con i generali argentini e c'è anche
l'architetto dei servizi segreti Adolfo Salabé, famoso per lo
scandalo del Sisde e per la foto con Marianna Scalfaro.
Oggi Salabé continua a lavorare nel
settore delle opere segretate mentre un suo ex collaboratore,
Guido Ruggeri, è il capo cantiere dell'aeroporto di Perugia,
appalto vinto da Anemone, nell'ambito delle celebrazioni del
150ennale dell'Unità d'Italia, guidate da Angelo Balducci.
È Gentiluomo anche il coordinatore
dell'Udc a Roma, quel Francesco Carducci, che si è candidato
insieme alla compagna Veronica con la lista della Polverini e
che è anche socio del suo leader Lorenzo Cesa. La società si
chiama I borghi Srl e gestisce l'Auditorium della
Conciliazione, ovviamente di proprietà del Vaticano.
Abbondano i Gentiluomini banchieri
come Emanuele Emmanuele, potente presidente della Fondazione
Cassa di Risparmio di Roma e Alfredo Santini presidente della
Cassa di Risparmio di Ferrara. I Gentiluomini sono presenti
nell'elettricità con il professor Luigi Roth, presidente
della società che gestisce la rete nazionale, Terna Spa, e
nelle Ferrovie dello Stato, con il presidente della
controllata FS Servizi Urbani, Corrado Ruggieri.
Nell'elenco ci sono anche l'ex
direttore dell'Osservatore Romano Mario Agnes; Francesco
Alfonso, consigliere della Corte dei Conti e molti nobili e
appartenenti alle famiglie papaline di Roma, come gli Orsini,
i Colonna, i Torlonia. La creazione di questa sorta di ordine
risale al 28 marzo 1968 quando Paolo VI sostituì la vecchia
Corte papale con la Famiglia Pontificia.
I Gentiluomini sostituiscono gli
antichi Camerieri Segreti di Spada e Cappa e in fondo non
hanno compiti importantissimi. Vestono in abito nero e, con le
opportune decorazioni , assistono alle cerimonie pontificie e
accolgono le delegazioni estere che vengono in visita al Papa.
Tra di loro c'è anche un finanziere spericolato come
l'austriaco Herbert Batliner.
Secondo quanto rivelato da Udo Gumpel
e Ferruccio Pinotti nel libro "L'unto del signore",
Batliner era lo "gnomo" delle tre finanziarie del
Liechtenstein che stavano dietro la famigerata Banca Rasini.
Oltre ai rapporti con l'istituto di credito che finanziò
Silvio Berlusconi, Batliner avrebbe all'attivo anche una
consulenza ai narcotrafficanti latino-americani.
Nel 2007 sarebbe stato riconosciuto
colpevole di una maxi-evasione fiscale in Germania. Nel 2006,
nonostante non potesse mettere piede in Germania, Batliner ha
avuto un permesso speciale per incontrare papa Ratzinger a
Ratisbona. E donargli un organo a canne del valore di 730 mila
euro. Da vero gentiluomo.
[05-03-2010]
IO SONO IL
MIO REALITY! (FRECCERO LESSON) - SENZA TV NON CI SAREBBE STATA
LA PRIMA TANGENTOPOLI (I PROCESSI, IL LANCIO DELLE MONETINE,
LA TOGA DI TONINO) – OGGI La totale assenza della tV spiega
la mancanza di indignazione popolare - AD INTERESSARE SONO I
CAZZI PRIVATI DEI CORROTTI, CHE DIVENTANO COME I CONCORRENTI
DEL GF…
Carlo Freccero per "il Fatto
Quotidiano"
Baudrillard diceva "La guerra del
Golfo non ha mai avuto luogo". Analogamente possiamo dire
che, rispetto alla corruzione di un tempo la corruzione di
oggi "non ha mai avuto luogo". L'affermazione di
Baudrillard si riferiva alla censura di immagini che dopo il
Vietnam, caratterizzò la propaganda dello Stato americano nei
confronti della guerra. Senza immagini non c'è indignazione.
L'indignazione è mozione degli affetti, appartiene alla sfera
emotiva, non razionale.
La Tangentopoli di oggi passa
attraverso la pagina scritta. La prima Tangentopoli si
riassume in una serie di immagini: l'imbarazzo degli imputati
nei processi, Craxi accolto da un lancio di monetine
all'uscita dell'Hotel Raphael, Di Pietro che, teatralmente, si
spoglia della toga per dare le sue dimissioni. Senza
televisione, senza diretta, non ci sarebbe stata la prima
Tangentopoli. La totale assenza della televisione rispetto
agli scandali di oggi, spiega la mancanza di indignazione
popolare.
Bisogna ricordare che Tangentopoli si
incrocia con una fortunata rete di coincidenze riguardo alla
televisione. Nell'89 nasce con Guglielmi, sulla terza rete, la
tv verità, una televisione che fa spettacolo con riprese a
basso costo, nei teatri della vita sociale, le piazze, i
tribunali (es. "Un giorno in pretura").
Nel ‘91 le tv commerciali ottengono
l'autorizzazione ad utilizzare la diretta, sia nelle inchieste
giornalistiche che nei telegiornali veri e propri Nel biennio
‘89/90 irrompe in televisione la "Storia" con la
maiuscola, che segna il trionfo dell'informazione. È un
periodo di grandi sconvolgimenti come non si ricordava da
tempo: Piazza Tien An Men, la Romania dove viene abbattuto
Ceausescu, il crollo del Muro di Berlino, la Guerra del Golfo,
tutto accuratamente trasmesso in televisione. Di fronte
all'impatto di queste immagini la televisione subisce una vera
e propria rivoluzione.
Ricordiamo la tv del servizio
pubblico, proprio perché pedagogica, era fatta di
sceneggiati, trasmissioni culturali, quiz. Con l'esplosione
della diretta, la tv diventa informazione, ma anche piazza
pubblica in cui si forma la coscienza civile del paese ed una
coscienza civile internazionale. I talk-show trovano nella
piazza il loro referente esterno che conferisce verità alla
tesi dibattuta in studio.
Ancora oggi il talk-show di Santoro,
il più discusso, ha nella piazza il suo punto di forza. E
dalla piazza Santoro trasmetterà giovedì 25 marzo.
Riassumendo: Tangentopoli è una collezione di immagini,
soprattutto televisive. Il ripiegamento odierno della tv sul
privato inibisce una nuova Tangentopoli. La differenza tra la
Iª e la IIª Tangentopoli è già racchiusa nella differenza
tra tv verità e reality. Oggi la diretta sopravvive in
televisione come reality. Penso che nessuno sarà così
ingenuo da pensare che il reality non sia altro che la
trasposizione in video di una realtà "vera".
E neppure da confondere il reality con
la tv verità. Reality e tv verità rappresentano due visioni
contrapposte della vita. La tv verità è la tv della IIIª
rete di Angelo Guglielmi, tutta concentrata sul sociale e i
suoi problemi. Il reality è il genere televisivo che punta
l'obiettivo sui sentimenti e sulle emozioni dei partecipanti.
Tra reality e tv verità c'è la differenza che c'è tra
psicologia e sociologia. Facciamo un esempio pratico.
Un operaio di vent'anni che va da
Santoro ad esporre le sue peripezie lavorative parla a nome di
una categoria più vasta, la categoria dei giovani precari,
senza prospettive per il futuro. Se quello stesso ragazzo va a
fare il tronista a "Uomini e donne" esprime e cerca
di affermare la sua sfera privata, attraverso la sua capacità
di seduzione.
Per usare il linguaggio obsoleto degli
anni della contestazione studentesca, tv verità e reality
rappresentano due dimensioni antitetiche della vita: il
"politico" contrapposto al "privato". È
evidente che la corruzione e la sua condanna appartengono a
quella sfera pubblica, a quella vita associata, a
quell'appartenenza alla polis che oggi si tende ad ignorare
per dare più spazio alla famiglia, ai sentimenti, alle
emozioni.
Oggi il soggetto, l'individuo, prevale
sul cittadino. E se dovessimo dare una definizione di uomo,
non diremmo più che l'uomo è un animale politico ma
piuttosto un animale emotivo. Oggi il reality, in tutte le sue
declinazioni, riscuote più successo dei reportage e delle
trasmissioni-inchiesta. Perché il reality è uno specchio
della società attuale. È stata la televisione a spostare il
suo obiettivo dalle piazze al buco della serratura o, al
contrario, è stato lo spirito del tempo a condizionare la
produzione televisiva? Entrambe le cose.
Da un lato la censura televisiva
obbliga gli operatori del settore a cimentarsi con il reality.
Teniamo conto che all'irrompere di Mani Pulite la televisione
pedagogica era abituata piuttosto ad un altro genere di
censura che implicava la sfera delle moralità e del sesso.
Obiettivo della censura erano scollature e gambe nude.
Con la rivoluzione sessuale ed una
maggior conoscenza dei meccanismi della comunicazione, la
politica acquisisce la consapevolezza che il consenso
elettorale non è legato ai contenuti, ma è pura
comunicazione. La censura si trasforma da taglio ad omissione.
Non è più la frase da censurare, la striscia nera da apporre
sulla nudità esibita, ma è piuttosto una scelta di generi
"innocui", divertenti per usare un termine
berlusconiano lontani da "un uso criminale del mezzo
televisivo".
La televisione, a differenza del
cinema, deve produrre molto a basso costo. Negli anni del
sociale questa produzione era realizzata attraverso una
diretta in esterna, oggi la diretta si applica all'interno
della casa del grande fratello o allo spazio circoscritto
dell'isola dei famosi.
È evidente che il nostro consumo
televisivo condiziona la nostra visione del mondo. Oggi non c'è
indignazione perché gli oggetti di indignazione sono tenuti
fuori dagli schermi e non hanno più visibilità. Rimangono le
trascrizioni delle intercettazioni telefoniche che hanno
trasformato i nuovi corrotti nei protagonisti del reality
della politica, i giornali in rubriche di gossip.
[05-03-2010]
FAVORI & DOLORI – DALLE
INTERCETTAZIONI SPUNTA AN BY FINI: AVREBBE CHIESTO AL MINISTRO
MATTEOLI LA NOMINA DI DE SANTIS - SECONDO IL GIP Per
dimostrare la corruzione, "non c’è bisogno della
classica e tradizionale bustarella" (SIC!) - “SIAMO DI
FRONTE A GENTE CHE RUBA TUTTO IL RUBABILE” - “PISCITELLI
È UNO SCIACALLO CINICO” – BALDUCCI È UN “EGOISTA” (è
UN REATO ANCHE QUESTO?)…
Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica
«Questa è la storia di una serie di
fatti corruttivi che riguardano pubblici funzionari che
operano presso la presidenza del Consiglio dei ministri».
Sembra l'inizio di una - brutta - favola, ma è il prologo
della richiesta d'arresto per Riccardo Fusi, Francesco De Vito
Piscicelli e Guido Cerruti, firmata dai pm di Firenze e
accolta solo per gli ultimi due dal gip. Che nella sua
ordinanza, quasi 350 pagine, descrive il «patto corruttivo»
stretto tra gli imprenditori Piscicelli e Fusi da un lato e
dai superdirigenti Balducci e De Santis dall'altro.
Ricostruendo in particolare la storia
dell'appalto per la Scuola Marescialli di Firenze. Secondo i
magistrati toscani la Btp e Fusi, persi tre appalti, si
rivolsero a Piscicelli per sfruttarne i buoni rapporti con
Balducci e De Santis, sia per riottenere l'appalto per la
scuola Marescialli che per aggiudicarsi altre gare per il 150°
anniversario dell'Unità d'Italia. I pm in questa storia
ritengono che il coordinatore del Pdl Denis Verdini (indagato
per corruzione) si sia adoperato per far nominare De Santis
provveditore alle opere pubbliche della Toscana.
Ma al di là della vicenda cui si
riferisce l'ordinanza, di cui sotto leggete stralci
significativi, il documento rimarca come l'indagine nel suo
complesso abbia «palesato come la corruzione sia una costante
tra i funzionari del Dipartimento per lo sviluppo e la
competitività del turismo e in particolare per la vita
professionale di Balducci e De Santis».
Che secondo le toghe fiorentine
avrebbero «individuato una ristretta cerchia di imprenditori»,
da Anemone allo stesso Piscicelli, fino a Emiliano Cerasi,
assegnando loro appalti «importantissimi» e «ricevendone in
cambio autovetture, telefoni cellulari, lavori di
ristrutturazione, mobili, soggiorni vacanze, piaceri vari,
viaggi, lavoratori dipendenti a disposizione, posti di lavoro
per parenti e amici, prestazioni professionali varie, anche
sessuali».
Insomma, «quello che emerge - per i
pm - è un sistema di corruttela consolidato e collaudato,
esteso ed efficiente, che coinvolge decine di persone,
annidato al vertice dell'amministrazione statale, all'interno
della struttura amministrativa della presidenza del Consiglio
e, per ciò stesso, pericoloso». Le 350 pagine sono poi piene
di «note dell'autore» del gip. Quando Claudio Iafolla, capo
di gabinetto di Matteoli, a proposito della nomina di De
Santis commenta con Balducci che alcuni «rompono i coglioni»,
il gip per esempio osserva: «Non si può non notare che per
il capo gabinetto del ministro chi esercita i suoi diritti
"rompe i coglioni"».
IL GLOSSARIO DELLE TANGENTI: DA TASK
FORCE A BULLDOZER
«Sistema gelatinoso» non è l'unica definizione del «Dipartimento»
di Balducci che il gip trae dalle «molto istruttive»
intercettazioni. Difatti la struttura della Ferratella di cui
fanno parte lo stesso Balducci, De Santis, Della Giovampaola
è più volte chiamata «cricca di banditi», «banda», «task
force unita e compatta», «squadra collaudatissima», «combriccola»,
e i suoi componenti «bulldozer», «veri banditi», «gente
che ruba tutto il rubabile», persone da «carcerare» che
alla bisogna attingono alla «cassa comune» per le «piccole
spese». Balducci è definito «egoista» perché «ha gestito
in modo del tutto personalizzato l'enorme potere».
DE SANTIS, 007 DEGLI APPALTI CON «LICENZA
DI UCCIDERE»
Sempre il gip è convinto che De Santis sia stato «promosso»
per servire al meglio l'organizzazione sugli appalti del G8. E
una prova di più è una sua frase infelice, rivolta al
fratello, che viene riportata in grassetto nell'ordinanza: «Abbiamo
licenza di uccidere, ci possiamo pigliare tutto ciò che ci
pare».
IL VERBALE DI VERDINI «FAVORI? A UN
AMICO»
A verbale, il 15 febbraio scorso, Verdini ammette che Fusi gli
ha chiesto di intervenire sulla scuola marescialli, ma che lui
l'ha fatto senza secondi fini. Spiega d'aver partecipato al
famoso pranzo del 17-12-2008 con Balducci e De Santis: «Il
pranzo... allora io sono stato invitato qui, sollecitato da
diverse persone. Il tema dell'incontro era come risolvere il
problema della scuola marescialli, ero stato invitato da Fusi
per sostenere le sue ragioni e perché dovevo raccontare
l'interessamento del ministro sulla questione del danno
erariale (...). Sapevo che Balducci era un funzionario di
punta, uno che sapeva come risolvere i problemi, che aveva
capacità gestionali passate su mille questioni (...). Non
conoscevo De Santis, che lì ho conosciuto e non l'ho più
rivisto».
LA «RACCOMANDAZIONE» AL MINISTRO DI
AN
Sempre nel suo interrogatorio Verdini rimarca d'aver messo in
contatto Fusi con Matteoli «anche se poi agli incontri
parteciparono solo i capi struttura». Secondo Verdini Fusi
gli sollecitava di perorare presso il ministero la sospensione
dei lavori. «L'ho aiutato solo per motivi di amicizia non
avendo con lo stesso alcun interesse economico in comune (...)».
Quanto all'aver caldeggiato col ministro Matteoli, su
richiesta di Fusi, la nomina di De Santis al Provveditorato,
osserva: «Fu Fusi e non solo lui a parlarmene, perché
diversi esponenti politici me l'hanno chiesto, fiorentini,
romani, questo riguarda normalmente le nomine».
«DEI TRE COORDINATORI IN SEDE CI STO
SOLO IO»
Per far capire al Pm come funzionano le cose a proposito di
gente che chiama e di segnalazioni che arrivano, Verdini
sottolinea che lui ha «un ruolo centrale nella politica».
All'epoca «ero coordinatore unico di Forza Italia, adesso
sono uno dei tre del Pdl ma in realtà, me lo faccia dire qua,
uno è ministro alla Difesa, l'altro ai Beni Culturali, io sto
al partito dalla mattina alla sera e quindi, di fatto, pur
avendo un triumvirato, io sto là. E quindi tutti mi cercano,
tutti mi chiamano.
Su De Santis, non posso negare,
leggo... che Fusi mi ha chiesto di favorirne la nomina. Il
tutto, però, dottore, ci tengo a sottolineare, ho alzato il
telefono, ho chiamato Matteoli, ho detto se "c'è da fare
una nomina, fra i vari candidati c'è questo De Santis".
Punto. Dopo qualche tempo ma chiamato il ministro e mi dice:
"Quella cosa che mi hai chiesto te l'ho fatta". Così,
ho preso il telefono e ho chiamato Fusi: "Sarai contento
adesso (...). E non mi scocciare più".
Io non ho fatto 50 tentativi, 50
colloqui o 13 telefonate per arrivare a Matteoli. Ho fatto una
chiamato al ministro che stava facendo le nomine (...). Me la
chiese Fusi ma non posso dire di aver parlato, ad esempio, col
senatore Cingolani (...) o con altri parlamentari. Era tra i
papabili». Verdini ha aggiunto di non sapere quali fossero i
rapporti fra i principali indagati ed ha ammesso d'aver
segnalato Fusi per qualche appalto in Abruzzo «solo perché
in quel momento lavorava poco (...). La Bpt è in grosse
difficoltà, ha un'esposizione bancaria per 900 milioni di
euro».
GRAVI SEGNALAZIONI MA DENIS «INCONSAPEVOLE»
Il Gip è lapidario: «Le
dichiarazioni di Verdini che lealmente non negano l'evidenza
(come al contrario ha fatto Balducci nel corso
dell'interrogatorio) volendone dare una lettura benevola,
fanno comunque riflettere sulla scarsa consapevolezza da parte
di soggetti che ricoprono cariche pubbliche e comunque ruoli
pubblici molto rilevanti circa la negatività della
raccomandazione specie quando queste riguardano posti di
potere e, come nel caso di specie non di natura politica ma
tecnica».
IL RUOLO DI MATTEOLI E LO SPONSOR FINI
«È bene sottolineare - chiosa il gip - che il ministro
Altero Matteoli non ha nessun ruolo penalmente rilevante, ma
entra in gioco per le competenze funzionali del suo ministero
in ordine alla realizzazione della scuola marescialli della
città di Firenze». In una telefonata del 19 gennaio fra
Verdini e Fusi compare invece il nome di Gianfranco Fini a
proposito della nomina di De Santis e di un presunto
intervento su Matteoli.
Verdini: «Ora io domattina tanto
parlo con... un'altra volta con... con il nostro...». Fusi:
«eh...». Verdini: «Però forse se tu ti facessi fare una
nota tecnica nella quale si dice che è già successo che è
possibile... perché questa cosa gliela aveva chiesta... Fini
addirittura ad Altero... Altero però ha detto... "Io sai
con Denis bisogna che ci faccia..." e... me l'ha chiesta
anche lui...». Lui.
NON C'È LA BUSTARELLA? LA CORRUZIONE
È PROVATA
Per dimostrare la corruzione, a detta del gip, «non c'è
bisogno della classica e tradizionale bustarella». L'«altra
utilità» corruttiva è dimostrabile in altro modo: con «l'aiuto
concreto in cambio di una nomina di prestigio». Che va in
porto, come per De Santis, senza che questi ne abbia
addirittura i titoli. Una promozione vale una corruzione.
MAZZETTA A PERCENTUALE IL 2% E PASSA
LA PAURA
A quanto ammontavano, in percentuale, i corrispettivi
corruttivi? Il gip è certo: al 2 per cento. La riprova? Al
termine del complesso giro di appalti concordati l'avvocato
Cerruti si metteva d'accordo con Fusi per «la corresponsione
di una somma di denaro pari al 2% sull'importo incassato
qualora fosse stato riconosciuto un risarcimento economico per
la Btp, ovvero di una somma pari all'0,8% dell'appalto di 350
milioni di euro se i lavori fossero stati riaffidati
all'impresa di Fusi».
NEL NOME DEL PADRE E DEL FIGLIO
NOMINATO
L'avvocato Cerruti è riuscito a piazzare il figlio di un
amico in una camera arbitrale. Il padre era nella commissione
tecnica per la scuola dei marescialli dei carabinieri: «Sono
riuscito a farti nominare consulente tecnico della camera
arbitrale (...) come avevo promesso a papà» sibila il legale
al giovane Tommaso Albanesi, primogenito di Silvio,
l'ingegnere membro della commissione della scuola.
PARCELLA IN BIANCO «DECIDI TU IL
PREZZO»
Come «attestato di stima e fiducia» la parcella è
rigorosamente in bianco. Parola di avvocato, di Guido Cerruti,
nei confronti di Fusi che in qualità di patron della Bpt gli
chiedeva di regolare l'incarico per la scuola marescialli. «Metta
quello che ritiene opportuno». Il compenso della Bpt per una
consulenza a Cerruti - attacca il gip - «è elevatissimo».
SCIACALLO E CAMORRISTA PISCICELLI
DOUBLE FACE
Lui, Piscicelli, il passepartout per le amicizie giuste, s'era
difeso giurando di non aver riso sui morti del terremoto de
l'Aquila. Per il gip invece «con le macerie ancora calde
Francesco Piscicelli era già pronto a buttarsi sul denaro per
la ricostruzione del martoriato Abruzzo».
Lo definisce «sciacallo» riportando
la telefonata famosa col cognato. «La sua personalità quale
traspare dalle indagini è alquanto negativa, avendo più
volte dimostrato di essere cinico e senza scrupoli». E poi
cita un suo interrogatorio nel quale l'imprenditore dice di
non essere un camorrista ma un «collaboratore di giustizia»
che nelle vesti di teste protetto sta testimoniando in un
processo a Caserta.
[08-03-2010]
BANDABALDUCCI,
FAVORUCCI & DOLORUCCI – IL GIP DI PERUGIA TIENE “LA
CRICCA” IN CARCERE PERCHé ANEMONE PAGA IL RINFRESCO DEL
MATRIMONIO DI UN’IMPIEGATA DEI LAVORI PUBBLICI E COI SOLDI
DEL G8 “ANGELINA” PAGA LE STOFFE DELLA CASA DEL FIGLIO –
REATI DA GHIGLIOTTINA PER IL CORRIERE DEI GERONZI, LIGRESTI,
DELLA VALLE, AGNELLI, ROTELLI...
Fiorenza Sarzanini per il "Corriere
della Sera"
Pur di aggiudicarsi gli appalti gli
imprenditori erano disposti a pagare persino il banchetto di
nozze di un'impiegata del Dipartimento che gestiva i Grandi
Eventi. Provvedevano alle spese di funzionari e dirigenti.
Basti pensare che i tessuti per arredare la casa del figlio di
Angelo Balducci furono addebitati alla «società Maddalena,
che ha realizzato il palazzo delle conferenze per il G8».
Le rivelazioni sono contenute nella
relazione trasmessa dai pubblici ministeri di Perugia Sergio
Sottani e Alessia Tavarnesi al giudice per chiedere di negare
la scarcerazione allo stesso Balducci, a Mauro Della
Giovampaola e all'imprenditore Diego Anemone, in cella come
Fabio De Santis (che però non ha ancora presentato alcuna
istanza), tutti accusati di corruzione. Argomenti che sono
stati ritenuti validi, tanto che la richiesta della difesa per
la remissione in libertà è stata negata ieri sera dal gip
Paolo Micheli.
IL BANCHETTO DI NOZZE
I magistrati umbri
ricostruiscono la rete di relazioni e scrivono: «Ciò che si
era creato nell'ambiente della gestione degli appalti sui
Grandi Eventi era proprio una totale e completa
"mercificazione" di tutto il sistema a favore di
interessi privati, possibile proprio grazie alla connivenza di
tutti o quasi dei centri decisionali interessati e degli
organismi dotati dei relativi poteri di spesa. È di tutta
evidenza come all'interno del Dipartimento la corruzione
interessasse proprio tutto il sistema nel suo complesso e non
solo il solo vertice.
Le numerosissime conversazioni
intercettate infatti danno modo di comprendere come Diego
Anemone e gli altri imprenditori "graditi"
nell'ambiente avessero contatti quotidiani non solo con i
dirigenti dell'ufficio, ma con la struttura nel suo complesso,
occupandosi delle esigenze di tutti i dipendenti (dal
pagamento del rinfresco di matrimonio alla singola impiegata,
al procacciamento di finanziamenti in banca a chi era
incaricato di gestire i mandati di pagamento, alla generica
consegna di buste dal contenuto vago, alla dazione di regali
di Natale di elevato valore per i vari funzionari) con favori
e regalie distribuiti a tutti i livelli gerarchici, così da
garantirsi effettivamente l'aggiudicazione e la successiva
gestione di appalti in spregio a tutti i principi di
imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione,
con ingente danno economico pubblico».
La tesi dei pubblici ministeri,
accolta dal giudice, evidenzia «una vera e propria comunanza
di interessi tra i pubblici funzionari e imprenditori che non
si spiega e si giustifica con conoscenze pregresse o nate in
occasione di contatti lavorativi, ma va ben oltre fino al
completo asservimento dei poteri pubblici a quelli estranei
alla pubblica amministrazione, con mercificazione della
funzione pubblica a esclusivo vantaggio dei privati».
LE SOCIETÀ DI BALDUCCI
È in un documento trasmesso
ai carabinieri del Ros il 3 marzo che si ricostruisce la
vicenda relativa ai tessuti acquistati dalla moglie di
Balducci nel settembre 2008 per arredare la casa del figlio
Filippo. In una telefonata intercettata il 30 settembre la
titolare del negozio Foresti aveva avvisato Anemone «del
fatto che la scelta era stata particolarmente onerosa,
chiedendogli poi l'autorizzazione alla consegna del materiale
e alla relativa spesa».
Balducci ha sostenuto durante
l'interrogatorio davanti al giudice che quei soldi furono da
lui restituiti all'imprenditore. Ma è una versione alla quale
i pubblici ministeri non credono, soprattutto dopo aver
acquisito le fatture. E infatti nella relazione sottolineano
come «i relativi documenti fiscali del negozio Foresti sono
stati emessi a favore della società Maddalena, società
consortile costituitasi per la realizzazione dell'appalto del
palazzo delle conferenza nell'ambito del G8.
A riprova del fatto che, anche per le
fatturazioni, la gestione dei costi per la realizzazione delle
opere, era gestita in modo del tutto "privato" a
solo discapito dei conti pubblici su cui, alla fine, andavano
a gravare indirettamente anche i "favori" elargiti
dall'imprenditore per il pubblico funzionario connivente che
gli garantiva l'aggiudicazione della pubblica gara».
Nella relazione i magistrati
affrontano anche i rapporti tra l'alto funzionario e
l'imprenditore che si è aggiudicato numerosi lavori per il
G8, i mondiali di nuoto e la celebrazioni dell'anniversario
dell'Unità d'Italia. Balducci ha sostenuto che si tratta di
un legame «totalmente ininfluente rispetto all'aggiudicazione
delle gare e alla successiva gestione degli incarichi assunti».
I magistrati sottolineano invece come
«non ci si limita alla frequentazione personale, come risulta
dalla documentazione acquisita, coinvolge una vera e propria
comunanza di interessi economici con intrecci societari
assolutamente inopportuni prima che illeciti».
LE DONNE A VENEZIA
Un intero capitolo è dedicato
all'attività di Della Giovampaola, delegato al G8 a La
Maddalena che - come evidenziano i rappresentanti dell'accusa
- «inizialmente aveva addirittura negato di essere un
pubblico funzionario» e poi aveva sostenuto «di non avere né
poteri di spesa, né di gestione tali da potergli garantire il
soddisfacimento delle esigenze di questo o di quel privato
imprenditore interessato alla realizzazione delle opere».
I magistrati sottolineano invece come
questo sia «in contrasto con gli esiti dell'attività tecnica
e con l'ammissione dello stesso funzionario di avere la
possibilità di affidare consulenze tecniche (una al figlio
del magistrato Achille Toro) di non poco valore e ciò non
appare altro che potere decisionale e di relativa spesa».
Della Giovampaola ha anche negato di
aver avuto incontri con prostitute all'hotel Gritti di Venezia
insieme al collega De Santis organizzati da un dipendente di
Anemone. Scrivono i pubblici ministeri: «Le sue affermazioni
appaiono al limite del grottesco solo scorrendo le
conversazioni di quella giornata (alcune con toni eloquenti e
a tratti boccacceschi) e dunque si può desumere come la
prestazione sessuale, sollecitata dagli stessi funzionari, sia
stata comunque offerta, al di là del fatto che il rapporto
sia poi stato consumato».
[09-03-2010] |
– LA
BANDABALDUCCI TEMEVA BERTO-LESO - LE TELEFONATE TRA DE SANTIS
(NUMERO 2 DI “ANGELINA”) E IL MINISTERO DELLE
INFRASTRUTTURE: “SE MANDIAMO A BERTOLASO UN CONTO DI 100 MLN
IN PIÙ… MI FA I PELI…” – “GLI HO DETTO CHE CI
VOGLIONO ALTRI 100 MLN... MO GLI DICO ALTRI 100 DI QUA .. E
LUI MI DICE … ‘MA VATTENE A FARE IN CULO!!’”...
Franco Bechis per "Libero"
Guido Bertolaso era temutissimo dagli
appartenenti alla cricca degli appalti. Un po' preoccupati per
come avevano fatto lievitare il costo degli appalti legati al
G8 della Maddalena. Questa telefonata è del 4 settembre 2008,
al telefono ci sono Fabio De Santis, numero due di Angelo
Balducci e un ingegnere, Susanna Gara, dipendente del
Ministero delle Infrastrutture. Oggetto del colloquio proprio
il lievitare dei costi G8 e il timore per la reazione di
Bertolaso.
Ecco come l'ordinanza sulla cricca
racconta questa telefonata:
"La mattina del 4 settembre
l'ing. Susanna GARA, dipendente del Ministero delle
Infrastrutture, che fa anch'essa parte della Struttura di
Missione che coordina i lavori alla Maddalena, con tono
preoccupato, informa l'ing. DE SANTIS che nella
predisposizione del progetto definivo per la realizzazione del
main conference affidati all'impresa ANEMONE, è prevista una
maggiorazione della spesa di minino 28 milioni di euro ... per
quanto riguarda invece ANEMONE ... il Main Conference ...
(...) ...
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